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La bomba Zar
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La bomba Zar

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Per chi vuol saperne di più

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1961

L'Unione Sovietica annuncia di avere a disposizione la più potente bomba atomica mai costruita, ben 100 megatoni, equivalenti a 100.000.000 tonnellate di tritolo.

In realtà le bombe fabbricate sono due e solo una, depotenziata a 50 megatoni verrà utilizzata per un terrificante test nucleare.

La seconda bomba finisce sepolta tra i ghiacci della Siberia e verrà recuperata più di 60 anni dopo per un uso ancora più sinistro......

Marco, Andrea e la bella Lisa si trovano coinvolti in una storia che li costringe ad una pericolosa avventura......

Estratto:

1961.

Sembravano due gigantesche uova pasquali appoggiate in orizzontale sul pavimento.

Un continuo, via e vai di tecnici in camice bianco le curava come se fossero delle preziose uova di Fabergè.

In realtà erano qualcosa di molto più sinistro.

Il premier sovietico Nikita Khruscev aveva appena annunciato al mondo che l'Unione Sovietica avrebbe testato la bomba atomica più potente esistente al mondo: 100 Megatoni, pari alla folle cifra di 100.000.000 di tonnellate di tritolo.

In periodo di piena guerra fredda era un annuncio politicamente importante, avrebbe dimostrato la superiorità bellica della Russia su qualunque altra nazione, in particolare sugli odiati Stati Uniti d'America.

Per questo i tecnici al lavoro erano molto nervosi. Non sarebbe stato ammesso nessun fallimento.

Da una stanza con pareti in cemento armato di incredibile spessore il generale Radim Pavlov osservava attraverso un monitor in bianco e nero il lavoro dei tecnici.

Il generale era il responsabile militare del progetto ed ogni sbaglio ne avrebbe compromesso la carriera, oltre probabilmente ad una misteriosa sparizione per qualche località della Siberia orientale.

Un giovane tenente vestito in una divisa impeccabile entrò irrigidendosi in un perfetto saluto militare: "Signore", disse

"È atteso nella sala comunicazioni"

"La ringrazio tenente Volkov" rispose con un tono formale il generale distogliendo lo sguardo dallo schermo.

Il generale era un uomo alto più di un metro e novanta, robusto e con i capelli color paglia, leggermente brizzolati.

Non era più giovanissimo, aveva qualche chilo di troppo e un certo rossore sulle sue guance rivelava la sua debolezza per la vodka.

Aveva combattuto da giovane ufficiale nella seconda guerra mondiale, era sopravvissuto al durissimo assedio di Leningrado e successivamente aveva partecipato alla vittoriosa riscossa. Se fosse dipeso da lui i russi non si sarebbero dovuti fermare a Berlino, ma proseguire nell'avanzata conquistando tutta l'Europa.

Anche a costo di dichiarare guerra agli americani.

Ma a quell'epoca la nazione era sfinita e ridotta in macerie.

.........................
LanguageItaliano
Release dateJun 11, 2014
ISBN9786050307443
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    La bomba Zar - Andrea Brunetti

    Andrea Brunetti

    La Bomba Zar

    L'anno senza estate

    Prima edizione Giugno 2014

    Copyright Brunetti Andrea- Orciano di Pesaro

    Stampato in proprio

    A mio Padre che purtroppo è mancato qualche anno fa.

    Non credo abbia mai letto un libro in vita sua ma è vissuto benissimo ugualmente.

    1

    1961.

    Sembravano due gigantesche uova pasquali appoggiate in orizzontale sul pavimento.

    Un continuo, via e vai di tecnici in camice bianco le curava come se fossero delle preziose uova di Fabergè.

    In realtà erano qualcosa di molto più sinistro.

    Il premier sovietico Nikita Khruscev aveva appena annunciato al mondo che l'Unione Sovietica avrebbe testato la bomba atomica più potente esistente al mondo: 100 Megatoni, pari alla folle cifra di 100.000.000 tonnellate di tritolo.

    In periodo di piena guerra fredda era un annuncio politicamente importante, avrebbe dimostrato la superiorità bellica della Russia su qualunque altra nazione, in particolare sugli odiati Stati Uniti d'America.

