Il tunnel dei sospesi
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About this ebook
Linda trascorre la sua vita in modo abbastanza semplice: un matrimonio fallito alle spalle, un lavoro non molto dignitoso che le consente di vivere, le sue amiche, gli uomini fuori dalla porta e tanta rabbia che la aiuta a sopravvivere e a cercare nuove strade per realizzarsi. All'interno dell'ospedale lavora come tanti ogni giorno, trascinandosi con l'ultima forza che le è rimasta. Una mattina, al ritorno da una vacanza, un evento misterioso la trasporterà in un'avventura che ha dell'incredibile. Non possiamo sapere in anticipo cosa ci succederà, possiamo solo immaginarlo a seconda delle cose che ci capitano. A volte questo rischia di farci sprofondare nella rassegnazione. Questa storia parla di Linda, una ragazza come noi che desiderava una vita normale da costruire in base ai suoi sogni ma che, ignara di tutto, sarà protagonista di eventi importanti per l'intera umanità. Sicuramente ciò che è accaduto a Linda non potrebbe succedere a noi, il solo pensiero di immaginarlo ci metterebbe i brividi in tutto il corpo.
Alessandra Vitulli
Mi chiamo Alessandra Vitulli, sono nata a Roma il 17 luglio 1969 proprio mentre gli uomini conquistavano la luna. Da piccola sognavo di essere un'hostess ma crescendo mi sono appassionata alla comunicazione in tutte le sue forme ed ho voluto occuparmi di persone con difficoltà di linguaggio. Mi sono laureata in Logopedia ed ora aiuto le persone che non sono più in grado di parlare a riprendere la capacità di tirar fuori di nuovo le loro parole e i loro pensieri. Attualmente lavoro in una grossa clinica nei pressi della capitale dove ho coordinato per alcuni anni il servizio di logopedia. Il mio lavoro mi piace moltissimo e amo anche donare le mie parole agli altri. Per questo scrivo. La comunicazione è un dare e ricevere continuo. Grazie per aver visitato il mio profilo.
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Book preview
Il tunnel dei sospesi - Alessandra Vitulli
IL TUNNEL DEI SOSPESI
di Alessandra Vitulli
Copyright Alessandra Vitulli 2012
Smashwords Edition
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SMASHWORDS EDITION, LICENZA D'USO
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Design di copertina Angelo Morelli
***
indice
Capitolo 1 - La stessa aria
Capitolo 2 - Il viaggio
Capitolo 3 - La sorella maggiore
Capitolo 4 - Qualcosa sta cambiando
Capitolo 5 - Mamma!
Capitolo 6 - Io e te insieme
Capitolo 7 - Il vuoto
Capitolo 8 - Il coraggio di ricominciare
Capitolo 9 - Il lavoro
Capitolo 10 - C'è un limite?
Capitolo 11 - Gli altri
Capitolo 12 - Buonanotte amico mio
Capitolo 13 - La mia laurea
Capitolo 14 - Avanti!
Capitolo 15 - Il maestro per me e io per gli altri
Capitolo 16 - L'alone del passato
Capitolo 17 - July
Capitolo 18 - Come se niente fosse
Capitolo 19 - Il ricordo del presente
L'autore
Contatti
***
Capitolo 1: La stessa aria
Aprii la porta e di nuovo quel rumore assordante e al tempo stesso inesistente. Ed ancora quel brivido, sempre uguale, che partiva dal ventre e si irradiava come una X alle braccia e alle gambe per terminare su per la schiena in un tunnel di sangue gelato che risale la colonna vertebrale.
Ehi Linda, te la ricordi quella del letto 9, l’ictus?
Mi chiese Guglielmo mentre raccoglieva i vassoi della colazione. È morta poco prima che tu arrivassi, c’è da pulire intorno al letto.
Raccolsi lo straccio e tirai il carrello verso il letto 9. Mentre lavavo il pavimento pensavo a come ci comunicavamo queste notizie: con assoluta freddezza, come se la cosa non ci toccasse minimamente. Quando muore qualcuno, chiunque esso sia, un po’ ti dispiace. Ed infatti un po’ mi dispiaceva. Mi dispiaceva non aver conosciuto la maggior parte delle persone che passavano in quella stanza. Solo viste, a volte osservate. Avevo scrutato spesso la vecchina del letto 9, con la pelle grinzosa bianca bianca e le ossa che vi sporgevano da sotto. La notizia della sua morte però non mi aveva rattristato perché… perché sentivo che forse lei non era già più di questo mondo.
Il percorso dallo spogliatoio alla macchina: la cosa più rilassante della giornata. Aaahhh c’è il sole!
Non me ne accorgevo fino all’uscita, per via delle finestre satinate della rianimazione che mi impedivano di guardare fuori. Non ci sono stagioni lì, è tutto sempre uguale: lo stesso rumore, le stesse pareti, la stessa immobilità, la stessa aria, lo stesso odore. Non ci sono ore lì, il tempo è fermo come tutto il resto. Il suono acuto dell’elettroencefalogramma, che unito agli altri ne forma uno nuovo ma sempre uguale, interrotto dal simultaneo apparire dei medici quando diventa continuo… e gli altri… tutti quei corpi, tutti uguali, pallidi... e nudi.
All’inizio non li guardavo, pulivo sotto i letti e volgevo lo sguardo altrove, non lì. Chissà perché abbiamo paura di ciò che non capiamo. Dove stanno?
mi chiedevo. Finché qualcuno tornava ed allora mi convincevo che non si era mai mosso da lì, ma prima, con il tubo in bocca, il respiro meccanico e la pelle come il marmo, la faccia inespressiva… senza dolore, senza gioia… sospesi.
