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Un sorriso perfetto
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Un sorriso perfetto

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“Sentiva ancora quella presa ferma e decisa sul braccio; era un tipo tosto, sfacciato, spavaldo, non aveva dubbi. E, quando ti ritrovi senza dubbi, sei mezza salva o mezza dannata. Sta poi a te scegliere: il precipizio o la strada verso il paradiso.”
“Un sorriso perfetto” è un romanzo breve, è la storia d’amore di Sara e Marco, due ragazzi poco più che ventenni alla ricerca dell’amore eterno e perfetto. Dopo un primo incontro felice, ma con qualche inquietudine nascosta, Marco, studente intelligente con velleità letterarie, si rivela un personaggio ambiguo. Dietro la poesia e le parole d’amore che hanno soggiogato l’animo di Sara, si nasconde un ragazzo violento e disturbato. Una discesa all’inferno, nei meandri dell’amore malato e distruttivo messo in risalto dall’autrice attraverso un eccesso stilistico di retorica in cui vittima e carnefice si mescolano in un crescendo di drammaticità fino ad arrivare ad un epilogo mortale in cui il silenzio metterà fine alla parola privata tragicamente del suo più autentico significato.
LanguageItaliano
PublisherVincenza Fava
Release dateJun 16, 2014
ISBN9786050305715
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    Un sorriso perfetto - Vincenza Fava

    Poe

    1.

    Le era rimasto il sorriso, quella strana smorfia sulle labbra quando sfiorano un sentimento di epidermica beatitudine: lo sfiorano, certo, ma non lo afferrano. Ci vuole ben altro per acciuffare e digerire un sentimento-shock e lei lo sapeva bene. Che sia rabbia, amore, sofferenza o angoscia non importa. Occorre un apparato digestivo del cuore ben allenato alle conseguenze del delirium post operatorio: ecco, ogni emozione ci apre gli organi come sa fare un buon chirurgo. A volte l’operazione riesce e dopo qualche giorno di devota tregua si torna sani a guizzar come un pesce e le ferite si rimarginano con schietta sollecitudine da parte di un indelebile istinto di sopravvivenza. A volte, invece, il chirurgo, affetto da una strana forma di cecità momentanea, in concomitanza con cause esterne alla volontà del soggetto (vedesi estremo incrocio di accidenti e contingenze fuori dalla portata di ogni umana comprensione), non è che riesca a fare un buon lavoro e tutti gli anni di un solerte esercizio ininterrotto è come se non fossero mai esistiti: così il taglio da bisturi non guarisce, anzi, intorno all’area lesionata si crea un’infezione virale che inizia a diffondersi a macchia d’olio sull’intero organismo conducendolo inesorabilmente a una morte prematura. Esattamente quel che era accaduto a Sara: l’infezione aveva raggiunto senza remore il cuore dopo essere stata sottoposta per mesi a un lento stillicidio di microchirurgia sentimentale. Ora, in quella stanza d’ospedale così bianca e asettica da sfiorare la purezza e l’assenza del dolore, poteva trovare un rimedio, anche blando, alla disgrazia che l’aveva investita. Poteva essere assolta al processo della vita e lontana dal mondo, era in grado di fare quel che mai avrebbe immaginato: era libera di tacere, nascondendosi dietro un sorriso perfetto.

    2.

