L'Antipolitica della Crisi
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Book preview
L'Antipolitica della Crisi - Nicola Castaldo
Note
Introduzione
Come è cambiata la geografia del potere in Italia negli anni della crisi? Se i vecchi partiti sono ormai avviati all’estinzione, altri protagonisti si affermano, dal 2012 ad oggi, sulla scena politica italiana. Le nuove forze in campo hanno poco in comune con le vecchie formazioni politiche e non è facile orientarsi in una situazione radicalmente mutata rispetto a soli due anni fa.
Cos’è il Movimento 5 Stelle? Un partito, un’ideologia, un movimento di cittadini o un’invenzione calata dall’alto per approfittare del malcontento diffuso nell’Italia flagellata
dalla crisi? Tutte le pagine scritte, in questi anni, per tentare di spiegare il fenomeno creato dal comico Beppe Grillo e dal suo socio Gianroberto Casaleggio, non sono riuscite a chiarire, fino in fondo, la natura di questo Movimento capace di attrarre consensi e sottrarre voti sia alle forze di destra sia a quelle di sinistra e soprattutto alle praterie, sempre più vaste, dell’astensione. Proprio come accade con le macchie di Rorschach, ognuno in questi anni ha visto nel Movimento quello che ha voluto vederci: gli ex comunisti orfani del Partito di Gramsci e Togliatti hanno creduto che quello di Grillo fosse un nuovo Pc; gli ecologisti lo hanno scambiato per un movimento per la difesa del territorio e dell’ambiente; mentre gli elettori di destra hanno trovato in Grillo l’uomo forte, in grado di difenderli dall’immigrazione incontrollata e dai burocrati di Bruxelles. Un proposta politica capace di sedurre non solo i comuni cittadini ma anche molti intellettuali che spesso hanno frainteso il Movimento, scambiandolo per un ritorno di quella sinistra radicale recentemente scomparsa dal Parlamento dopo la stagione politica degli anni Novanta.
L’altro nuovo protagonista indiscusso della nuova era postideologica
italica è, strano ma vero, il Partito Democratico. Non quello di Prodi e Bersani, ma il nuovo Pd di Matteo Renzi, che poco o nulla ha a che fare con le versioni precedenti del partitone di centrosinistra che unificò i popolari e gli ex comunisti. Renzi riesce, in pochi mesi, a trasformarsi da sindaco di Firenze, città importante ma certo non come Roma e Strasburgo, in asso pigliatutto della politica italiana ed europea, riuscendo a presiedere il Consiglio dei Ministri in Italia e il semestre europeo a Bruxelles. Partendo dall’analisi della creatura
di Grillo e Casaleggio, capace di passare dalla battaglia per l’abolizione del reato di immigrazione clandestina all’intesa con il partito razzista di destra Ukip di Nigel Farage, e ripercorrendo le tappe dell’ascesa di Renzi, inedito catalizzatore di voti di sinistra, centro e centrodestra, è possibile individuare tutti gli snodi problematici ed epocali di un Paese, l’Italia, e di un periodo storico, quello attuale, che hanno ormai definitivamente accantonato le categorie classiche (o vecchie) della politica per intraprendere la strada di un cambiamento doloroso e controverso di cui ancora non si intravedono, con chiarezza, i contorni. L’intento di questo libro è quello di raccontare i fatti e, attraverso di essi, l’evoluzione (o involuzione, a seconda dei punti di vista) della politica italiana negli utlimi due anni. Proprio durante la crisi istituzionale italiana del 2012 nascono i protagonisti della scena politica attuale: il Movimento 5 Stelle, che da piccola e ristretta cerchia di attivisti presenti prevalentemente nelle città del centro-nord, si trasforma in una delle forze politiche più importanti del Paese e il fenomeno Renzi, capace di interpretare la vigorosa voglia di futuro del Paese conquistando prima il suo partito il Pd e poi il Governo. Attraverso il racconto dei principali eventi che hanno segnato l’evolversi della situazione politica italiana negli ultimi anni, emergono, una dopo l’altra, contraddizioni e limiti del progetto messo in piedi da Grillo e Casaleggio, ma anche la fredda determinazione di Renzi nella sua corsa verso il potere, per eliminare gli avversari e afferrare il cambiamento.
