Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Oronzo, le Donne (e io)
Oronzo, le Donne (e io)
Oronzo, le Donne (e io)
Ebook173 pages2 hours

Oronzo, le Donne (e io)

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

"La Bellezza Della Memoria" è il sottotitolo di questo flashback di dialoghi e pensieri, un viaggio nei ricordi frammentati di una lunga amicizia in cui due personalità diverse ma complementari si confrontano su temi di ogni genere, prima fra tutte l'annosa questione dei rapporti uomo-donna.

Ironico e a tratti dissacrante, questo secondo romanzo di Alfeo Zin, conferma la sua capacità di fare incursione nell'animo umano continuando tuttavia a sorvolarlo in modo leggero e disincantato.
LanguageItaliano
PublisherAlfeo Zin
Release dateDec 7, 2014
ISBN9786050341300
Oronzo, le Donne (e io)

Related to Oronzo, le Donne (e io)

Related ebooks

Personal Memoirs For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Oronzo, le Donne (e io)

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Oronzo, le Donne (e io) - Alfeo Zin

    Concept design e stampa: D&Co

    Via Pra’ di Risi, 17 Z.I., 33080 Zoppola (PN) - Tel. 0434 571796 www.dandco.it - info@dandco.it

    Prima edizione: novembre 2012

    Seconda edizione: novembre 2013

    Edizione 2012 - Pordenone

    © Dreossi Editore

    Tutti i diritti sono riservati.

    È vietata la riproduzione anche parziale dell’opera, in ogni forma e con ogni mezzo, inclusi la fotocopia, la

    registrazione e il trattamento informatico, senza l’autorizzazione del possessore dei diritti.

    In copertina: Collage con Venere di Milo di Alfeo Zin

    Alfeo Zin

    Oronzo, le Donne (e io)

    Introduzione

    Il libro che avete tra le mani e vi accingete a leggere (mi au- guro con lo stesso piacere divertito che ho provato io) è un libro strano, nel senso che sfugge alle classificazioni cui siamo abi- tuati. Per stessa dichiarazione d’intenti dell’autore si tratta della prima parte di una trilogia, cosa che ci porterebbe a pensare a un romanzo: così non è. Almeno non nel significato convenzio- nale che diamo a questo termine. Certo il discorrere che ne fa lo scrittore sottende una storia, una vicenda forse romanzata, forse reale. Però il testo è ricolmo di ragionamenti, di pensieri, di insegnamenti, di speculazioni filosofiche e di citazioni. Questo ci farebbe propendere per il saggio. Ma non è il saggio il formato stilistico di questo libro. Bisognerà prenderlo così com’è, come si presenta e come – ma ne siamo sicuri? – viene dichiarato nel titolo: memoria. Che sia ricordo dell’autore o che si tratti di memoria-archetipo, una sorta di iperuranio della saggezza cui tutti possono attingere, è cosa di secondaria importanza. Certo, come sempre in ogni scrittura, c’è una componente autobiogra- fica più o meno importante. In questo caso possiamo azzardare che questa componente sia preponderante; ma non si tratta di un diario: anche questo schema è escluso!

    Chi ha conosciuto Alfeo Zin sa della sua passione per il volo a vela e della sua sconfinata competenza in questo campo. Del- taplano e parapendio non hanno segreti per lui e innumerevoli

    sono state le imprese, talvolta straordinarie, che l’hanno con- dotto sui cieli del mondo, soprattutto  sopra le nostre meravi- gliose montagne, le splendide Dolomiti, ora dichiarate dall’Une- sco patrimonio dell’umanità. Ebbene io credo che questo stra- no scrittore-saggista-filosofo  abbia appreso, volando, un suo modo peculiare di guardare il mondo. Credo che Alfeo Zin sia un trasvolatore anche nel suo modo di esprimersi con la scrittura. Già con il suo precedente libro, Elogio della perplessità, egli ci aveva avvicinato alla speculazione filosofica attraverso un testo che non era, e non voleva essere, un saggio. Anzi, rifuggendo anch’esso dalle classificazioni tradizionali si proponeva proprio come fuori linea tentando di portare il ragionamento specula- tivo su ogni fatto della vita al più semplice livello possibile, alla comprensione  di tutti,  creando quello spaesamento culturale che determina l’incertezza, l’uso sistematico della ragione con- trapposto all’irrazionale ma confrontato con la saggezza popo- lare; inducendo insomma il dubbio che, appunto, lascia perples- si. Così come con quell’operazione al di fuori degli schemi, Zin si proponeva di rendere accessibile la cultura alta, quella difficile, anche a chi non ha potuto studiare abbastanza per costruirsi gli strumenti intellettuali d’interpretazione del mondo, altrettanto fa ora con quest’altro testo strano, usando l’arma potentissima della memoria intorno a un’amicizia incorruttibile. E lo fa da par suo, volando in alto sopra di noi, guardando le cose da pro- spettive inconsuete, usando un linguaggio popolare e talvolta crudo nel tentativo di raggiungerci tutti, quale che sia il nostro livello di acculturazione; forse con un privilegio di classe, forse con un occhio di riguardo per i più… emarginati, quelli che non hanno mai avuto tempo da perdere perché, sempre, dovevano guadagnarsi la vita.

