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Viaggio in Antartide
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Ebook124 pages1 hour

Viaggio in Antartide

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About this ebook

“Non si torna mai da un grande viaggio”. Comincia così questo folgorante romanzo di Gilles Delors. Ushuaia, la città “fin del mundo” all'estremo sud della Patagonia, è l’inizio di un’intensa avventura emotiva – raccontata sotto forma di diario – attraverso lo Stretto di Drake, le Shetland Meridionali, le meravigliose isole e baie della Penisola Antartica. Sullo sfondo, tra pinguini, balene e ghiacci eterni, il meraviglioso paesaggio polare.
LanguageItaliano
PublisherGilles Delors
Release dateJun 24, 2014
ISBN9786050309706
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    Viaggio in Antartide - Gilles Delors

    Milano

    Introduzione

    Dal diario di Mauro Ruppell, insegnante di scienze con la passione dei viaggi. Età: 38 anni. Altezza: 1,75 metri, leggermente asimmetrico (se poggia sulla sola gamba destra misura un centimetro in più che sulla gamba sinistra). Occhi: color mogano, cerchiati di scuro, con sfumature verdi se visti alla luce del sole. Aspetto: sportivo, slanciato, gambe leggermente storte a U, naso lungo, viso affilato, capelli scuri, radi, corti. Segni particolari: una cicatrice sulla spalla destra. Carattere: riservato. Residenza: Milano.

    Data di partenza: 28 ottobre 2014, san Simone

    Giorno 1 – Milano

    mattino

     Non si torna mai da un grande viaggio. Così mi scriveva Giusy, ieri sera, prima di partire. A volte mi sorprende, quella ragazza. Ti tira fuori delle frasi così, che sembrano uscire dalla bocca dell’oracolo o dai Baci Perugina. E non una parola di spiegazione. Chissà dove le pesca, quelle frasi.

    Non si torna mai da un grande viaggio. Dunque prepariamoci a una partenza senza ritorno, sempre che il nostro sia davvero un grande viaggio. Una luna di miele, lo aveva definito lei, due mesi fa... sarà davvero così? Non so, intanto si parte. Loro non sanno che questa è la nostra luna di miele ribadisce Giusy. Loro. Cioè sua madre e Giuliano, e tutto il mondo che ruota attorno a loro: le sue sorelle, i suoi colleghi... la quotidianità da cui dice di voler fuggire. Fuggire... Dare un senso più autentico alla propria vita... Sposarsi, avere figli... Giusy... Chissà... Non vedo l’ora di incontrarla. L’unica mia preoccupazione, ora, è che l’aereo parta. Piove da due giorni ed è stato lanciato l’allerta dalla protezione civile. Seppellito dentro di me c’è il timore che l’aereo non decolli. Non sto più nella pelle. Speriamo di non avere intoppi.

    Giorno 1 – in volo

    notte

    Finalmente in volo per Buenos Aires! La notte sarà lunga, nel volo intercontinentale. Dodici ore di viaggio. Ma ora sto con lei, e ogni secondo è il paradiso. Miracoli dell’amore. Ogni più stupido secondo trasformato in una miniera d’oro. Come la favola del re Mida. Il tempo che si annulla, l’animo che vola. E, forte, la sensazione che nulla possa disturbare la nostra luna di miele.

    Sono determinato a rendere questa vacanza indimenticabile. Perché io la amo, e glielo voglio dimostrare. Perché l’amore vince sempre, come le ho scritto in un sms. L’amore non ammette esitazioni, ripensamenti: bisogna azzerare i dubbi e avere fiducia. Bisogna dare spazio, tempo e speranza all’amore. L’amore vince sempre. È solo uno slogan, ma... Perché non crederci? Perché non fidarsi del fatto che Giusy venga a capo dei suoi problemi, delle sue intricate questioni, del suo rapporto in via di dissoluzione con Giuliano, per andare a vivere con me? Perché non abbracciare questo nuovo amore sbocciato tra le rocce del deserto? La casa, il lavoro, il difficile momento della separazione... le difficoltà sono tante, è vero. Per questo le ho perdonato tutte le sue incertezze. Povera donna, così tormentata. Ma che cosa c’è di più importante e più prezioso dell’amore? L’amore vince sempre, è più forte di noi. È la nostra salvezza, la nostra unica salvezza. Non posso sapere che cosa ci sia tra lei e Giuliano. Ma tra me e lei c’è amore, non c’è dubbio. Di questo sono sicuro.