Dal 2012 ad oggi gli articoli pubblicati sul settimanale Golem descrivono l’intreccio tra le vicende del Pd, del Movimento 5 Stelle e quelle della politica italiana affetta, come noto, da una delle più gravi crisi istituzionali dal dopoguerra ad oggi. Una crisi che ha portato il sistema molto vicino alla paralisi, consegnandoci, dopo le elezioni politiche del 2013, un Paese precipitato in una situazione di ingovernabilità a causa del sostanziale pareggio delle forze in campo e dalla totale delegittimazione dei Partiti della Seconda Repubblica. Il Movimento di Beppe Grillo non vuole essere un partito, ma lo diventa, giocoforza, nel momento in cui entra nell’agone elettorale democratico e riesce a nutrirsi del fallimento dei partiti tradizionali, raccogliendo il malcontento di una maggioranza di italiani che decide di chiudere con l’era del bipolarismo anomalo della Seconda Repubblica, con l’Italia di Berlusconi e con quella, parallela e speculare, dell’antiberlusconismo.
Dall’altro lato della barricata il Partito Democratico arriva ad un passo dal restare l’unico vincitore sul campo di una guerra durata trent’anni, salvo poi ritrovarsi ad un passo dalla catastrofe. Solo affidandosi ad un alieno
venuto dalla periferia dell’impero, il Leviatano
democratico potrà sopravvivere a se stesso e arrivare a cambiare pelle. Tutto questo fino alle elezioni europee del 2014 che rappresentano, tutte le forze in campo, uno spartiacque simbolico e politico di primaria importanza. I grillini
, a un anno dal loro apogeo elettorale del 2013 e dopo mesi di opposizione parlamentare, al Governo Letta prima e al governo Renzi poi, perdono quasi quattro milioni di voti nel confronto elettorale con il Partito di Renzi. Il Pd si ritrova di colpo con il 40% dei voti.
Perché a poco più di un anno dall’inizio della XVII legislatura l’ascesa del Movimento di Grillo si è arrestata? Cosa ha permesso a Renzi di arrivare da Firenze direttamente nelle stanze del potere romano e di raggiungere percentuali di consensi mai viste durante la Seconda Repubblica? Quale è il contributo dato da queste nuove forze politiche emerse prepotentemente, negli ultimi due anni, alla recente storia dell’Italia repubblicana e quale futuro prossimo stanno ora disegnando per il nostro Paese?
Queste domande troveranno forse risposta rileggendo, con occhio critico, gli avvenimenti del nostro recente passato e provando a immaginare un futuro diverso.
I - La Crisi
La crisi economica, tutt’ oggi in corso, ha origine nel 2008 negli Stati Uniti d’America, ma ha i suoi esiti più drammatici in Europa quando, a partire dal 2010, essa investe gli Stati del Vecchio Continente e i loro debiti sovrani gravati dalle spese per i sistema bancario. Senza la possibilità di stampare moneta e di condurre una politica economica autonoma, gli Stati europei rischiano il tracollo.
L’Italia nel 2011 è sull’orlo del baratro e i titoli del suo debito pubblico sono sotto attacco da parte della speculazione internazionale. Il 5 agosto 2011 una lettera segreta viene inviata dalla Banca Centrale Europea al Governo Italiano, presieduto all’epoca da Berlusconi. La lettera impone pesanti misure di riduzione del debito e di consolidamento dei bilanci dello Stato, in poche parole un vero e proprio salasso per gli italiani già in difficoltà a causa della recessione economica mondiale. La politica si dimostra impotente di fronte alla furia globale dell’economia e i partiti, che durante la Seconda Repubblica si sono trincerati dietro la difesa dello status quo, consegnando l’Italia ad un declino inesorabile, vengono travolti dalla crisi. Appeso ormai ad un pugno di voti, il IV governo Berlusconi cade sotto i colpi di uno spread arrivato a toccare i 400 punti. Nessuno sembra in grado di assumersi la responsabilità di guidare il Paese durante la tempesta: i partiti sanno che sarà necessario imporre una politica recessiva fatta di austerità e tasse e non vogliono perdere quel poco consenso che ancora hanno nella società italiana.
