L'uomo che ritorna
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L'uomo che ritorna - Giorgio Laika Vanni
Farm
Capitolo I
Non credo alla perfezione umana. Nella mia vita ho avuto la fortuna di incontrare, tra tante, persone belle, positive, radiose. Ma perfette . . . mai. Serena rappresenta una anomala eccezione. Non solo è la donna più bella che abbia mai conosciuto o, semplicemente, visto, ma è anche arguta, spiritosa, umile; intelligentissima, molto più di me. Cugina di mia moglie Claudia, inseparabili da piccole, la conobbi qualche mese prima di sposarmi. Essendo, appunto, perfetta, per anni ho soffocato l’attrazione che provavo convincendomi che se la tirasse in qualche modo. Questo ha sempre suscitato in me una profonda antipatia perché le persone che sono consapevoli di essere perfette, credono che tutto sia loro dovuto come fosse un diritto divino. Ma non era certamente il caso di Serena. Me la trovai di fianco ad un pranzo di matrimonio d’un ennesimo cugino di Claudia (non ho mai capito quante centinaia di parenti abbia) e fu una sorpresa davvero molto interessante. La scoprii colta e piena di interessi che condividevo. Ci divertimmo e diventammo complici di ironia e uniti nel sarcasmo sulla cerimonia e sul ricevimento cui non eravamo riusciti a sottrarci. Dopo quel giorno ogni rara occasione d’incontro era, per entrambi, una gioia. Anche volendo non avremmo potuto vederci più spesso perché ci dividevano quasi mille chilometri. Io allora abitavo nei dintorni di Roma, lei nel sud della Sicilia. Poi il pudore ed il mio vincolo matrimoniale, oltretutto con una sua cugina cui era legata da un profondo affetto, ci impedivano di ascoltare il richiamo sempre più forte che ci calamitava. Ma io sognavo ugualmente di sperimentare con lei la possibilità di avere un rapporto che andasse oltre la coppia, oltre la convivenza. Una momentanea evasione dal carcere della monotonia quotidiana. Un permesso temporaneo per riuscire a volare liberi eludendo, almeno per qualche istante, l’oppressione della forza di gravità e di quella, molto più temibile, della coercizione. Erano solo fantasie perché non avrei mai avuto il coraggio di confessare i sentimenti che provavo. La paura di un suo rifiuto era troppo forte e non volevo rischiare di perdere la simpatica amicizia che ci legava ed a cui, comunque, tenevo molto. Spesso il destino si fa beffe di noi. A volte, invece, sistema le tessere del domino con tale precisione che nulla viene lasciato al caso. Mia moglie e nostro figlio Luca, in quel torrido inizio di estate, erano andati qualche giorno in Sicilia dai suoi genitori. Un’amica d’infanzia di Claudia, Anita, avrebbe presto partorito e lei era felice di poterla assistere. Per non essere da meno, Luca voleva assistere Dolly, la cocker dei miei suoceri, che doveva mettere al mondo la sua prima cucciolata. Ci sentivamo ogni sera e mi stupì ricevere quella telefonata di mia moglie nel primo pomeriggio: Serena ha chiesto un favore: puoi andare a prenderla all’aeroporto? C’è uno sciopero selvaggio del personale di terra e lei è bloccata lì da più di due ore. Dovrebbe riuscire a partire dopodomani. E’ con il suo nuovo compagno. Mi pare si chiami Carlo.
Va bene.
risposi Sono da quelle parti e in dieci minuti sarò lì.
Claudia mi dette il numero del cellulare di Serena che, fino a quel momento, non avevo mai avuto. Arrivato all’aeroporto la chiamai. Ci incontrammo subito. Persino in quel caotico e affollatissimo carnaio, tra le tante persone bloccate dallo sciopero, era impossibile non notarla con quel fisico tra una top model e una scultura di Canova, pelle perennemente abbronzata, capelli mossi e corvini, sensualissime labbra:
Serena, Serena.
chiamai forte. Lei si girò e sorrise:
Finalmente . . . Ecco il mio salvatore.
Claudia mi ha detto che dovrebbe esserci anche . . . Carlo?
Si. . . – disse sorridendo - C’era fino ad un’oretta fa. Abbiamo litigato e l’ho mandato a quel paese. Penso ci sia quasi arrivato.
