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Il Filo Rosso
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Il Filo Rosso

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About this ebook

Torna l’esuberante Viola più agguerrita che mai.
Trasferitasi nella Grande Mela, inizia a condurre la vita che ha sempre sognato divisa tra il suo prestigioso lavoro di avvocato, l’allegra follia di sua sorella e l’amore del marito che adora.
A dispetto delle sue più rosee aspettative, però, a New York non tutto va per il verso sperato: una serie di imprevedibili eventi inizieranno a minare la tanto agognata serenità, toccando il culmine quando entrerà in casa sua Sebastian, un uomo dolce, affascinante e… senza memoria.
Nell'eccitante New York – dove tutto può accadere e tutto accadrà – Viola resterà travolta da una leggenda ed un insolito destino... Potrà, un semplice filo rosso, sbrogliare l'ingarbugliata matassa della sua vita?
LanguageItaliano
Release dateFeb 11, 2015
ISBN9786050356502
Il Filo Rosso

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    Il Filo Rosso - Sara Anzellotti

    il Filo Rosso

    New York,

    1 maggio 2014

    «Cin Cin!»

    Non posso crederci... finalmente.

    La mano di Leo stringe teneramente la mia ed ancora non riesco a distogliere lo sguardo da ciò che mi circonda: tutto è splendente, ogni cosa è al suo posto e soprattutto sono spariti dalla mia vista e dalla mia vita gli enormi ed impolverati scatoloni di cartone.

    Trasloco finito.

    Per un intero mese, sommersa da valigie-vestiti-tende-bastoni-piatti-e-chi-più-ne-ha-più-ne-metta, non ho fatto altro che pentirmi di aver richiesto il trasferimento allo studio legale internazionale per cui lavoro.

    Con la mia proverbiale tenacia ho convinto i soci senior della necessità di un giovane e brillante avvocato presso la loro sede più prestigiosa, quella nel cuore di Manhattan, ed ora eccomi qui. Che bella soddisfazione riuscire ad avere la meglio ed il totale controllo della propria vita: dopotutto, se mi chiamano mastino, un motivo ci sarà, giusto? Giusto!

    In realtà considerando l’enorme mole di lavoro che mi aspetta e le ingenti  fatiche che ne conseguiranno, non sono poi così convinta di aver davvero avuto la meglio.

    Ma non voglio pensarci.

    Guardandomi di nuovo intorno, avvolta nel caloroso abbraccio di mio marito e ricordando il principale motivo che mi ha spinta a trasferirmi, ogni ansia e preoccupazione si dissolvono come neve al sole: l’idea di poter riavere la mia adorata sorellina di nuovo accanto e di ricominciare a vivere con lei quella quotidianità che avevamo perso quando decise di partire per la Grande Mela, fa automaticamente passare in secondo piano tutti i problemi che avrò a  lavoro nonché la nostalgia che sentirò per l’Italia, i genitori, gli amici e soprattutto per la pasta.

    Non vedo l’ora che arrivi sabato quando finalmente potrò riabbracciarla.

    L’ ultima volta ci siamo viste venti giorni fa proprio qui, nel mio piccolo soggiorno, dove al posto del tavolino di cristallo e sedie ultramoderne c’erano cassette della frutta rivoltate ed utilizzate come seggiole e, neanche a dirlo, scatoloni ancora pieni che fungevano da tavoli, comodini, mensole e quant’altro: mancava solo riuscissi a cuocerci le uova.

    Siamo state insieme per pochissimo tempo, la mia casa impolverata l’ha fatta scappare ancor prima che potessi chiederle una mano per le pulizie.

    Aveva con sé il suo inseparabile compagno, il trolley fucsia dei numerosi viaggi di lavoro che sono ormai diventati una costante nella sua vita. Bé, non potrebbe essere diversamente visto che è una reporter giornalistica: dopo aver lavorato qualche tempo al New York Post è approdata sei mesi fa presso la maggiore emittente televisiva d’America, niente meno che la NBC!!!

    Avrà fatto minimo trentasette colloqui e alla fine è riuscita a spuntarla.

    Data la sua determinazione anche il suo soprannome sarebbe dovuto essere Mastino e non Scricciolo, affibbiatole da nostro padre per via della sua corporatura esile e della sua giovane età.

    Che poi non è che io sia tanto più vecchia di lei, intendiamoci bene!

    Anche se sette anni di differenza non sono pochi e se spesso sia tentata di mettere davanti un 2 anziché un 3 sulle mie torte di compleanno, sono felice di essere arrivata a trentacinque anni con tutte le conquiste ottenute in campo affettivo e lavorativo.

