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Incanto, la scelta
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Incanto, la scelta

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About this ebook

C’era una volta un principe di nome Lean, erede del regno di Chóraleio, che sin dalla nascita viveva sotto l’influenza di una terribile maledizione: un giorno il suo primo bacio l’avrebbe condannato a una vita di patimenti, portando disgrazia anche a tutto il regno e solo il vero amore lo avrebbe potuto salvare. Durante una grande selezione vengono quindi scelte le dodici più belle ragazze del regno. Una di loro sposerà il principe Lean, ma la strada è lunga: per dimostrare di esserne degne occorrerà superare diverse prove, tutte molto impegnative e alcune anche rischiose. Che cosa saranno disposte a fare le ragazze per una vita migliore e la prospettiva del grande amore?

"Incanto, la scelta" è il primo volume della trilogia e offre tutto ciò che non può mancare in una classica favola: romantiche storie d’amore, magia, emozioni, avventura, il bene e il male, il tutto avvolto nei più brillanti e avvincenti colori della fantasia.

LanguageItaliano
PublisherMaya Shepherd
Release dateAug 11, 2016
ISBN9781507117644
Incanto, la scelta

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    Incanto, la scelta - Maya Shepherd

    Romanzo

    E-book

    1ª edizione

    Copyright ©2015 Maya Shepherd

    Design della copertina: Bookdresses by Irina Bolgert

    Traduzione: Elisabetta De Martino

    Tutti i diritti riservati. È vietata la ristampa di qualunque tipo, parziale o integrale, dell’opera.

    Facebook: Maya Shepherd

    Blog: www.mayashepherd.blogspot.de

    Twitter: MayaShepherd

    Per la mia stellina

    La trilogia dell’incanto

    Volume 1: Incanto, la scelta

    Volume 2: Incanto, la liberazione

    Volume 3: Incanto, in fiore

    Un bacio sarà la sua maledizione.

    Non potrà mai più mettere piede a terra.

    Mai più vedere la luce del sole.

    Mai più contare le stelle del cielo.

    Un bacio sarà la sua salvezza.

    Ma solo il bacio del suo vero amore potrà rompere l’incantesimo.

    1

    Molto tempo fa il re e la regina del meraviglioso regno di Chóraleio erano profondamente addolorati e si affliggevano ogni giorno: Oh, se solo potessimo avere un bambino!, ma il desiderato figlio non arrivava. Un giorno la giovane regina Niobe si recò al lago per fare il bagno, quando all’improvviso una rana uscì dall’acqua e le disse: Il tuo desiderio verrà soddisfatto e avrai un figlio.

    Ciò che la rana aveva predetto accadde e Niobe diede alla luce un figlio così bello che il re Egeas, raggiante di orgoglio e di gioia, decise di organizzare una grande festa. Non solo invitò parenti, amici e conoscenti, ma anche le streghe del regno, affinché fossero benevole e propizie per l’avvenire del bambino. Ce n’erano tredici a Chóraleio, ma poiché il re aveva solo dodici piatti d’oro per offrire loro da mangiare, una di loro non fu invitata.

    Quelle che erano state invitate arrivarono e quando la festa fu finita, presentarono al bambino i loro doni: una gli regalò la virtù, l’altra la bellezza, la terza la ricchezza e così via, tutto ciò che c’è di più bello e prezioso al mondo. Appena l’undicesima strega ebbe fatto i suoi auguri al bambino, arrivò la tredicesima, quella che non era stata invitata, e volle vendicarsi. Gridò: Maledico il principe! Un bacio sarà la sua maledizione. Non potrà mai più mettere piede a terra. Mai più vedere la luce del sole, né contare le stelle del cielo.

    La dodicesima strega, però, aveva ancora un augurio da esprimere. Anche se non poteva annullare il malefico incantesimo, lo poté mitigare e disse: Un bacio lo condannerà e un bacio lo salverà. Solo il bacio del suo vero amore potrà rompere l’incantesimo.

    C’era una volta, tanto tempo fa, un principe. Erano tempi in cui era ancora permesso sognare, i desideri si avveravano e la gente credeva in maghi, fate e draghi. Il principe era più coraggioso di un leone, più forte di un orso e più intelligente di una volpe.

