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Alla conquista dell'Antartide
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Alla conquista dell'Antartide

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“L’autore ci introduce con competenza e con ricchezza di dati in un ambito di studi purtroppo ancora poco trattato in Italia.”.

La crescente domanda di idrocarburi per soddisfare il mondo industrializzato potrebbe aprire nei prossimi anni l’Antartico alle multinazionali del petrolio e non solo. Complice il surriscaldamento globale e la riduzione lenta e inesorabile della banchisa. Il Polo Sud è ricco di minerali, materie prime e risorse ittiche, insieme all’80% circa dell’acqua di tutto il globo terrestre. A partire dal XIX secolo, da quando cioè ha avuto luogo la scoperta dell’Antartico, è iniziata la contesa per il controllo di questo continente e delle isole limitrofe. Dal XX secolo si sono intensificate le spedizioni e le missioni scientifiche per costruire basi e ottenere il controllo geostrategico dell’area. Negli anni Trenta in particolare e durante la Seconda Guerra Mondiale i tedeschi hanno cercato di insediarsi nel Continente, tentando anche di espandersi alle isole adiacenti con l’aiuto dell’Argentina per ottenere petrolio e carbone utili a sostenere l’immane sforzo bellico.
Dal 1945, con l’inizio della Guerra Fredda, anche gli Stati Uniti non sono rimasti a guardare e hanno intrapreso spedizioni militari che vengono ancora oggi effettuate. Il Trattato Antartico, firmato nel 1959 da 47 Paesi, limita le esercitazioni militari al di sopra del 60° Parallelo, ma personale scientifico-militare è dislocato permanentemente in tutto l’Antartide e nelle isole dell’Oceano Atlantico meridionale. Oggi la necessità di reperire sempre nuove materie prime potrebbe spingere gli Stati a rivedere il Trattato del 1959 ed aprire il Polo Sud all’ingordigia delle multinazionali.

LanguageItaliano
Release dateJun 4, 2013
ISBN9781301844449
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    Alla conquista dell'Antartide - Andrea Perrone

    Prefazione

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    Nell’estate del 1945, finita ormai da mesi la Seconda Guerra Mondiale, due sommergibili tedeschi, l’U-530 e l’U-977, fecero la loro improvvisa comparsa nei mari dell’America Latina, emergendo dalle acque prospicenti la città argentina di Mar de la Plata, per consegnarsi alle autorità locali insieme al loro carico costituito da ex membri della gerarchia nazista.

    Successivamente nella zona però si susseguirono altri avvistamenti ed il governo di Buenos Aires decise di inviare la sua Armada per perlustrare le acque antistanti la foce del Rio de la Plata. Infatti, da lì a poco le navi argentine vennero coinvolte in una serie d’inseguimenti e scontri a fuoco con imbarcazioni non identificate, ma all’improvviso ed inspiegabilmente tali pattugliamenti vennero bruscamente interrotti.

    Il convoglio di sottomarini germanici era partito il 3 maggio 1945, quattro giorni prima della resa agli americani, dalla Norvegia diretto in Argentina, per portare a termine l’Operazione Feuerland (Terra del Fuoco). A bordo trovarono alloggio oltre cinquanta alti funzionari nazisti.

    Il convoglio, grazie, a quanto pare, il tacito assenso dell’Ammiragliato britannico, avrebbe dovuto raggiungere l’Argentina, la quale sarebbe divenuta in breve tempo un rifugio sicuro per centinaia di gerarchi hitleriani.

    Non era la prima volta però che missioni tedesche raggiungevano le coste dell’America Latina. Dai primi anni del Novecento fino agli anni Trenta infatti, le spedizioni promosse da Berlino si erano susseguite nei mari australi fino ad avventurarsi al Polo Sud, sia a scopo scientifico, che prettamente militare.

    Leggenda vuole che i tedeschi costruirono anche alcune basi, in una porzione dell’Antartico da loro rivendicata e denominata Neuschwabenland, tra le quali la segretissima base 211 o Nuova Berlino e realizzarono aree di rifornimento in diverse isole dell’Atlantico del Sud, nelle quali, con il sostegno argentino, installarono depositi di carburante e carbone.

    Alla fine del 1941, anno in cui gli Stati Uniti ufficialmente presero parte al Conflitto, il Grande Ammiraglio Karl Dönitz chiese che la Kriegsmarine fosse dotata di nuovi sommergibili adatti a combattere la guerra sugli oceani ed ad affondare i cargo alleati provenienti, oltre che dal Nordamerica, anche dall’Oceano Indiano, dalla costa orientale dell’Africa e dal Sudamerica, i quali formavano grandi convogli davanti alle coste della Liberia e della Sierra Leone prima di proseguire per la Gran Bretagna.

