Lucciole
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Robert Mc Castle è uno scrittore esordiente che ha trovato il suo naturale campo di applicazione nella scrittura di racconti di genere noir e thriller. Influenzato dai grandi scrittori americani, soprattutto Michael Connelly, Robert Crais, ma anche John Grisham, Robert Mc Castle applica la modalità costruttiva del racconto, tipicamente americana, su racconti e sviluppi ambientati nelle provincie italiane. “Lucciole”, è il suo primo racconto, e a differenza del suo secondo libro, “Doppio Gioco”, è costruito su un fatto realmente accaduto.
Effettuando alcuni studi su una raccolta di pronunce giuridiche riguardanti il mondo della prostituzione e delle riduzione in schiavitù, la sua attenzione è stata attratta da un fatto che, di per sé, senza alcuna aggiunta letteraria, era già un racconto dalle tinte fosche e nere.
Questo fatto realmente accaduto nelle provincie italiane negli anni 2000, ha fornito così la base per lo sviluppo della trama di “Lucciole”, un racconto crudo, spietato, che apre uno squarcio inquietante in un mondo, quello della prostituzione, che sempre più spesso sconfina in scenari ben più foschi e agghiaccianti. La crudezza del fatto originario è stata spesso addolcita, smussata, a dimostrazione del fatto che sempre più spesso, la crudezza della vita, supera di gran lunga la finzione letteraria, pur se anch’essa cruda e spietata.
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Book preview
Lucciole - Robert Mc Castle
Table of Contents
Capitolo 1 - Prologo
Capitolo 2 - Viktoria
Capitolo 3 - Diana e Viktoria in mano agli aguzzini
Capitolo 4 - L'ispettrice Sabina Rossini
Capitolo 5 - Fuggire è possibile?
Capitolo 6 - Via da Verona
Capitolo 7 - Alessia e Luigi
Capitolo 8 - Progetti di fuga
Capitolo 9 - Chi era Svetlana?
Capitolo 10 - Si passa all'azione!
Capitolo 11 - La fuga.
Capitolo 12 - La verità viene a galla.
Capitolo 13 - Anche l'ultimo cade nella rete
Capitolo 14 - Commenti
L’autore
Doppio Gioco - Capitolo 1 - Prologo
Doppio Gioco - Capitolo 2 - Monica
~~~~~~
Prologo
Il silenzio della tarda mattinata estiva in un tranquillo paese del nord Italia veniva rotto dal rombo del motore di una macchina agricola che stava lavorando in un campo.
La giornata era calda, come poteva esserlo una tarda mattinata di agosto in Italia, col sole che picchiava verticale sul campo e sul volante del trattore che scottava sotto le mani callose del contadino che lo conduceva lentamente nel campo. Dietro la macchina, una lama si insinuava nella terra e scavava un solco della profondità di almeno mezzo metro, muovendo la terra per prepararla alla semina.
Fa particolarmente caldo e l'uomo aveva già fatto diverse soste per idratarsi bevendo abbondantemente da una delle bottiglie d'acqua che teneva al fresco nella borsa termica sistemata sotto alcuni arbusti, che la proteggevano dai raggi diretti del sole, conservandola se non fredda per lo meno bevibile.
Aveva un grosso cappello di paglia bianco che lo proteggeva dai raggi solari e sotto al cappello, l'uomo indossava un paio di pesanti cuffie da cantiere che oltre ad attutire il rumore del motore, gli permettevano di indossare degli auricolari, dai quali ascoltare un po' di musica dalla radio portatile che teneva agganciata alla cintura dei pantaloni.
Da quando suo padre per motivi di età aveva lasciato a lui il compito di dissodare e lavorare i campi col trattore, lui aveva inserito nella procedura alcune sue personali innovazioni che lo aiutavano a vivere meglio la noia di una giornata intera da solo su quel mezzo agricolo tra rumori e vibrazioni.
