Celeste
By Anna Kyss
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Celeste - Anna Kyss
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~Verde Acqua~
1
Mi spingo attraverso le acque turchesi grazie alle ondulazioni della coda. Nessuno mi ha visto. Per fortuna. Lasciare Maluhia da soli è proibito.
Il mio cuore corre per il pericolo, lo sforzo, l’eccitazione. Gioisco per il sangue che mi scorre nelle vene, l’adrenalina che mi attraversa il corpo: mi sento viva. Audace. Esultante.
Se solo potessi prendere queste sensazioni e metterle da parte per dopo, quando l’apatia tornerà a bussare; per ora posso solo assorbirle. Devo costringermi a sentirle. Il prezzo per l’indifferenza potrebbe essere la mia vita.
C’è una barriera corallina davanti a me, una delle poche che rimangono nella nostra parte di mare. Il giallo, rosso e arancione del corallo in perenne crescita contrastano con il blu dell’oceano che li bagna.
I tentacoli rosa e bianchi delle anemoni aspettano i loro amici a strisce bianche e arancioni – i pesci pagliaccio.
A scuola mi hanno insegnato quella strana parola, clown; un tempo le persone indossavano costumi e si dipingevano il viso per far ridere. Provo a immaginarmelo: un mondo dove i vestiti e le parole erano sufficienti a far sghignazzare la gente. Nel mio mondo tutta la pelle e i linguaggi messi insieme non sarebbero abbastanza per farci sorridere.
La mia gente non ride più.
Un’anguilla a strisce porpora e bianche fa spuntare la testa dalle rocce, si guarda intorno quindi scatta via. Spaventa un gruppo di pesci, mandandoli verso di me. Un arcobaleno di pinne e scaglie luccicanti mi nuota intorno.
Arcobaleno: un’altra di quelle parole curiose sentite a lezione. Provo a immaginare i colori e il cielo ma è troppo difficile. In questo mondo di mille sfumature di blu, la barriera è l’unico posto in cui trovare un arcobaleno.
I ricordi mi riportano sempre a questo luogo, nonostante la minaccia di essere scoperta. Il nome della mia migliore amica era Arcobaleno. Nel nostro mondo sottomarino, la contentezza si dissolve nelle acque, mentre distacco e letargia emergono.
Con Arc successe che il sorriso l’abbandonò prima di perdere l’ultimo dente da latte. Quando ricevette le pinne, ecco che non volle più giocare e smise di venire alle nostre nuotate quotidiane. Presto non lasciò più la capsula di famiglia. La tristezza l’aveva devastata e lei compì l’Atto Innominabile.
La sofferenza riempie il vuoto lasciato da quell’amicizia, riportandomi alla mente ricordi di altre persone che mancano. Mia madre. Mio padre. Lo scoramento mi trascina giù.
Ricacciando indietro le lacrime che minacciano di scappare, mi impongo di scacciare i pensieri negativi dalla mia testa e di aprire gli occhi alle meraviglie della barriera corallina.
Questo è il motivo per cui affronto il pericolo di lasciare il complesso di capsule, per vedere l’arcobaleno, stimolare i miei sensi e rinvigorirmi. Non posso seguire il cammino di Arc.
Non soccomberò.
Una tartaruga di mare mi viene incontro e gira intorno a me, facendosi più vicina a ogni rotazione. Il verde chiazzato del guscio si amalgama con le alghe. Do un colpo di coda, spingendomi più vicina ma il rettile si tuffa in basso e scompare nelle ombre di quel prato sottomarino.
Lasciata fluttuare da sola, mi domando come la tartaruga nuoti sopra la Superficie – salendo fino alla Terra – per deporre le uova. Come può una tartaruga, con la pelle fine e le uova tanto fragili, sopravvivere dove la gente non può?
Non riesco a resistere a guardare in alto. La luce attraversa la Superficie, dipingendo il mare di sfumature celesti. Desidererei nuotare in su per vedere la Terra che abbiamo perso. Brucio all’idea di sapere cosa giaccia sopra le acque. Potrebbe esserci una cura, troppo tardi forse per aiutare Arc e i miei genitori, ma potrebbe salvare gli altri dallo stesso destino terribile.
Nascondo questi sogni proibiti dentro di me, strangolando ogni possibilità e ingoiando i miei desideri. Ancora una volta ho abbandonato ogni precauzione. Potrei essere rinchiusa solo per aver pensato di arrivare alla Superficie.
I pesci della barriera corallina interrompono la loro deliziosa danza e si sparpagliano. Scandaglio le acque per vedere cosa possa aver spaventato quei piccoli gioielli del mare.
Qualcosa fluttua verso di me. Mi blocco.
All’inizio il manto grigio-nero mi fa venire in mente una foca monaca dalla forma bizzarra. Ma mentre si avvicina riconosco i lunghi arti di un uomo. A differenza della nostra Pelle, che è senza cuciture, il suo costume ha strane tracce di plastica – forse un modo per entrare e uscire. Porta un grosso serbatoio sulla schiena, indossa una maschera sul volto e tiene un lungo tubo tra i denti. Bolle lo seguono in un fiume continuo dietro di lui. Sta respirando attraverso quel tubo?
Non ha le branchie?
Mi dimentico di nascondermi fino a quando non mi scorge. Il cuore galoppa mentre si avvicina, le mani aperte davanti a lui. Credo stia cercando di mostrarsi inoffensivo.
Questo... questo è eccitante. Uno sconosciuto senza branchie che nuota presso la mia barriera. Voglio avvicinarmi e saperne di più.
