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Autoipnosi pratica - Il miglior contributo teorico-pratico ai benefici dell'autoipnosi
Autoipnosi pratica - Il miglior contributo teorico-pratico ai benefici dell'autoipnosi
Autoipnosi pratica - Il miglior contributo teorico-pratico ai benefici dell'autoipnosi
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Autoipnosi pratica - Il miglior contributo teorico-pratico ai benefici dell'autoipnosi

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About this ebook

Fin dai tempi remoti dell'umana evoluzione l'Uomo si è distinto da tutte le altre forme di vita per la sua insistente determinazione nell'adattare le condizioni ambientali ai propri fini.
Da allora fino ad oggi, l'Uomo si è evoluto, e la sua preoccupazione principale è stata sempre quella di accumulare e controllare la forza materiale superiore alla sua. Ci si occupava raramente dell'importanza della mente e del suo funzionamento e solo riguardo ai suoi aspetti patologici. Anche l'individuo mentalmente e fisicamente sano è molto più preoccupato del suo stato fisico che non di quello mentale e di tutte le sue emozioni, esegue periodicamente salutari esercizi di ginnastica, compra vitamine e cibi corroboranti e si affligge molto di più per le rughe del suo viso che non del suo stato mentale. La capacità del corpo umano nelle sue forze muscolari è nota ed è stata da lungo tempo applicata per funzioni efficienti e disciplinate; non altrettanto invece per la capacità mentale. In questo volume si descrive la teoria generale e le tecniche per apprendere o per insegnare l'arte di rilassarsi, di concentrarsi e di disciplinare le facoltà mentali. Nella sua semplicità questo è ciò che l'autoipnosi si propone di raggiungere. Il metodo descritto nel testo implica l'uso di simboli necessari per ottenere lo stato ipnotico, e di simboli ulteriormente usati per rafforzare le suggestioni formulate a scopo terapeutico. I simboli scelti sono congeniali al paziente in modo che ogni volta che il simbolo sarà percepito, la relativa suggestione verrà rafforzata e l'effetto migliorerà ulteriormente fino ad ottenere lo scopo prefisso. E' ormai noto che rispondiamo a simboli di tutti i generi nel corso di ogni attività quotidiana. Nella presente tecnica per l'autoipnosi l'uso dei simboli è reso più efficace dall'uso dei ben noti principi psicologici di condizionamento e di rafforzamento. Tuttavia, in stato ipnotico, con un completo rilassamento ed una piena concentrazione da parte del soggetto il condizionamento ed il rafforzamento sono talmente efficaci da sembrare talvolta quasi miracolosi. Questo volume rappresenta quindi una guida utile e pratica per chiunque creda nelle possibilità di miglioramento di molte funzioni della mente con un impiego ben organizzato della tecnica stessa. Spesso, si impiegano tecniche ipnotiche più sofisticate, ma il paziente che ha una buona conoscenza dell'autoipnosi e può usarla è più felice, più tranquillo e rassicurato perchè ha imparato che l'aberrazione nelle emozioni e negli atteggiamenti può aggravare la sua malattia e che l'ansia è sempre dannosa; ed ha anche imparato che può esercitare un controllo su questi fenomeni usando intelligentemente e sotto una guida competente le tecniche autoipnotiche. Comunque un uso intelligente dell'autoipnosi offre molti vantaggi all'individuo per il quale è essenziale un aumento nella efficienza della concentrazione, del rilassamento, dell'autocontrollo e della capacità di apprendimento.
LanguageItaliano
PublisherAnna Ruggieri
Release dateDec 30, 2014
ISBN9786050344615
Autoipnosi pratica - Il miglior contributo teorico-pratico ai benefici dell'autoipnosi
Author

Anonimo

Soy Anónimo.

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    Autoipnosi pratica - Il miglior contributo teorico-pratico ai benefici dell'autoipnosi - Anonimo

    sessuali

    CAPITOLO I

    Alcuni principi sul condizionamento

    Agli inizi del secolo il fisiologo russo, Ivan Pavlov, divenne per i suoi esperimenti sulle funzioni digestive dei cani. Une delle sue scoperte incidentali, destinata ad assumere in seguito un’importanza ancora maggiore, si basava sull’osservazione cha i cani possono essere addestrati, o condizionati, a salivare al suono di un campanello. Il valore di questa scoperta, in relazione al comportamento sta nel fatto che è stato successivamente dimostrato come su che gli esseri umani possano essere condizionati a rispondere di uno stimolo in maniera diversa da quella comunemente prodotta dall’applicazione di quel particolare tipo di stimolo. Per essere più chiari diremo che non è insolito prevedere la reazione in un cane sottoposto alla vista o all’odore del cibo, specialmente se l’animale è affamato ed il cibo è poco lontano da lui.