    La strategia tedesca preoccupò non poco Londra e Washington che per tutta risposta organizzarono delle operazioni incentrate a frenare da una parte l’offensiva sui mari del Sud da parte degli U-Boat, dall’altra ostacolarono a sua volta i rifornimenti di materie prime fra Berlino e Tokyo. Nello specifico, l’Ammiragliato britannico preparò l’Operazione Tabarin (1943-1945) al fine di rafforzare, tra l’altro, la presenza della Royal Navy nell’Arcipelago delle Malvinas/Falkland ed in Antartico attraverso l’occupazione di alcune isole e la creazione di basi permanenti.

    Ma l’interesse strategico per i territori antartici non si limitò soltanto al tempo di guerra. Gli Stati Uniti prima con l’Operazione High Jump (1946-1947), poi con l’Operazione Windmill (1947-1948) ed infine con l’Operazione Deep Freeze (1955-1956) - quest’ultima da allora si svolge periodicamente ogni anno, col supporto delle forze armate neozelandesi - hanno creato i presupposti per mantenere il controllo permanente sul Canale di Drake (Capo Horn) e con esso sul Sud America.

    A distanza di oltre sessant’anni dall’arrivo dei sommergibili tedeschi nei mari australi, la disputa per il controllo geostrategico della regione sembra esauritasi, ma oggi un nuovo capitolo d’interesse sembra aprirsi cioè quello dello sfruttamento delle risorse energetiche.

    La crescente richiesta di gas e petrolio infatti, nonché di altre materie prime essenziali, stanno provocando una corsa al dominio di queste fondamentali risorse in tutto il Mondo. A breve anche l’Antartico potrebbe dover soddisfare l’appetito delle major petrolifere, complice il surriscaldamento globale e la conseguente rarefazione dei ghiacci. Profetiche in tal senso sono state le parole pronunciate qualche anno fa (2008) dall’ex amministratore delegato della British Petroleum, Tony Hayward, dimessosi di recente per i danni ambientali causati dall’affare Deep Water nel Golfo del Messico, che chiedeva l’apertura anche di questo paradiso naturale alle compagnie petrolifere e, come affermava, alle esigenze del mondo industrializzato.

    Il Polo Sud e le isole adiacenti sono anche ricchi di risorse ittiche, e posseggono l’80% circa dell’acqua dolce di tutto il globo terrestre. Proprio la penuria di risorse idriche aprirà, probabilmente, nei prossimi anni, la contesa a livello mondiale in questa regione del Pianeta. Nel 2025, infatti, gli attuali 600 milioni di abitanti della Terra privi di accesso all’acqua potabile dovrebbero raggiungere la cifra di un miliardo e 400 milioni, e come ha evidenziato un recente rapporto dell’intelligence statunitense, Global Trends 2025: A Transformed World, la penuria sarà dovuta in particolare ai cambiamenti climatici. Sempre nello stesso documento si sottolinea che la nuova tecnologia utile ad ottenere acqua potabile è ancora troppo costosa per essere utilizzata e dagli attuali 21 Paesi del Pianeta colpiti da endemica carenza d’acqua si potrebbe passare a breve a ben 36.

    L’Antartico è diventato, già a partire dagli anni Ottanta, una delle aree tra le più contese del Pianeta. La guerra delle Malvinas/Falkland (marzo–giugno 1982) tra Argentina e Gran Bretagna ha reso evidente, ancora una volta, l’attualità del paradigma della geopolitica classica, incentrato sulla conflittualità tra le potenze di terra e quelle di mare.

    Il Continente bianco come prosecuzione del Cono sud, tra rivendicazioni territoriali e processi di internazionalizzazione, è, secondo la felice definizione di Jack Child, un vero e proprio Frozen Lebensraum. La funzione geopolitica dell’Antartide sarà valorizzata, a beneficio del nuovo sistema multipolare, soltanto se le contraddizioni tra le nazioni sudamericane saranno superate in una prospettiva continentale. A fronte dell’invadenza occidentale, costituita principalmente dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, l’integrazione geopolitica tra le maggiori nazioni latinoamericane, cioè l’Argentina, il Cile ed il Brasile, determinerebbe, infatti, un effetto risolutivo riguardo alla contesa per l’Antartico.

    Andrea Perrone, cui si deve già un ottimo saggio sul Polo Artico (Arktika. La sfida dell’Artico, Roma 2009), ci introduce con competenza e con ricchezza di dati in un ambito di studi purtroppo ancora poco trattato in Italia.

    Tiberio Graziani

    Direttore di Eurasia, Rivista di Studi Geopolitici e Presidente dell’IsAG, Istituto di Alti Studi di Geopolitica e Scienze Ausiliarie

    Introduzione

    L’Antartico è tornato alla ribalta nel febbraio 2010, quando la disputa fra Londra e Buenos Aires, sulla sovranità delle Malvinas/Falkland, è finita sulle pagine di tutti i giornali.

    Il contenzioso per il controllo dell’Arcipelago prosegue da quasi due secoli, da quando cioè, nel 1833, il governo britannico ha dichiarato proprie queste isole. Nel 1982, quando l’allora regime militare argentino osò sfidare l’esercito di Sua Maestà, il conflitto latente sfociò in una guerra sanguinosa.

