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Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità
Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità
Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità
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Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità

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About this ebook

La vita ha l’abitudine di farci trovare sulla strada degli ostacoli, ma per una buona ragione: nascono per sfidare chi è scoraggiato, o per dissuadere i pigri.

In ogni caso, quando ti imbatti in una città che le guide turistiche hanno ignorato, ti trovi a dover scegliere tra il proseguire velocemente per la tua strada o fermarti a vedere che cosa possono essersi lasciate sfuggire.

Quando un uomo e il suo cane voltano le spalle al  Mar Mediterraneo e danno inizio a un viaggio verso l’entroterra del Profondo Sud, lo fanno per andare alla ricerca di una città che ancora prepari il suo proprio cibo piuttosto che procurarselo da altrove.

Stanchi della natura usa e getta della vita moderna e del suo entusiasmo per il cibo precotto da microonde, questa ricerca di ricette autentiche rivela non solo una serie di segreti gastronomici, ma la ricchezza di storia, cultura, politica e abitudini alimentari di un paese carismatico colto nell’intento di uscire da un passato buio e di dirigersi verso la luce abbagliante del futuro. 

LanguageItaliano
Release dateJun 15, 2023
ISBN9781633395022
Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità
Author

Paul Read

Born restless in the very centre of London, England, Paul Read now fidgets his way back and forth between the Uk and Spain in search of good coffee, good conversation and fresh vegetables. In the absence of finding any of these, he writes, schemes and plans for global domination but generally settles for a series of podcasts, books, and online teaching courses: All freshly brewed and 100% guru-free.

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    Nella Terra della Tortilla - Paul Read

    Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità

    Paul Read

    ––––––––

    Traduzione di Licia Braga 

    Nella Terra della Tortilla: Un Viaggio alla Ricerca dell' Autenticità

    Autore Paul Read

    Copyright © 2023 Paul Read

    Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Babelcube, Inc.

    www.babelcube.com

    Traduzione di Licia Braga

    Progetto di copertina © 2023 Paul Read

    Babelcube Books e Babelcube sono marchi registrati Babelcube Inc.

    Indice dei Contenuti

    PROLOGO

    CAPITOLO 1: NEL GHETTO MEDITERRANEO

    L’ultima goccia

    Nella foresta

    CAPITOLO 2: NELLA CITTA’ DELLA TORTILLA

    In città

    In banca

    Nella Pipirrana della nonna

    Nel cantiere edile

    Dentro i cassonetti verdi

    Nel centro di riciclaggio

    CAPITOLO 3: STORIA DI UNA TORTILLA

    Come capire il linguaggio del vento

    Come scrivere la storia di una città su Twitter

    Come risolvere il mistero dei fratelli Marx

    Come far scendere un cane da un tetto

    Come riconoscere gli Indignati

    Come riconoscere una rivoluzione

    Come arrivare a considerare la vita un percorso circolare

    Come instaurare una repubblica

    Come preparare le vongole alla Alfonso in vino bianco

    CAPITOLO 4: LA STORIA DELLA FIESTA

    Cos’ è una Fiesta?

    Check-list per una fiesta

    Cos’è la Semana Santa?

    Riflessioni sulla Semana Santa

    Chi sono gli Incensarios?

    Cos’è il Corpus Christi?