    Tuttavia, il verificarsi di questo fenomeno, senza la presenza il cibo, ma al solo suono di un campanello è un fatto alquanto imprevisto a meno che, naturalmente, all’osservatore non sia dedito allo studio dei processi delle risposte condizionate. Questo, e molti altri tipi di comportamento, si possono produrre sottoponendo ripetutamente un animale (anche l’uomo) ad une stimolo che solleciti la risposta voluta, mentre, quasi conteporaneamente, lo si espone al nuovo stimolo per mezzo del quale si desidera provocare la stessa risposta. Questo nuovo stimolo sarà analogo al suono del campanello sopra menzionato e non tale da provocare abitualmente la risposta che si cerca di condizionare.

    Chiunque desideri attuare l’autoipnosi attraverso queste tecniche, dovrà avere una assoluta padronanza di questi principi, padronanza essenziale non solo per lo sviluppo della tecnica in sé, ma anche per utilizzare con intelligenza le istruzioni contenute nei successivi capitoli.

    Pertanto, descriveremo numerosi altri esempi di risposte condizionate negli animali, e illustreremo l’importanza dell’applicazione di questi principi in relazione al comportamento umano.

    Consideriamo innanzi tutto gli effetti che differenti tipi di condizionamento avranno su un comune gatto domestico — un gatto che sia socievole, sano, e nel complesso abbastanza soddisfatto della sua vita.

    Supponiamo ora che il nostro gatto venga posto in un’ampia gabbia con molto spazio per muoversi e che si nutra ogni giorno da una cassetta posta in un determinato angolo della gabbia. Se il pasto avverrà tutti i giorni circa alla stessa ora, si osserverà ben presto nel gatto un maggiore interesse per quel particolare angolo, ogni giorno a quella data ora. Tenderà a dirigersi verso quell’angolo ed a sostarvi con un’aria di attesa. Inoltre, si avvicinerà alla cassetta senza fretta se la quantità di cibo è adeguata, o precipitosamente se è scarsa.

    Ora, se la quantità del cibo verrà mantenuta intenzionalmente al di sotto di un livello soddisfacente, e se, ogni giorno qualche istante prima dell’ora del pasto si suonerà un campanello, il gatto accorrerà invariabilmente verso l’angolo. Il processo di condizionamento comincia ad operare. Ben presto il gatto risponderà al suono del campanello in qualsiasi momento del giorno o della notte, che il cibo ci sia o meno.

    La risposta che conduce il gatto verso l’angolo al suono del campanello potrà essere meglio condizionata con l’applicazione di uno stimolo doloroso. Immaginiamo di collocare sul fondo della gabbia una grata di metallo percorsa da una leggera corrente elettrica. Se tutti i giorni, subito dopo il suono del campanello, si somministrerà una scossa elettrica per un tempo uguale a quello impiegato dal gatto per raggiungere l’angolo, la risposta dell’animale assumerà presto un carattere di grande urgenza. Dopo un limitato numero di esperimenti con questa tecnica di condizionamento, il gatto avrà dei seri motivi per volare letteralmente verso l’angolo ogni qual volta udrà il suono del campanello... anche quando il suono non sarà seguito dalla scossa elettrica. A questo punto il gatto reagirà al suono del solo campanello con reazioni che sarebbero molto più adeguate all’applicazione della scossa. (Queste potranno sembrare misure un po’ eccessive da usare contro un povero animale indifeso, un tempo così socievole, ma questo è il genere di esperimenti che ha permesso di aumentare notevolmente le cognizioni sul comportamento umano, e perciò sono forse scusabili).

    Un condizionamento di questo genere può essere portato a ben più estreme conseguenze per il povero gatto, facendolo diventare nevrotico o perfino, secondo ogni apparenza, psicotico.

    Supponiamo che il gatto, dopo essere stato perfettamente condizionato a rispondere al campanello accorrendo verso l’angolo, sia egualmente ben condizionato a rispondere al suono di un campanello diverso dirigendosi altrettanto precipitosamente verso l’angolo opposto. Cosa accadrà se il primo e il secondo campanello suoneranno simultaneamente? Il gatto dovrà fare una difficile scelta: sarà combattuto fra due risposte urgenti. Se il condizionamento verrà continuato con l’applicazione della scossa elettrica a tutte le aree della gabbia, contemporaneamente al suòno di entrambi i campanelli, togliendo così al gatto qualsiasi possibilità di evitare lo spiacevole stimolo, esso diventerà ben presto nervoso e, in un secondo tempo, nevrotico.

