AAA Futuro cercasi. Essere giovani in tempo di crisi
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AAA Futuro cercasi. Essere giovani in tempo di crisi - Gian Luca A. Lamborizio
casuale.
I
La vecchia cravatta regimental penzolava dalla tasca della giacca nera, pericolosamente vicina al freno a mano.
Non era la prima volta. Quando Fabrizio si preparava al mattino per andare in studio, succedeva quasi sempre qualcosa che gli mandava all'aria i programmi che si era fatto la sera prima. Anzi, la notte prima... Proprio così, perché, da quando aveva iniziato la pratica
legale, i compagni con cui passava la maggior parte del tempo erano la sua agenda – di formato maxi per poterci annotare tutte le commissioni e le scadenze – ed il cellulare. Cellulare che, peraltro, non veniva mai spento, neanche di notte. Non era per nulla raro, infatti, che Fabrizio ricevesse sms dal suo Dominus negli orari più strani. Gli amici lo prendevano sempre in giro per questo, gli dicevano che sembrava la protagonista del film Il Diavolo veste Prada
, e che aveva un rapporto malsano col proprio capo.
Quella mattina, però, sembrava iniziata diversamente. Quando suonò la sveglia, Fabrizio era girato sul fianco destro, così la prima cosa che vide, aprendo molto a fatica gli occhi fu proprio il cellulare. Sbuffando, allungò la mano, schiacciò un tasto e: Sììì, dai che forse oggi mi va bene!
esclamò non appena vide che sul display non comparivano messaggi ricevuti.
Si mise a sedere sul letto, facendo volare per terra la bozza dell'atto di citazione che aveva rivisto prima di addormentarsi.
Dalla persiana filtrava un po' di sole, fatto molto strano perché in quei giorni, nonostante fosse primavera avanzata, non voleva saperne di smettere di piovere.
Fabrizio si alzò e, camminando sui fogli che intanto si erano sparsi su tutto il pavimento, arrivò alla finestra. Aperta la persiana vide che finalmente le nuvole erano sparite; le piante nel parco del mega-dirigente che abitava di fronte risplendevano verdissime nella prima luce del mattino. Un miracolo...meglio di così...!
esclamò.
Decise che dopo la doccia avrebbe finalmente cambiato il completo, basta con quello nero pesante, oggi qualcosa di più estivo!
Fischiettando si infilò sotto la doccia. Proprio mentre si stava risciacquando le ascelle, vide, attraverso il vetro appannato, che il cellulare si era illuminato: Mah sarà Gaia...
, pensò. Probabilmente la sua amica aspirante psicologa stava, come al solito, già organizzando qualche uscita per la sera.
Infilato l'accappatoio uscì dalla doccia. Vediamo che si è inventata oggi quella matta!
Ed invece non era Gaia, era lui...il Dominus! Cazzo...cazzo, cazzo!
Fabrizio sentì freddo, aveva cantato vittoria troppo presto e si era tirato la sfiga addosso.
Ovviamente si ricorda che stamattina alle 8.30 abbiamo l'udienza Marini. Ieri ho dimenticato il fascicolo. Prima di raggiungermi in Tribunale passi a prenderlo, magari è in archivio. Mi serve per tempo. Questo il testo dell'sms.
Sì...e buongiorno anche a te, comunque!
disse Fabrizio e, asciugandosi in un nanosecondo, iniziò a pensare a come poteva fare: tra il traffico, trovare un dannato posto per parcheggiare, andare in studio, cercare il fascicolo – questa forse era la parte più difficile – e arrivare in Tribunale avrebbe dovuto usare il teletrasporto!
Papà, vai mica in città stamattina?
fu l'unica idea che gli venne.
Sì ho capito...la solita storia, scendo e ti aspetto in macchina
, rispose il padre rassegnato: ormai, dopo il pensionamento anticipato, era diventato un autista e tuttofare, al servizio degli altri componenti della famiglia, compreso il vecchio bracco di casa che lo aveva schiavizzato e pretendeva uscite a tutte le ore.
Ovviamente il tempo per cambiare i vestiti e trovare gli abbinamenti giusti se l'era giocato.