    Tapas svelate

    Uno studio sulla vita di strada

    Profondo Flamenco

    La Sangria di Serafin

    CAPITOLO 5: INGREDIENTI SALUTARI

    Si apre la fornace

    Nella fornace

    Nel ricettario

    In cocina

    Al bar

    Nel posacenere

    All’ospedale

    Andrés e il suo Tomate Aliñado

    Chiudendo la fornace

    CAPITOLO 6: QUESTIONE DI COMUNICAZIONE

    Dal giorno del tuo arrivo

    Il giorno della quasi-iscrizione di Doris

    Il giorno giusto per iniziare

    Cogli l’attimo

    Questa scheda madre complicata

    Il giorno in cui Mr. Fish-Beard arrivò in città

    Il giorno giusto per la pesca

    CAPITOLO 7: IL LINGUAGGIO DEL COLORE

    Daltonico

    Cuori di lattuga verde

    Lavaggio dei colorati

    CAPITOLO 8: L’ IMPORTANZA DELLE STORIE

    Storia di Salvador

    Storia del Super Giudice – parte I

    Storia di Santiago

    Storia di Alfonso

    Storia del Super Giudice – parte II

    Storia del gazpacho

    Storia del manifesto elettorale

    Storia di Jose

    CAPITOLO 9: I RIGORI DELLA RESIDENZA

    1998

    2003

    2008

    CAPITOLO 10: IL VIAGGIO DI RITORNO

    I problemi per rientrare

    I problemi del restare

    I problemi per partire

    Questione di gusti

    CAPITOLO 11: TORNANDO CON I PIEDI PER TERRA

    Seduto tra le nuvole

    Chiudendo il cerchio

    EPILOGO

    Il sussurro di un angelo

    SULL’AUTORE

    ALTRI LIBRI (IN INGLESE)

    *

    "Pronto llegará la hora que la tortilla se vuelva.

    Los pobres comerán pan,

    y los ricos mierda, mierda."

    *

    ****

    Prologo

    ****

    La Tortilla

    Back to top

    La tortilla è la versione squisitamente iberica dell’omelette. Fino non molto tempo fa si preparava sminuzzando patate, cipolle, asparagi, peperoni o funghi e mettendoli insieme a friggere lentamente. Il tutto veniva poi incorporato in una miscela a base d’uovo e messo a cuocere a fuoco lento, con attenzione, su entrambi i lati.

    Oggi le tortilla spagnole si trovano facilmente in qualsiasi supermercato, in versione precotta. La tortilla si è adattata al ventunesimo secolo, entrata in una nuova era di eterna giovinezza sui tavoli da pranzo di ogni dove. Ma lungo il cammino, un qualcosa della sua identità è andato perduto. Il suo ricco sapore si è via via smorzato, tutta la sua varietà ridotta a un semplice con o senza cipolla, la sua consistenza rustica assottigliata sempre di più, ridotta allo spessore di un frisbee. In sostanza, la tortilla ormai non è altro che uno snack precotto da microonde.

    Tristemente, sulle coste del Mediterraneo la filosofia delle pietanze da microonde è stata abbracciata in modo così entusiastico, che questo modello è stato adottato con altrettanta passione in tutti gli aspetti della vita quotidiana. La vita costiera è diventata un prodotto come un altro, in esposizione sugli scaffali di un grande supermercato.

    Dopo aver tollerato per anni questa omogeneizzazione culturale, le mie papille gustative hanno rivendicato un ritorno al sapore. Avevo sentito parlare di luoghi dove veniva ancora cucinata la vera tortilla. Si diceva che alcuni locali lontani dalla costa ancora cucinassero le loro pietanze, invece di andare a comprarle altrove. Forse si trattava solo di una leggenda metropolitana, ma dovevo andare a verificare di persona.

    ****

    CAPITOLO 1: nel ghetto mediterraneo

    ****

    L’ULTIMA GOCCIA

    Un nuovo paese, un po’ più in là

    Back to top

    Quello del turismo è un concetto affascinante. Proviamo a mettere in una boccia un piccolo paese mediterraneo, un pizzico di sviluppo urbano, mariniamo con sfrenate fantasticherie di campi da golf e attracchi per yacht, facciamo qualche passo indietro e osserviamo che succede.

    ***

    Oggigiorno sembra che tutti amino le autostrade. Tutte curve e rettilinei, quando poi sono asfaltate da poco conferiscono una certa e distinta eleganza al viggiatore motorizzato. Tra tutte le città, quelle che più amano le autostrade sono le piccole località costiere; sono innamorate di questi promettenti serpenti neri e sinuosi che portano pullman carichi di turisti per le brevi fughe estive e anziani residenti durante i lunghi mesi invernali.

    Tuttavia un tale incremento di traffico porta anche effetti devastanti nella zona. Le valli lussureggianti e ricche di frutti che circondano il paese vengono spianate e convertite in campi da golf, le piazze vengono sradicate per costruire parcheggi sotterranei, e lungo i marciapiedi dove prima stavano edicole e alberi, compaiono file di parchimetri.

