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Amanti
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Amanti

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About this ebook

Marta è reduce da una crisi coniugale che sembra aver superato, ma non passa molto tempo e la sua inquietudine torna a farsi sentire. E' in questa fase delicata che conosce Matteo, anche lui sposato e tra loro comincia una relazione clandestina che però, inaspettatamente, evolve in un amore fortemente passionale anche se gravato da mille difficoltà. Tra alti e bassi la loro storia va avanti per quattro anni durante i quali Marta si separa e Matteo tentenna. Quando Marta rimane incinta la storia è ormai quasi conclusa e lei decide di tacere. Da sola affronta la gravidanza ma quando nasce la bambina ritiene di dover informare il padre...
LanguageItaliano
Release dateFeb 7, 2015
ISBN9786050355550
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    Amanti - Valeria Draghi

    Carillo

    I

    Baciami ancora....baciami ancora.... . Mentre scorrono i titoli di coda dell'ultimo film di Muccino, mi asciugo una lacrima prima che si riaccendano le luci in sala. Non è perché mi sono commossa, ma perché penso che la vita non è mai come un film e gli speranzosi protagonisti mi fanno rabbia nella loro ipocrita felicità riconquistata. O forse più che ipocriti sono soltanto ignari. Li aiuta quella pseudo maturità che non ha ancora fatto i conti con il tempo impietoso che riesce a far naufragare ogni illusione. Devo dire che anch'io c'ero cascata, trascinata dall'onda di un entusiasmo ritrovato, dalla fede in sentimenti che sembravano avere i presupposti per poter durare per sempre, superando ogni ostacolo, vincendo ogni difficoltà.

    E invece eccomi qui. Marta cinque anni dopo. Con le stesse smanie, le stesse inquietudini, le stesse frustrazioni, ma nuovi orizzonti. Certo, c'è stato un momento magico, quello dell'amore ritrovato. Bello. Io e Tommaso. Sembrava tutto nuovo. Non posso certo dire di non aver vissuto emozioni intense. Pomeriggi passati a far l'amore, con una foga che non avevamo mai conosciuto, cercando di scoprire quello che di noi ci era sfuggito in una vita passata insieme distrattamente. Mi sentivo finalmente apprezzata, desiderata e lentamente se ne andava quel senso di inadeguatezza che mi aveva sempre tormentato. Tommaso sembrava aver capito la lezione e cercava di farmi sentire a mio agio, aveva anche imparato a dirmi che ero bella, anzi, bellissima e, pur essendo consapevole di non essere una Venere, mi faceva piacere sentirglielo dire. Innocente vanità di donna innamorata.

    Le nostre serate si erano fatte più movimentate, uscivamo spesso, vedevamo amici, il cinema, il ristorante, la discoteca no, proprio non ce la faceva, ma non avevo certo di che lamentarmi. I nostri figli ci osservavano ed erano piacevolmente stupiti di sentirsi un po' messi da parte, ma allo stesso tempo godevano di quel nuovo clima di stabilità che li rendeva sereni e felici. Una famiglia da pubblicità. Incredibile. L'unica preoccupazione era quella di proteggere questo nuovo status per non perderlo un'altra volta.

    Ma non è sempre facile mantenere un equilibrio che non è fatto solo di volontà. I sentimenti, le emozioni, le inquietudini dovevano confrontarsi con la quotidianità. Il lavoro, la casa, gli interessi non coincidenti e a volte contrastanti, avevano finito per tracciare un nuovo solco tra di noi, senza che ce ne rendessimo conto e facessimo niente per opporci. Lentamente, ma inesorabilmente, eravamo scivolati di nuovo nel torpore e, forse, anche in una sorta di noia indifferente che aveva di nuovo usurato, logorato quello stato di grazia che ci eravamo conquistati a prezzo di grande sofferenza.