    2

    (Vent’anni dopo)

    Le foglie degli alberi assunsero i colori più belli dell’autunno: rosso fuoco, caldo arancione e giallo intenso. I sentieri erano già coperti di fogliame e la sera aleggiava nell’aria il profumo di un fuoco scoppiettante. Di notte arrivava il gelo e ricopriva come una coltre tutto il regno di Chóraleio di un sottile strato di ghiaccio.

    Una bella ma fredda mattina il principe Lean decise di partire per una battuta di caccia agli uccelli. Fece svegliare i suoi due fedeli compagni Silas e Yanis per farsi accompagnare. Mezz’ora più tardi si incontrarono nel cortile del castello. I cani già abbaiavano eccitati e correvano nervosamente tra i loro piedi. I giovani sellarono i cavalli e attraversarono il portone del castello uscendo in città. Nonostante l’ora mattutina le attività già fremevano: si accendevano i forni, si dava da mangiare agli animali, si prendeva l’acqua dal pozzo. Lean venne accolto calorosamente dai sudditi davanti ai quali passava. Era amato da tutti, non solo per la sua bellezza, ma soprattutto per il suo carattere solare. Era sempre rispettoso e leale con i sudditi. Il giorno del suo matrimonio si avvicinava e l’incoronazione sarebbe stata una grande giornata di festa per tutti.

    Quando i tre amici si furono lasciati alle spalle le mura della città, cavalcarono verso la foresta attraversando i campi. Gli zoccoli dei cavalli scricchiolavano a ogni passo sul terreno coperto di brina. Il loro respiro creava nell’aria nuvolette di vapore e il naso era arrossato dal freddo. Persino gli ultimi uccelli migratori avrebbero presto lasciato il paese alla ricerca di climi più caldi. Probabilmente questo sarebbe stato l’ultimo giorno di caccia dell’anno.

    Attraverso le fitte chiome degli alberi filtrava una debole luce. Le foglie crepitavano a ogni passo e da ogni direzione provenivano dei fruscii. Gli animali della foresta sembravano non dormire mai.

    Presto raggiunsero una radura che portava a un laghetto. Lean, Yanis e Silas legarono i cavalli agli alberi e cercarono un posto da cui potessero godere di un’ottima vista sul lago e il cielo. Tirarono fuori le balestre e prepararono i dardi. I cani guaivano eccitati e quando Lean diede loro l’ordine di cacciare si precipitarono follemente tra le alte canne per stanare gli uccelli. Pochi secondi dopo le anatre si alzarono in cielo starnazzando vigorosamente. I tre uomini scagliarono un dardo dopo l’altro senza colpirne nemmeno una. Infine l’ultima anatra si librò nel cielo. Lean appoggiò saldamente la balestra, mirò con la massima concentrazione e scoccò il dardo all’ultimo momento, appena prima che l’uccello scomparisse oltre le cime degli alberi. Fu sorpreso quando vide l’anatra precipitare a terra. Non si aspettava di riuscire a colpirla da quella distanza. I due amici lo applaudirono entusiasti e, mentre richiamavano i cani, Lean andò alla ricerca dell’anatra uccisa. Voleva sfoggiarla con orgoglio a palazzo, vantandosi con suo padre della sua abilità nella caccia. Entrò nella foresta dirigendosi verso il punto in cui l’anatra era precipitata. Il sole si faceva faticosamente largo tra foglie e rami e i suoi raggi danzavano attraverso la foresta oscura. Come su un piatto d’argento l’anatra morta giaceva sul verde muschio ed era illuminata dal sole. Lean si inginocchiò soddisfatto, ma poi si fermò stupito. Non era un dardo ad aver ucciso l’anatra, ma una freccia scagliata da un arco. Era fatta di semplice legno, ma né lui, né i suoi compagni avevano tirato delle frecce.

    Confuso, si guardò intorno e vide il suo dardo a pochi metri di distanza, conficcato nel terreno. Se non era stato lui ad uccidere l’anatra, chi era stato allora?

    Con attenzione Lean si alzò e cominciò a guardarsi intorno. Chiunque avesse ucciso l’anatra, ora avrebbe certamente voluto rivendicare la propria preda. Da tempo ormai correvano voci sulla presenza di ladroni e vagabondi nel bosco. Se uno di loro avesse sorpreso qui il principe avrebbe presto dimenticato la preda, perché il figlio di un re valeva molto più di un’anatra. Se l’avessero catturato avrebbero potuto chiedere un riscatto a suo padre, che era molto ricco. Lean serrò le dita intorno alla spada appesa alla cintura alla sua destra. C’è qualcuno? gridò e la sua voce risuonò vigorosa.