    Aumentando l’intensità e la frequenza degli stimoli condizionanti si può provocare nel gatto il comportamento di un animale rabbioso. Perderà qualsiasi interesse nel cibo e, al suono simultaneo del campanello miagolerà e tremerà, cessando di agire nella maniera prevista in un gatto normale.

    Questa condizione avversa può essere resa permanente intenzionalmente e per un preciso scopo. Quello che prima era un anis male docile e socievole sarà ora uno psicotico fascio di nervi e di carne. Il suo peso diminuirà perchè rifiuterà il cibo; tremerà e inarcherà il dorso alla minima provocazione e non risponderà affatto in maniera razionale ai tentativi di avvicinarlo o di nutrirlo.

    Se non verranno adottati dei provvedimenti per desensibilizzarlo o per decondizionarlo l’animale non avrà grandi possibilità di guarigione. Continuerà a reagire nella maniera anormale descritta a qualunque stimolo associato anche lontanamente con l’ambiente in cui avvenne il condizionamento. Se tuttavia, verrà posto in un altro ambiente, il più possibile diverso da quello in cui è avvenuto il condizionamento, vi saranno buone probabilità di guarigione. Se riusciremo a farlo mangiare di nuovo e se saranno attentamente evitati stimoli, quali scosse elettriche e campanelli, il gatto potrà mostrare un aumentato interesse per il cibo e, col tempo, calmarsi.

    Allorchè avrà ripreso le normali abitudini nutritive, il gatto potrà essere gradualmente privato del cibo in modo che il desiderio di quest’ultimo divenga tanto forte da dominare qualunque altra risposta. A questo punto il debole suono di un campanello durante l’ora del pasto non provocherà che una leggera ansia tendente a diminuire rapidamente, e anche aumentando gradualmente il volume del suono ad ogni pasto, le risposte di ansia potranno essere del tutto eliminate. Adottando lo stesso procedimento per il suono del secondo campanello verrà rimossa l’ansia collegata ad esso.

    Ora che abbiamo visto come si applica il processo di condizionamento che provoca negli animali risposte tanto negative che positive, possiamo procedere a esaminare quale reazione possono avere, con il comportamento umano, processi analoghi.

    Supponiamo che, per ragioni sperimentali, si desideri condizionare una persona a battere la palpebra dell’occhio sinistro ogni qualvolta sente la parola « rosso ». E’ stato riscontrato che negli esseri umani, a differenza degli animali, un’idea o simbolo mentale, ha almeno entro certi limiti, la stessa efficacia di uno stimolo sensoriale. In altre parole, un’idea tende a generare la realtà di ciò che essa rappresenta. Quel che si cerca di determinare è se tale idea o simbolo possa o meno provocare una risposta prevedibile.

    Dovremmo innanzitutto trovare il modo di far battere la palpebra al nostro soggetto con l’applicazione di uno stimolo controllato che non lo danneggi in alcun modo. Questo potrebbe essere un soffio d’aria emesso in direzione dell’occhio aperto attraverso un tubo, come ad esempio una comune cannuccia di paglia. La corrente d’aria sarà considerata lo stimolo incondizionato (S I) dato che si prevede produca la risposta desiderata. Dopo aver determinato la quantità o l’intensità di aria necessaria per costringere il soggetto a battere ogni volta la palpebra, possiamo pronunciare la parola « rosso » (lo stimolo condizionante o S C) e farla seguire immediatamente dal soffio d’aria. Si è riscontrato che il condizionamento è più efficace quando lo stimolo condizionante precede di un breve intervallo lo stimolo incondizionato. Dopo numerose prove si osserva che la parola « rosso » anche se non è seguita dal soffio d’aria, indurrà la persona a battere la palpebra. Otto o dieci prove sono generalmente sufficienti, se no, altre dieci circa otterranno sicuramente il risultato voluto.

    Il condizionamento eseguito in questo modo non sarà permanente. Sarà necessario rafforzarlo periodicamente o ideare la maniera di « generalizzarlo » con qualcosa a cui il soggetto sia esposto di frequente. Finora abbiamo condizionato la risposta ad uno stimolo sensorio, il suono della parola « rosso ». Possiamo completare l’esperimento chiedendo al soggetto di pensare alla parola « rosso » ad ogni prova immediatamente prima del soffio d’aria nell’occhio. Ben presto risponderà correttamente alla sola idea in sè. In luogo della parola « rosso » possiamo usare l’idea di un cibo, oppure di un’azione come quella di raccogliere un cucchiaio. Più intensa e più frequente sarà l’applicazione dello stimolo incondizionato e più la risposta allo stimolo condizionato sara saldamente stabilizzata.

