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Geografia e sociologia della fiaba
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Geografia e sociologia della fiaba

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Quando lo storico (o il geografo, l'etnografo, il sociologo) cita una fiaba come significativa d'un'epoca o di una situazione ambientale o sociale, il folclorista può subito dimostrare che lo stesso schema narrativo si ritrova pressoché identico in un paese lontanissimo e in una situazione storico-sociale assolutamente diversa [...]
Ridurre la fiaba al suo scheletro invariante contribuisce a mettere in evidenza quante variabili geografiche e storiche formano il rivestimento di questo scheletro; e lo stabilire in modo rigoroso la funzione narrativa, il posto che vengono a prendere in questo schema le situazioni specifiche del vissuto sociale, gli oggetti dell'esperienza empirica, utensili d'una determinata cultura, piante o animali d'una determinata flora o fauna, può fornirci qualche notizia, che altrimennti ci sfuggirebbe, sul valore che quella determinata società attribuisce loro.
Da questa intuizione di Italo Calvino l'autore trae spunto per proporre un metodo di lettura e di analisi della fiaba che, partendo come in un'indagine poliziesca da tracce ed indizi a prima vista insignificanti, arriva a definire le caratteristiche ambientali e sociali dei luoghi e dei tempi in cui essa è raccontata.
LanguageItaliano
PublisherFinisterrae
Release dateApr 22, 2014
ISBN9781312102385
Geografia e sociologia della fiaba

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    Geografia e sociologia della fiaba - Daniele Lucchini

    Lucchini

    Colophon

    Finisterrae 7

    Titolo originale dell’opera: Strati di cultura nelle fòle mantovane

    Prima pubblicazione: Verona, 1994

    Prima volta in Finisterrae: 2006

    In copertina: Daniele Lucchini

    Mantova dal Lago inferiore, 2005 (particolare)

    © 2006 Daniele Lucchini, Mantova

    www.librifinisterrae.com

    Tutti i diritti riservati

    ISBN: 9781312102385

    Epigrafe

    L'estro mi spinge a narrare di forme mutate in corpi nuovi.

    Ovidio, Metamorfosi

    Prefazione

    Pensato in origine come semplice tesi di laurea, il testo si è via via sviluppato in corso d'opera come vero e proprio metodo di analisi della fiaba. Il termine può sembrare un'esagerazione rispetto al più adeguato spunto. Tuttavia l'idea che sta sotto allo studio è proprio quella di fornire uno strumento di osservazione e di comprensione sistematico di un genere narrativo, ancor prima che letterario, troppo spesso sottovalutato pure dal lettore comune.

    Redatto nel 1994, in un periodo in cui nell'ambiente accademico italiano era tornato di moda il mondo del folclore come oggetto di analisi e, soprattutto, di riapplicazione di datate teorie figlie dei confronti ideologici degli anni '70, questo lavoro prende subito le distanze da quei dibattiti per incamminarsi su un sentiero ovvio al senso comune, quanto inesplorato tra le aule universitarie: quello della contestualizzazione della fiaba nella società e nei luoghi in cui viene narrata o, almeno, tramandata.

    L'intuizione, peraltro già accennata da Italo Calvino negli anni '50 e rimasta curiosamente inascoltata per un quarantennio circa, era evidentemente attesa, poiché il presente metodo, da essa sviluppato, è stato utilizzato negli anni accademici successivi al '94 come strumento di analisi di raccolte di fiabe di numerose zone del nord Italia.

    Non ho ritenuto di modificare o di ammodernare l'impianto espositivo, che rimane pertanto quello originario della tesi, pensata primariamente per un pubblico di studiosi. In particolare restano tutti i riferimenti ai corpus impiegati e le annotazioni tecniche, motivo per cui consiglio di cercare di procurarsi i volumi con le fonti; tuttavia penso che il testo risulterà ugualmente godibile anche ai non addetti ai lavori e che potrà diventare per loro uno stimolo ad andare a recuperare le fiabe, tutte preziose, del proprio territorio. Poiché, si sa, senza memoria non c'è identità.

    l'autore

    aprile 2006

    Introduzione

    Che cos'è una fòla? Innanzitutto fòla è una parola del dialetto mantovano, e non solo¹, derivante dal latino fabula, cioè favola, narrazione, cosa detta². Secondo Giovanni Tassoni³ possiamo definire fòla qualsiasi tipo di narrazione orale in mantovano, sia essa un aneddoto, una fiaba, una barzelletta, un pettegolezzo e via dicendo. Nel linguaggio comune per fòle s'intendono normalmente le frottole, cose non vere che si raccontano agli sciocchi o per pavoneggiarsi; oppure indicano cose lunghe e noiose. Ma più propriamente fòla significa fiaba ed è con questo significato che noi la prenderemo in considerazione. Dunque ci occuperemo di un insieme, un corpus, di fiabe mantovane.

