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Sette note e un pescespada: Delitti di provincia 9
Sette note e un pescespada: Delitti di provincia 9
Sette note e un pescespada: Delitti di provincia 9
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Sette note e un pescespada: Delitti di provincia 9

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About this ebook

Un paesino la cui unica rilevanza storica è un processo medioevale alle streghe... Un incidente misterioso che coinvolge in modo grottesco una intera comunità... Un'arma del delitto a dir poco stravagante...
Riuscirà il maresciallo Pucci a districare questa complicatissima matassa?

LanguageItaliano
Release dateApr 23, 2015
ISBN9781310701474
Sette note e un pescespada: Delitti di provincia 9
Author

Annarita Coriasco

Annarita Coriasco, italian poetress and writer.Annarita Coriasco, scrittrice, ha ricevuto due volte il premio “Courmayeur” di letteratura fantastica. Le sono stati attribuiti i premi internazionali “Jean Monnet” (patrocinato dalla Presidenza della Repubblica Italiana, dall’Università di Genova e dalle Ambasciate di Francia e Germania) e "Carrara - Hallstahammar". Ha ricevuto l'onorificenza di "Cavaliere" dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana.

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    Sette note e un pescespada - Annarita Coriasco

    Sette note e un pescespada - Delitti di provincia 9

    Annarita Coriasco

    Prima edizione

    © 2015 Annarita Coriasco

    Smashwords Edition,

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

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    Grazie per il rispetto al duro lavoro di questo autore.

    Frequentare i concorsi di poesia non era poi sempre così malaccio... Questo era più o meno il pensiero del maresciallo Pucci, mentre in un piccolo ristorante in quel di Levone, consumava estasiato un assaggio di tajarin al sugo di lepre. La moglie Franca aveva vinto, giustappunto, un concorso di poesia in quel di Corio e il premio consisteva in un copriletto singolo color aragosta bollita e in una cena d'assaggi nella Locanda della strega, una specie di agriturismo di giornata messo su da un cuoco giovane, ma di comprovata bravura e fama. Il locale, aperto due anni prima a Levone, vantava già due stelle sulla guida Michelin.

    La noia mortale che provava ogni qualvolta doveva accompagnare la sua signora ad una premiazione era praticamente dimenticata al sopraggiungere degli agnolotti di farina di castagne con ripieno di cacciagione. Dalla finestra alla loro destra, piccola e deliziosamente incorniciata da tendine verde salvia, si potevano ammirare i campi dorati di segale e grano e la boscosa collina delle masche (streghe), di leggendaria memoria. Il tramonto, in quella sera estiva, era ancora di là da venire e, fu solo al terzo assaggio di dessert, accompagnato da un superlativo moscato, zuccherino e fruttato, che la luce del giorno cominciò ad affievolirsi. Intorno a loro non vi era certo il vuoto di commensali e le basse travi scure, i mattoni a vista, il cotto del pavimento, incorniciavano una serie di tavoli dalle tovaglie immacolate, gremiti di persone chiaramente distanti anni luce da quei luoghi e dal loro vissuto. Alcuni parevano intellettuali, altri erano agghindati di firme sino all'ultimo strato ed erano tutti talmente composti e silenziosi da dar persino ai nervi!

    La cameriera col grembiule dello stesso colore delle tendine, li guardava con un timido sorriso attraverso le spesse lenti. I suoi enormi occhi castani incorniciati da una spessa montatura di tartaruga erano onnipresenti. Li aveva serviti sorridente e riservata per tutta la durata della cena premio. Ora però, pareva stranamente sulle spine e non sorrideva più. Il cuoco avanzava tra i tavoli pseudo silenziosi e ricevette i giusti complimenti da un estasiato maresciallo e dalla moglie, un po' frastornata da tutte quelle leccornie e, soprattutto, dai vini...

