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Il mistero dei due elefanti
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Il mistero dei due elefanti
Ebook95 pages1 hour

Il mistero dei due elefanti

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About this ebook

Che cosa è successo a Vittoria? Perché è sola in un luogo sperduto d'Africa e ad aiutarla è un ragazzo di nome Sef, "con tutti i suoi pensieri strani, con tutti i suoi comportamenti ancora più strani"? Una stanza d'albergo di fortuna e un piccolo bagaglio a mano il cui contenuto è completamente 'sbagliato': un rotolo di carta igienica, una torcia elettrica e un libro di preghiere di Padre Pio. Vittoria non ricorda come sia approdata lì e perché; se solo si prova ad afferrare il ricordo, questo sfugge inesorabilmente. Ci sono corse in taxi nella notte, medicine senza bugiardini, una veste troppo larga con troppi colori. Un lungo racconto che prende immediatamente, come un thriller, ma straniante, misterioso, inquietante.

LanguageItaliano
Publishernoubs
Release dateOct 12, 2012
ISBN9788886885355
Il mistero dei due elefanti
Author

Silvia Castellani

Silvia Castellani è nata a Rimini nel 1978. È giornalista pubblicista e ha al suo attivo i libri "Bene o male (?) non è un caso" (Prospettivaeditrice, 2006) sotto lo pseudonimo di Vera Mente, con la prefazione di Andrea G. Pinketts, e "Sbatti Generation" pubblicato nel 2010 sul suo blog. Si occupa di fotografia. Per altri riferimenti: www.silviacastellani.it

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    Il mistero dei due elefanti - Silvia Castellani

    IL MISTERO DEI DUE ELEFANTI

    di

    Silvia Castellani

    SMASHWORDS EDITION

    Pubblicato da Edizioni Noubs in Smashwords

    http://www.noubs.it

    mailto: noubs@noubs.it

    ISBN 978-88-86885-35-5

    Copyright © 2012 di Silvia Castellani

    Smashwords Edition, Licenza d'uso

    Questo ebook è concesso in uso per l'intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

    Se si desidera condividere questo ebook con un'altra persona, è necessario acquistare una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, si prega di tornare a Smashwords.com e acquistare la propria copia. Grazie per il rispetto al duro lavoro di questo autore.

    Adult Reading Material

    Questa è un’opera d’invenzione. Nomi, personaggi, luoghi, dialoghi e circostanze sono frutto della fantasia letteraria.

    IL MISTERO DEI DUE ELEFANTI

    INDICE

    Intro

    1. La stanza d’albergo

    2. Rosa di maggio

    3. Posizioni diverse

    4. Quella casa-aeroporto

    5. Qualcosa che assomiglia all’Africa

    6. La malavoglia

    7. Se questo è un miracolo

    Notizia biobibliografica

    ****

    "È una storia vera che ho inventato"

    Barry Gifford

    ****

    Alla mia grande famiglia

    ****

    Intro

    Il dottore mi chiede se faccio uso di sostanze. Rispondo di no, che non mi drogo perché è la verità, ma se fosse il contrario non avrei nessun problema a dirlo qui, adesso, di fronte a mia madre che mi guarda, mentre rispondo all'esperto, con uno sguardo pieno di forza, quella che hanno tutte le madri nelle situazioni gravi. Il dottore è uno bravo, lo so, e mi sta osservando attentamente. Io faccio attenzione a quello che dico, ma del resto mi sento bene, mi sento finalmente io, io di nuovo, dunque non devo fingere. Devo solo rispondere in maniera precisa a quello che mi viene chiesto. La visita neurologica ha dato i migliori risultati. Sono sana e, soprattutto, salva. Ma se sono qui con tutti i pezzi di corpo attaccati, lo devo al miracolo e tra poco lo dico a tutti i presenti senza mezzi termini. Il dottore mi dice che sono molto intelligente, mi domanda se ho un ragazzo, degli amici e mi rassicura che è tutto finito e posso tornare alla mia vita, ma io ho ancora paura e soprattutto mi manca il ricordo sicuro di quello che mi è successo. Io lo chiamo il miracolo, quello che è successo, tutto compreso, senza sconti di scene, perché se adesso sono qui con mia madre e questo dottore, è perché sono stata miracolata.

    - Dormo con la luce accesa, però - dico a bruciapelo, sperando che afferri la mia paura.

    - Fai quello che ti senti adesso – risponde lui - e soprattutto non pensarci, non pensarci più, almeno per un po'.

    Poi prende il sacchetto di quelle strane medicine che gli abbiamo portato da osservare e che mi sono state somministrate per impedirmi di raggiungere l'aldilà o forse per mandarmici diretta.