    Mancherebbe solo un ultimo piccolo tassello per completare il mio quadretto perfetto... è un progetto sul quale Leo ed io stiamo lavorando alacremente da diversi mesi e, devo ammettere, mai lavoro è stato più piacevole.

    Ebbene sì: vogliamo l’ Erede!

    Per il momento ancora nessun risultato, ma non mi abbatto: mica è facile rimanere incinta, giusto? Giusto!

    Tante coppie riescono solo dopo molti tentativi. Giusto? Giusto...

    Leonardo, che sembra mi abbia letto nel pensiero, fa tintinnare di nuovo i nostri calici mentre sensuale lascia intuire i suoi propositi per il dopocena.

    Chissà che non sia la volta buona che arrivi Viola Junior!

    Mentre le sue dita iniziano ad accarezzarmi le spalle e le braccia, risalendo su per ripercorrere lentamente la mia schiena che si scioglie ad ogni tocco, un trillo alla porta  mi fa sobbalzare.

    Ci guardiamo con aria interrogativa.

    Non aspettiamo nessuno, Emma è fuori città e non conosciamo nessun altro, fatta eccezione per i miei colleghi matusalemme che dubito siano venuti a salutarmi. Ho notato che mi studiano con sospetto: sono così antichi che non ritengono possa una donna, per di più giovane, essere all’altezza delle loro cause milionarie.

    Gli farò vedere io di che pasta sono fatta. Devo ricordarmi di affinare meglio la mia temibilissima occhiataccia sbieca da coccodrillo...

    Mentre faccio al volo una prova di sguardo torvo davanti allo specchio, mio marito andando ad aprire resta travolto da un abbagliante color giallo lime e da un’intensa scia di profumo floreale.

    Ci fissiamo esterrefatti, mentre una figura magrolina dallo smagliante sorriso ed occhialoni da diva scuri, neanche fossimo all’aperto a mezzogiorno, avanza verso di noi con un grande regalo in mano.

    «Ben arrivati vicini! Io sono Jay, molto piacere!»

    Porge la sua mano ossuta che temo di stringere per paura si rompa qualche pezzo: «Ehm... Grazie mille, il piacere è nostro...» farfuglio ancora sorpresa.

    Notando il disagio di Leonardo rimasto impalato sulla porta, sopravanzo facendo gli onori di casa: «Che gentile, è bello essere accolti in modo festoso in terra straniera!» improvviso mentre prendiamo spazio verso la sala.

    L’ondeggiare sinuoso di Jay contrasta con la sua corporatura magra e spigolosa, che mi fa subito pensare di rimpolpare con qualche manicaretto preso dal ricettario di mia madre. È sicuro che in un paio di settimane potrebbe ingrassare di quei sei-sette chiletti che donerebbero al suo fisico ora un po’ troppo asciutto.

    Restando per un attimo a rimuginare se sia più adatta allo scopo una melanzana alla parmigiana o una bella carbonara, e mentre Leo è ancora in piedi sulla porta con la stessa espressione da fesso, Jay si volta verso di noi come a dire: Bé, non mi chiedete di accomodare o di togliere la giacca? E soprattutto, non mi fate alcun complimento per la giacca? È all’ultimo grido!

    «Scusami per la scortesia Jay. Vuoi sederti mentre ti preparo un buon caffè italiano?

    Ho fatto fare alla mia caffettiera un volo transoceanico pur di non bere le vostre brodaglie americane! Vedrai, non le vorrai più neanche tu dopo stasera, tornerai sempre qui!»

    Ridiamo entrambi, la sua testa con folti capelli neri dalla piega perfetta reclina leggermente all’indietro mentre con la mano davanti la bocca tenta di coprire una risata squillante e al tempo stesso delicata. 

    Ancora non conosco Jay, ma già mi piace, molto!

    Sembra una persona simpatica ed estroversa; per di più, col suo modo di vestire super glam sono sicura potrà darmi tanti utili consigli!

    Inoltre, visto che Leo non ha ancora ottenuto il trasferimento dalla sua società e presto dovrà ripartire per Roma, e che anche Emma non sarà sempre nei paraggi per via dei suoi frequenti viaggi di lavoro, con Jay magari sarò meno sola...

    Nascerà una bella amicizia, me lo sento!

    Finalmente si toglie gli occhialoni da diva, guardando il regalo che tiene sulle ginocchia con due occhi a mandorla che rivelano origini asiatiche.