    Poi, insidiosi come uno scorpione che si intrufola in casa attraverso lo spiraglio di una porta socchiusa, cominciano a spuntare agenzie immobiliari e punti vendita di grandi catene, mentre i negozi e le attività locali spariscono dalla sera alla mattina. Gli affitti diventano all’improvviso troppo costosi per la gente del luogo, non si parla più di persone, ma solo di clienti.

    Non sono solo i politici a cedere, si tratta di una vera e propria epidemia. I bar iniziano ad andare a risparmio sulle tapas, i prezzi aumentano e l’avventore è  trattato come uno qualunque, nient’altro che l’ennesima faccia che fa muovere il tornello del flusso turistico. Valori, identità locale e significati vengono lasciati a margine di questa corsa frenetica ad accapparrarsi il più possibile.

    Durante gli anni che ho trascorso lavorando nel settore turistico sulla costa spagnola sono stato più volte testimone di questo processo, la metamorfosi del paese, da casa a industria dei servizi.

    Ma la costa è così bella, dicevano i miei amici venendo in visita per un paio di giorni. Sì, la costa è bella – o meglio era, risponderei io. Sì, fa caldo e il mare è di un blu meraviglioso, gli inverni sono miti e brevi. Ma queste di per sè sono ragioni piuttosto inconsistenti per scegliere di vivere in un luogo altrimenti così vacuo.

    Poi un giorno mi sono svegliato e ho capito che non sopportavo più il sapore delle pietanze da microonde. Avevo bisogno di andare alla ricerca di altre ricette; ricette che si adattassero al passare delle stagioni; ricette che richiedessero una cottura lenta; ricette che rievocassero il sapore di un’autetica tortilla.

    ––––––––

    NELLA FORESTA

    Perro que no camina, no encuentra hueso

    La ricerca non durò molto. Una volta preso il largo dal tortuoso centro commerciale ancora inspiegabilmente chiamato ‘Il Mediterraneo’, scoprii tutt’altro paese; un paese dove il carattere iberico non si è ancora arreso – o forse non era ancora stato tentato – davanti al miraggio dell’oro del turismo. Mentre andavo zigzagando su per la Carretera de Cabra  attraverso le valli tropicali di Granada, mi tornarono in mente le profetiche parole di Laurie Lee: se si escludono le guerre, nel ventesimo secolo il turismo ha contribuito al danneggiamento delle civiltà più di ogni altra cosa.

    Proseguimmo, il mio fedele Bracco ed io – attraversando quel paesaggio lunare che collega le Sierras della costa alle ampie e fertili pianure di Granada; ci lasciammo alle spalle vette frastagliate e terre aride protese verso le acque cristalline un po’ più in là, puntando il nostro sguardo su quel che ci aspettava più avanti.

    ***

    Mi fermai sul ciglio della strada, su un crinale sospeso tra il Mar Mediterraneo e una foresta di conifere, davanti a noi. Il Bracco aveva bisogno di stiracchiarsi un po’ le zampe e di marcare l’estremo avamposto del suo vecchio territorio. Qualcosa si mosse sopra di noi, e io alzai lo sguardo. Cullati dagli ultimi strascichi della brezza marina, una processione di nidi parassiti di lombrichi dondolava con fare inquietante tra i rami sempreverdi dei pini. Il clima temperato della costa ha i suoi svantaggi. Noi proseguimmo.

    Poco più avanti colsi un primo scorcio della città di Granada, ultimo baluardo moresco in Spagna. A quanto pare, fu proprio qui che secoli fa Bobadil venne preso dopo essere stato spodestato dai Monarchi Cattolici. Sospirai. Anch’io sapevo cosa significava essere spodestati da armate conquistatrici. Anch’io avevo perso la mia battaglia contro il microonde. Anch’io ero alla ricerca di un posto da poter chiamare casa.

    Vagabondammo per le periferie della città di Granada, persi tra i suoi tentacoli e avvolti dal suo smog, fermandoci in qualsiasi luogo attirasse la mia attenzione, o ovunque il mio fidato furgone trovasse un’invitante spiazzo per trascorrere la nottata.

