Solo le parole migliori del silenzio
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Solo le parole migliori del silenzio - Cotrozzi Livio
L.
... tutto iniziò così.
Mi ci vorrebbe un po’ d'amore
per digerire tutto il veleno
che fuma dal cuore
che invisibile, vola come
una rondine che non ha indirizzo.
Sei così bella che dovresti scappare,
e non lasciare che i tuoi occhi
s'abituino al buio,
d'una strada banale, piena
di motori che non lasciano traccia,
perché, come quando piove
le ore passeranno come
un abito invecchiato
come un bacio, come un soffio.
Mi ci vorrebbe una valanga d'amore
per coprire la calce sul cuore
che fischia ai treni
che arruffa ai fiati e ai sospiri
che lasciano sconditi,
senza di te
Nude Nuvole
prologo
piantina della sua città inglese. Non ho voglia di ritrovarmi così, con il mio computer, rispedirmi inquadrature della mia Roma. Ho già tanta nostalgia delle azuleje e della breve estate con la mia di Azuleja, che solo mentre ve lo racconto m’accordo con la mia anima e proverò ancora a rimanere qui, a camminare per la mia terra, cercando d’imparare, per non dimenticare che questa Italia non ha bisogno di copiare, ma quello d’insegnare, siamo come un’otre pieno di vino che trabocca, dove nessuno vuole abbeverarcisi, eppure, la nostra storia è la storia di tutti gli altri.
Era un dovere che ve lo dicessi.
Le storie che seguono sono quello che mi rimase di Musashi.
Perché solo ora ve le racconto? Perché ieri l'ho rivisto. Bevevo caffè in piedi in una popina moderna e cercavo di scrutare il mondo riflesso nel vetro coperto di bottiglie, quando la porta si aprì e mi sono sentito chiamare.
Sapete quando vi risvegliate dal sonno? La sensazione di viverci ancora dentro? Mi voltai e vidi un uomo con la barba, sporco. Si avvicinò e mi fissò dritto negli occhi.
Oggi, dopo mesi, ancora non vuole raccontare dove è stato in questi sette anni. Scrive, tanto. Ogni tanto mi fa leggere quello che scrive, prima che lui lo bruci.
Ho deciso di raccontarvi quello che ricordo delle sue storie, una breccia nella sua vita e iniziano da qui.
È il 2006, il futuro come sempre è avvolto da un quantum leap e Musashi è pronto a saltare.
A causa d'amore
Quest’anno ho scelto di rimanere nella mia città per Ferragosto. Oramai non capisco più perché si debbano ancora festeggiare giorni come se fossero speciali… ancora speciali.
In verità volevo andarmene a Lucca, è tanto che volevo rivedere quella città, riascoltare quei suoni, che non so perché ma mi fanno stare bene, ma tenevo di più a vedere un sorriso.
Quante persone come me avranno deciso di buttare alle ortiche un viaggio, per avere tra le mani quelle di chi non aspetta altro che stringere le tue, ma ha paura di tenertele strette? Nel cuore ho solo il vuoto e un enorme desiderio di sentirmi abbracciato per quello che sono ,ma c’è un’ombra… che copre, come una poesia fa di parole dell’amore.
Non riesco a stare lontano da quei suoi occhi, che mi guardano come il sole e bruciano in un attimo tutta la rabbia e la paura. Ferragosto è stato delizioso. Tra gli alberi d’un bosco nascosto nella mia città.
Non sopporto più di vivere solo, come quei sentieri vuoti, che non aspettano altro che qualcuno li attraversi, ma in silenzio, magari scoprire un’anima solitaria stesa al sole , su d’una panchina con in mano una bottiglia d’acqua.
Viste dall’alto tutte le città sembrano uguali e stare lì, seduto accanto a lei, che giocava con lo sguardo, a cercare quella farfalla che ciondolava al vento caldo, ed io a baciarla sul collo, lungo, come la sua tristezza e la sua vita così… bella.
Forse era destino, quello inevitabile ch’è fatto anche delle scelte di altri, che si mischiano alle tue. Vivevo, fino ad ora cercando di sapere più di quello che sarebbe stato logico sapere, ma l’altro giorno ho visto una vita che non ricordavo più… l’ho lasciata andare avanti da sola, volevo ancora rivederla camminare, oscillare, accompagnando i suoi passi con lo sguardo, su quel sentiero in quel bosco prensile.
Vieni a prendermi, amami.
Cercami tra quei sogni e
Fai si che siano più forti degli incubi
Perché vivere senza sapere
Che t’addormenti pensandomi
Sarebbe solo vivere
Ed io invece voglio dirti
Che dentro il mio nexus ci sei solo tu.