    In imbarazzo faccio presente che non avrebbe dovuto ma, non appena le mie mani sfiorano quella morbida pelle profumata, ogni disagio scompare.

    La borsa più bella che abbia mai visto!

    Mi dice essere un’original Stella McCartney Falabella. Non so cosa voglia dire, ma ho ben presente chi sia la stilista ed intuito quanto possa costare.

    «È troppo! Non... non posso accettarla...» dico con le lacrime agli occhi per il fatto che la sto restituendo.

    «Con questo caffè fa-vo-lo-so siamo pari, mia cara! E poi conosco Stella personalmente... Sono designer d’interni, le ho appena riprogettato ed arredato il suo piccolo loft newyorkese.»

    I nostri sorrisi già complici si spalancano, mentre Leo ci guarda preoccupato: starà già immaginando Jay che rivoluziona il nostro appartamento inondandolo di colore, incensi profumati e chissà cos’altro.

    Bé, è probabile. Altamente probabile.

    Dopo aver salutato Jay, che sull’uscio mi strizza l’occhiolino per complimentarsi di Leonardo facendolo arrossire come un peperone, mi volto verso di lui in uno stato a dir poco euforico: sono felicissima!

    Mio marito un po’ meno, leggermente infastidito per aver appena ricevuto espliciti apprezzamenti da un uomo.

    «Almeno non dovrai temere la concorrenza!» dichiaro festosa.

    Ho sempre desiderato avere un amico gay, perché hanno l’enorme pregio di essere uomini sensibili dall’animo gentile, in grado di capire sia coloro che vengono da Marte sia coloro che vengono da Venere.

    Insomma, avrei mai potuto chiedere un vicino migliore di così?

    Ancora più raggiante, recupero la situazione da dove era stata interrotta ed afferro il mio calice di champagne, che vibra contro quello di Leo facendogli tornare il buon umore.

    Ora che anche le visite più inattese sono terminate, nessuno disturberà la nostra notte di fuoco.

    Lui mi guarda dritto negli occhi, in modo così profondo che sembra avermi già spogliata.

    Mi accarezza una ciocca di capelli, sento il suo respiro profumato di fragole e champagne fondersi col mio; avvicina le sue labbra disegnate che schiudono le mie in un vortice di passione.

    Sta per condurmi in camera quando sento di nuovo un lieve scampanellio al portone.

    «Hai sentito?» gli chiedo staccandomi per un secondo dalla sua bocca.

    Leo, che sta facendo scivolare le spalline del mio vestito, risponde in tutta fretta di no. Mi bacia lungo il collo e continua a farmi indietreggiare verso il letto, quando un trillo più lungo sopraggiunge dietro di noi.

    «Questa volta l’hai sentito? Chi sarà?!» domando divincolandomi da Leonardo, che si accascia sul cuscino mentre il campanello risuona di nuovo in modo persistente.

    La prima cosa da cui i miei occhi vengono attratti appena spalanco la porta non è la persona che ho di fronte, ma i numerosi bagagli che ha con sé.

    «E tu?! Che cosa ci fai qui?!»

    «Ciao! Scusami per l’ora, dormivi?»

    «No! Non proprio...» interviene Leo arrivato da dietro per capire chi fosse il guastafeste.

    «...ma alla mia cognata preferita è concesso anche di piombare in casa a mezzanotte!» continua lui non appena la vede, abbracciandola e scompigliandole teneramente i capelli.

    Scanso Leo per ricevere anch’io il caloroso abbraccio di mia sorella, anche se è tutt’altro che caldo: è fradicia dalla testa ai piedi.

    «Cos’è successo?! Perché sei zuppa come un savoiardo?» domando con apprensione mentre Leonardo le chiede spiegazioni per essere già rientrata dal suo viaggio di lavoro e, intuendo il peggio, per avere al seguito ben sette valigie.

    «Mi hanno fatto tornare prima da Boston perché questa settimana avranno bisogno di me qui a New York: dovrò fare diversi reportage sulle tempeste che si stanno abbattendo sulla città.»

    «Ma fuori non piove.» ribatte Leo un po’ confuso, vedendo dalla finestra un cielo terso e al tempo stesso Emma gocciolare sul pavimento come un mocio.

    «Pioverà, pioverà. Così almeno è previsto.

    Per quanto riguarda i miei panni intrisi d’acqua, invece, è per via dei tubi vecchi del mio appartamento...