    Dopo mezza dozzina di località anonime, una notte di mezz’estate ci apollaiammo sui colli attorno una piccola cittadina nella regione di 'Poniente', a ovest di Granada. A prima vista non sembrava essere diversa dagli altri paesi-satellite medio-piccoli che avevo già visitato, e negli anni a venire mi sono spesso chiesto: Perchè mai ho scelto questa città? Perchè mai ho traslocato nel cuore cittadino di una provincia dell’entroterra, quando invece il richiamo delle sirene delle acque blu e argento del Mar Mediterraneo era ancora così invitante e vicino?

    ****

    CAPITOLO 2: nella citta’ della tortilla

    ****

    IN CITTA’

    Il vero piacere sta nel non sapere.

    Back to top

    Se non si fa altro che usare il GPS, non si abbandonerà mai la via maestra per scoprire dove portano i sentieri minori. Potrebbe non capitare più di imbattersi nella caverna di Aladino o di trovarsi in un territorio non segnato sulle mappe, come un Monaco Shaolin sbattuto fuori dal suo monastero.

    ***

    Ovviamente ci sono persone che vogliono conoscere tutto in anticipo. Vogliono definire, pianificare e decidere tutti i dettagli di un viaggio ancora prima di partire da casa. Mappano, appuntano, NavSat cammina i loro stessi passi attraverso la città, attraverso il paese, attraverso il mondo intero. Alcuni si fanno guidare passo passo da NavSat addirittura lungo la via del ritorno dal parrucchiere a casa. Allo stesso tempo, altre fanno poco altro oltre a preparare un pranzo al sacco, e così armate se ne vanno, pronte a vedere cosa succederà. Sanno che il vero piacere sta nel non sapere.

    Io trovai quella cittadina come si può trovare una moneta per la strada, e così lasciando il furgone parcheggiato sulla collina alle spalle della città, ci lasciammo trasportare, nell’aria immobile della sera, guidati dall’eco di canzoni lontane e dal caldo abbraccio delle luci del casco antiguo.

    Svoltato l’angolo, il Bracco attaccò con il suo ululato non appena ci avvicinammo a un gruppo di stranieri che sostava fuori da un bar.  Osservandoli più da vicino notai che tenevano le cartine sottosopra, dei frasari facevano capolino dalle tasche dei gilè gonfiabili e avevano un’aria decisamente sperduta e confusa mentre si avviavano verso quello che sembrava essere un quartiere di zingari.

    Quando entravo in bar e negozi, nessuno provava a parlarmi in inglese. Il caffè era felicemente servito in bicchierini di vetro piuttosto che in pretenziose tazze di ceramica. Il cameriere del bar in cui mi fermai – e che aveva permesso l’ingresso anche al Bracco, senza alcun problema - mi portò da bere e mi accennò a un’insegna sulla parete. Tapas? chiese. Seguii il suo sguardo e notai il cartello sul muro, un menu che elencava una mezza dozzina di pietanze diverse. La tortilla risposi, sorseggiando la mia birra, mentre sia il Bracco che io tendevamo le orecchie per captare il solito crepitante cicaleccio di tv e macchinette da gioco.

    Non sentendo niente di tutto ciò, ci scambiammo uno sguardo pieno di domande. Pochi minuti dopo, comparve al mio fianco un piatto con una fetta di pane, qualche oliva e al centro una fetta fumante di tortilla. Non avevamo sentito squillare nessun timer di microonde.

    Tornando indietro attraverso il paese notai l’assenza di visi ustionati lungo le strade, nessuno che indossasse sandali sopra i calzini. Non riuscii a trovare nessun negozio che vendesse cartoline, e se avessi avuto un disperato bisogno di un canotto gonfiabile, sarei rimasto irrimediabilmente deluso.

    Avere il Bracco al mio fianco in un ambiente cittadino rappresentava per me una scusa perfetta per fermarmi mentre tutti attorno a me continuavano ad affaccendarsi. Mentre il Bracco si perdeva ad annusare e sbavare di qua e di là, io avevo l’occasione di osservare e assorbire un pizzico delle dinamiche e degli equilibri della vita di una piccola città. Era una bella sensazione. C’era qualcosa di quel posto che mi affascinava, che mi attirava a sè. Forse quel qualcosa era proprio la sua normalità.