    La vicenda Falklans/Malvinas continua ad agitare la politica mondiale ed il rischio di un nuovo conflitto sembra paventarsi all’orizzonte, nonostante gli interventi delle Nazioni Unite per trovare una soluzione alla secolare disputa. Oggi, infatti, in gioco vi sono ancora molti interessi. In primis, l’area prospiciente il Sud America sarebbe, secondo i geologi, ricchissima di idrocarburi e minerali.

    Il controllo delle Isole Malvinas garantisce poi un dominio più vasto che arriva a lambire anche il famoso Passaggio di Drake ed il Capo di Horn, dove navi e imbarcazioni militari possono attraversare l’Oceano Atlantico per raggiungere il Pacifico e viceversa, nonostante i pericolosi iceberg galleggianti ed i burrascosi flutti marini che rendono la rotta molto pericolosa.

    Il dominio geostrategico dell’Arcipelago garantisce, quindi, il controllo sull’Atlantico meridionale e sull’America Latina. A scendere in campo a fianco dell’Argentina sono stati oltre al Cile ed al Nicaragua anche il Venezuela di Hugo Chavez, il quale ha condannato il colonialismo britannico affermando che l’Arcipelago appartiene non soltanto a Buenos Aires, ma a tutto il Continente sudamericano.

    L’Antartico e le isole adiacenti sono contesi da molti Stati, per numerosi motivi di grande importanza economica. Oltre al business dell’acqua, il Polo Sud ne è infatti costituito per il 98%, vi sono infatti grandi giacimenti di carbone e ferro, oltre ad enormi quantità di nichel, manganese e uranio. Ma il tesoro per cui è già partita la caccia è il petrolio.

    A metà del 2010 quattro piccole compagnie di esplorazione britanniche, la Desire Petroleum, la Rockhopper, la BHP Billiton e la Falklands Oil and Gas, hanno ripreso ad effettuare prospezioni nelle acque delle Falklands dove s’ipotizza la presenza di una gigantesca quantità di oro nero, fino a 60 miliardi di barili (equivalenti all’insieme delle riserve residue di USA e Canada), con una stima più prudente di 3,5 miliardi nel cosiddetto Bacino Nord.

    Uno dei dirigenti della Desire Petroleum ha di recente affermato: Potremmo anche non trovare nulla, cosa che accadde nel 1988 ad altre due major, la Shell e la Lasmo, che dopo aver perforato sei pozzi, uscirono dalla scena senza aver portato a termine ritrovamenti commerciali significativi. Tuttavia, le evidenti analogie morfologiche e geografiche dell’Antartide con gli altri continenti dell'emisfero meridionale, frutto dell’originaria separazione del Gondwana, il supercontinente - scomparso nel Mesozoico - generatosi durante il Neoproterozoico dall’aggregazione dei frammenti della Pangea, fanno ipotizzare che nei fondali e tra i ghiacci dell’Antartico si celino immense ricchezze minerarie ed energetiche.

    Non a caso, infatti, la Rockhopper, già il 5 maggio 2010, ha annunciato di aver rinvenuto a largo delle Falkland-Malvinas un giacimento di petrolio di 200 milioni di barili di ottima qualità, per un valore di 25.000 milioni di dollari.

    Le grandi risorse ittiche rendono poi il Polo Sud il più grande parco marino del Mondo sul quale esiste anche una disputa per il diritto alla pesca. A contendersi le risorse marine sono ancora una volta Londra e Buenos Aires, tanto che il 1 luglio 2006 il governo argentino ha fatto pervenire a quello di Londra una nota di protesta in cui definiva unilaterale ed illegittima la sua decisione di concedere licenze di pesca per venticinque anni agli abitanti delle Falkland/Malvinas nelle acque dell’Arcipelago.

    Nell’area antartica vi sono molte basi di Paesi che, pur non avanzando pretese territoriali, a partire dagli Anni ‘80, hanno iniziato a popolare il Polo Sud per studiarne il clima ed i ghiacci, tanto più che il Trattato di Madrid, ratificato nel 1998, impedisce a qualunque Stato ogni sfruttamento delle risorse naturali del Polo sino al 2048.

    Il 18 novembre 2010 è partita la ventiseiesima spedizione italiana in terra antartica promossa da CNR ed ENEA su finanziamento del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di concerto con il Ministero dello Sviluppo Economico. L’Antartide è un laboratorio di importanza strategica inestimabile. Le ricerche che vi vengono condotte sono essenziali per comprendere i mutamenti climatici su scala globale e per studiare le dinamiche del nostro Pianeta ha dichiarato alla vigilia della missione il presidente del CNR, Luciano Maiani.

    È impossibile stilare un calendario preciso per una futura guerra per l’Antartico, ma certo c’è da aspettarsi che nei prossimi anni soprattutto gli

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