Stamattina mi sono svegliato con uno strano sentimento.
Volevo rivedere la mia azuleja, che mia non è più, per dirgli che non potrò dimenticare mai tutte le sue carezze, i suoi sorrisi in mezzo al vento portoghese, che è come una spina che maledetta uccide. Ma tu sei sempre un sorriso che io, basta chiuda gli occhi, sento ritornare la voglia di stringere come rose le spine.
Forse per questo o per altro, oggi sono qui a riassaporare quei baci e quegli abbracci e tu, vita scusami, se ti ho tradita con un’altra vita ,ma è stato solo a causa d’amore.
Un amore infinito
Lo dico da tanto: bisognerebbe fare un poco di silenzio…
Che ci crediate, oramai è un anno che vi racconto le mie storie.
A dire il vero Musashi, nato solo, s’è ritrovato immerso fino al naso con storie non sue, ma che lo sono diventate, ed oggi, visto che non vuole più parlare, lascia a me il compito di spiegare, di raccontare…
V’è mai capitato di cercare una cosa così a lungo, che quasi non potete vivere senza quell’affannosa ricerca? Qualunque cosa sia, non importa, Musashi, nato per parlare d’amore, s’accorse che per lui amore non c’era, piano, io me ne ero accorto, smetteva di sorridere, di girar la testa al passaggio di belle figliole, nei suoi occhi riuscivo a vedere una tristezza che non gli apparteneva. Ma lui continuava.
-sono nato per l’amore
mi ripeteva, ed io lo lasciavo fare, sapevo per da me che era inutile fargli capire, che almeno una volta nella vita, bisogna far le cose per noi stessi.
La sua azuleja s’era nascosta lontano, eppure lui era li solo per lei. Continuava a vivere, lo vedevo ciondolarsi a volte tra il salotto e la cucina, raramente riuscivo a farmi accompagnare nelle mie frequenti puntate all’osteria. A Musashi non piaceva il vino, lui preferiva la birra, quella scura di Dublino.
Un bella sera tiepida di primavera, era steso sul quel divano logorato, mi chiese di raccontargli una storia.
-sei tu il narratore
gli risposi, lui si girò a guardarmi.
Non avevo mai visto Musashi piangere. Il suo viso perdeva ogni espressione, solo i suoi occhi luccicavano piccole lacrime, che lasciava scendere a sgocciolar sul collo.
Mi ricordai della sera che l’incontrai. Lui rideva come un pazzo, felice della vita e decisamente alticcio.
- hei amico, me li regali due minuti della tua vita?
,
diventarono 365 giorni passati a sentirci come vecchi amici… come amanti appassionati… come fratelli.
No, non avevo mai visto Musashi piangere, ed a me prese a ridere.
Risi d’una risata enorme e liberatoria, lui mi guardò e alla fine disse:
- non so se sono più stupido io o stupido tu. Ho aspettato un anno, per poter far tornare il sorriso sul tuo cuore. Le ho provate tutte, lo sai ed ora, quando è arrivato il momento d’andarmene tu ridi…
- te ne vai?
chiesi.
-si, è arrivato il momento che anche per me ci sia amore, cosa credi che quelli come me non possano provarne?
- assolutamente no! Ho sempre pensato che solo tu potessi provarne…
- non sono speciale, sono proprio come te, ho anch’io bisogno di vedere due occhi e sfiorare due labbra con le dita…
-cosa vorresti dire…
- ti racconto la mia ultima storia….
Lo vidi sollevarsi da quella posizione scomoda, che aveva sempre quando sonnecchiava sul divano, prese un poco di tabacco, una cartina e cominciò a raccontare.
-" Lei era bella, dal passo oscillante su quei bei piedi nudi, che sulla moquette non lasciavano traccia. Lui era sempre lì, nel corridoio infinito, ogni volta che lei passava e con gli occhi cercava. L’aria. Il suo cuore era pesante degli anni passati e con le mani ripeteva la sua rabbia sanguinosa. Lei passava e lo guardava, ma mai una volta i suoi occhi s’erano fermati sui suoi. I giorni scorrevano, accompagnati dal ticchettio del suo orologio, sempre uguali. Oggi lenti, ieri rapidi. Lei continuava a camminargli accanto, ma mai una volta i loro occhi s’erano visti. Lui aveva paura di parlargli. Le parole che aveva, le lasciava per un sogno svanito troppo presto. Lei l’ascoltava, ma non gli rispondeva. Un giorno, succede sempre così, lei scoprì il suo nome, tra le frasi d’un racconto che aveva letto e