    Il cuoco era un omuncolo dal volto scuro e dal naso adunco. Offrì loro, anch'egli estasiato, ma dai complimenti, un caffè, l'ammazza caffè e si complimentò con entusiasmo con la signora Franca per il secondo posto al concorso La pianca d'oro, poi sparì in direzione d'una coppia di danarosi con la puzza sotto il naso che già stava guadagnando l'uscita. Pucci e la sua signora lasciarono il locale e vennero avvolti dalle luci fiabesche di lampioncini disseminati un po' ovunque nel vasto cortile assediato da alberi alti e frondosi. La luna piena era ormai alta nel cielo estivo. Con il suo chiarore argenteo dava persino l'impressione di riuscire a stemperare in qualche modo quell'accidente di caldo estivo. I suoi raggi d'argento illuminavano quietamente il collier delle grandi occasioni della signora Franca, il suo scialle bianco con le frange di seta che Pucci le aveva regalato due compleanni addietro. Lei prese il marito sottobraccio e, sorridenti e silenziosi si avviarono lentamente calpestando mollemente la ghiaia fina, tra i profumi di fiori imprecisati e di fieno appena tagliato, i piccoli lampi delle lucciole e un sottofondo di grilli e d'una rana solitaria... Lui stava per rammentarle quella volta che avevano ammirato le lacrime di San Lorenzo in Toscana, la terra natia dei suoi avi paterni, in una vacanza lontana, di quando Paola, la loro unica figlia, portava ancora i calzettoni alle ginocchia e le buccole della nonna alle orecchie. Una voce alle sue spalle ruppe l'incanto:

    - Signor maresciallo...- si voltarono entrambi. La Franca era ancora tiepidamente sorridente, in compagnia dei lieti ricordi lontani...

    Due lampioncini, anch'essi piuttosto lontani, rischiaravano appena una figura sottile e alta. Pucci aveva riconosciuto la cameriera del ristorante, ma più dalla voce che da quella silhouette appena accennata.

    - Abbiamo dimenticato qualcosa? - chiese la moglie del maresciallo con un accenno di preoccupazione nella voce chiara.

    - No, signora. - la donna si avvicinò sin quasi a sfiorarli. - Io... Cioè... Io le dovrei parlare, maresciallo - il tono di voce era quello che usavano quasi tutti i potenziali clienti dell'investigatore. Ora la preoccupazione di Franca non era più così moderata: nel suo animo già aleggiava un vago cenno di scocciatura profonda. Il maresciallo, invece, divenne istintivamente professionale:

    - Mi dica pure, signora. Se posso esserle utile.

    La donna ansiosa, si guardò attorno nella semioscurità spruzzata dall'argento della luna.

    - Il fatto è che... Io le devo parlare di mio fratello. Mio fratello Aldo.

    La signora Pucci, ormai rassegnata al momentaneo abbandono della lieta serata, si sedette su una panchina in cemento li vicino, sotto un profumatissimo albero di camelie. Pucci invitò la cameriera a parlare, ma quella tentennava. Alla fine, un po' seccato, estrasse un bigliettino da visita dalla tasca interna della giacca e glielo porse.

    - Mi può telefonare, se vuole, all'indirizzo scritto qui sopra...

    Ma la donna non accennava a prendere il bigliettino e, immota, disse in tono ansioso:

    - Non potrei... Mio marito non sa... Non vuole, cioè, non vorrebbe...

    - Bè, mi dica lei. Io...

    - Sono passati quasi due anni maresciallo - si decise finalmente la cameriera. Dondolava leggermente bilanciandosi ora su un piede, ora sull'altro. - Mio fratello è morto. E' stato ucciso e...

    - Ucciso qui, a Levone? - domandò Pucci, completamente riemerso dalle magnificenze della natura, dei ricordi e un po' seccato dalle esitazioni della donna. Franca trattenne a stento uno sbuffo d'insofferenza. Si alzò, si fece dare le chiavi dell'auto, quindi salutò la cameriera e disparve verso un assembramento di auto lunghe e lucenti sotto la luna estiva, sotto una decina di platani disposti in file come soldatini e contornati anch'essi dall'onnipresente ghiaietta fina.

    L'atteggiamento della donna potrebbe sembrare persino troppo disinvolto e menefreghista, ma a sua discolpa dobbiamo dire che ultimamente molti erano quelli che assediavano il maresciallo per chiedere d'essere aiutati, magari perché il vicino era sparito per qualche giorno o la zia anziana non rispondeva al telefono, o addirittura quando non era per il gatto di casa misteriosamente sparito... Poi ecco che tutto si trasformava in una bolla di sapone. Il fatto che la donna asserisse che il fratello era stato ucciso non era quindi per la signora Franca che poco più d'una chiacchiera di paese.