    Nessuno rispose, si sentiva solo il fruscio delle foglie.

    Alzò l’anatra dal terreno e la tenne in aria. Se vuoi la tua preda, vieni a prenderla!

    Si girò da ogni lato cercando di scorgere una presenza, in fondo nessuno tirava a un’anatra abbandonando poi la preda. Lean era sicuro che il cacciatore lo stesse osservando. Vieni fuori e mostrati, affinché io possa congratularmi con te! gridò in tono di sfida. Sentì un debole scricchiolio e si voltò di scatto. Tra gli alberi c’era un ragazzino che teneva in mano un semplice arco di legno. Non poteva avere più di dodici o quattordici anni, così fragile com’era. Gli abiti che indossava erano vecchi e rattoppati e anche troppo grandi per la sua esile corporatura. In testa portava un berretto di lana marrone. Il viso era sporco e i grandi occhi, rivolti verso il principe, erano sospettosi.

    Lean iniziò a ridere incredulo. Sei stato tu a uccidere l’anatra? Tu?

    In questo momento Yanis e Silas arrivarono insieme ai cani. Fissarono il ragazzo in modo scettico. Chi è?

    Questo è l’uccisore dell’anatra! annunciò Lean divertito. Era sollevato di avere davanti a sé solo un ragazzo e non una banda di predoni.

    Come, lui? chiese Silas. Ma è solo un ragazzino!

    Eppure è meglio di noi tre messi insieme disse Lean serio rivolto al piccolo cacciatore. Quante volte hai dovuto sparare per colpire l’anatra?

    Il ragazzo alzò la mano esitante sollevando un dito. –  Solo una.

    Yanis, Silas e Lean proruppero tutti insieme in una risata. In altre circostanze, Lean non avrebbe creduto alla parola del ragazzo, ma questa volta aveva in mano la prova della sua impresa.

    Da dove hai tirato?

    Lo sconosciuto indicò un punto lungo il lago, che era più lontano da quello in cui si era trovato il principe. Incredibile!

    Yanis scosse la testa altezzoso. Non è possibile! Mente!

    Gli occhi del ragazzo si strinsero quasi come fessure e lo fissarono con rabbia. Si schiarì la gola e parlò a voce alta: La mia freccia è nell’anatra, quindi è mia!

    Lean alzò la mano per calmarlo. Nessuno ti vuole portare via la tua preda!

    Gli tese l’anatra, tuttavia si trovavano a diversi metri di distanza.

    Il ragazzo si avvicinò con circospezione e afferrò rapidamente l’anatra, ma Lean non la lasciò andare.

    Come hai fatto?

    Il ragazzo lo fissò con fastidio. Aveva gli occhi del colore del bosco. Ho mirato e poi ho tirato, tutto qui!

    Tirò forte l’anatra e Lean la lasciò andare. Il ragazzo tentò di dileguarsi, ma il principe lo trattenne. Nessuno dei tiratori di mio padre ha il tuo talento. Nessuno di loro avrebbe colpito un uccello da questa distanza. Nessuno di loro mi può ancora insegnare qualcosa, ma da te potrei certo imparare molto. Vieni con me e farò di te un tiratore reale!

    Lean gli rivolse il suo sorriso più cordiale. Oggi doveva essere il giorno fortunato del ragazzo. Una tale offerta gli si sarebbe presentata solo una volta nella vita. Lo sconosciuto lo guardò sorpreso e le sue labbra si arricciarono in un ghigno, ma prima che il principe se ne accorgesse, il ragazzo gli diede un colpo violento, facendolo cadere all’indietro. Gli scivolò accanto gridando allegramente: Con voi non ha senso, onorato principe!

