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L'Incarico
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Ebook160 pages2 hours

L'Incarico

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About this ebook

Quando Laura scopre il fidanzato tra le braccia di un'altra donna, si ritrova sola, in un paese straniero, senza amici, senza un posto dove andare. L'unica scelta possibile in quel momento sembra essere quella di tornare a casa, delusa e amareggiata.
Eppure si lascia convincere a restare in Spagna per attuare un piano a dir poco assurdo: riconquistare Miguel con l'aiuto di un uomo appena incontrato.
Chi è Aleandro Rojas e cosa vuole da lei? Perché vuole aiutarla? E soprattutto perché suscita in lei emozioni così forti e difficili da controllare?

Per Aleandro, invece, era stato facile accettare quell'incarico.
Non altrettanto semplice era stato portarlo a termine. Laura Molinari non era certo quella bomba sexy e opportunista come lui credeva. Anzi la sua ingenuità e le emozioni sincere che suscitava in lui lo avevano letteralmente spiazzato e catapultato in un vortice di sensazioni mai provate prima.
Ora Aleandro dovrà scegliere se spingere Laura tra le braccia di Miguel e dare entrambi in pasto ai giornali o rifiutare l'incarico e dire addio per sempre alla sua carriera giornalistica.
La verità ad ogni costo oppure continuare a mentire è l'unica scelta possibile?
LanguageItaliano
PublisherEva F.may
Release dateMar 8, 2015
ISBN9786050363616
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    L'Incarico - Eva F.may

    Eva F.May

    L'Incarico

    UUID: ab083d82-575b-11e7-a49f-49fbd00dc2aa

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Sommario

    Voltare pagina

    L'incarico

    Il viaggio

    Una scelta difficile

    L’attesa

    L’arrivo

    Un insolito weekend

    Insieme per sempre

    Una brutta sorpresa

    Fidati di me

    Cambiamenti

    Sparire per un po’

    Mi fido di te

    L’incontro

    La verità

    Il ritorno

    Epilogo

    Voltare pagina

    Roma, 10 agosto

    - Taxi!!! - urlò Laura correndo e sbracciandosi sotto la pioggia rischiando quasi di farsi investire. Il taxi invece tirò dritto come i tre precedenti senza nemmeno rallentare.

    Pioveva a dirotto e lei camminava spedita sul ciglio del marciapiede dissestato.

    Doveva percorrere ancora un lungo tratto di via Appia Antica, almeno fino all'incrocio, per sperare di trovare un taxi libero nei paraggi. Uno dei pochi che quel giorno non avesse aderito allo sciopero naturalmente.

    Per un attimo si soffermò a pensare che la strada che stava percorrendo si trovava lì da più di duemila anni. Certo che le donne dell'antica Roma, con le loro tuniche candide, non avevano il tacco rotto, né il trolley quattro stagioni al seguito e lo zaino in spalla.

    Malgrado i diversi lampioni posizionati un po' a caso, l'illuminazione era insufficiente. Ogni tanto la luna faceva capolino e il cielo sembrava rischiarirsi un po', appena quel poco da poter permettere a Laura di evitare i rami delle siepi su quel viale fatto di buche, di curve e marciapiedi quasi inesistenti, ma le nuvole tornavano ad oscurare subito quel leggero chiarore durato appena pochi istanti.

    Laura aveva 22 anni, sembrava ancora più giovane della sua giovane età. Non faceva nulla per apparire più grande, anzi spesso veniva sottovalutata per il suo viso acqua e sapone e suoi jeans strappati. Anche oggi li indossava, oltre un paio di sandali ormai da buttare e una maglia che le aderiva come una seconda pelle per via della pioggia. Non aveva pensato di indossare la felpa, ed ora questa si trovava in fondo alla valigia. Anche volendo non sarebbe riuscita a recuperarla senza dover tirar fuori tutto. D'altra parte quando era uscita di casa quel pomeriggio c'era un bel sole caldo. Nulla faceva intravedere di lì a poco quel temporale, tipico di una calda estate romana.

    I capelli neri di Laura, di solito folti e ribelli, le stavano ora appiccicati sul viso oscurandole parzialmente la vista, per quel poco che c'era da vedere, ma lei non ci faceva caso, aveva altri pensieri per la testa. Doveva assolutamente arrivare in tempo al porto di Civitavecchia, non poteva certo perdere quel traghetto. L'imbarco era previsto di lì ad un'ora e quel viaggio per lei aveva un significato troppo importante.

    Eppure quella sera sembrava andare tutto storto. Lo sciopero dei taxi, la corsa per non perdere il bus, il temporale improvviso e il tacco dei suoi sandali rimasto incastrato in un tombino facevano da cornice ad una serata che si prospettava davvero pessima. La serata? A pensarci bene questa aurea negativa da tempo le stava attaccata come una cozza allo scoglio e nelle ultime settimane le cose non andavano per niente nel verso giusto.

    Mentre evitava le pozze d’acqua e i rami spinosi delle siepi ripensava a tutto ciò che le era accaduto nelle settimane precedenti.