    Allora quale modo migliore, per tentare di creare coscienza di sé e del mondo in chi non ha avuto abbastanza fortuna, se

    non quello di cercare nella memoria le parole più preziose del- la propria esperienza: le parole con le quali tra amici fraterni ci si scambiano conoscenza, sensazioni, esperienze? L’insegna- mento reciproco della supposizione e della verifica; la ricerca del senso e del significato; la passione per il bello; la condivisione delle analisi, delle supposizioni, delle sintesi. Tutto ciò che ci si scambia con un amico sta dentro le parole che gli abbiamo det- to e che egli ci ha detto, le parole che ci siamo scambiati, che abbiamo condiviso; parole tanto più preziose quanto più pro- fondamente scolpite nella memoria. Tanto più preziose in quan- to rare e irripetibili se poi uno dei due viene a mancare! Allora preziosi sono anche i gesti, gli attimi, gli sguardi. Così ci prende la voglia di volare altissimo, di ricordare l’amico e mentore, di distribuire agli ignari passanti - per gesto di estrema generosità

    - quei tentativi di saggezza che avevamo costruito assieme. Ciò diventa, se si vuole, anche la reminiscenza di un rito di passag- gio all’età adulta.

    L’ipotesi  di un’amicizia siffatta e reale alla quale attingere vale quanto quella che si tratti di un’invenzione letteraria; for- se la verità sta nella compenetrazione tra realtà e finzione. Gli episodi del racconto vagano in un passato discontinuo: talvolta storicamente riconoscibile e cronologicamente collocabile, ta- laltra scostato nel tempo e nello spazio come se fratture invisibili avessero permanentemente deformato la realtà. Ma è il modo di vedere di un trasvolatore! E siccome la memoria riguarda co- munque l’arco di vita d’un uomo, il caso ha voluto che questo intervallo fosse quello stesso nel quale – dalla seconda guerra mondiale a oggi – si sono verificati capovolgimenti rivoluzionari nel modo di concepire la vita, i diritti, i rapporti interpersonali nella nostra società. Di questi cambiamenti c’è in questo testo una traccia profonda, un segno permanente nei protagonisti del racconto e anche, ne sono più che convinta, nell’autore. La rivo-

    luzione del femminismo è forse la modificazione sociale che più ha colpito i maschi di quegli anni lasciandone cicatrici indelebili anche in quelli di oggi. Devo dire che personalmente, proprio in quanto donna, non riesco a condividere alcune prese di posizio- ne dei protagonisti. Trovo però assai istruttivo e divertente il loro discuterne, il loro reciproco aiutarsi - smussando spigoli che la società d’allora riteneva insormontabili - a cambiare pian piano la loro weltangshauung (come Alfeo Zin, traduco: metodo di vi- sione del mondo) seguendo sentieri talvolta inconsueti. Stiano tranquille le lettrici: essi sono ancora ben lontani dal comprender davvero le donne ma è bello che almeno ci provino!

    Ecco allora che riconosco lo schema letterario cui può far riferimento quest’opera: il Dialogo! Ci sono illustri precedenti. Hanno adottato  questo modulo: Platone, Seneca, Luciano di Samosata, Confucio, per citare solo pochissimi grandi.

    Il volo di Alfeo Zin vale la pena di esser osservato con at- tenzione perché, con generosità, egli dissemina la nostra vita di innumerevoli briciole di sapere, di saggezza e di ironico sorriso. Parole preziose, certo; è questo il bello della Bellezza della me- moria!

    Venezia, novembre 2011

    Dora Noël

    Questo libro è dedicato alla memoria di Ivo Molmenti, uomo straordinario,

    indimenticabile, indimenticato amico.

    Prologo

    Oronzo era un uomo rozzo, ignorante e… geniale! Questa è la sua storia e, un po’, anche la mia.

    Orfano  fin da  bambino,  non  gli era  stata  impartita alcuna educazione e, ancor meno, un’istruzione; crebbe come un selvaggio, una sorta di Tarzan e, proprio  come il personaggio creato da Edgar Rice Burroughs,  divenne forte, coraggioso e risoluto.