Quel giorno l'uomo era sintonizzato su radio Verona live, sui 103 Mhz ed a quell'ora dall'emittente stavano trasmettendo un programma composto esclusivamente da musica italiana. La voce di Anna Oxa che cantava Senza Pietà
, gli rimbombava nelle orecchie, lasciando in sottofondo il rumore del trattore e la noia di quel lavoro pesante e ripetitivo. Dopo Anna Oxa fu la volta di Alex Britti che intonò le note di Oggi sono io
, mentre il trattore procedeva infaticabile nel suo lavoro di aratura.
Siamo a Sanguinetto una località nelle vicinanze di Verona, e quel giorno è proprio l'11 agosto del 1999. Quella data aveva una certa importanza e ormai da parecchie settimane telegiornali e riviste continuavano a parlare di quello che sarebbe avvenuto di lì a poco. In Europa infatti, in quel giorno, era visibile l'ultima Eclissi solare del secondo millennio.
Come hanno spiegato diffusamente al telegiornale, per ammirare il fenomeno naturale senza procurarsi danni agli occhi, occorreva procurarsi degli occhiali particolari, come quelli usati dai saldatori, oppure fornirsi di vetri affumicati, ma in mancanza di questi strumenti poteva andare bene anche la plastica nera di una qualsiasi radiografia.
A Sanguinetto in molti si erano attrezzati e parecchie persone si erano riversate in campagna, nei campi con la faccia in su ad attendere le 12,45, orario previsto per l'inizio del fenomeno planetario.
Ma purtroppo quella data, a Sanguinetto, sarà ricordata anche per un altro motivo ben più drammatico.
C'era quel trattore in un campo lasciato incolto, che stava rivoltando la terra in attesa di provvedere alla semina. La macchina agricola avanzava nel campo, descrivendo delle righe una di fianco all'altra, lungo le quali la terra veniva rivoltata e dissodata. Sul terrapieno che delimitava il campo si erano radunate parecchie persone dotate di occhialini e vetri affumicati che stavano sfidando il caldo estivo per godersi lo spettacolo della eclisse. Anche l'uomo del trattore aveva caldo ma a lui dell'eclisse non importava un fico secco; voleva solo sbrigarsi a tornarsene a casa per farsi una bella dormita quel pomeriggio, nella frescura della sua camera da letto protetto dalla calura estiva dalle spesse pareti di casa sua, visto che stava lavorando già da parecchie ore. Ed infatti il lavoro era quasi finito e l'uomo aveva passato quasi tutto il campo, mancandogli solo una piccola parte proprio davanti alle persone che erano lì in attesa della eclisse. Stava transitando proprio davanti a loro quando il trattore ebbe un piccolo sobbalzo, come spesso accade quando viene tirata fuori una grossa pietra e poi le ruote artigliate del mezzo agricolo le passano sopra. L'effetto che ebbe l'uomo fu proprio quello di una grossa pietra sotto le ruote, ma capì ben presto che stavolta non era questo il caso; guardando il gruppo di persone vide una donna che urlava in preda al panico ed un uomo vicino a lei che si sbracciava facendogli cenno di fermarsi.
Il contadino, fermò subito la macchina e spense il motore.
Che succede
chiese alla donna che stava urlando
Non capiva bene cosa stesse accadendo; guardò dietro al trattore e vide un grosso sacco blu in uno dei solchi lasciati dal mezzo. Si avvicinò per capire cosa avesse provocato quello shock alla donna e cosa contenesse il sacco, ma solo quando fu più vicino si rese conto di quello che aveva dissotterrato dal suo terreno.
Chiami la polizia
gli urlò uno dei presenti.
Sì chiami la polizia
gli fecero eco altre persone.
L'uomo corse verso il trattore e prese il suo cellulare dalla giacca che aveva appesa al sedile e compose il 113.
Ci volle solo qualche minuto perché una pattuglia della polizia arrivasse sul posto. Appena i due agenti si resero conto dell'accaduto, presero immediatamente in mano la situazione, delimitando la zona tutta intorno all'involucro azzurro e al trattore posto qualche metro più avanti. I due agenti, in attesa che arrivassero tutti gli altri a dare inizio alla solita giostra, si diedero da fare per non far avvicinare nessuno dei presenti a quel macabro ritrovamento, iniziando nel contempo a prendere i nomi di tutti, nonché le prime dichiarazioni sulle modalità del ritrovamento.