    Il condizionamento a ulteriori stimoli in aggiunta a quelli originali viene chiamato generalizzazione. Ciò può verificarsi talvolta inaspettatamente. Se uno di questi stimoli è rappresentato da qualcosa che la persona fa, pensa o alla quale è esposta di frequente, la risposta verrà automaticamente rafforzata e resa relativamente stabile.

    D’altra parte, se lo stimolo condizionante viene applicato di frequente senza lo stimolo incondizionato, la risposta potrà diminuire e, col tempo, scomparire.

    In questo modo un individuo potrà essere condizionato (o autocondizionarsi) a rispondere ad un’immagine mentale o simbolo, con i pensieri, le sensazioni, o le azioni volute. Inoltre si può ottenere che le risposte desiderabili così condizionate, dominino o sostituiscano quelle indesiderabili provocate precedentemente da stimoli uguali o analoghi.

    Nella vita quotidiana gli individui sono esposti a degli stimoli condizionanti. Fin dalla nascita, e da allora in poi, quegli stimoli strettamente collegati agli inevitabili stimoli incondizionanti, condizionano, generalizzano ed estinguono costantemente le loro risposte, sia negative che positive. In certi individui molte risposte sono solo leggermente condizionate e vengono prontamente estinte. In molti altri, naturalmente, sono condizionati intensamente e, a meno che non vi sia un’esposizione ugualmente intensa a stimoli negativi, il condizionamento esisterà sempre come parte della personalità.

    Tra questi due estremi esiste un numero infinito di risposte e di schemi di risposte soggette ad infiniti gradi di modificazione e di rafforzamento. Fortunatamente, la maggior parte di esse sono positive o desiderabili, cioè sono fattori importanti nei confronti della sopravvivenza, dell’apprendimento e del godimento.

    Quelle negative sono importanti elementi rivelatori di un trauma emotivo, come l’ansia di adattamento, la tensione e la fatica.

    Molti studiosi ritengono che ogni sensazione od espressione umana implichi un condizionamento. E’ probabile che questo sia vero.

    Prendiamo ora un ipotetico essere umano e vediamo come, per un determinato periodo, si possano applicare i principi delle risposte condizionate ad una varietà di situazioni e di schemi di comportamento.

    Il nostro soggetto potrebbe essere una bambina di tre o quattro anni che vive con i genitori in una tipica città americana.

    Consideriamo ora quel che spesso avviene quando impara a leggere e a parlare. Forse la bimba ha un libro con figure di animali e relativi nomi scritti a grandi lettere, e le viene, ad esempio, ripetutamente mostrata la figura di una mucca pronunziando simultaneamente la parola « mucca ». Ogni qual volta se ne presenta l’occasione adatta le sarà additata una mucca vera e, di nuovo, la parola verrà ripetuta molte volte. Dopo un numero sufficiente di spiegazioni di questo genere la bambina risponderà al suono della parola con un’immagine mentale della parola stampata, della figura della mucca o dell’animale vero. Raggiungerà un condizionamento generalizzato, in maniera da rispondere ad uno qualsiasi di questi stimoli con immagini mentali di ciascuno o di tutti gli altri. Sarà un continuo processo di rafforzamento e la bambina infine « imparerà » attraverso il condizionamento delle risposte il rapporto delle parole (simboli), sia stampate che parlate, con le figure e gli oggetti.

    L’apprendimento quindi è un processo di risposte condizionate.

    Molti psicologi ritengono che tre siano i metodi attraverso i quali impariamo: la ripetizione meccanica o memoria; l’apprendimento per tentativi successivi; la risposta condizionata.

    Va oltre l’intento di quest’opera discutere dettagliatamente ognuno di questi metodi. Vale la pena, tuttavia, sottolineare che ognuno di essi comporta stimoli e risposte e che, con ogni probabilità, la ripetizione meccanica e l’apprendimento per tentativi successivi si spiegano anch’essi con l’apprendimento per risposta condizionata. Può darsi, com’è convinzione dell’A. e di molti altri studiosi, che tutto l’apprendimento risulti dal condizionamento delle risposte. Con tutta probabilità si può affermare che l’apprendimento si è verificato quando una sequenza stimolo-risposta diviene interscambiabile.