Dove dovevi andare?
In Tanzania. Quindici giorni di vacanza prima d’un mese infernale: devo restaurare due Segantini.
Serena, infatti, era restauratrice. Un lavoro bello, libero e creativo come lei. Caricai le valigie e partimmo.
Beata te. Quanto ti invidio . . . sei bellissima, giovane, libera ed hai un lavoro stupendo.
sussurrai a bassa voce più pensando che parlando.
A parte il fatto che anche tu sei messo niente male ma poi non sono più giovane. Ho trentotto anni e la libertà ha un caro prezzo che si chiama solitudine.
Grazie per il complimento ma io vado per i cinquanta e faccio un lavoro malpagato, di merda e senza alcuna prospettiva. Poi di solitudine ne soffro anch’io molto spesso.
Ma hai quello splendido bambino e Claudia.
D’un tratto qualcosa dentro di me scattò prepotentemente in maniera improvvisa ed inaspettata. Forse avrei potuto bloccare sul nascere la voglia di aprirmi completamente a lei ma non volevo farlo. Non si trattava solo dell’attrazione o del desiderio sessuale che Serena mi ispirava. Era di più. Molto di più. Mi abbandonai completamente a questa bramosia che diventava insieme fame e sete di farmi esplorare ed esplorarla fino ai nostri intimi più profondi. Mi sembrava fossero passati secoli dall’ultima volta che avevo sentito una vicinanza così forte, intensa e totale con qualcuno. Questo pensiero mi fulminò improvviso ma, altrettanto velocemente, cercai di darmi un tono e le risposi mentre già avrei voluto carezzarla, toccarla, baciarla, penetrarla ed esistere insieme come un corpo ed un’anima sola nello stesso sogno. E non ridestarsi mai più:
Si e li amo tantissimo – ed ero sincero – ma la solitudine è un qualcosa che ti porti dentro, sempre . . . Non mi sento più, da tanto tempo, un uomo tra uomini ma un alieno tra gente che non capisco, non conosco più e, spesso, mi ripugnano e spaventano. Sono terrorizzato dalla velocità con cui stiamo procedendo verso la distruzione del mondo e del genere umano. L’inquinamento ogni secondo che passa annienta un pezzo di pianeta ed è talmente tanto il tempo che lo respiriamo, lo beviamo, lo mangiamo che oramai fa parte di noi. Ci ha cambiati, corrotti, traviati. La stessa sorte toccata alla società, alla politica ed alla cultura.
Dimentichi di aggiungere a questo bel quadretto una crisi economica atroce; la peggiore che il mondo occidentale moderno abbia mai vissuto. Una crisi provocata dalle banche e diventata talmente profonda da aver contagiato ogni cosa: dall’arte alla filosofia fino alle singole persone ed ai loro valori come la famiglia, la moralità, il benessere economico. Dico ‘loro valori’ perché non sono mai stati miei anche se la crisi sta comunque uccidendo, oltre ai tanti che si suicidano, anche me . . . O preferisci che dica noi?
Noi, noi. Siamo tutti noi a subire i loro errori ed a morirne. E’ l’effetto perverso della globalizzazione: mandano a puttane un pianeta e trascinano nel baratro anche chi è stato sempre contro di loro e ciò che hanno costruito. Scusa, volevo dire ‘ciò che hanno distrutto’. Sai una cosa Serena?
Cosa?
A volte guardo Luca dormire . . . così dolce, così angelico . . . ed ho la fortissima sensazione che non lo vedrò farsi uomo perché tutto . . . tutto, finirà molto presto e . . . mi viene da piangere. Poi mi blocco perché penso che le nostre vite, qui, siano prive di senso. L’Umanità avrebbe potuto veramente realizzare l’Armonia su questo pianeta. Tanti popoli ci sono andati vicino. Ma il mondo dell’Essere è stato sconfitto dai Signori dell’Avere. Ci ho studiato e ragionato parecchio ma non sono ancora riuscito a capire bene come e quando ciò sia potuto accadere. Probabilmente durante il tardo Medioevo, almeno nella nostra parte di mondo. Pensa alla stima, alla venerazione di cui godevano gli eremiti, i contemplativi, gli anacoreti, i mistici . . . Che fine hanno fatto? Dove sono andati a finire? Se vivesse accanto a noi un nuovo Francesco d’Assisi sarebbe bollato come ‘pazzo barbone’ ed emarginato. Se non ucciso a bastonate o bruciato da qualche ragazzo di buona famiglia troppo annoiato.