Il 16 novembre 2011 si insedia il governo dei tecnici, guidato da Mario Monti, economista, ex rettore della Bocconi e Commissario europeo durante il governo Prodi. Nascosti dietro il paravento del Governo tecnico, le forze politiche cercano di non mettere la faccia
sui dolorosi tagli al welfare pubblico. Ma il malcontento degli italiani non li risparmia e il tentativo di far dimenticare vent’anni di malgoverno fallisce. Mentre il Paese paga il conto terribile dell’austerità, i partiti sono sull’orlo di una nuova Tangentopoli dagli esiti tutt’altro che prevedibili. In questo contesto il Movimento 5 Stelle, nato come insieme di gruppi di cittadini attivi sul territorio, diventa un punto di riferimento per un numero crescente di persone. Esso è presente in quasi tutte le regioni italiane e nelle elezioni amministrative del 2009 riesce a raggiungere una discreta affermazione con le Liste Civiche a 5 Stelle. Il 9 settembre 2009 nasce il Movimento Nazionale a Cinque Stelle
che da allora inizia a farsi strada nella politica e nella società italiana.
1.1. Grillo, la Crisi dei partiti e il mito della democrazia diretta - Golem 20 aprile 2012
Tra le agende per i deputati di Montecitorio costate 3,015 milioni di euro in 3 anni e gli scandali sui rimborsi elettorali, non si può certo dire che i partiti godano oggi di buona fama. Stando ai sondaggi, la fiducia nelle formazioni politiche italiane è attorno al 2%, cioè meno dei militanti dei partiti stessi. Proprio mentre si apprestavano a eclissarsi, temporaneamente, dietro le quinte del governo dei tecnici, i riflettori si sono riaccesi proprio su di loro, i partiti, o meglio sui loro conti. E così, a 20 anni da Tangentopoli, ecco cadere anche la seconda Repubblica con un copione tutto sommato simile a quello del 1992. Questa volta a innescare lo scandalo politico-economico è stata proprio la Lega Nord. Il movimento cresciuto sull'onda di Mani Pulite, contro sprechi e inefficienze di Roma ladrona
, travolto dalle inchieste della magistratura, si è rivelato simile, o forse anche peggiore, di quelle formazioni politiche contro le quali agitava i cappi in Parlamento negli anni Novanta. E mentre la Lega affonda fra le spese pazze
del Trota e di Belsito, diamanti scomparsi, lingotti d'oro e chissà cos'altro, gli altri non se la passano meglio. Invischiati in scandali economici trasversali, resi ancor più indigesti dai sacrifici chiesti ai cittadini per uscire dalla crisi, i partiti italiani non sono mai stati così impopolari.
L'unico che sembra trarre beneficio dalla situazione di dissesto in cui versa la politica italiana, è Beppe Grillo e il suo Movimento 5 Stelle. Dobbiamo fare una piccola Norimberga
, ripete dai palchi di mezz’ Italia il comico genovese, paragonando i partiti italiani ai criminali nazisti messi a processo dopo il secondo conflitto mondiale. Il Movimento di Grillo fin da quando si è costituito, nel 2009, propone l'abolizione dei partiti politici e una democrazia non rappresentativa, dove i cittadini si autogovernano. Non stupisce dunque che Grillo torni alla ribalta in un momento di profonda crisi del sistema dei partiti. La risposta al Movimento 5 Stelle, che è sicuramente uno dei più importanti fermenti dal basso nell'Italia di oggi, continua ad essere banale: temendo un prevedibile successo per le liste di Grillo alle amministrative di maggio 2012, da Casini a Vendola, tutto il gota della politica italiana ha cominciato a gridare all'antipolitica e a stracciarsi le vesti. Eppure i 5 Stelle sono fra i pochi che ancora parlano di politica nel senso più originale del termine: occuparsi di ciò che interessa ai cittadini nella vita quotidiana, temi come ambiente, legalità, urbanistica.