    Quando la bambina ha imparato la parola « mucca », ogni simbolo connesso con il concetto di « mucca » è divenuto interscambiabile come stimolo e/o risposta. La vista di una mucca vera agisce da stimolo per provocare in risposta la visualizzazione della parola stampata. In questo caso, un’immagine sensoriale è lo stimolo e la visualizzazione mentale, la risposta. E’ evidente che un’immagine sensoriale della parola stampata (o anche una immagine mentale) evocherà ora la visualizzazione della mucca.

    Abbiamo così una caratteristica di « interscambiabilità » fra stimolo e risposta.

    Nell’apprendere il concetto completo di « mucca » questa caratteristica deve essere estesa fino ad includere il suono della parola e la figura di una mucca che il bambino potrà descrivere con la parola, lo scritto, il disegno, oppure additando l’animale. Prima che sia stato raggiunto questo grado di apprendimento, il valore di stimolo della parola scritta è praticamente nullo: appartiene alla stessa categoria di una sillaba senza senso e assume significato per il bambino solo quando viene condizionata, prima come stimolo, poi come risposta ed infine come stimolo-risposta interscambiabili.

    La generalizzazione ha inizio quando simboli che non sono contenuti nel concetto originale vengono ad esso associati. Ad esempio, quando la parola « latte » verrà associata con uno qualsiasi dei simboli nel concetto di mucca, servirà non solo a rafforzare ognuno di questi simboli, ma si inserirà stabilmente in un’altra costellazione di simboli come quelli associati a « bottiglia », « bianco », « cibo », ecc.

    Abbiamo qui una base ragionevole per considerare il condizionamento come il processo che forma il sustrato dell’apprendimento e della fissazione mnemonica. Il lettore si renderà meglio conto della funzione dell’interscambiabilità stimolo-risposta eseguendo egli stesso i seguenti esercizi: analizzate cosa avviene nella vostra mente, nei muscoli delle labbra e nelle corde vocali mentre leggete la seguente descrizione: Un... animale... bianco... peloso... con... occhi... rosa.. e... orecchie... lunghe.

    Si è formata nella vostra mente l’immagine di uno specifico animale? E avete detto mentalmente il suo nome? Osservate ora che cosa accade nel leggere il nome di quest’animale... CONIGLIO. Forse avrete detto il nome dentro di voi e avrete osservato che nel farlo le vostre labbra si muoveranno impercettibilmente, avrete notato anche una differenza nella tonicità delle corde vocali.

    Fate la stessa cosa con varie parole come « albero », « automobile », « casa » ecc. Provate con parole che non descrivano oggetti e cose come: « triste », « gaio », « ridere », « veloce », ecc. Parlate con qualcuno che sia a conoscenza di una lingua straniera a voi sconosciuta e pregatelo di scegliere qualche parola di quella lingua e di scriverla senza dirvene, sulle prime, ne il significato né il suono. Notate lo scarso valore associativo che ha la sola vista della parola. Poi domandate di udirne il suono e considerate la vostra reazione mentre lo ripetete continuando a guardare la parola scritta. Infine, chiedetene il significato e a questo punto osservate le vostre reazioni. Attraverso questo procedimento vi renderete più chiaramente conto di come avviene l’apprendimento e potrete constatare da soli come il condizionamento svolga il ruolo principale. Potreste anche controllare il tempo che occorre e i procedimenti necessari per imparare la parola tanto da essere in grado di scriverla, pronunciarla e definirla senza l’aiuto di nessuno.

    L’A. nonostante le sue ricerche in vari testi, non ha mai trovato menzione della visualizzazione come associata agli esperimenti di tipo Pavloviano sui cani. Alla luce delle suddette osservazioni si potrebbe invece concludere che il suono del campanello non è lo stimolo diretto che provoca l’eccessiva salivazione, ma è lo stimolo che suscita la visualizzazione del cibo. Questa a sua volta è lo stimolo che provoca la salivazione.

    Si deve chiaramente intendere che la visualizzazione mentale non è limitata alle percezioni visive. Sebbene queste siano le più comuni si possono altresì provocare visualizzazioni uditive, olfattive, gustative e di altre sensazioni come il tatto, il dolore, la pressione, il solletico, ecc.

    Nei cani la visualizzazione evocata è, molto probabilmente, quella olfattiva dato che i cani non distinguono i colori. Un cane può riconoscere la differenza fra certi colori, ma ciò è dovuto più alle variazioni di luminosità che di tonalità. E’ inoltre alquanto improbabile che i cani possano concepire delle idee... Ciò appare evidente quando anche i cani meglio addestrati dimostrano di non rendersi conto affatto o pochissimo della ragione delle loro risposte a certi stimoli. L’A. un tempo possedeva un cane, « Duca », che al comando (generalmente dato sotto forma di domanda) « Duca che cosa preferiresti essere un commesso o un cane morto? » si lasciava cadere a terra facendo il « finto morto ». Duca era stato condizionato a recitare questa divertente commedia rispondendo allo stimolo « cane morto » dietro compenso di gustosi bocconi ad ogni risposta esatta.