    Passati alcuni mesi, con il ritorno della brutta stagione, le nostre uscite si erano fatte sempre più rare: la stanchezza, e la pigrizia anche, ci facevano preferire la nostra confortevole casa. All'inizio ci mettevamo davanti alla TV, io accoccolata vicino a lui, con la voglia di mantenere ancora quel contatto fisico che così a lungo ci era mancato e poi, sempre più spesso, lui nel suo studio al pianoforte e io al pc su internet o a qualche corso di ballo. Sembrava quasi che avessimo raggiunto un livello di saturazione, l'uno nei confronti dell'altro e anche fare l'amore era diventata un'esigenza meno prepotente. Normale, sembrava tutto normale, anche perché continuammo ad andare d'amore e d'accordo, felici di poter avere spazi solo nostri. Del resto continuava quello stato di allegria e serenità che avevamo ristabilito e stare insieme, anche se capitava più raramente, era comunque piacevole. Non ho mai messo in dubbio, in quel periodo, che ci amassimo, anche se di tanto in tanto mi tornavano alla mente i terribili momenti vissuti appena un anno prima. I miei tradimenti e i suoi, le confessioni drammatiche, il dolore sordo, la paura di perdere tutto quello che avevamo costruito. La paura. Sempre più spesso mi chiedevo quanto questo sentimento avesse agito nella nostra riconciliazione. Paura di rimanere soli, di far soffrire i nostri figli, di cambiare vita e dover ricominciare tutto da capo, di fare scelte definitive. E l'amore? Era veramente l'amore che aveva prevalso? O la paura? Domande legittime, a cui per un po' mi sono rifiutata di rispondere. Imponevo alla mia testa di credere che si trattasse di amore e soffocavo quella vocina impertinente che insinuava il dubbio che si trattasse invece di una menzogna. E Alessandro. Ogni tanto mi tornava in mente e non potevo nascondermi che quello che avevo provato con lui fosse un'assoluta novità. Non mi stavo a scervellare per dare un nome a quelle emozioni da togliere il fiato, ma mi capitava di rimpiangerle e di chiedermi come sarebbe stata la mia vita se avessi fatto la follia di scegliere lui. Non l'avrei mai saputo, anche perché nel giro di pochi mesi si era sposato e aveva cambiato città. Incontrarlo per caso. Chissà che effetto mi avrebbe fatto? Ma non sarebbe successo e quindi tanto valeva non pensarci più. Erano altre le cose a cui pensare: qualche viaggio per rompere la monotonia, seguire i ragazzi che anche se erano cresciuti continuavano a essere impegnativi con il loro modo arrogante e allo stesso tempo ingenuo di affrontare il futuro, il lavoro, che ora che Edoardo si era fidanzato e aveva smesso di essere invadente, mi dava delle belle soddisfazioni, qualche pomeriggio con Giulia, la mia amica di sempre, che continuava ad essere effervescente nella sua ricerca dell'uomo perfetto. Sì, ce n'era abbastanza per non perdersi in fantasie e dedicarsi alla vita vera senza inutili voli della mente che erano solo una perdita di tempo.

    II

    Al ritorno della primavera tutto sembrava di nuovo essere annegato nella monotonia da cui eravamo scappati: un grande affetto non bastava a colmare vuoti di giornate senza sorprese. Fu così che all'inizio di aprile mi feci venire un'idea che avrebbe potuto sbloccare la situazione: un viaggio in una capitale romantica, noi due da soli, per riscoprire una dimensione di complicità che stava di nuovo venendo meno, soffocata dalle incombenze quotidiane. Eravamo appena usciti dal supermercato e, passando davanti a un'agenzia di viaggi, ci trovammo di fronte un poster di Parigi. Mi soffermai, con aria sognante guardai mio marito:

    <>

    << Sì, sarebbe carino, ma non è un periodo tanto prospero, forse sarebbe meglio aspettare l'estate.>>

    <>

    << Sì, è tempo di una piccola pazzia, ci pensavo anch'io in questi giorni e mi è venuto in mente qualcosa di più economico. Vedrai che ti piacerà.>>

    Sorrise e mi strizzò l'occhio con un'aria tra il misterioso e il divertito. Non gli chiesi cosa avesse escogitato, preferivo mi facesse una sorpresa, ma fu un errore.