    Per quale motivo, si dirà, proprio fiabe mantovane? E che bisogno c'è di sottolineare mantovane? Innanzitutto perché sono fòle e le fòle, proprio per quel loro nome, sono una realtà tipicamente mantovana, e in secondo luogo perché sono convinto che ogni luogo sia profondamente legato alle fiabe che vi si raccontano, o meglio alle varianti che vi si raccontano, e che queste gli siano a loro volta indissolubilmente legate. Certo non è un'idea solo mia; lo spunto per questo lavoro me l'ha infatti offerto la stessa convinzione maturata da Italo Calvino durante i due anni, dal 1954 al 1956, trascorsi a lavorare per le Fiabe italiane, prima raccolta completa di fiabe del nostro paese voluta dalla casa editrice Einaudi. Calvino nell'introduzione alle Fiabe italiane sostiene che normalmente ogni fiaba contiene una serie di indizi che ci possono far risalire al luogo in cui è raccontata, che però d'altronde di solito conosciamo già, e soprattutto, allora cosa ben più importante, alle caratteristiche dello stesso luogo e soprattutto della comunità in cui essa circola. O meglio, più che le caratteristiche alcuni aspetti. Calvino afferma che, dal momento che la fiaba è patrimonio comune della comunità che la racconta, deve necessariamente averne assorbito qualcosa; ma poiché sappiamo che la fiaba è intimamente invariabile dovremo cercare queste assimilazioni negli aspetti secondari, più superficiali spesso. Uno dei punti più ricchi di indizi è per Calvino l'ambientazione iniziale, poiché è molto facile che il narratore per avvicinare subito gli ascoltatori al suo narrare lo avvii facendo riferimento a ciò che conoscono meglio e hanno sempre sotto gli occhi. Ma anche altre cose, a prima vista insignificanti, diventano per Calvino validi indizi. Così ad esempio il fatto che in molte fiabe dell'Italia meridionale l'eroina venga rapita dai pirati non può che essere un ricordo dei rapporti che l'Italia meridionale ebbe con i musulmani, rapporti non sempre amichevoli e che avvenivano per lo più via mare. Oppure è significativo che nelle fiabe dell'Italia centro-settentrionale il re sia sempre raffigurato come un semplice ricco signore, un vago simbolo di ricchezza e potere, tant'è che ci possono essere re vicini di casa, mentre in quelle dell'Italia meridionale se ne parla sempre facendo anche riferimento con terminologia appropriata alla realtà della corte e alle sue funzioni; lo si capisce bene se si pensa che, contrariamente al Sud dell'Italia, il Nord non ebbe mai esperienza di regno.

    Partendo da questi esempi, per la verità solo abbozzati da Calvino, ho intrapreso un tentativo di analisi dei rapporti tra le fòle del corpus e Mantova nella convinzione che questi rapporti esistano realmente. Pertanto il mio intento è quello di delineare, sfruttando gli indizi offerti da queste fòle, quanto meglio il mondo che ne sta dietro, quello delle comunità in cui si narravano. Erano comunità contadine con tutti i loro valori, le loro regole, i loro usi e costumi, la loro mentalità che ho cercato di illustrare anche per comprendere fino in fondo le fòle stesse, per poterle assaporare fino in fondo al di là del loro effetto di divertimento immediato. Si tratta quindi di un lavoro a sfondo per lo più sociologico, ove tutto diventa strumento per capire la realtà in cui le fòle erano immerse, sfondo che mi è sembrato necessario per cogliere in profondità il legame di queste fòle con Mantova.

    Un'ultima nota la dedico al mio metodo di lavoro. Il punto di riferimento costante sono stati, come ho già detto, le affermazioni e gli esempi di Calvino. Dal momento che però Calvino non ha elaborato un metodo di lavoro o una teoria completi, ma si è limitato solo ad un abbozzo, ho dovuto provvedere all'elaborazione di un metodo di analisi della fiaba che permetta di vedere la realtà umana che le sta alle spalle a partire di volta in volta dalla struttura, dai personaggi, dall'ambientazione, dalla lingua. Per questo motivo ho tralasciato le classiche adesione o confutazione delle teorie delle varie scuole di interpretazione della fiaba e ho invece fatto ricorso a diversi studiosi, talvolta anche mantovani, prendendone per quanto riguardante le mie finalità. In questo modo credo di essere riuscito a mettere a punto un metodo di analisi sistematica dei rapporti fra la fiaba

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