    Per questo i tecnici al lavoro erano molto nervosi. Non sarebbe stato ammesso nessun fallimento.

    Da una stanza con pareti in cemento armato di incredibile spessore il generale Radim Pavlov osservava attraverso un monitor in bianco e nero il lavoro dei tecnici.

    Il generale era il responsabile militare del progetto ed ogni sbaglio ne avrebbe compromesso la carriera, oltre probabilmente ad una misteriosa sparizione per qualche località della Siberia orientale.

    Un giovane tenente vestito in una divisa impeccabile entrò irrigidendosi in un perfetto saluto militare: Signore, disse

    È atteso nella sala comunicazioni

     La ringrazio tenente Volkov rispose con un tono formale il generale distogliendo lo sguardo dallo schermo.

    Il generale era un uomo alto più di un metro e novanta, robusto e con i capelli color paglia, leggermente brizzolati.

    Non era più giovanissimo, aveva qualche chilo di troppo e un certo rossore sulle sue guance rivelava la sua debolezza per la vodka.

    Aveva combattuto da giovane ufficiale nella seconda guerra mondiale, era sopravvissuto al durissimo assedio di Leningrado e successivamente aveva partecipato alla vittoriosa riscossa. Se fosse dipeso da lui i russi non si sarebbero dovuti fermare a Berlino, ma proseguire nell'avanzata conquistando tutta l'Europa.

    Anche a costo di dichiarare guerra agli americani.

    Ma a quell'epoca la nazione era sfinita e ridotta in macerie.

    Gli americani invece non avevano subito danni sul loro territorio e la loro potenza industriale era al massimo.

    Pian piano il rumore dei suoi passi si affievolì, mentre si allontanava lentamente dalla stanza.

    Il giovane tenente, all'uscita del generale si fermò un attimo ad osservare il monitor.

    Quegli oggetti ovoidali gli apparivano veramente sinistri. Non amava le armi atomiche.

    Forse ciò era dovuto al fatto che aveva visto più volte gli effetti delle radiazioni sugli esseri umani.

    Era passato per le corsie degli ospedali dove erano ricoverati uomini pallidi, senza capelli con le unghie e i denti che cadevano e il che morivano fra atroci sofferenze, senza possibilità di cura. Benché in quelle occasioni si fosse mostrato freddo, dentro di sé ne era rimasto sconvolto.

    Era figlio di umili contadini e il suo modo di pensare era semplice a cosa può servire conquistare una terra se poi rimane arida e velenosa? diceva fra sé non riuscendo a trovare una giustificazione.

    Indubbiamente non riusciva a cogliere l'importanza politica dell’esercitazione che si sarebbe svolta tra poche settimane.

    Nel frattempo al generale Pavlov, giunto nella sala comunicazioni, fu passata una cornetta telefonica. Buongiorno compagno Pavlov era la voce del premier sovietico in persona.

    Vorrei essere informato sull'andamento del progetto.

    Tutto procede senza intoppi, compagno presidente. Le bombe sono praticamente pronte

     Stiamo ormai lavorando sui dettagli disse il generale.

    Vorrei che convocasse con urgenza una riunione con tutti gli scienziati e i tecnici del gruppo di lavoro

    Il generale rimase un po’ stupito ma dal tono di voce del premier capì che non avrebbe aggiunto nulla se non durante la riunione.

      Naturalmente sarà presente anche lei generale continuò.

    La ringrazio compagno presidente e mentre salutava si irrigidì come se stesse facendo un saluto militare.

    2

    La sala riunioni fu predisposta in un locale dell’immenso bunker sotterraneo della città chiusa di Arzamas-16 che ospitava i laboratori per la costruzione della bomba.

    Il premier arrivò con una mastodontica e pesantissima Zil 111, orgoglio della ridottissima produzione di auto di lusso sovietiche.

    I pochi esemplari in circolazione erano in realtà riservati ai membri del politburò.

    La maggior parte della popolazione russa non poteva permettersi un'automobile e doveva accontentarsi di veder sfilare le grosse berline di stato.