    Tutto aveva avuto inizio tre settimane prima, quando era stata licenziata.

    In realtà non si era trattato di un vero e proprio licenziamento. Era stata liquidata con una breve email durante il weekend.

    "Gentile Sig.na Laura Molinari,

    Siamo spiacenti di doverle comunicare che il suo incarico presso la nostra Azienda in scadenza lunedì 14 luglio p.v. è da considerarsi risolto."

    Punto.

    Non un chiarimento, né una giustificazione. Purtroppo il suo era un contratto a tempo determinato, ma lei ci aveva creduto davvero. Lavorava già da 18 mesi presso la casa editrice come segretaria personale del capo redattore e alla scadenza del contratto, semplicemente questo non le era stato rinnovato.

    In realtà lei era una illustratrice di libri per bambini, ma aveva dovuto ripiegare su quello che offriva il mercato in quel momento e lo stipendio a fine mese le aveva permesso di vivere per due anni in affitto in un grazioso appartamento sulla via Tuscolana.

    Come se non bastasse proprio adesso la sua coinquilina/amica/confidente Maria con cui divideva l'appartamento se ne era andata correndo dietro ad una compagnia teatrale dove aveva appena conosciuto il suo fidanzato ideale. Almeno così asseriva Maria con una certa convinzione.

    Laura all'iniziò provò a farla ragionare, ma aveva dovuto desistere subito visto che Maria era davvero tanto presa da quella nuova, emozionante ed eccitante avventura. Allora, suo malgrado, l'aveva abbracciata forte augurandole buona fortuna e raccomandandole di non farsi male. D'altra parte anche lei stava vivendo con Miguel, il suo fidanzato da oltre un anno, una fantastica avventura e la sua non era forse una storia imprevista, improvvisa ed emozionante?

    Laura non era riuscita più a trovare un'inquilina che dividesse con lei le spese dell'abitazione al posto di Maria, così adesso, senza un lavoro, aveva dovuto lasciare la casa in cui abitava. Era molto affezionata a quell'appartamentino su una delle vie più trafficate di Roma. Comodo per la posizione strategica vicina alla metropolitana, Laura poteva raggiungere ogni parte della Città, ma quello che più adorava di quel posto era il parco della Caffarella, vicino casa, dove tutte le mattine andava a correre. Lì ogni giorno si soffermava a fare colazione e a scambiare due parole col gestore del Bar del Parco affacciato ad una delle più belle zone verdi della Città.

    Adesso che aveva voltato una pagina importante della sua vita, ci sarebbero stati altri parchi, altri bar e altri posti da scoprire. Le piaceva pensare che non tutti i mali venissero per nuocere, infatti adesso non c'era più nulla a legarla alla Città Eterna. Né una casa, né gli affetti, né un lavoro. Poteva partire senza rimpianti verso Barcellona dove ad attenderla avrebbe trovato Miguel il suo fidanzato.

    Questo pensiero le permise di affrontare il diluvio quella sera con uno spirito nuovo, proprio lei che detestava il maltempo. Stava partendo per trasferirsi nella città del sole e del divertimento. Solo questo doveva bastarle a superare indenne la serata.

    Camminava a passo spedito sotto la pioggia da più di un’ora ormai e di un taxi neanche l'ombra di una ruota. Era zuppa fino al midollo e rischiava di perdere il traghetto.

    Ad un tratto camminando sul ciglio della strada venne investita da un'onda d'acqua più alta di lei fino a bagnarle l'unica cosa ancora rimasta asciutta, gli slip. Dopo un attimo di smarrimento Laura inveì contro la fuoriserie ormai così lontana da riuscire a scorgere appena i due punti luce che dovevano essere i fari posteriori. Ma a che velocità andava? Sicuramente aveva superato i limiti della città. Il guidatore non doveva nemmeno essersi accorto di lei visto che non rallentò neanche un po' per controllare cosa fosse accaduto. Il motore di quella Ferrari aveva coperto tutte le sue ingiurie.

    Ancora furiosa per l'accaduto, finalmente dopo pochi minuti passò un taxi e, caso strano, anche disponibile. A Laura sembrò un miraggio il fatto che si fosse accostato, così salì velocemente sulla vettura senza dar modo al conducente di ripensarci ma lui, invece di partire, la guardò torvo nel momento in cui si accorse che lei lasciava una pozza d'acqua ad ogni passo. Ormai Laura si era seduta sul sedile posteriore e, sostenendo lo sguardo del conducente dallo specchietto retrovisore con fare supplichevole, pensò che per nulla al mondo sarebbe scesa da quel taxi. Doveva avergli fatto proprio una gran pena perché, dopo qualche attimo, di punto in bianco e senza perdersi in chiacchiere, l'autista le chiese dove doveva portarla.

    In un'ora arrivò a Civitavecchia, giusto in tempo per l'imbarco. Era tardi, era notte e Laura era stanca e infreddolita. Non vedeva l'ora di trovare un posto abbastanza riparato per provare a dormire un po' e mettere finalmente fine a quella giornata nefasta.