    Yanis e Silas cercarono di fermarlo, ma il ragazzo sgattaiolò via lesto. Lean si rimise in piedi e cominciò a inseguirlo. Ora quel ragazzo aveva davvero suscitato il suo interesse. Era veloce come un lampo e saltava sopra le radici come un cerbiatto. Lean non aveva alcuna possibilità di raggiungerlo a piedi, quindi cercò di guadagnare terreno a cavallo. Quando già pensava di aver perso di vista lo sconosciuto, ne scorse l’agile ombra nel sottobosco e spronò il suo cavallo bianco all’inseguimento. Yanis e Silas erano sulle sue tracce, come pure i cani che abbaiavano inseguendolo. I giovani avevano proposto di scatenarli all’inseguimento del ragazzo, ma Lean non voleva dargli la caccia. In un primo momento aveva creduto che il ragazzo avesse paura, ma ora aveva la sensazione che si prendesse gioco di lui. Sembrava conoscere la foresta come le sue tasche ed era sempre in netto vantaggio. Ogni volta che intendevano rinunciare, si mostrava per un breve momento, per poi scomparire di nuovo tra gli alberi. Giocava con loro a nascondino e sembrava anche vincere il gioco, ma il principe non voleva rinunciare così facilmente. In fondo desiderava solo fare del bene al ragazzo. Le parole che gli aveva rivolto erano serie. Se si fosse fidato di loro, avrebbero potuto condurlo al castello e offrirgli un futuro migliore. Non gli sarebbe mancato nulla. Nessuno avrebbe rifiutato una simile offerta.

    Lo sconosciuto si immerse in una zona della foresta dalla vegetazione molto intricata. Piante rampicanti serpeggiavano sul terreno, le radici erano alte fino alle ginocchia e i cespugli rendevano difficile avanzare. Lean scese da cavallo e seguì il ragazzo attraverso l’abbondante fogliame. I piedi scivolavano sulle foglie sdrucciolevoli e infatti inciampò più volte. Le foglie degli alberi si impigliavano nei suoi capelli castani. Le spine gli sfioravano il viso graffiandogli la pelle. Sentì gli amici chiamarlo, ma ormai era ossessionato dall’idea di trovare il ragazzo. Era troppo orgoglioso per ammettere la sconfitta.

    Improvvisamente percepì un movimento davanti a sé. Non riusciva a vedere nessuno, ma tra le foglie scorse il berretto di lana del ragazzo. Si precipitò subito verso di esso, ma quando vi giunse sentì un forte colpo agli stinchi, inciampò e cadde in avanti tra i cespugli. Una fresca brezza gli spirava sul viso quando aprì gli occhi e guardò dritto in un ripido precipizio. Nelle profondità scorreva un fiume impetuoso. Se non fosse caduto, non avrebbe probabilmente notato il burrone e sarebbe precipitato. Si sentì tastare delicatamente le gambe.

    Udì la voce rauca di una donna: Giovane, hai perso la testa?

    Lean si ritirò prudentemente dal precipizio e serrò le dita sul berretto ancora caldo. Forse lo sconosciuto era caduto giù?

    Accanto a lui c’era una donna anziana. Era appoggiata a un bastone e portava sulla schiena una catasta di legna da ardere. Le sue dita erano storte e ossute.

    Puntò il dito contro di lui. Tu volevi morire!

    Il principe scosse la testa. Il volto dell’anziana donna era segnato da innumerevoli rughe e solchi. Il naso appuntito sporgeva dal viso.

    Buona donna, hai visto correre un ragazzo davanti a me?

    Ho visto solo te, tuonante come un pazzo nel bosco; hai spaventato i miei animali e strappato le mie piante da terra.

    Lean si alzò da terra e si parò davanti alla donna. Questa è la foresta del re di Chóraleio e io sono suo figlio. Chi sei tu per osar chiamare tutto tuo?

    Io sono la strega della foresta. Io vivo qui da lungo tempo prima della tua nascita, di quella di tuo padre e del padre di tuo padre. Io cresco con ogni albero e muoio con ogni animale. La mia vita è eterna.

    Lean pensò che la donna fosse solo confusa e facesse discorsi incoerenti, tuttavia fece un passo indietro. Le streghe potevano assumere qualsiasi forma e non tutte amavano gli uomini. Perdonatemi se ho ferito voi o il vostro bosco. Non era mia intenzione. Sto cercando un ragazzo che deve essere passato di qui poco prima di me. Le fece vedere il berretto. Questo è suo.

    Chiunque tu abbia creduto di vedere, non è più qui rispose la donna con fermezza. Ora torna sui tuoi passi prima che la foresta ti inghiotta per sempre. Qui si sono già smarriti alcuni viandanti.