    - Mi dispiace disturbarla...- s'affrettò a dire la cameriera - ... Ma è tutta la sera che ci penso... L'ho riconosciuta subito perché tanto si è parlato a suo tempo del caso del lampadario di Foli e dell'antiquario al pranzo in quel noto ristorante, che poi l'hanno chiuso... Lei è così bravo che non potevo lasciarmi sfuggire l'occasione... Sa, io non posso... Cioè... Mio marito e tutti quanti gli altri sono convinti che sia stata una disgrazia perché l'hanno detto il magistrato e i carabinieri. Io gli ho detto a mio marito: Proviamo con un investigatore, tanto per essere sicuri perché a me questa storia non mi convince mica... Ma di lei non gli ho parlato perché lui dice che le indagini le hanno fatte e se c'era qualcosa da scoprire lo scoprivano. Poi noi non è che possiamo spendere molto, sa... Però siccome so che lei ha risolto dei casi anche per niente, cioè, per poco... Mi chiedevo – un inizio di singhiozzo interruppe il fiume in piena della cameriera che aveva trasformato in due secondi la propria reticenza in una esposizione concitata di ciò che aveva in animo forse da troppo tempo. Il maresciallo si trovò a sostenerla e a consolarla perché il singhiozzo si era trasformato in pianto. La fece sedere sulla panchina in cemento:

    - Non faccia così, signora. Per carità! Ci possiamo vedere, magari qui a Levone, per parlarne ancora. Così lei mi spiega per benino la faccenda.

    - Qui a Levone?! No, per amor del cielo! Il paese è piccolo e la gente chissà cosa penserebbe... Poi lo verrebbe a sapere mio marito!

    - Mi dica lei dove, allora... - disse Pucci cercando di essere gentile anche se iniziava a spazientirsi paventando una di quelle rogne!

    - Senta, vediamoci al bar del supermercato di Grosso.

    - Sconto libero ?

    - Si, quello! - sospirò il maresciallo.

    - E come faccio che non ho la macchina... Posso telefonarle?

    - Ma certo. Come vuole lei. Il suo nome?

    - Sopetti, Elena Sopetti.

    - Bene. Mi telefoni al numero sul biglietto da visita e ne riparliamo con calma. Va bene?

    La cameriera si alzò in piedi e disse, desolata e affranta:

    - Lei pensa che io sia una specie di nevrotica... Non mi ha neppure chiesto chi era mio fratello. Ma le assicuro che non sono una pazza!

    - Io non penso proprio niente...- mentì in parte Pucci.

    - Altrimenti vorrebbe sapere almeno come è morto il mio povero fratello. - insisté la donna che, per inciso, della nevrotica aveva se non tutta l'aria, almeno una buona dose.

    - Senta, mia moglie mi sta aspettando in auto da un bel po'. Mi dirà tutto per telefono... Se vuole le telefono io. - cercò di tagliare corto il maresciallo. La donna pareva quasi offesa, o forse aveva un'improvvisa premura di tornare al suo posto di lavoro e già si incamminava verso il ristorante senza aggiungere verbo ne salutare.

    - Sarà veramente una nevrotica...- concluse in un mormorio borbottante l'investigatore. Quindi, raggiunse in tutta fretta la sua fida Panda rossa, strizzata tra una BMW ultimo modello e una Volvo lunga mezzo chilometro.

    Fu la sera seguente, mentre lui e la Franca si godevano il quiz in prima serata che il telefono squillò. Erano le dieci passate e i due coniugi si guardarono negli occhi con una certa apprensione. A quell'ora non poteva essere un cliente o qualche galoppino da call center. In pochi secondi il maresciallo vide negli occhi della moglie accavallarsi pensieri su pensieri, tutti piuttosto cupi. La figlia era il primo dei loro pensieri, poi, la onnipresente e anziana zia Rosa e poi l'aiutante di Pucci, lo Stenti, che poteva essersi cacciato in qualche guaio... Pucci, mentre alzava la cornetta, fu sul punto di inviare una muta preghiera lassù in cielo: il volto della figlia s'era intromesso anche nei suoi di pensieri e quando sentì la voce bassa e vagamente rauca di quella cameriera che l'aveva assediato la sera precedente, ebbe un silenzioso, ma non per questo meno energico, moto di insofferenza, consistente in un ben noto gesto scaramantico in voga in tutta la penisola, ma, per ovvie ragioni, ad appannaggio (tranne rarissime eccezioni) esclusivamente maschile...

    L'aveva riconosciuta subito: la voce rauca, l'esitazione nel parlare e il largo accento nel pronunciare le vocali. Pucci ebbe un gesto, questa volta rassicurante, all'indirizzo della moglie che aveva spento la televisione e gli si era avvicinata quasi investendo il povero Wolf, il gatto

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