    La settimana trascorse senza scosse, come succedeva di nuovo da un po' di tempo, finché il sabato sera, rientrato in casa con un insolito entusiasmo, mi disse:

    <>

    <>

    Mi venne alle spalle, mi abbracciò alla vita e, dopo avermi baciato sul collo, mi sussurrò all'orecchio:

    <>

    Rimasi un po' interdetta ma anche piacevolmente sorpresa. Di solito gli uomini non sopportano che gli altri guardino con desiderio la loro donna. Pensai che ce la stava mettendo tutta per evitare di cadere negli errori passati e questo accese anche il mio entusiasmo che ultimamente si era impigrito. Salii in bagno: doccia, capelli, solito rito piacevole e poi di fronte all'armadio con il dubbio di sempre. Cosa indossare? Di abiti ne avevo, anche di appariscenti, proprio come piaceva a lui e così, dopo essermi provata due o tre vestiti, decisi di accontentarlo e ne scelsi uno rosso, un po' corto e un po' scollato ma non eccessivo, con scarpe in tinta e dal tacco vertiginosamente alto. Completati i preparativi mi portai nel salone dove lui mi aspettava già pronto. Come mi vide si lasciò sfuggire un'esclamazione di compiacimento:

    <>. Mi cinse le spalle e ci avviammo all'uscita. Sorrisi gratificata e, per dissimulare l'imbarazzo (assurdo in verità visto che eravamo sposati da venti anni), gli chiesi:

    <>

    << Eh quante ne vuoi sapere! Ti fidi?>>

    <>

    <>

    Ma sì, in fondo avevo sempre amato le sorprese perché stimolavano la mia curiosità quindi mi misi tranquilla. Tommaso ogni tanto si girava a guardarmi e sorrideva sornione. Era attraente con quell'aria un po' furbetta e per l'occasione, che solo lui sapeva quale fosse, sfoderava anche i suoi sorrisi più ammiccanti. Mi piaceva quel suo modo di porsi un po' sopra le righe, quel fare misterioso, peccato lo riservasse solo a sporadiche situazioni che ultimamente erano state sempre più rare. O forse mi affascinava proprio perché non era una consuetudine. Dopo circa venti minuti arrivammo di fronte a una villetta un po' fuori mano, con un bel giardino e fiaccole dislocate intorno a una piscina. Non ero mai stata lì e non avevo la minima idea di chi ci abitasse. Non appena lui fermò l'auto lungo il vialetto dove era parcheggiata un'altra macchina, anche piuttosto lussuosa, mi girai e gli dissi:

    << Non mi pare un ristorante, non è la casa di nessuno dei nostri amici. Dove mi hai portato?>>

    <> E lì si fermò. Senza aggiungere altro.

    Aprì la portiera dell'auto e mi invitò a scendere. Prese dal sedile posteriore la bottiglia di vino che aveva portato e ci avviammo verso la porta d'ingresso ma, non so perché, mi sentivo un po' nervosa tanto che cercai la sua mano. Lui strinse la mia, quasi a rassicurarmi, e suonò il campanello.

    La porta si aprì lasciando intravedere spazi ampi ed eleganti mentre i nostri ospiti ci accoglievano con sorrisi smaglianti.

    <>

    <>

    <>

    <>

    Dopo le strette di mano di rito, ci fecero accomodare in casa. Il salone che ci accolse era arredato con semplicità e gusto, senza troppo ingombri. Un enorme divano a elle di pelle bianca sembrava volesse accogliere, come in un caldo abbraccio, chiunque entrasse. Evitai di guardarmi troppo intorno per non fare la figura di Alice nel paese delle meraviglie, ma la mia curiosità cresceva: chi accidenti erano questi due e come li aveva conosciuti Tommaso? Mi sembravano alquanto diversi dalla gente che frequentavamo di solito, più snob e artefatti. La loro cordialità aveva qualcosa che non mi piaceva e mi maledissi per non avere indagato prima costringendo Tommaso a rivelarmi le sue intenzioni. Ora era troppo tardi per fare domande, semplicemente dovevo adeguarmi alla situazione cercando di non apparire imbarazzata e anche un po' scocciata, perché era esattamente così che mi sentivo.