    Mentre saliva a bordo bagnata fino alle ossa e zoppicante per via del tacco rotto intravide nell'area parcheggio del traghetto il bolide color rosso fuoco che un'ora prima l'aveva quasi fatta affogare in una pozza d'acqua. Non c'erano molte possibilità di incontrare una macchina del genere la stessa sera, doveva per forza essere l'auto di prima. E vicino a questa un uomo panciuto, probabilmente il proprietario, che se la rideva tutto contento. Se non fosse stata così stanca e affranta sarebbe scesa a dirgliene quattro. Decise invece di rimandare il suo sfogo all'indomani, tanto adesso conosceva il suo aspetto.

    L'incarico

    Barcellona, 15 maggio (tre mesi prima)

    Aleandro Rojas non era sicuro di voler accettare l'incarico. Lui avrebbe preferito scrivere di storie fondate, di cronaca e di approfondimenti reali, di gente vera e di vite vissute per la strada. Invece, a quanto pare, doveva accontentarsi di uno stupido incarico, quello che il Capo redattore Juan Pérez gli stava propinando. Il compito era quello di rintracciare in Italia la donna misteriosa che aveva fatto quasi capitolare il viziatissimo rampollo dei Torres, Miguel.

    I Torres erano una famiglia altolocata proprietaria del Circolo Nautico più importante di Barcellona. Circolo dove si poteva accedere solo su invito dei soci naturalmente.

    Insomma, secondo le disposizioni del Direttore del giornale elPeriódico, Aleandro sarebbe dovuto partire per l’Italia, per poi riuscire a trovare questa femme fatale e carpire da lei ogni dettaglio circa la sua relazione con Miguel Torres: da quanto tempo andava avanti, quali i progetti futuri, ecc, In ultimo ottenere, con o senza il loro consenso, una foto di entrambi, possibilmente in atteggiamento ambiguo.

    Gli uffici del Direttore Responsabile e del Capo Redattore Juan Pérez si trovavano al 9 piano dell'edificio sulla Ronda Litoral, la lunga via alberata che costeggiava la spiaggia.

    C'era una vista splendida guardando fuori dalle vetrate. Aleandro continuava a fissare il mare, in silenzio, mentre Juan Pérez gli spiegava per bene i termini del lavoro che gli stava proponendo.

    Giù in spiaggia c'erano dei giovani che correvano verso le onde con il loro surf, e poi si fermavano a cavalcioni, aspettando con infinita pazienza l'onda perfetta. Nessuno poteva suggerire loro il momento giusto a cavalcare l'onda. Era una questione di intuito. Solo un istinto naturale e la propensione all’ignoto potevano dare a quei ragazzi la soddisfazione di essere riusciti a cogliere l'onda perfetta.

    Ora come non mai Aleandro doveva ascoltare il proprio istinto. Proprio come quei ragazzi col surf. Non poteva attendere la prossima occasione, né poteva rifiutare l'incarico senza aver valutato i pro e i contro. Doveva ascoltare il proprio istinto, solo di lui si sarebbe fidato.

    Juan Pérez gli stava spiegando che l’incarico doveva essere svolto sotto copertura e che nessuno, per nessun motivo, doveva venirne a conoscenza.

    Lavoro e divertimento. Barcellona era fatta così. Un mix di uffici e negozietti turistici, di gente in giacca e cravatta letteralmente investita dai giovani sui roller.

    L'agitazione tipica della Rambla a due passi da lì contrastava con la calma apparente e la tranquillità di quell'ufficio al 9° piano. Le stanze dei capi erano silenziose, quasi ovattate, al riparo da qualsiasi disturbo o seccatura.

    Cosa che non si poteva certo dire degli otto piani sottostanti, dove si trovavano la redazione, l'ufficio grafico, le postazioni dei giornalisti e degli inviati che curavano le loro belle rubriche al giornale. Quasi tutti i giorni, da 10 anni, Aleandro attraversava quei corridoi e le stanze dal ritmo frenetico per proporre un nuovo articolo, una notizia, uno scoop. Ma lui una scrivania nel giornale ancora non l'aveva, era solo di passaggio. Fare il freelance da 10 anni per lo stesso giornale lo aveva un po' stancato e quel giorno era determinato a comunicare al suo capo l’intenzione di cambiare aria per un po'.

    Prevedendo la sua mossa però Juan, prima ancora di farlo parlare, gli offrì questo nuovo incarico, certo di poter far leva sull'ambizione di Aleandro per un posto fisso in redazione.

    Notando la sua esitazione Juan gli disse:

    - se riuscirai a portare a termine questo lavoro, potrai avere una scrivania qui al giornale. Naturalmente non ti dovrai più occupare di pezzi scandalistici. Potrai dedicarti alla cronaca di strada come mi hai sempre chiesto di fare.

    Insomma per Aleandro si trattava di poter avanzare nella sua carriera di giornalista con un bel salto di qualità. Ambire al posto che aveva sempre sognato di avere.

    Cosa importava se Miguel Torres si era invaghito di una procace donna italiana, non sarebbe stato né il primo né l'ultimo

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