    Da  ragazzo  ebbe  a  patire  terribili  esperienze frequentando tutto solo la libera università della vita, dove il semi-analfabetismo era la regola e la miseria una costante.

    Durante il secondo conflitto mondiale, ormai adulto, venne arruolato (suo malgrado) nel Regio Esercito Italiano dove, al grido di Vinceremo!, disertò quasi subito per unirsi agli schieramenti della Resistenza.

    Nel corso di un rastrellamento venne catturato e, come partigiano e in più disertore, fu imprigionato, torturato  e condannato  a morte. Non fu però fucilato perché riuscì a scappare insieme a due compagni di cella ai quali qualcuno aveva procurato una lama di seghetto nascosta in un fiasco di vino rosso (ultimo desiderio del condannato?).

    Finita la guerra si arrangiò alla meno peggio vivendo di vari espedienti, in un paese devastato dove si diceva che si

    moriva di… appetito; dire che si moriva di fame non era signorile!

    In ogni caso, lui la fame la patì regolarmente,  perciò, raggiunta  l’età  della  ragione,  emigrò  prima  in  Francia e  poi  in  Svizzera, dove  non  capiva  una  sola parola  di quelle strane lingue. Del resto, Oronzo  a quel tempo  era così culturalmente  sprovveduto che era facile potergli far credere  che  Giuseppe  Garibaldi  fosse l’inventore  della carta igienica o che Zarathustra  fosse stata la moglie di Zoroastro,  famoso  scopritore  della  varechina!  Pertanto, non  essendo  poliglotta  e  non  riuscendo  a  comunicare con quegli stranieri tornò in Italia dove, ancora una volta, ebbe  la  dimostrazione  che  il  noto  proverbio  l’appetito vien mangiando è del tutto  sbagliato: infatti lui, che non mangiava, non  si sentiva minimamente  sazio anzi, aveva sempre moltissimo appetito, per non dire proprio fame.

    Fu  così che,  dopo  un  certo  periodo  di  dieta, decise di imbarcarsi come marinaio su un vecchio cargo che incrociava gli oceani e tutte le rotte per il Sud America. Nei diversi porti più o meno malfamati ebbe esperienze di vario genere (che qui non potremmo  mai raccontare) compresa qualche strana storia di donne e di coltello. Durante  le sue varie traversate scoprì tra l’altro che tutti i sette mari erano praticamente uguali, tant’è che un giorno, ritornato a casa, mi disse:

    «… ogni mare è soltanto pieno d’acqua!».

    Ma fu proprio in quel periodo marinaresco che in Oronzo ebbe inizio una sorprendente  metamorfosi; durante  i suoi interminabili viaggi, infatti cominciò a leggere moltissimo e di tutto; imparò bene lo spagnolo, al punto che in quella stessa lingua bestemmiava con serenità e disinvoltura senza

    temere minimamente il castigo divino. Anzi, pareva avesse un  rapporto   piuttosto   confidenziale  con  il  Padreterno, come se lui e il buon Dio si dessero del tu: praticamente lo trattava da pari a pari e, qualche volta, anche da pari e dispari!. Infatti, quando per qualche motivo personale lasciava partire una saetta in direzione del cielo, alzava gli occhi verso l’alto e mormorava:

    «Eh! Lui mi capisce… sicuro che mi capisce!»; e anch’io sono sicuro che Lui lo capiva davvero!

    Per la verità Oronzo un po’ ce l’aveva con Nostro Signore, se non altro per tutto quanto aveva dovuto patire nel corso della propria esistenza (e non solo lui). Infatti una volta mi lasciò interdetto dicendomi che il giudizio universale sarà il giorno in cui il buon Dio verrà a giustificarsi con tutti noi uomini, donne  e animali, per le innumerevoli sofferenze che abbiamo dovuto sopportare  durante il nostro breve soggiorno in questo Suo strano mondo.

    Se da giovane (e ignorante) non aveva paura di niente e di nessuno, divenuto più anziano si era dotato di una cultura e di una forza di carattere  straordinarie.  Ma a conferma di come un uomo di carattere  sia un… caratteraccio  (in peggioramento), con il passare degli anni lui stesso divenne scontroso e scostante. Spesso a certe domande rispondeva in modo surreale o addirittura  volgare; ricordo  che a un tizio curioso che gli chiedeva quale fosse il suo incarico a bordo del piroscafo (faceva il fuochista) rispose così:

    «A bordo potavo le viti, facevo il giardiniere!» e subito dopo, sibilando con gli occhi semichiusi: «ma perché non ti fai un bel pacco di cazzi tuoi?».

    Forse nella prima delle due risposte si nascondeva una sorta di lapsus freudiano, una reminescenza che lo riportava

    alla grande

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1