    Dopo aver servito gli aperitivi, Melania ci fece accomodare in sala da pranzo. Anche qui tutto era perfetto, l'atmosfera era resa più intima da candele sparse un po' ovunque; i piatti, già tutti rigorosamente preparati e decorati, erano disposti sopra un piano, così pure i vini e, dopo esserci accomodati a tavola, cercai di rilassarmi anche se mi chiedevo di cosa mai avremmo potuto parlare con due perfetti sconosciuti. Forse erano clienti di Tommaso, lui sembrava infatti essere a suo agio, ma di certo non avevano niente in comune con noi. Superata, si fa per dire, la sorpresa del momento, cominciai a valutare Melania e Alberto. Lei era vestita in modo molto appariscente, anche un po' volgare secondo me ( io a confronto sembravo una collegiale), con quel tubino nero inguinale che la fasciava senza minimamente nascondere le sue forme prosperose. Avrà avuto una quarantina d'anni ed era estroversa, ma poco naturale con quel suo modo disinvolto di mettersi al centro dell'attenzione. Alberto era un uomo distinto, sulla cinquantina, più composto rispetto a lei, sembrava studiare mio marito e soprattutto me. Ogni tanto coglievo i suoi sguardi insistenti, non senza fastidio devo dire, ma cercavo di non lasciarmi intimidire facendo finta di niente. Tommaso, da parte sua, era tranquillo, talmente tranquillo da lasciare che Melania lo provocasse in ogni modo, mostrando anzi di divertirsi molto alle battute scontate di lei. Strana atmosfera. La cena scorreva tranquilla, la conversazione era vivace anche se ovviamente superficiale e io, di tanto in tanto, allargavo un sorriso limitandomi ad ascoltare. Arrivati al caffè Melania ci invitò ad accomodarci nel soggiorno, così ci alzammo e andammo a sederci sull'enorme divano. Fu in quel momento che Alberto mi poggiò una mano sulla spalla e, avvicinandosi al mio orecchio, disse:

    <>

    Rimasi esterrefatta e mi voltai immediatamente verso Tommaso che, senza scomporsi, sorrise e mi fece occhiolino. Non capivo... che cavolo di rapporto aveva con questi se non aveva nessuna reazione di fronte alla loro invadenza e sfacciataggine? Il mio imbarazzo cresceva, ma cercai di non farlo trapelare per non rovinare la serata a tutti, d'altra parte dopo il caffè avremmo potuto andarcene e porre fine a quella sceneggiata. Ma le cose non andarono come mi ero immaginata. Dopo il caffè Alberto mise un po' di musica e mi invitò a ballare. Di nuovo guardai mio marito che, ancora una volta, dette il suo assenso con un cenno della testa e anzi, per tutta risposta, invitò Melania a sua volta. Mi sembrava di essere l'unica imbranata e quindi cercai di rilassarmi, ma non ci volle molto per rendermi di nuovo nervosa. Melania si era abbarbicata a Tommaso e lui le stava letteralmente prendendo le misure facendo scorrere le sue mani lungo la schiena scoperta di lei che a tratti emetteva risatine di soddisfazione. Alberto, dal canto suo, mi teneva saldamente stretta a sé con una mano mentre con l'altra mi sfiorava i capelli e il viso. Credo di essermi contorta in tutti i modi per evitare contatti con lui, ma si trattava di un'impresa non facile. Per fortuna la canzone finì ed io mi staccai immediatamente da lui e tornai a sedermi. Non l'avessi mai fatto! Melania mi si mise vicina e, dopo avermi messo una mano sulla gamba mi disse:

    <>. Mentre parlava la sua mano accarezzava la mia coscia ed io non sapevo più se scappare o mettermi a urlare. Finalmente Tommaso sembrò accorgersi del mio disagio e mi venne vicino, allontanando Melania che raggiunse Alberto.

    <> e, detto questo, prima ancora che io potessi dire qualsiasi cosa, cominciò a baciarmi. Ovviamente mi ritrassi, non mi sembrava davvero il caso di lasciarsi andare di fronte a sconosciuti, pensai che forse aveva bevuto un po' troppo anche se non mi era sembrato, ma lui non mi lasciò e, baciandomi sul collo, mi sussurrava all'orecchio:

    <>

    Girai lo sguardo e in effetti gli altri due erano già l'uno sopra l'altra. Lui le aveva scoperto il seno e glielo stava mordicchiando e lei gemeva di piacere. Ora finalmente cominciavo a capire: si trattava di una coppia di scambisti! Mi resi conto che avevo proprio fatto la figura della scema ed ero arrabbiatissima con Tommaso che non mi aveva detto niente e mi aveva messo, pur conoscendomi bene, in una tale situazione. L'istinto fu quello di alzarmi e andarmene sbattendo la porta, ma non nascondo che di fronte all'assurdità di quanto stava accadendo, si accese una gran voglia di vendetta nei confronti di mio marito insieme a una certa curiosità nei confronti di quella inaspettata novità. In un attimo decisi di accantonare i miei buoni principi e di assecondare la perversione degli altri.