    Rientrata oggi dal mio viaggio, immaginate che sorpresa quando aprendo il portone mi sono ritrovata il Lago Michigan nel salotto! Mancavano solo le trote! Ho provato a rimediare in qualche modo, ho preso stracci, secchi, ma niente è bastato per risucchiarlo.

    E il risultato è questo.» Dice passandosi una mano dalla testa fino alle scarpe.

    E il risultato è questo. Dico io nella mia mente fissando tutte le sue valigie.

    2 maggio 2014

    Lo squillante jingle del telegiornale interrompe bruscamente il programma che sta andando in onda, preannunciando in modo inconfondibile ciò per cui tutti siamo in allerta.

    «Edizione straordinaria.

    Il tornado Wendy si sta per abbattere sui quartieri Queens e Brooklyn di New York.

    Non uscite. In casa restate lontano da porte e finestre, cercate riparo vicino a muri portanti o sotto tavoli, letti, banconi.

    Se siete fuori, non rifugiatevi in auto né sotto i cavalcavia. Trovate riparo in edifici solidi o in avvallamenti del terreno.»

    Panico.

    La tazza di caffè mi scivola tra le mani, Leonardo alza il volume della televisione ed Emma, ancora in pigiama, lascia la sua brioche, afferra il cellulare ed inizia rapidamente a vestirsi.

    La seguo con la coda dell’occhio ed intanto prego che non vi siano vittime né feriti e che la mia casetta appena acquistata venga risparmiata dalla violenza del tornado.

    È una piccola villetta a schiera nel quartiere residenziale Greenwich Village, nella parte occidentale del centro di Manhattan.

    Per descriverla potrei fare un paragone con la casa dei Robinson, la famosa famiglia del telefilm di Bill Cosby.

    Ecco, l’entrata è la stessa: stessi scalini e stessa ringhiera in ferro battuto, ai cui lati siepi ben rifinite colorano di verde i mattoncini rossi della cortina.  

    Bene, della casa dei Robinson non c’è null’altro: la loro immensa cucina è sostituita da un piccolo cucinotto all’angolo del saloncino; non ci sono nemmeno le decine di stanze dei vari figli Robinson, ma solo una camera da letto ed una piccola cameretta, che per ora è adibita a lavanderia e stenditoio.

    Quando arriverà l’ Erede, o si cambia casa, o non laverò più i panni.

    Comunque mi piace da matti, è così calda ed accogliente!

    Talmente accogliente che temo non mi scrollerò più di dosso mia sorella che ha deciso di restare da me finché non termineranno i lavori sulle tubazioni del suo appartamento, e probabilmente anche oltre.

    «Devo andare.» annuncia solenne l’eroica paladina distogliendo i miei pensieri.

    «Dove?! Sei impazzita?! Hai sentito cosa hanno detto? Non Uscite!»

    «Viola, lo sai, è il mio lavoro. Devo essere sempre sul pezzo!

    Jack, ci vediamo a Brooklyn, alla fine del ponte, all’angolo fra Adams St e Tillary St, partiremo da lì.» comunica lapidaria al suo collega dall’altro capo del telefono.

    «Il tuo lavoro è farti travolgere dagli uragani?!» le urlo mentre è già fuori dalla porta.

    Mi scaravento allora anch’io sull’uscio da dove la vedo rombare con quel ferrovecchio che ha ancora il coraggio di chiamare macchina.

    Spero si rompa tra un paio di metri e la lasci a piedi, così almeno sarà costretta a tornare a casa, al sicuro. 

    Sono passate più di quattro ore e fuori si è scatenato il diluvio universale.

    Emma non ha mai chiamato ed io non posso far altro che stare incollata alla tv, per rimanere aggiornata sulle condizioni meteo e per sperare di vedere mia sorella davanti ad una telecamera, sana e salva, mentre annuncia in diretta le ultime novità.

    Invece niente.

    Al telegiornale della NBC non mandano in onda i collegamenti con l’esterno, che per via della forte pioggia si stanno rivelando estremamente difficoltosi.

    Di male in peggio.

    Come se non bastasse, c’è sempre lo stesso faccione di gomma dell’anchorman Mike Sullivan che, comodamente seduto sulla sua poltrona, parla della catastrofe che si sta abbattendo sulla città.

    Non l’ho mai potuto sopportare, con quelle espressioni di circostanza che sfodera a seconda dell’occasione: se annuncia servizi di cronaca nera, assume un carico cipiglio crucciato; se di cronaca rosa, si fa venire le stelline luccicanti negli occhi; per non parlare dei salvataggi in diretta dove dà veramente il peggio, come in questo momento. Praticamente sembra lui il pompiere di

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