    Per lui, le parole che precedevano immediatamente lo stimolo non avevano alcuna importanza. Duca tra la costernazione di commessi, dottori, artisti, ecc. e tra il divertimento degli spettatori, sembrava preferire la « morte » piuttosto che essere classificato in una qualsiasi delle suddette professioni. Il comportamento di Duca in realtà, non dipendeva dal suo potere o dalla sua abilità discriminatoria. Il cane sì sarebbe gettato a terra con altrettanta facilità alla domanda: « Se tu non potessi fare il commesso vorresti essere un cane vivo o un cane morto? ».

    L’addestramento di Duca era stato perfezionato attraverso un considerevole condizionamento e molti bocconcini prelibati. Quando Duca recitava il suo breve atto stando sdraiato a terra, era la visualizzazione, con ogni probabilità di natura olfattiva — l’odore immaginato di un bocconcino in arrivo — a trattenerlo inchiodato al suolo e certamente non la vergogna di essere o di non essere un commesso.

    Troviamo analoghi principi nello sviluppo degli schemi di comportamento della nostra ipotetica bambina. Ella tuttavia, dato il suo sistema nervoso molto più complesso, sarà in grado di ritenere e di associare un numero maggiore di idee. Il suo potere ideativo è di gran lunga superiore a quello del cane o di qualsiasi altro animale. Quando verrà punita per essersi comportata in una determinata maniera o sarà premiata per certi tipi di comportamento, imparerà presto a rispondere Gon schemi appropriati di avvicinamento o di fuga.

    Dobbiamo dire ancora una volta che l’intensità e la frequenza degli stimoli condizionanti sono direttamente proporzionali all’intensità della risposta. Quando il premio è grande o la punizione severa, la risposta è ancor più profondamente condizionata.

    Non rientra negli intenti di questo volume dare una descrizione particolareggiata dei principi dell’educazione infantile. Vorremmo far chiaramente comprendere però, che quando un bambino è picchiato per essere stato « cattivo » nella sua mente il dolore degli scapaccioni si associa ben presto all’azione compiuta prima di riceverli. Il bambino impara in poco tempo che Compiere quell’atto porta invariabilmente ad un risultato doloroso e sarà meno portato a farlo da quel momento.

    Naturalmente, se il bambino a volte compie l’azione senza essere punito, si avrà l’effetto opposto in proporzione al grado di soddisfazione che il bambino trae dall’azione stessa.

    Esiste tuttavia una eccezione assai importante che non infirma in alcun modo i principi in questione. Si tratta del caso in cui il bambino continua ad agire nella stessa biasimevole maniera malgrado le punizioni. Quando questo si verifica significa semplicemente che sta operando in lui uno stimolo più forte; per esempio il desiderio di attirare l’attenzione. Quando il bambino pensa di non essere l’oggetto dell’attenzione di cui sente di avere bisogno, trasforma la punizione in «premio ». Se il solo modo di attirare l’attenzione sarà quello di fare qualcosa di proibito, il premio dell’attenzione ricevuta può superare di gran lunga il dolore della punizione, e quindi la riprovevole azione sarà ripetuta.

    Per condizionare un bambino a dare delle « buone » risposte bisogna premiarlo adeguatamente per le buone azioni oltre che punirlo per le « cattive ». Quando sono interessati elementi riguardanti l’attenzione e l’affetto, quello che per l’adulto può sembrare un premio o una punizione può essere considerato dal fanciullo in maniera del tutto opposta.

    Per continuare ad occuparci dei possibili effetti delle risposte condizionanti sul nostro ipotetico soggetto, potremmo prendere in considerazione in che modo il bambino impari ad evitare le situazioni dolorose o pericolose.

    Supponiamo che nell’ambiente dove egli vive esista una grande stufa nera. Sappiamo che la grandezza di una stufa, o di qualunque oggetto gli apparirà differente da come la vede un adulto semplicemente perchè il bambino è più piccolo di un adulto ed osserva ogni cosa da un angolo diverso. Quel che può sembrare medio o normale ad un adulto, spesso appare enorme al bambino. Inoltre le cose che non conosciamo o non comprendiamo possono assumere un’importanza maggiore. La paura dell’« ignoto » è un’esperienza comune a molti di noi, adulti o bambini, ma nella maggior parte dei casi il numero degli oggetti sconosciuti al bambino è superiore.