Sabina era in giro per dei controlli quando arrivò una chiamata via radio che parlava del ritrovamento di una parte del corpo di una donna in località Sanguinetto. Le veniva chiesto di recarsi sul posto per vedere cosa stesse accadendo, o se, cosa probabile, era solo uno scherzo.
Quando arrivò sul posto trovò che una pattuglia di agenti aveva già delimitato la zona e stava parlando con i presenti. Si avvicinò passando sotto le strisce di plastica che delimitavano la zona off limits
e raggiunse l'involucro che si trovava ancora dietro al trattore. Uno dei due agenti la raggiunse e si sbrigò a farle un rapporto dettagliato della situazione.
La ragazza mentre ascoltava attentamente le parole dell'agente, si piegò sulle gambe per vedere meglio l'involucro; sbirciò dentro e si servì di una matita che aveva in tasca per spostare di poco la plastica del telo e vedere meglio all'interno. Quello che vide non fu di certo un bello spettacolo. All'interno del sacco, che sembrava un normale sacco per l'immondizia, si trovava un tronco umano probabilmente di una donna. Al tronco erano state asportate le gambe, le braccia e la testa, e il lavoro non sembrava di certo fatto dalla mano di un esperto chirurgo.
Per prima cosa bisognerà cercare gli altri pezzi
pensò Sabina
Magari sono tutti sepolti qua attorno!
pensò ancora.
Qualche istante dopo arrivò il medico legale, una dottoressa incaricata di redigere il certificato di morte e di poter così far rimuovere il cadavere, o almeno quello che ne restava.
Erano le 12,42 e già la luce solare iniziava a calare. Le ombre proiettate dagli oggetti, iniziavano ad essere meno definite, più confuse. Sabina guardò in altro proteggendosi con le lenti nere dei suoi occhiali da sole e vide che l'eclisse era appena iniziata. La sagoma della luna sul profilo del sole era ormai quasi giunta a metà, segno che dovevano attendersi ancora un affievolimento sensibile della luce diurna.
Sabina chiamò gli agenti sul posto e li fece disporre in circolo attorno ai poveri resti della ragazza. Un cordone di sicurezza per prevenire eventuali problemi che potevano esserci al momento del maggiore buio che ci sarebbe stato da lì a qualche minuto. Non voleva correre il rischio che qualcuno anche solo per prendersi un souvenir avesse approfittato delle tenebre per avvicinarsi al corpo, contaminandone i contenuti scientifici.
Per i successivi cinque minuti fu l'evento naturale l'unico protagonista della scena. La luce piano piano scemò lasciando il posto al buio, un buio alquanto strano se si verifica in pieno giorno, che ci lascia una strana sensazione di irrequietezza e di pericolo. Tutti i presenti ormai erano con la testa in alto a guardare il sole da dietro i loro filtri, i loro vetri affumicati; nessuno sembrava fare più caso alla povera ragazza i cui resti giacevano lì, a pochi metri da loro. Sabina controllava a destra e sinistra, aiutata anche dal medico legale che era con lei sul posto. Poi, lentamente, la luce ricominciò a fare capolino da dietro la sagoma rotonda della luna e il mondo attorno a loro ricominciava ad essere lo stesso di sempre, un mondo fatto di luci, di ombre dei caldi raggi solari, e di morte, come ricordò immediatamente quel cadavere adagiato sulla terra sotto gli occhi di tutti.
Nonostante il fenomeno naturale fosse ormai finito, tutti i presenti restarono sul posto per vedere gli sviluppi che avrebbe avuto questo strano ritrovamento.
Qualche minuto dopo la fine dell'eclisse, fu la volta della polizia scientifica, che iniziò a delimitare la zona, e ad analizzare tutta l'area del ritrovamento. Scattarono fotografie tutto intorno, anche dopo che il cadavere fu inserito in un sacco nero ed infilato in una bara di zinco per essere trasportato all'istituto di medicina legale di Padova.