A volte la sensazione di essere sola la dentro era talmente insostenibile che cantavo. E loro mi ascoltavano? Oppure no? Cantavo tutte le canzoni che mi venivano in mente, quelle più strane, più antiche e antipatiche che conoscevo e la ninna nanna con la quale la mia cara nonna mi faceva addormentare da piccola. Intorno a me sempre la stessa musica come un battito alternato che dava ritmo alla mia voce. In alcuni momenti mi sentivo osservata. È strano ma la dentro poiché tutto è immobile, riesci a percepire anche uno sguardo puntato verso di te come se fosse un flusso che ti arriva addosso. Allora capivo che qualcuno ce l’aveva fatta a tornare, o a svegliarsi… non so.
Quella mattina però c’era un’aria insolita, come di festa. Non ero la sola a muovermi nella stanza, c’era Pino, il vecchio portantino con la gamba offesa assunto con le leggi speciali, quelle sui disabili. Era un mito in quell’ospedaletto di periferia, che poi non era nemmeno tanto ‘etto’. Ci conoscevamo più o meno tutti, almeno di vista. La vita ospedaliera è del tutto particolare: è come se ci fosse una ‘casa base’ sempre in attività e le persone che la abitano vanno e vengono continuamente. Matrimoni, figli, corna, tresche, le notizie della giornata in anteprima: Lo sai che il Professor De Gregorio s’è suicidato?
Non si parlava d’altro quel giorno: Che brutta storia, e perché?
Boh, pare che abbia lasciato una lettera, ce l’ha il Direttore Sanitario.
L’aria di festa era per questa notizia? Eh sì, quando ci si abitua a vedere la gente che muore o che è già morta, l’unica cosa che ti senti di fare di fronte a un evento che colpisce una persona famosa ma che tu conosci appena, è essere il primo a dirlo a qualcun altro e a commentare insieme a lui. Così la notizia si rincorreva nei corridoi, negli spogliatoi, nei reparti, e a mensa poi… l’apoteosi dell’invenzione: aveva l’amante, era gay, cocainomane, giocava a carte e aveva perso tutto. Addirittura qualcuno disse che lo ricattavano per un figlio non riconosciuto.
Tornai a casa con la testa piena di voci. Salii i quattro gradini che mi conducevano al portone e aprii la cassetta della posta: ‘Allora, vediamo, la pubblicità del supermercato, uhm le bistecche in offerta… una lettera del WWF; peccato che l’unica cosa che so sugli animali è che mi fanno paura... e poi… vabbè, le guardo domani’.
Non si poteva dormire per il gran caldo ‘pfuuuu’. Andavo in giro in mutande per tutta la casa cercando un posto dove si potesse stare più freschi. Sulla poltrona ‘aaaahhhh’. Presi di nuovo in mano le lettere: ‘Toh, ce n’è una senza mittente. Vediamo un po'. Un foglio bianco con dentro un quadrifoglio di plastica. Boh, sarà qualche scherzo. Conserviamolo, non si sa mai. Tanto io conservo tutto. E poi porta pure fortuna. Mah, meglio fare una doccia, con questo caldo!’
È di nuovo mattina. Veramente sono appena le quattro e io ho più sonno di quando sono andata a dormire. Porca miseriaccia, è finito pure il caffè! Io senza caffè non ce la faccio proprio, appena mi entra in circolo comincio a dare i primi segni di vita. Che giornataccia sarà!
Meno male che è estate e c’è un po’ più di luce. D’inverno è davvero pauroso uscire a quest’ora. Le prime persone che vedo di solito entrando in ospedale sono le guardie giurate della reception, gli uomini più annoiati del mondo.
Buongiorno.
Gnogno, aahaa.
Bisillabica incomprensibile e sbadiglio a bocca spalancata di qualcuno che non ha dormito. Scesi nello spogliatoio e di nuovo si parlava del suicidio. Le ultime novità…
Sai che il Direttore Sanitario ha deciso di convocare tutti quelli che lavorano nei reparti chiusi, compresi noi delle pulizie? Ci aspettano alle dieci in aula magna.
Non la capivo proprio questa cosa, perché noi? Cosa c’entravamo noi con il suicidio del Prof. che, tra l’altro, era Primario di ginecologia, boh!
Mamma mia quanti poliziotti, ma che succede?
Un attimo di silenzio per favore. Vorrei presentarvi il Commissario Bargiani. Vi pregherei di collaborare con lui che sta indagando sulla morte del nostro caro Professor De Gregorio. Colgo l’occasione per ricordare il nostro beneamato Giulio, che, oltre ad essere stato un validissimo medico, era anche una persona degna di… bla, bla, bla
Mezz’ora di filippica, che ipocrita! Ma se fino a tre giorni fa si sono chiamati ‘brutto testa di cazzo’ e ‘coglione’!
Nei prossimi giorni vi convocherò ad uno ad uno nel mio ufficio insieme al commissario per farvi alcune domande. Nel frattempo è fatto divieto a tutti di entrare in rianimazione e negli altri reparti chiusi da soli.
Come se fosse facile trovare qualcuno che alle cinque di mattina venga a guardarmi mentre pulisco i pavimenti!
Il giorno dopo, detto fatto, mi mandarono uno degli uomini più annoiati del mondo a farmi la guardia. Appena entrammo nella sala rianimazione diventò pallido come un lenzuolo e cominciò a piagnucolare: "non ce la