Serena ora mi guardava stupita. Disse:
Pensavo fossi ateo. Quando vi siete sposati in Chiesa ho apprezzato molto la tua coerenza: esaudire il desiderio di Claudia e non essere ipocrita. Ed hai scelto l’obiezione di coscienza. Adesso ti scopro credente, agnostico o cosa?
Cosa - sorrisi - mi si addice di più. Non ho mai creduto nel Dio che ci vogliono spacciare come una droga tagliata male né, tantomeno, nel centro di potere e coercizione chiamato Chiesa e non mi riferisco solo a quella cattolica. La spiritualità, la trascendenza, l’anima . . . beh . . . sono altro.
Già, infatti sono altro. Anni fa ho scoperto Giordano Bruno e mi ha profondamente colpita. Lui parla dell’Amore come della forma di energia più potente dell’Universo. Noi non possiamo rendercene conto se usiamo la logica ed i sensi umani perché con essi riusciamo a vedere ed interpretare solo il 5% di ciò che abbiamo attorno, dato confermato persino dalla moderna fisica quantistica. Quindi tutto il restante 95%, compreso il nostro Io più segreto, si può conoscere e farlo proprio con strumenti totalmente diversi da quelli che usiamo abitualmente. Ad esempio con l’ascesi, la trascendenza, l’uscire fuori dal nostro corpo che è solo un pesante ingombro che ci impedisce di volare ed essere liberi. Ma che non sarebbe inutile: servirebbe alla costruzione dell’Armonia Universale in Terra, tra gli uomini. Progetto miseramente fallito.
Non conosco bene come te Giordano Bruno ma tutto questo io lo sento dentro di me da anni. Ed è più forte ogni giorno che passa. Ma, secondo te, che senso avrebbe la morte?
La morte non esiste. E’ solo la fine del corpo che si distrugge per permettere alla nostra scintilla divina o energia cosmica, chiamala come ti pare, di ricongiungersi al Tutto.
E l’amore terreno, il sesso, che ruolo avrebbero?
Un ruolo fondamentale. Bruno pensa all’atto sessuale come ad una forma di trascendenza e di comunicazione proprio con l’Armonia Universale. Per farlo non occorre niente. Non servono né benedizioni né sacramenti. Basta l’Amore . . . Incondizionato . . . anche se della durata d’un attimo; senza distinzioni d’età, razze, credi e, persino, di sessi. E senza alcuna forma di possesso e quindi di gelosie.
Mi sentivo come folgorato perché Serena stavo dando forma, senso e ordine a pensieri che si erano affollati nella mia testa per anni in maniera caotica, complicata e confusa. Ero stupito, impaurito, agitato e contento da come tutto, adesso, apparisse molto più semplice. Lei aggiunse:
Ora basta. Non voglio annoiarti con i miei vaneggiamenti. Penserai che sto delirando.
Risposi, quasi infastidito dalle sue ultime frasi:
Non mi annoi affatto e non stai delirando. Ti ho già detto che anch’io penso e sento le stesse cose e non ho nessuno con cui parlarne. Invece mi domando spesso come è potuto succedere che la cultura dell’Essere soccombesse a quella dell’Avere.
"Sai Marco, ho girato mezzo mondo e pensavo di farlo sia per lavoro che per curiosità ma in effetti viaggiavo per cercare risposte, che non ho trovato, alle mie domande. Una cosa però penso di averla capita: fino a tre secoli fa la cultura dell’Essere era sicuramente la cultura dominante sul pianeta Terra. Certo, le società erano da perfezionare. Forse, in larga parte, da rivoluzionare per porre al centro delle società la totale uguaglianza di tutte le persone che le formavano. Ma sicuramente allora l’Avere era una sub-cultura che poteva contare solo su poche e marginali ma bellicose ed aggressive, popolazioni. Nel giro di pochi decenni invece l’Avere s’è imposto come dittatura planetaria in cui pochi, col terrore, la