La dottoressa intervenuta sul posto, infatti, non aveva potuto dare alcuna indicazione, né sulle cause della morte, né sulle altre domande che Sabina le aveva posto. L'età della donna, l'altezza presunta, eventuali aspetti somatici come il colore dei capelli, e soprattutto da quanto tempo quel tronco si trovasse sepolto là sotto. La dottoressa le diede infatti solo informazioni sommarie, rimandando per dati più precisi a dopo una analisi più approfondita del corpo, una formuletta di rito per dire che avrebbero dovuto attendere gli esiti dell'autopsia.
Sabina prese degli appunti sul suo taccuino ma comprese fin da subito che non sarebbe stato molto facile venirne a capo. A meno che l'autopsia sul corpo non avesse fornito chissà quale risposta, sarebbe stato ben difficile anche solo identificare la donna.
La mente di Sabina andò indietro di qualche anno, quando un altro tronco di donna fu ritrovato sempre in un campo, sempre da un uomo che vi stava lavorando, non molto lontano da lì, non più di una cinquantina di chilometri, e come quel ritrovamento fu l'inizio di un incubo. Nella sua mente richiamò i ricordi di quella notte in cui il mostro di Terrazzo fu tratto in arresto. Ricordò che in quegli anni lei prestava servizio di pattuglia sulle volanti, e fu solo per un caso che non ci fosse stata lei in quella pantera ferma al casello di Verona, quando i suoi colleghi lo avevano arrestato non sapendo ancora bene chi avessero tra le mani. Solo sei mesi più tardi infatti, quando l'uomo era ancora in carcere, si potè stabilire che quel ragazzotto di buona famiglia era in realtà il mostro di Terrazzo, il serial killer più sanguinario e pericoloso degli ultimi anni.
Ricordò che il giorno precedente, lei aveva scambiato il suo turno con un collega perché proprio quella sera suo fratello aveva organizzato una festa per il suo compleanno, e lei non voleva mancare. Dalle indagini successive risultò che lo Stevanin aveva ucciso e depezzato almeno sette donne, spargendone i pezzi nei campi circostanti il casolare ormai disabitato dalla sua famiglia.
Più Sabina ci pensava, più quel tronco ritrovato lì, sembrava opera del mostro. Ma quel corpo, pur non essendo lei un medico, non sembrava vecchio di almeno sei anni prima, e il mostro fin dal 1995 era sempre rimasto in carcere. Aveva l'aria di essere stato seppellito lì da pochi giorni non certo da anni; e poi sepolto così in superficie sarebbe saltato fuori prima, negli anni precedenti appena il campo fosse stato lavorato.
Che si tratti di un emulatore? Che ci sia qualcuno che ha deciso di copiare con lo stesso modus operandi gli stessi omicidi commessi dallo Stevanin? Probabilmente questa era una strada da seguire sicuramente.
Sabina era tornata nel suo ufficio al primo piano del Commissariato di polizia e stava riordinando le idee su quanto accaduto. Per prima cosa decise di controllare se esistevano altre ragazze scomparse nella zona in questi ultimi mesi. Ma c'era un problema in più. Se si voleva seguire fino in fondo la strada del simulatore, bisogna tenere conto che lo Stevanin aveva ucciso esclusivamente prostitute che esercitavano nella zona, e questo avrebbe quasi sicuramente fatto anche un simulatore. Però, la prostituzione a Verona, come in quasi tutta Italia, ultimamente era saldamente nelle mani della malavita albanese e quelli se gli scompare una ragazza non vanno di certo alla polizia per denunciarne la scomparsa. Quindi non c'era da aspettarsi nessun riscontro dalle denuncie di scomparsa di ragazze nella zona.
Le indagini furono da subito difficoltose. L'autopsia sul tronco rivelò poche cose. La ragazza dell'età apparente di circa 23/25 anni era morta a seguito delle percosse ricevute. Aveva diverse costole rotte, il fegato spappolato,