Eppure, il fenomeno del grillismo
, come è stato ribattezzato un po' superficialmente dai media, è decisamente ambiguo e zeppo di contraddizioni. Grillo spara a zero sulla partitocrazia
e propone una visione manichea della realtà: i buoni (lui e il suo movimento) e i malvagi (tutti gli altri), offrendo soluzioni spesso semplicistiche ai problemi di una società sempre più complessa. Se è vero che la democrazia, come è stata adottata nel corso del Novecento in Occidente, incontra oggi crescenti difficoltà nel rappresentare adeguatamente la volontà degli elettori, Grillo, con il suo rifiuto di qualsiasi confronto pubblico, non fa intravedere una soluzione a questo problema. L'epurazione da parte del comico genovese nei confronti di Tavolazzi, consigliere comunale a Ferrara e di altri grillini
della prima ora ha creato allarme all’interno movimento.
L'accusa rivolta dal leader agli scomunicati
è nientedimeno quella di aver organizzato incontri per discutere di persona, e non sul web, del futuro del movimento. Partitocrazia!
ha sentenziato il comico genovese espellendo con un diktat i malcapitati. Alla faccia della democrazia dal basso! Altro che ognuno vale uno
: a livello nazionale la linea la detta Grillo, senza discussioni (il Grillo parlante peraltro sembra non conoscere l’aforisma di Pietro Nenni: c’è sempre qualcuno più puro che ti epura
).
È probabilmente il limite di ogni movimento dal basso: il rifiuto di ogni forma organizzativa o di gerarchia va bene a livello locale, ma rende quasi impossibile il coordinamento di un movimento su scala nazionale, a meno di non ricadere nell'odiata partitocrazia
o nei diktat di un leader. È possibile allora una democrazia diretta e non rappresentativa su scala nazionale? Una sorta di gigantesca Atene classica, fatta di milioni di abitanti, dove la piazza (virtuale) in cui discutere di problemi è Internet invece dell'agorà delle antiche poleis: sembra essere questo il modello a cui aspirano Grillo e i suoi. Ma è davvero ciò che dobbiamo augurarci?
1.2. Democrazia diretta: un mito da sfatare?
Il regime democratico in vigore nell’Atene classica del V secolo a.C., viene spesso mitizzato come l'unica forma istituzionale capace di realizzare pienamente gli ideali di uguaglianza, giustizia e libertà; tuttavia la democrazia ateniese aveva in realtà delle caratteristiche che oggi difficilmente saremmo disposti ad accettare, nonostante Beppe Grillo. Innanzitutto quella ateniese era una democrazia elitaria: ne erano escluse le donne, gli schiavi e coloro che non avevano la cittadinanza ateniese, che per i tempi era un privilegio più che un diritto. I cittadini effettivi erano all'incirca 20.000, mentre gli schiavi o gli stranieri oltre 300.000. Una sorta di circolo chiuso in cui i pochi iscritti al club
(come il blog di Grillo)potevano sì presentare delle proposte alla bulè,ma poi il consiglio stesso decideva quali erano ammissibili al voto da parte dell'ecclesìa e quali no. Nella maggior parte dei casi l'assemblea era chiamata a votare prevalentemente proposte avanzate alla bulè dagli arconti e dai magistrati, garanti della legislazione tradizionale, che rispondevano direttamente al capo del governo. Chi osava proporre delle iniziative non conformi alla legislazione tradizionale rischiava una condanna fino a 10 anni di esilio: il cosiddetto ostracismo. E proprio l'ostracismo veniva spesso usato come un'arma politica per eliminare tutti gli oppositori del governo cacciandoli dalla città. Fu proprio la democrazia ateniese, in fin dei conti, a condannare a morte Socrate con l'accusa di traviare i giovani con la pratica del libero pensiero.
Chi oggi invoca la democrazia diretta,