    <> riuscii a dire mentre mi lasciavo andare alle sue carezze sempre più audaci, alla sua bocca esigente sul collo, sulle spalle, sul seno. Stavo appena dimenticandomi degli altri due quando sentii una mano delicata che mi accarezzava una coscia, insinuandosi sempre più su a cercare la mia intimità. Il cuore cominciò ad accelerare i battiti, non so se per l'eccitazione o il disgusto, o forse per tutte e due le cose insieme, ma ormai volevo andare fino in fondo. Pensai che quello poteva essere un modo per riscattarmi di fronte a mio marito che si era lamentato sempre della mia mancanza di eros, della mia timidezza che a volte lui scambiava per freddezza. Portai la mia mano sulla mano di lei e la guidai verso le mie mutandine già umide. Tommaso si stava allontanando e così pure Alberto. In piedi di fronte a noi cominciarono a spogliarsi mentre Melania, ormai presa soltanto da me, mi stava baciando dappertutto. Cercò anche le mie labbra, ma quello no, non riuscii ad accettarlo: dentro di me sentivo che un bacio sulla bocca era un gesto troppo romantico e denso di poesia per sporcarlo in un gioco che di poetico non aveva proprio niente. Provavo a ricambiare le attenzioni di Melania anche se per me non era affatto naturale. Percorsi la sua pelle morbida e succhiai i suoi capezzoli grandi e turgidi mentre lei gemeva e si liberava freneticamente del vestito. Fu Tommaso a sottrarla a me mentre Alberto, in piedi, si avvicinò e mi offrì la sua eccitazione. Dapprima ebbi un impulso di repulsione e di schifo, ma poi socchiusi gli occhi e cominciai a baciarlo con foga mentre mio marito si era già stretto in un amplesso selvaggio con Melania. Li sentivo godere e questo aumentava la mia voglia di piacere, così era più facile lasciarsi andare agli eventi, senza avere troppo tempo per pensare, riflettere su ciò che stava accadendo. Ascoltare solo gli istinti della carne, che reclamavano avidamente contatti sempre più audaci, era l'unico imperativo di quel momento. Ormai tutto scorreva indipendentemente da qualsiasi volontà: lui, lei, Tommaso su di me, io in balia di lui, lei, suo marito, in un turbine che aveva cancellato ogni identità: quattro corpi che si sfioravano, si contorcevano, si solcavano, si intrecciavano, in un crescendo che sembrava non avere mai fine. Tornò poi la quiete ed io ripresi finalmente contatto con la realtà. Mentre Tommaso mi accarezzava dolcemente mi guardai intorno: Melania e Alberto ridacchiavano tra loro stretti l'uno all'altra a poca distanza da noi, gli abiti erano sparsi sul pavimento disordinatamente, lo stereo taceva e intorno c'era il silenzio rotto solo dalle nostre voci sommesse. Stranamente non provavo ancora vergogna, il mio corpo fremeva per l'estenuante gioco di piacere a cui era stato sottoposto, ma durò poco. D'improvviso sentii il bisogno di essere sola, di riprendere il possesso di me stessa e lavare via dalla mia pelle gli umori di lui, di lei, di mio marito. Cominciai a sentirmi contaminata. Chiesi di poter andare a farmi una doccia, raccolsi tutti i miei indumenti per terra e mi infilai nel bagno come una ladra. Lo scroscio dell'acqua mi impedì di continuare a sentire le loro voci e a loro impedì di sentire il mio pianto. Mi sentivo tradita, offesa, violata, ma anche molto arrabbiata con me stessa perché non ero senza responsabilità: nessuno mi aveva impedito di rifiutare e tornarmene a casa. Rimasi a lungo là dentro, fino a quando, ricomposta e come se niente fosse successo, tornai nel salone per i saluti. Di certo non li avrei visti mai più.