    Dai Sara balliamo, non startene lì in disparte! Anzi sballiamoci, senti che musica! No… Giulia, non mi va… vai tu con gli altri, io resto qui a guardarvi, mi fa piacere lo stesso, giuro, mi diverto così!!! E va bene, come non detto, tanto vinci sempre tu e la tua testardaggine! Bacio però Bacio, ok, a dopo e divertiti con lo sballo!. Sara era fatta così, usciva con le amiche che la trascinavano in discoteca contro la sua volontà, non sopportava l’eccessivo volume della musica che le rimbombava dentro come tuoni e fulmini di un temporale d’agosto. Ma forse era meglio andare piuttosto che restare a casa il sabato sera e sopportare le chiacchiere inutili della madre e il suo lamento continuo sull’esistenza considerata una brutta sorpresa ‘a domicilio’, soprattutto dopo la separazione dal marito, il rampante e affascinante avvocato che se ne era fuggito lontano con la segretaria venticinquenne. La granitica insegnante d'italiano e latino del mattino, il muro portante di un affetto incondizionato durato per ben vent’anni, nel pomeriggio si trasformava in una pantofolaia assonnata, imbottita di calmanti e annientata da lunghi sonni turbolenti in cui la pace del giorno andava a morire come il sole nel mare in un freddo pomeriggio invernale. Così Sara percepiva quel freddo, quell’assenza dell’anima sottolineata dal vuoto che lei, giovanissima eppure sensibile ai minimi movimenti del cuore, notava negli occhi spenti di chi invece aveva sempre avuto dolci pupille dilatate sul suo mondo. Posso? una voce la distrasse per un attimo dai suoi pensieri nebulosi e voltandosi, quasi di sobbalzo, notò due occhi neri che la stavano fissando increduli e meravigliati. Stai dicendo a me? Sì, a te, proprio a te… posso sedermi qui vicino a te? Non ci conosciamo, ma sono un amico di Giulia, la sballata, per intenderci Ah, strano, non ti ho mai visto, prego, siediti… quanto alla sballata, spero che tu non ti faccia sentire mai da lei, sai com’è, prende leggermente d’aceto sentendo questi aggettivi e poi dopo la devo sopportare io… Bene, allora cercherò di tenere la bocca chiusa finché potrò, naturalmente, dopodiché… amen, non ti assicuro nulla quindi, dipenderà dal momento, basta un attimo e sai, come vanno certe cose, tutto può debordare. Comunque piacere, io mi chiamo Marco e tu? Sara Sara, un bellissimo nome da principessa e dimmi perché non balli? Preferisco guardare e poi questa musica e il caos non mi piacciono molto Bene allora direi di fare una cosa: andiamo a prenderci qualcosa da bere, così ci rilassiamo e parliamo Di cosa dobbiamo parlare? chiese Sara, già un po’ allarmata. Il volto accigliato di Marco, le sue occhiaie e quel naso aquilino da astuto mercenario non le davano molta fiducia. Si sentiva a disagio, non ne comprendeva bene il motivo ancora oppure forse era solo perché non lo conosceva bene, era solo un estraneo. Ma sì, accidenti a lei, ogni volta si faceva problemi e poi era il primo ragazzo che le si avvicinava dopo sei mesi. Anzi, diamine, doveva ringraziare il cielo, almeno non sarebbe stata considerata di nuovo la solita sfigata della serata! "Mah, dì quel che vuoi, tranquilla, non ti mangio mica, solo che ti ho visto triste e anche io stasera devo dire che non sono poi così tanto allegro, allora ho pensato che potevamo fare conoscenza e farci compagnia, tutto qua. Io ti racconterò di me, tu di te e la serata vedrai, sembrerà più cool. Marco le fece l’occhiolino e Sara scoppiò a ridere, com’era buffo! Perché ridi? Sono così brutto, da far spavento, ma no, dai, stasera ho messo anche la gelatina e il vestito nuovo! Ma tu, tu invece sei molto bella. Sembri uscita da un vecchio film di Hollywood… ma… ma non ti offendere eh! È sicuramente un complimento, nel senso che sei diversa, hai presente quella bellissima attrice, Olivia de Havilland, beh io guardo spesso i vecchi film, sono affascinato dalle epoche passate, da quel modo diverso di atteggiarsi delle dive, distanti, su un piedistallo, sempre diafane … pure, quasi da sembrare delle sante, anche in versione sexy, tu che ne dici? Spero di non averti spaventato. Sara era arrossita perché forse era proprio quello che avrebbe voluto sentirsi dire. Si era tagliata i capelli castani naturalmente ondulati all’altezza del mento, aveva tolto anche la frangia per scoprire la fronte alta e gli occhi verdi-castani risaltavano sul bell’ovale del viso. No, ci mancherebbe, non sono spaventata, anzi grazie" disse, accennando un sorriso, quel

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