E così, ora si ritrovava seduto in macchina, col suo completo nero un po' stazzonato, la valigetta tra le gambe, sgranocchiando un paio di biscotti che era riuscito a prendere dal tavolo della cucina, uscendo al volo: la sua colazione.
Arrivato in studio, si accorse che, come al solito, non c'era ancora nessuno. Tutto buio, le tapparelle ancora chiuse e diversi fogli ammucchiati sotto il fax.
Adesso resta tutto così, poi vedremo...
, disse Fabrizio tra sé e sé, fiondandosi nello studio dell'Avvocato. Ovviamente del fascicolo Marini non c'era traccia ed allora decise di provare in archivio.
Dopo circa dieci minuti, riemerse dalle montagne e montagne di faldoni conservati. Aveva trovato subito quello giusto, ma: Merda...
, ovviamente il fascicolo non era lì! Dopo averne aperti un po' di quelli contenenti i casi di cui si erano occupati di recente, finalmente saltò fuori.
Andò alla sua scrivania per raccogliere tutte le commissioni che avrebbe dovuto fare quella mattina, tra Ufficiali Giudiziari e cancellerie varie, e via, pronto a partire.
Passando davanti allo specchio in corridoio, per fortuna, tirò un occhio alla sua immagine: mancava ancora la cravatta! Il suo Dominus non gli avrebbe mai perdonato una tale mancanza: Cos'aveva da fare di tanto importante stamattina, per non trovare neppure il tempo di presentarsi in modo decoroso?
, disse Fabrizio imitando la voce del suo capo mentre cercava di farsi il nodo come poteva.
Alle 8.20, dopo aver velocemente scorso l'elenco per capire in che aula si sarebbe svolta la prima udienza, entrò di corsa nel corridoio dove c'erano tutte quelle della Sezione Penale.
Dieci minuti di anticipo...sì, può bastare!
valutò Fabrizio, guardando l'orologio e tirando un sospiro di sollievo.
Chissà adesso dov'è...ah eccolo!
, pensò Fabrizio non appena scorse l'Avvocato seduto nei banchi della seconda fila.
Oh Fabrizio, ce l'ha fatta...mi sa che qui c'è un bel po' da aspettare...siamo i quindicesimi. Lei vada pure avanti con le commissioni che ha da fare, è inutile che perdiamo tempo in due qui. Mi raggiunga appena avrà finito e comunque se dovessi aver bisogno di lei la chiamo...
Va bene avvocato, allora ci vediamo dopo
, e, detto questo, Fabrizio girò sui tacchi dirigendosi alle cancellerie. Sapeva già che qui avrebbe trascorso buona parte della sua mattina, bloccato in code a dir poco estenuanti.
Salito lo scalone a piedi – prendere il decrepito ascensore era impensabile, significava almeno un quarto d'ora di attesa – giunse alla cancelleria civile.
Fabrizio contò solo tredici persone...beh tutto sommato un po' di fortuna comunque quella mattina ce l'aveva!
Uno degli aspetti più divertenti – o quanto meno tragicomici – della situazione era osservare le facce dei colleghi che formavano la coda: le espressioni più comuni andavano dal distrutto allo sconvolto, passando per qualche condannato a morte.
Dopo un po', Fabrizio si sentì picchiare su di una spalla: Alberto, un suo ex compagno dell'università ed ora praticante in un altro studio legale della città. Albi, arrivi ora? Te la sei presa comoda stamattina...!
scherzò Fabrizio, anche se le occhiaie del collega dicevano tutt'altro.
Sì sì, come no...sono già di ritorno. Ho già sbrigato un po' di cose in Procura. Mi sono portato avanti, così adesso rientro in studio che devo assolutamente finire una conclusionale o sono morto... Ci si vede!
Ok...dai, una di queste sere andiamo a berci qualcosa!
I minuti, come al solito, passavano col contagocce...scanditi da qualche chiacchiera col vicino, come al solito sulla lungaggine delle cancelliere e le disgrazie dell'essere avvocato.
Un classico era sentirsi dire: Ma tu sei un praticante, vero? Sei ancora in tempo, pensaci bene! Quando poi sarai avvocato sarà ancora peggio!
Certo, come no...
pensava Fabrizio, mentre invece sfoderava uno dei suoi migliori sorrisi condiscendenti.