    Se un americano avesse potuto osservare quelle auto da vicino si sarebbe subito accorto della somiglianza con le Packard e le Chrysler degli anni 50.

    Il premier era un uomo di oltre 70 anni, non molto alto e con i capelli grigi. La corporatura era robusta e lo sguardo perennemente serio e un po’ triste.

    Fortunatamente erano finiti gli anni di Stalin dove un semplice sguardo poteva decretare la condanna a morte di un funzionario o di un militare di qualsiasi grado.

    Nonostante ciò l’irrequietezza era rimasta e la massima deferenza era la regola nei confronti degli alti papaveri del partito.

    Accompagnato da due giovani militari alti e dal portamento marziale e da un civile di circa 40 anni con gli occhialini, magro, quasi completamente calvo e di carnagione pallida, il premier si avviò per i corridoi della struttura di superficie della base militare fino a raggiungere la porta in metallo di un ascensore, con ai lati altre due guardie armate.

    La discesa durò un buon numero di secondi, segno che il bunker sotterraneo era molti metri sotto terra.

    Al termine della discesa la porta dell’ascensore si aprì su un ambiente ben illuminato ma con l’aria che odorava di stantio. Dopo un’altra breve passeggiata il premier arrivò nella sala riunioni.

    Il generale Radim Pavlov, quale capo del progetto fece gli onori di casa salutando per primo il premier e successivamente il suo accompagnatore.

    Il saluto era formale e non tradiva alcuna emozione.

     Di seguito venne salutato dagli scienziati e tecnici dello staff, sempre con deferenza ed in maniera formale.

     Dopo essersi seduti in non troppo comode poltroncine dal fusto in legno il presidente russo con un cenno del capo invitò a parlare la persona che lo accompagnava:

    Compagno Sacharov, ci illustri il funzionamento della bomba disse.

    La bomba è un ordigno a tre stadi, un nucleo interno a fissione che funge anche da innesco, un secondo strato a fusione di atomi di idrogeno e un terzo strato ancora a fissione, per raggiungere la potenza di 100 megatoni e continuò, soprattutto nel terzo strato, viene usata una grossa quantità di uranio arricchito. Il problema è quindi che il terzo strato della bomba provocherà una grossa dispersione di radiazioni, il fallout radioattivo come lo chiamano  gli americani

    Il presidente presa la parola Non possiamo permetterci di inquinare per sempre parte del nostro territorio, seppur la parte più remota.

    Trascurava di proposito il fatto che le radiazioni sarebbero ricadute su tanti paesi esteri.

    Proseguì - Inoltre la comunità scientifica internazionale ci è contro. Un eccesso di danni potrebbe rivelarsi un boomerang a livello politico. Esattamente il contrario di quello che ci aspettiamo dall’esperimento.

    Bisogna ridurre il potere dell’ordigno concluse, rivolgendosi ai tecnici nella stanza.

    Uno scienziato dal camice bianco, Kalin Kozlov, alto biondo e con un fisco più da ex-atleta che da accademico, si alzò in piedi e prese la parola con aria preoccupata.

    Compagno presidente, è un nuovo tipo di ordigno, non sappiamo se modificandolo di molto rispetto ai progetti originari, continuerà a funzionare. C’è il rischio che non esploda.

    Compagno Kozlov, se non erro sono state  costruite due bombe disse il premier russo

    Voglio che modifichiate solo uno degli ordigni. Porteremo il secondo abbastanza vicino al luogo del test nucleare e nel caso di insuccesso della bomba modificata useremo la seconda da 100 megatoni. Naturalmente ci saranno delle proteste a livello internazionale ma ormai la nostra dimostrazione di forza sarà stata fatta.

    Un insuccesso dopo il nostro annuncio non è politicamente tollerabile gli fece eco il generale.

    3

    29 ottobre 1961

    Il giovane tenente Volkov fu assegnato alla squadra  incaricata di trasferire la seconda bomba in una base il più possibile vicina al luogo previsto per l’esplosione.

    Fu creata una pista temporanea sul freddo suolo siberiano

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