    L’idea di rimanere mi tentava.

    un posto dove stare

    Un tempo tutte le città erano fortificate. Infatti la parola città deriva dal tedesco Zaun, che significa recinzione. Ciò nonostante, le recinzioni non sono qualcosa che si vede spesso da queste parti, ma per quanto riguarda le mura di cinta, è tutta un’altra storia. Qualsiasi importante cittadina spagnola arroccata sul fianco di una collina avrà profusione di alte mura a dividere i rispettivi barrios, intersecate da volate di gradini di pietra consumati, con corrimano pericolanti e superfici scivolose. E proprio da questa parte alta della città iniziai la mia ricerca di una casa.

    Trovare un appartamento da prendere in affitto fu relativamente semplice, ma trovarne uno che non fosse malandato, bisognoso di ristrutturazione, di un nuovo impianto elettrico o di un nuovo impianto idraulico, e che accettasse un inquilino a quattro zampe, questo fu già un po’ più complicato. Alla fine mi arrangiai, ma iniziai a guardarmi intorno in cerca una casetta da pochi soldi da comprare. Il mercato degli affitti era tremendamente gonfiato nonostante fossimo distanti dalla costa, e sapevo che il rischio era quello di veder sparire i miei limitati fondi alquanto rapidamente. Avevo bisogno di una casa. Il Bracco aveva bisogno di un giardino. E per poter avere tutto ciò mi serviva innanzitutto un mutuo.

    IN BANCA

    Cibo e finanza

    Atto 1: In Cui Si Tracciano Le Colonne

    Dunque, Lei vorrebe richiedere un mutuo, giusto?

    Sì, esatto.

    Di quanto?

    Ecco, la casa che ho visto costa 85.000 Euro

    Capisco. Quanti anni ha?

    E’ un po’ vecchia.

    Un po’?

    Beh vede, il vecchio è un concetto relativo. Si trova nella parte vecchia della città. Nella parte alta qualsiasi cosa è vecchia – le strade, la gente... persino il pane sa di vecchio.

    Quindi si trova nella città vecchia!

    (Il Bank Manager abbasssa lo sguardo e scarabocchia delle cifre sul suo quaderno. Traccia due colonne: la colonna dei plus e la colonna dei minus. Si blocca un attimo, per un istante impercettibile, alza lo sguardo e sorride, per poi sistemare un grasso segno di spunta nella colonna dei plus. Il costo al metro quadro in quella zona è piuttosto alto.

    ATTO 2: In Cui Discutiamo Più di Cibo che Di Finanza

    Risiede in Spagna?

    Sì.

    Deve proprio piacerle qui.

    Già. Mi piace soprattutto la cucina tipica, quella delle vecchie ricette. Insomma, questo genere di cose.

    Ma davvero! E qual è il suo piatto preferito?

    "Forse la tortilla, con asparagi e funghi, pulpo alla gallega o gambas al pilpil. Poi direi anche il gazpacho, devo ammettere che ho un debole per un buon bicchiere di gazpacho."

    Con lo sguardo scruta attentamente attorno, poi posa la penna e si china verso di me. "Ha mai sentito parlare della pipirrana?"

    "Pipirrana? Ma non è un’insalata? Non è che abbia la ricetta della tortilla, piuttosto?"

    "Perchè darsi tanto disturbo per preparare una tortilla quando se ne può comprare una bell’e pronta al supermercato per pochissimi soldi? La  Pipirrana rappresenta qualcosa di speciale per noi del posto; è la sostanza stessa della vita. Io uso ancora la ricetta di mia nonna, che è un segreto di famiglia ormai, ma visto che lei sta per traslocare nella parte vecchia della città..."

    E detto ciò, raccoglie la sua penna (e un’altra spunta finisce nella colonna dei plus.)

    Atto 3: In Cui Comincio A Sproloquiare

    E riguardo il lavoro, che mi dice?

    Dunque, inizio balbettando, nervoso. Vede, il mio lavoro... è a contratto.

    (Un altro segno di spunta comincia a prendere forma nella colonna dei plus, ma lui esita.)

    Cosa intende con ...a contratto?

    Ho insegnato inglese, computer e persino Thai Chi a Londra.

    Ah sì, dice mentre fa ruotare una leva immaginaria con la sua mano destra. "Mia moglie ha uno di quegli affari in cucina. L’abbiamo comprato la settimana scorsa, era in offerta al Carrefour. Proprio utile."

    Davvero! rispondo io. "Sì,

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