Con lo scorrere della coda, finalmente giunse tra i posti privilegiati, quelli cioè che godevano di un vecchissimo e semi sfondato divanetto in similpelle su cui trascorrere, almeno seduti, l'ultima parte dell'attesa.
Controllò il cellulare. Ancora nulla, nessuna emergenza in vista.
Considerando che mancavano ancora quattro persone, decise di mandare un messaggio a Gaia.
II
Sempre nei momenti sbagliati...
pensò Gaia, sentendo il cellulare che vibrava nella tasca dei jeans.
In quel momento, seduta accanto ad un letto nel reparto di ortopedia dell'ospedale cittadino, stava somministrando, insieme al suo tutor, un test sulle funzioni cognitive ad un paziente ricoverato dopo che si era lanciato dal balcone di casa. Il salto, fortunatamente, non aveva sortito l'effetto desiderato, ma aveva comunque lasciato il paziente fisicamente malconcio.
Gaia ora, in quanto dottoressa in psicologia e tirocinante, si stava invece occupando dei danni che si erano prodotti all'interno, a livello neurologico.
Si era laureata, col massimo dei voti, l'anno precedente ed ora, aspettato che decorressero i termini previsti, aveva iniziato da un paio di mesi le mille ore di tirocinio che doveva svolgere prima di poter tentare l'esame di stato l'anno successivo.
A dir la verità, le mille ore Gaia se le era già sciroppate, presso un'altra struttura, durante gli studi. Però, con la sua solita sfiga – come diceva sempre lei – le era andato male l'esame di stato che aveva tentato subito dopo la laurea e, nel frattempo, era entrata in vigore una riforma che la obbligava a ripetere tutto il tirocinio da capo dopo la specialistica.
E così adesso Gaia era di nuovo lì. Aveva deciso però di cambiare struttura, in modo da svolgere altre attività e cercare almeno di imparare il più possibile.
Finita la visita, e tornata in ambulatorio, estrasse il cellulare: Fabrizio. Ohilà, io sono in spiaggia ai Caraibi...mi raggiungi?
I Caraibi...magari! Se continuo di questa forza a lavorare gratis, non posso neanche comprarmi una bici nuova per venire in Ospedale...
disse Gaia tra sé e sé.
Peccato io sono appena tornata! Stase cmq pensavo che saremmo potuti andare a bere qlc...
Fabrizio intanto era salito sul podio...era al secondo posto quando ricevette la risposta.
Figurarsi se non pensava ad uscire...come cacchio fa ad avere ancora le forze dopo tutto il giorno a correre...
, pensò Fabrizio ma, dato che stava per toccare a lui, prese la decisione al volo, digitò Ok, ma solo un'oretta che doma sono in mission a Torino! Senti tu gli altri!, infilò il cellulare in tasca e finalmente varcò la soglia della cancelleria civile, sotto lo sguardo invidioso degli ultimi, lontanissimi arrivati.
Mai una volta che li senta lui, mi converrebbe fare la pr, sicuramente guadagnerei qualcosa...vabbè, oggi faccio solo mezza giornata...quando finisco li sento...
pensò Gaia.
In realtà il significato delle parole mezza giornata
, per un tirocinante, era avvolto dalla nebbia, assumeva quasi un connotato mistico... Tendenzialmente, infatti, le mezze giornate di Gaia finivano, quando aveva una botta di...fortuna, verso le 15, più spesso le 16.
E per lei era un vero supplizio; non tanto per l'attività, che comunque le piaceva, quanto per il calo degli zuccheri! Gaia era abituata a mangiare in continuazione, all'università i compagni l'avevano definita l'hobbit
per le numerose ed abbondanti colazioni che riusciva a fare in una sola mattina, senza prendere neanche un chilo. Ed ora non si dava pace a dover aspettare fino a metà pomeriggio prima di poter mettere sotto i denti qualcosa che fosse più sostanzioso di una caramella alla fragola o di una barretta Kinder!
Passata una mezz'ora, Gaia aveva scritto ben sei parole del referto che doveva preparare: certe volte le sembrava di trovarsi in un call center più che in un ambulatorio ospedaliero. Se non passo l'esame di abilitazione ho comunque un futuro da centralinista!
, scherzava sempre con gli amici.
Quando finalmente sembrava che il telefono