    - È un sacchetto di paste - scherzo io a sproposito. Lui però ride e intanto lo butta nel cestino. Qui non c'è niente da scherzare, semmai c'è da pregare. Per chi ci crede.

    Vai all'indice

    ****

    1. La stanza d'albergo

    La stanza è in penombra e Sef si è accucciato sul letto ai miei piedi in attesa di una telefonata. Parla da solo, dice che adesso lo chiamano, controlla sul cellulare che ci sia campo. Muove nervosamente la gamba, tra poco sono certa che gli parte, quella gamba. È spaventato a morte e io forse c'entro qualcosa con la sua paura, ma mi giro dall'altra parte, sono debole per parlare. Un dolore acuto mi arriva sotto forma di fitta improvvisa al cervello, le braccia e le gambe forse me le hanno tagliate perché non le sento più. Sento solo il punto in cui si attaccano al busto, per il resto niente. Questo letto caldo e sfatto in cui sono sprofondata senza memoria puzza di vecchio, di qualcosa andato a male. Andato storto. I bronchi bruciano, è possibile che siano venuti a contatto con l'inferno, faccio fatica a respirare e di tanto in tanto emetto dei terribili rantoli. La mia testa mi dice che devo alzarmi, tentare di camminare. Mi sento Lazzaro, ma non vedo nessun Cristo qui che possa darmi l'ordine. C'è solo Sef, con i suoi occhi neri iniettati di paura, che parla tra sé e sé e controlla il cellulare che tarda a squillare. Abbandono l'idea di alzarmi per provare a camminare perché ho la certezza che il corpo non mi seguirebbe e se non ho più gli arti inferiori, adesso non voglio saperlo. Mi concentro su di una mano, la sento, la stringo piano, faccio un po' di prove. Ora la caccio fuori, questa cazzo di mano e prendo Sef per la gola. Che mi spieghi e in fretta cosa diavolo è successo e dove siamo esattamente. Ricambio idea, chiederei troppo così a questo pezzo di corpo, perciò placo il cervello e la rabbia e uso il pezzo di corpo per accarezzare il lenzuolo ai bordi del letto, poi decido di farlo uscire fuori per fargli rimboccare la coperta, il lenzuolo, quello che è. Voglio morire, voglio non esistere, così chiudiamo questa scena pietosa e non se ne parla più.

    - Pronto.

    - Sì, sono Sef.

    - Sta bene – dice - il dottore le ha dato le medicine. È sveglia, credo.

    - Sef - lo chiamo flebile -. Sef vieni qua.

    Sef dice a qualcuno dall'altra parte del filo che va bene, che lo aspettiamo qui. Aspettiamo chi, chi stiamo aspettando qui?

    Riattacca, mi si avvicina e mi parla piano all'orecchio:

    - Vittoria, poco fa è stato qui il dottor Ernandez, ti ricordi?

    Mi ricordo di un uomo non troppo alto e scuro di pelle, forse un ispanico. Mi ha visitata, mi ha fatto ingoiare delle pasticche che non volevo ingoiare insieme a dell'acqua e poi, prima di lasciare la stanza, ha ordinato a Sef, quando mi fossi ripresa del tutto, di aiutarmi a lavarmi, a indossare un vestito pulito.

    - Le suore ti hanno mandato questo abito qui – dice.

    Sef alza con il braccio una stoffa coloratissima per fare in modo che la veda bene. È un vestito quello? Non riesco a vederne la forma, se c'è. Mi sorge il sospetto che possa essere nuda, così con la mano che ho verificato essere buona, alzo il panno che mi copre, che mi sembra un sudario, quello per avvolgere il moribondo tanto è appiccicoso e vedo che ho indosso dei calzoni bianchi, pieni dentro, quindi le gambe ce le ho ancora. Ho un corpo intero, tutto mio, era tutto mio, almeno, quando era integro, quando sentivo l'interezza, il tutto. Adesso è rotto, nonostante stia attaccato. Lo vedo a pezzi e mi sento a pezzi. Però sono pezzi attaccati al posto giusto.

    Sulla scrivania di fronte al letto c'è un piccolo bagaglio a mano, ma le cose che sporgono da dentro sono tutte sbagliate: un rotolo di carta igienica, una pila elettrica, una zanzariera, un libro di preghiere. Non voglio più vederlo quel libro.

    Mi sale una tremenda agitazione alla sua vista. Ricordo che me ne stavo seduta su di un vecchio divano con un tavolino in legno davanti ai piedi e stavo leggendo. Sì, stavo leggendo quel libro di Padre Pio zeppo di preghiere per tutte le occasioni, e mi ero soffermata

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