    Il bambino avrà spesso sentito dire che la stufa è « calda » e che toccandola si « farà male »; però non avendo ancora sperimentato la sensazione di « caldo » non ha ancora imparato che può essere doloroso toccare delle cose calde. La tendenza del bambino è quella di esplorare e di scoprire le cose da solo.

    Quest’atteggiamento potrà fargli desiderare di toccare la stufa a dispetto di qualunque avvertimento, specialmente se penserà che agendo in quel modo attirerà l’attenzione su di lui. Può accadere che tocchi la stufa quando è fredda ed in questo caso c’è ancora in serbo per lui una spiacevole sorpresa. Nel caso che la stufa sia calda, lo stimolo doloroso potrà essere così forte da condizionarlo, una volta per tutte, ad evitare di toccarla. Potrà anche avere appreso ad agire con una risposta di fuga dopo essere stato avvertito circa altri oggetti che scottano. Potrebbe viceversa cercare di toccare molte volte prima che la risposta di fuga diventi condizionata. Se qualcuno osservando questo processo avrà menzionato ogni volta la parola « caldo », il bambino avrà presto imparato ad evitare altri oggetti caldi quando verrà avvertito.

    Vediamo ora come questo potrebbe portare a delle situazioni che influenzeranno il bambino nella vita futura.

    Supponiamo che egli cada accidentalmente contro la stufa e si ustioni gravemente. Questo avvenimento potrà condizionarlo così fortemente per cui più nessuno potrà in seguito riuscire a farlo avvicinare ad una stufa. Lo stimolo della grande stufa nera potrà generalizzarsi al punto di fargli evitare tutto ciò che è grande e nero. Il condizionamento potrà anche essere prodotto da altri stimoli presenti al momento dell’incidente: il colore delle pareti, il rumore della pentola che bolle, l’odore del cibo, e persino le persone che si trovavano nella stanza. Nella vita futura il bambino potrà diventare un adulto che alla vista di una grossa automobile nera entrerà in uno stato ansioso. Questo fenomeno potrà verificarsi anche quando l’incidente della scottatura è stato da lungo tempo dimenticato e la paura delle stufe passata. Le risposte di fuga e di ansia possono essere state generalizzate e rafforzate così che l’unica rimasta, connessa con l’incidente originale, potrebbe essere l’antipatia per un particolare colore. La causa determinante di questa reazione, tuttavia, potrà essere un mistero per l’individuo e per chiunque altro fosse presente all’incidente che lo ha determinato.

    L’iniziale risposta di fuga può diminuire col tempo a mano a mano che il bambino impara che può avvicinarsi ad una stufa calda senza toccarla e senza provare dolore. Quando la risposta di fuga si è verificata ad un alto livello, tuttavia l’effetto stimolo-oggetto potrà essersi generalizzato verso altre cose di uguale misura, forma, colore e suono. La reazione di fuga a quel punto potrà essersi rafforzata continuamente nel corso degli anni di modo che nella vita adulta l’individuo diventerà nervoso, ansioso o depresso, alla vista di qualunque oggetto grosso e nero pur non avendo alcuna paura della stufa che originariamente ha condizionato la risposta.

    Un adulto potrà provare antipatia, o reagire ancor più violentemente ad alcuni colori, suoni, persone o situazioni, senza essere in grado di capire o di spiegarsi il perchè. Questo è indubbiamente dovuto a un precedente condizionamento causato da avvenimenti impossibili da ricordare.