    III

    Sulla strada del ritorno mi chiusi in un mutismo che era prevedibile. Non solo non avevo voglia di parlare ma già dentro di me provavo a rimuovere quanto era successo sebbene, ovviamente, l'impresa fosse quasi disperata. Tommaso non si azzardò a chiedermi niente, ma ad un certo punto anche quel silenzio mi era diventato insopportabile. Accesi la radio nel tentativo di riempire con la musica lo spazio intorno, per impedire ai suoi pensieri di sfiorarmi, per evitare che gli venisse voglia di fare qualche domanda, per stordirmi e non pensare. Il sesso fa partire, l'amore fa tornar da te. E' dalla pelle al cuore..... Già, impossibile non pensarci. Cominciai a chiedermi cosa avesse spinto mio marito a giocarmi un tiro simile. Con la coda dell'occhio cercai di indovinare la sua espressione e cosa gli passasse per la testa. Di sicuro, nonostante i nostri rapporti fossero stati intensi e vivaci negli ultimi tempi, la sua innata curiosità per il sesso non lo aveva fatto sentire del tutto appagato. Ancora una volta mi sentii addosso un sottile senso di colpa: forse aveva finto di sentirsi soddisfatto, ma evidentemente qualcosa gli era mancato e del resto nemmeno io mi sentivo così appagata tanto che a volte mi aveva solleticato la tentazione di sottrarmi con qualche scusa al suo desiderio. Chissà cosa c'era che non funzionava tra di noi. Man mano che, come da sempre facevo, riversavo la colpa di tutto su di me, cominciai anche a cercare il significato di quella serata. Forse era un suo disperato tentativo di farmi capire che, se ci si ama, a letto si può pretendere di tutto, compresa la trasgressione, perché altro non è che un modo di darsi e affidarsi completamente all'altro. Ecco, ci stavo cadendo di nuovo. La mia ossessione di dover sempre capire, trovare le motivazioni di ciò che accadeva. Forse era tutto molto più semplice. Pensai a Melania e Alberto: di certo erano una coppia apparentemente normale, anche benestante, che di tanto in tanto si concedeva qualche serata particolare per evitare la noia e darsi nuovi stimoli. Un gioco piacevole, niente di più. Forse anche per Tommaso non era stato altro che questo: incoraggiato dalla mia aperta disponibilità degli ultimi tempi, aveva probabilmente pensato che avrebbe potuto essere un'esperienza piacevole anche per me. Certo, non posso negare che il gioco mi aveva preso, che mi ero sentita intrigata e coinvolta fisicamente, ma è quello che un'esperienza lascia e rivela che poi alla fine conta, ed io no, non mi sentivo affatto bene. Mi sentivo ferita nella mia sensibilità e nei mie sentimenti. L'amore. Cosa c'entrava tutto questo con l'amore? E, dietro questa, mille domande accrescevano il mio tormento: perché non gli bastavo? Perché gli piaceva vedermi posseduta da un altro? Perché si era sentito così attratto da un'altra? Tutto questo rimetteva in discussione ciò che avevo creduto di avere ormai superato: lui con Giulia, io con Alessandro, le liti, la convinzione che ci amavamo ancora. Anche perché, di fatto, superato lo shock iniziale, nemmeno io mi ero scomposta più di tanto a vederlo tra le braccia di un'altra e questo, nel mio romantico modo di vedere le cose, era assai grave. Un gioco, sì, o un tradimento in diretta che sia io che lui avevamo tollerato senza battere ciglio? Non era certo questo che volevo, né da me né dal mio uomo . Io credevo ancora in una passione egoista ed esclusiva, fatta di attrazione, gelosia e complicità, che escludeva dal gioco chiunque altro, ma evidentemente tra noi non era più così. Fu con questo tarlo dentro che aprii la porta di casa. Non ci eravamo scambiati ancora nemmeno una parola. Evitai di sedermi sul divano, anche se ero stanca, mi ricordava troppo un altro divano e andai in cucina. Qualcosa di fresco. Avevo bisogno di qualcosa di fresco.

    <> furono le prime parole che riuscii a dire.

    <> e si sedette al tavolo

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