    Ancora ho negli occhi l’istante in cui l’ho incontrata, tre ore fa. Sembrava un po’ stanca, con i suoi biondi capelli sciolti che le cadevano sulle spalle e le labbra sottili che si sforzavano di sorridere. Ero arrivato un’ora prima di lei a Madrid, con Vittorio, che partiva con me da Milano. Vittorio è il nostro compagno di viaggio, il terzo passeggero dell’agenzia che ci ha organizzato i trasferimenti e la crociera dalla Terra del Fuoco alla Penisola Antartica. È un impiegato statale. Magro, altezza media, rasato. Veste in modo sportivo ma economico, da Decathlon. Un tipo amicone e distratto: sta sempre a controllare il suo bagaglio e si confonde con i tre cellulari che ha portato con sé, uno per la famiglia, uno per gli amici e uno per il lavoro. Si parla bene, con lui. Schizza da un argomento al successivo con la stessa velocità e disinvoltura con cui passa da un telefono all’altro, e non la smette mai di parlare o mandare messaggi. Simpatico, però. Abbiamo avuto una piacevole conversazione fin da Malpensa e poi per tutto il volo, ma appena abbiamo messo piede in aeroporto, a Madrid, l’ho lasciato per andare a prendere Giusy. Ho visto l’aereo che arrivava e la passerella che si allungava per risucchiare i passeggeri e sputarli nel ventre della balena, il Terminal 4, un gigantesco stomaco di vetro e acciaio capace di digerire migliaia di passeggeri. Ne sono arrivati tanti, un’infinità, volto dopo volto. Ero impaziente. Mi sono appostato per fotografarla subito, appena mi vedeva. Volevo fissare in un’immagine la gioia dei suoi occhi nel riconoscermi. Gli occhi non mentono, gli occhi non mentono mai. E io voglio leggere l’amore, nei suoi occhi, finalmente l’amore che vola e si lascia andare dopo mesi di reticenze e grandi slanci. Dio come mi piace quella sua gioia di vivere, di stare con me, quel suo sguardo innamorato, quell’aria come di cane in festa quando ritrova il suo padrone. Mi riempie il cuore fino a farlo traboccare. E così lei è arrivata: come un soffio, come un lampo, come un batter d’ali o di ciglia. Gli occhi azzurri che si riaccendevano, le labbra che mi cercavano... Le foto sono venute male, malissimo. Per forza! Lei aveva voglia di baciarmi, abbracciarmi, stringersi a me, non di mettersi in posa; né io volevo rinunciare a quei momenti. Volevo riprenderla così, spontaneamente, fissare in uno scatto il mutare del suo volto nel vedermi, gioire, spaccare l’obiettivo. Ma nulla di tutto questo mi è riuscito, nulla di tutto questo poteva riuscire. Era solo un’illusione. Va bene così. Butterò anche queste foto. Degli istanti più belli non mi resteranno che i ricordi, sempre più sbiaditi, e queste inutili parole.

    Ho provato a farle un’altra foto, prima che raggiungessimo il gate e ci tuffassimo nel vivo del viaggio. Ultimo tentativo. Mi piace questo Terminal 4, con il suo scheletro di metallo che sembra un dinosauro tecnologico e le lampade avveniristiche schermate da grandi dischi. Ho provato a farle una foto, dicevo, ma Giusy era contrariata. Mi ha assecondato, ma con poco entusiasmo. E anche questa foto è venuta male. Pazienza. Non m’importa. Non m’importa nulla, ormai, perché ora lei è qui che dorme accanto a me... buona notte, cucciola mia. Riposa in pace, dormi serena e non aver paura, perché ti voglio bene. Perché finalmente sono accanto a te. E nulla ci potrà far male.  

    Giorno 2 – Buenos Aires

    pranzo

     Siamo nel quartiere La Boca, in un piccolo bar a mangiare empanadas per il pranzo. Siamo sempre io, Giusy e Vittorio. I tre compagni di viaggio. Vittorio è completamente a suo agio. È partito da solo, perché ha voglia di riscattarsi. La sua ragazza lo ha lasciato la primavera scorsa, dopo otto anni che stavano insieme. Così, se n’è andata da un giorno all’altro senza dire niente. Un duro colpo. E lui deve ancora riprendersi. Ma già reagisce: non gli dispiace parlarne, ci scherza sopra. E anzi, a sentirlo raccontare barzellette con accento brianzolo, perché tali sono le sue origini, sembra proprio che sia di ottimo umore.

    Si sta bene qui, in questo locale che ci ha indicato Sharon, la nostra guida argentina. Le empanadas sono buone, la birra mette allegria e i colori rallegrano l’atmosfera.

    Questa notte il viaggio è andato bene. Il tempo è volato, con Giusy accanto. Avevamo in programma di fare l’amore subito, in aereo. Chissà come si comporta il tuo amico in quota, mi aveva scritto subito prima della partenza. Ma in aereo gli spazi sono angusti e si dorme male, nei bagni ci si muove appena, e per di più eravamo nelle file interne, incastrati tra le persone. Questi sedili della Iberia sono pessimi: si sta stretti e male. E neanche il servizio è all’altezza della situazione. Tempi di crisi... Per fortuna stavo vicino a lei. Mi basta questo, in fondo, che cosa posso chiedere di più?

    A Buenos Aires c’era Sharon ad attenderci. Sharon ha i capelli neri da bambola e lo sguardo dolce stampato sul volto paffuto. Ci ha portato in hotel e poi subito in giro, senza nemmeno farci fare la doccia. Andava di fretta, perché aveva tutto un suo programma da seguire, per farci vedere tutto e niente della città. Il suo atteggiamento è quello della scolaretta che deve mostrare di avere studiato e imparato a memoria la lezione. Quindi parla, e dice un sacco di cose, sempre con lo stesso tono di voce, cercando di farcire il più possibile il discorso, senza però che a noi rimanga impresso niente di significativo

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