Nuota a un colpo di pinna di distanza. Sono tentata di allungare un braccio a toccare quella lucida tuta nera per vedere se è gommosa come sembra, ma mi trattengo.
Sbircio in quella maschera. I suoi occhi castani si spalancano mentre osserva il mio corpo. Fissa ogni cosa che ci rende diversi: le branchie, la coda, la Pelle. Di rimando, rivolgo gli occhi, stupita, al grosso serbatoio, lo strano tubo, la maschera. Riesco a malapena a distogliere lo sguardo.
Lui solleva la mano... saluta. Ricordo di aver imparato i vecchi metodi di saluto – un’altra abitudine persa sott’acqua. Le mie dita sventolano in risposta, muovendosi più veloci della mia coda. Chi è questa persona? È troppo diversa per essere di un altro settore. Come può sopravvivere sott’acqua senza branchie? Che venga da...?
Scaccio quel pensiero dalla testa prima che si formi del tutto. Nessuno vive più sulla Superficie, non più.
Lentamente allunga la mano verso di me e io rimango immobile, curiosa di sapere cosa farà. Se visitare la barriera corallina non è permesso, allora incontrare qualcuno esterno al settore deve essere proibito. L’adrenalina mi scorre nel corpo. Non mi sono mai sentita tanto viva.
Quando mi afferra la mano, fischio dalla sorpresa, ma lo lascio guidarmi sopra la barriera fino a una porzione di fondale sabbioso. Le nostre mani sono così strane insieme, la mia Pelle blu in contrasto con la sua nuda mano abbronzata, libera da ogni copertura.
Si piega per raccogliere una lunga conchiglia a spirale che è sul fondo. Usando il guscio, imprime linee sulla sabbia. I movimenti dell’acqua presto fanno svanire il suo lavoro, così l’uomo ricomincia. Fisso quei simboli fino a quando improvvisamente non riesco a dare loro un senso. Lui scrive in uno dei linguaggi perduti! Con cura provo a dare un suono ai segni – no, alle lettere – nella mia mente. J.E.S.S.E. Ma che vuol dire?
Punta il dito verso se stesso, quindi alle lettere che stanno svanendo, quindi di nuovo a se stesso.
Il suo nome! Non molti a Maluhia sarebbero in grado di leggere nei vecchi linguaggi perduti. Ma sono la mia specialità, è il mio lavoro quello di impararne il più possibile per preservare la conoscenza. Come sono stata fortunata a incontrare questo... scrittore.
Indico me stessa, come lui ha appena fatto, e schiocco il mio nome: Chey. Attraverso la foschia della maschera, vedo i suoi occhi muoversi per la confusione. Scuote il capo e mi offre la conchiglia. Forse non capisce la lingua dei Delfini?
Mi mordo il labbro e cerco di ricordare come formare il suono del mio nome. Sh... ay. I suoi occhi si spalancano ma annuisce. Che il mio nome suoni strano persino a questo sconosciuto?
Controlla qualcosa attaccato al tubo e guarda in alto... verso la Superficie. Prende il guscio e disegna una barca affondata, indicando un punto verso il lato della barriera corallina. So di questa imbarcazione, fu vittima di un incidente nei tempi in cui eravamo sopra l’acqua e ora riposa sul fondale oceanico.
Il mare quasi ripulisce del tutto la sabbia. Jesse allora disegna una persona, indicando se stesso, quindi un’altra, indicando me, al lato del relitto.
Vuole che ci incontriamo di nuovo. Ma quando?
Incide un cerchio, con delle linee intorno e guarda me. Strizzo gli occhi, inclino la testa da un lato ma non riesco a capire cosa voglia dire, prima che la corrente dell’oceano levighi la sabbia. Attraverso la maschera, vedo rughe formarsi nello stretto spazio degli occhi.
Improvvisamente guarda di nuovo verso di me e disegna la Superficie con dei raggi di luce scintillanti. Indica il disegno, quindi imita il gesto di dormire, con gli occhi chiusi e la testa sulle mani; agita le mani verso l’opera in procinto di sparire e quindi ripete i gesti di poco prima – e lo fa altre cinque volte.
Sette tempi di sonno. Annuisco in segno di comprensione.
Torna a nuotare verso l’alto. Guardo il suo corpo farsi sempre più sottile fino a scomparire del tutto quando raggiunge la Superficie. Un nuovo mondo si spalanca davanti a me, pieno di cose che non avrei mai creduto possibili.
Un umano che nuota sopra la Superficie.
Un umano che sopravvive senza branchie.
Quali altre sorprese stanno per rivelarsi?
La Superficie si increspa, cancellando ogni traccia del passaggio di Jesse. Non ho pensato ad Arc o ai miei genitori per tutto il tempo in cui sono stata con lui e il costante senso di disperazione è svanito, sostituito da eccitazione... trepidazione... persino felicità. Per la prima volta in tanti mesi ho qualcosa da aspettare, invece che molte cose da temere.
Visiterò il relitto della nave, vedrò Jesse, in sette tempi di sonno. Il mio viso è strano – guance piene, il mento tirato – e quando allungo le dita per capire cosa c’è che non va, realizzo che sto sorridendo.
~Ciano~
2
Lunghe ciocche dei miei capelli nero-inchiostro turbinano intorno a me, danzando come se fossero vive. Scivolo sul mare turchese. Ogni colpo di coda mi manda più vicina a casa.
Un fischio risuona dagli abissi. Lo riconoscerei ovunque. Metto il fischietto alle labbra e soffio – a lungo e duramente – attraverso l’involucro di plastica rigida.
Haku viene