    Lean si guardò intorno incerto. Non riusciva a ricordare da dove fosse venuto. In qualunque direzione guardasse, tutto sembrava identico. Voleva chiedere la via alla donna, ma era già sparita. Nel punto in cui si era trovata poco prima vi era ora una piccola bussola d’argento. L’ago puntava dritto verso di lui. Nel momento stesso in cui prese in mano lo strumento, l’ago cominciò a girare, puntando a destra. Poiché Lean non sapeva cos’altro fare, decise di seguire le indicazioni della bussola. Non aveva in ogni caso nulla da perdere. Mentre avanzava attraverso le radici cercando una via d’uscita dalla boscaglia, girò la bussola. Da qualunque parte la girasse, tuttavia, essa puntava sempre nella stessa direzione, senza orientarsi verso i punti cardinali. Sul retro scoprì un’incisione.

    Segui la via del tuo cuore.

    La bussola gli parve sinistra, proprio come la strega. Una donna della sua età non poteva scomparire così rapidamente dalla sua vista, proprio come il ragazzo che prima era praticamente svanito nel nulla. Dove lo avrebbe condotto la bussola? La strega stava tentando di portarlo fuori strada?

    Proprio mentre rifletteva, sentì improvvisamente l’abbaiare dei cani. Pochi secondi dopo i cani a macchie bianche e brune del re gli corsero incontro attraverso il sottobosco, abbaiando concitatamente. Li seguivano Silas e Yanis che quando lo videro, giunsero le mani per il sollievo.

    Temevamo già di averti perso!

    Hai un aspetto terribile! Cosa è successo? Sei stato inseguito da un cinghiale?

    Lean rise e scosse la testa, facendo scivolare la bussola nel mantello, senza dire niente. La bussola gli aveva mostrato la strada giusta.

    Ho perso di vista il ragazzo. Non solo sa tirare con l’arco meglio di me, ma corre anche più veloce dei cani.

    Se non torniamo presto al castello, sarà tuo padre a farci correre. Vedremo allora chi sarà più veloce scherzò Silas porgendo a Lean le redini del suo cavallo bianco.

    ––––––––

    Un povero contadino e sua moglie avevano tre figlie e le amavano tutte allo stesso modo.

    La figlia più giovane aveva una pelle radiosa e pura come una perla lucente e per questo era chiamata Elena Perla Scintillante.

    La seconda figlia cantava meglio di qualsiasi uccellino, quindi era chiamata Medea Usignolo.

    La figlia maggiore non aveva né la bellezza, né il talento delle sue due sorelle, ma aiutava il padre nei lavori come un figlio maschio. Era laboriosa e coraggiosa. La chiamavano tutti

    Heera Senza Paura.

    3

    Heera alzò il braccio e abbatté la scure sul pezzo di legno, che si divise con uno schianto in due pezzi di ugual misura. Soddisfatta, la ragazza li mise da parte e afferrò un altro pezzo. Ormai il lavoro non le provocava più dolore. All’inizio le riusciva difficile tagliare la legna, i pezzi rimanevano incastrati nell’ascia e doveva quindi ripetere l’operazione più e più volte per troncarli. Alla fine del primo giorno i palmi delle mani erano coperti di vesciche, che il secondo giorno si erano tutte aperte. Riusciva a malapena a tenere in mano il manico della scure, tanto faceva male. Nonostante questo aveva continuato a lavorare, giorno dopo giorno. Mentre all’inizio le occorrevano cinque o dieci colpi, una settimana più tardi ne bastavano già tre o sette. Dopo due settimane fu in grado per la prima volta di tagliare un pezzo di legno con un colpo solo. La sua perseveranza fu premiata. Heera si impegnava così accanitamente non solo per aiutare suo padre, ma anche per dimostrare il proprio valore a lui e a se stessa. Suo padre ormai non era più giovane e presto non sarebbe più stato in grado di svolgere da solo tutti i lavori della fattoria. Sua moglie non aveva avuto figli maschi, che potessero seguire le orme del padre, tuttavia per Heera non esistevano lavori troppo pesanti: sapeva fare tutto ciò che faceva un uomo. Sapeva tagliare la legna, macellare un maiale o trasportare un barile. Non rifiutava alcuna incombenza.

    Sulle sue mani si erano formati nel corso del tempo spessi calli che ora la proteggevano dalle ferite. Le sue dita non erano più così fini e delicate come quelle delle sorelle più giovani, ma ciò a Heera non importava. Era orgogliosa di se stessa e della propria forza di volontà.

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