    Vediamo quali possono essere le possibili ragioni per cui un individuo può aver paura dell’isolamento, di trovarsi chiuso in uno spazio limitato come in ascensore e tuttavia non ricordare di essersi mai spaventato per una situazione simile. Una possibilità, che non intendiamo applicare ad alcun caso specifico, ma usare solo a scopo illustrativo, potrebbe essere quella di un padre che gioca con il figlioletto sul pavimento della cucina. Immaginiamo che la famiglia abbia appena ricevuto qualcosa consegnata in una grande scatola di cartone e che il padre abbia infilato la scatola sulla testa del bambino, che la sollevi di tanto in tanto per ischerzo lasciandola poi ricadere su di lui. Una specie di nascondarello: un gioco divertente e un piacevole passatempo per entrambi. Supponiamo ora che il campanello della porta suoni e che il genitore dimentichi, momentaneamente, il bambino infilato nella scatola per correre ad aprire. Egli pensa probabilmente che al bambino non accadrà nulla per pochi minuti, o non considererà neanche questo. Nel frattempo il bambino è in attesa che la scatola venga di nuovo sollevata e quando si accorge che cio non avviene si stanca presto di aspettare. Tenterà di sollevarla da solo e non troverà un punto di appiglio. In questa lotta i suoi piedi potranno toccare uno dei lati della scatola e le mani quello opposto. Potrà avere la sensazione di essere rinchiuso... intrappolato. Nessun essere umano o animale può sopportare questa sensazione. Più cercherà di liberarsi e più si sentirà impotente. Si spaventerà, forse fino al parossismo. Quando il padre finalmente ritornerà, potrà rendersi conto in parte di quel che è accaduto, ma non potrà mai supporre l’intensa impressione provata dal bambino. Se il bambino non smetterà immediatamente di piangere c’è caso che egli lo picchi per interrompere il fenomeno isterico, e questo, naturalmente, non farà che rafforzare l’effetto traumatico dell’avvenimento nella mente del bambino.

    Negli anni seguenti potranno accadere altri fatti che condizioneranno queste sensazioni mentre l’episodio iniziale sarà lentamente dimenticato. In futuro egli potrebbe trovarsi in un ascensore che si ferma improvvisamente fra due piani, e restare anche senza luce. La sua reazione potrà andare da una leggera espressione o sensazione di nervosismo ad una gamma di risposte sempre più violente fino a raggiungere proporzioni di panico. Con tutta probabilità sarà incapace di spiegare le sue emozioni o il suo comportamento, persino a se stesso, e si chiederà se sia o meno un codardo. Potrebbe d’altra parte superarlo facilmente, ma continuare ad angustiarsene irritato per il contrattempo.

    Il punto è che un adulto può spesso comportarsi in una maniera che risulta da un precedente condizionamento anche quando in lui è annullata la consapevolezza dell’episodio condizionante. Ciò vale sia per le risposte positive che negative, di adattamento e inadattamento; per gli schemi di comportamento costruttivi o distruttivi, tutti condizionati in vario modo da precedenti esperienze od avvenimenti; per le risposte condizionate agli stimoli incessanti, interni ed esterni, ai quali siamo tutti esposti.

    Molte sofferenze umane, paure, ansie, senso di colpa e dolore vengono condizionate allo stesso modo. E così nascono i nostri piaceri. Le lacrime non sono il solo frutto di questo strano raccolto. Anche i semi dell’allegria, dell’amicizia, dell’orgoglio e della compassione vengono gettati e coltivati da processi di condizionamento.

    Forse quel che suscita in noi maggior interesse è il fatto che tali risposte non solo sono condizionate, ma possono essere decondizionate, alterate o rafforzate, che risposte negative possono essere sostituite da risposte positive; che l’intera struttura della personalità può essere ricostruita.

    Alcune modificazioni auspicabili possono sembrare facili da realizzarsi, altre difficili, alcune apparentemente impossibili. Lo sapremo solo provando.

    CAPITOLO II

    Impostazione mentale

    Sfortunatamente la storia dell’ipnotismo è tale che il semplice accenno alla parola suscita immagini di maghi, globi di cristallo e turbanti. E’ vero che, sotto forme diverse, si è praticato l’ipnotismo per migliaia di anni incorporandolo nei cerimoniali e nei riti di ogni sorta di culti mistici, di congregazioni e di religioni. Anche oggi possiamo trovare i principi fondamentali dell’ipnotismo nei fattori che sono alla base della maggior parte dei nostri concetti religiosi, ma la stessa cosa possiamo dire di molte altre indiscutibili verità psicologiche che siamo disposti ad accettare come realtà niente affatto mistiche o soprannaturali.

    Dal 1830 al 1900 un crescente numero di medici applicò l’ipnosi a campi sempre più vasti della terapia medica. Si registrarono migliaia di casi per i quali l’ipnosi venne usata con successo per interventi operatorii indolori, dall’incisione di furuncoli all’amputazione di arti e all’asportazione di enormi tumori dello scroto, comunemente considerati dolorosissimi.

    Attraverso gli sforzi di uomini quali Braid, Esdaile, Charcot, Bernheim e Bramwell, l’ipnotismo cessò di appartenere al regno dei fenomeni mistici e venne gradualmente accettato nel campo della ricerca ad orientamento scientifico.

    Con l’avvento degli anestetici chimici come l’etere, l’ipnotismo subì una temporanea battuta d’arresto. I nuovi procedimenti potevano essere usati su

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