Didier e la piccola Babette
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Didier e la piccola Babette - Gaston J. Algard
Algard
1
LUNEDI’, 20 OTTOBRE
Era domenica pomeriggio quando il cadavere di una bambina intorno ai sei anni, completamente nudo e semi nascosto da un cespuglio, era stato trovato nel parco. Agnès Didier, ispettore capo della criminale, era fuori Parigi a casa della madre. Sul posto era andato l’ispettore Albert Mulé, di servizio in quel giorno festivo di fine Ottobre.
Il lunedì mattina Mulé appena la sentì entrare nel suo ufficio, si alzò con fatica dalla sedia, attraversò la stanza e bussò alla porta di comunicazione. Non attese risposta ed entrò.
«Buongiorno commissario, passata una buona domenica…?»
«Salve Mulé. Ho riposato un po’… Ma lei, piuttosto, non doveva essere di riposo questa mattina? Ieri era di servizio…»
«Ho preferito riferirle di persona…»
Didier si accorse subito che non si doveva trattare di buone nuove. Mulé aveva gli occhi infossati, non si era neanche rasato. Sedette, facendo segno a Mulé di fare lo stesso.
«Questo è il mio rapporto…» disse lasciandosi cadere sulla sedia ed appoggiando una cartella sulla scrivania.
«Mi sintetizzi a voce…»
«Un porco ha ucciso un’altra bambina… L’abbiamo trovata ieri pomeriggio.»
«La sua identità…?»
«Per ora nulla… Stiamo controllando le denunce degli scomparsi, ma nessuna descrizione al momento corrisponde. Avrà circa cinque anni…»
«È la seconda in questo mese… E più o meno della stessa età. Cosa dice il medico legale…?»
«Ad un primo esame è morta per soffocamento… Cianosi al volto, schiuma agli orifizi respiratori, ecchimosi sotto congiuntivali…»
«Mulé mi risparmi i particolari…! Avrò tempo di leggerli sul referto. Mi dica il resto…»
«Sicuramente non è morta sul posto, ma vi è stata trasportata… Il dottore fa risalire la morte tra le otto di sera e la mezzanotte del sabato… Completamente nuda e nessun segno particolare. Salvo alcuni segni sui polsi e le caviglie. Esattamente come l’altra…»
«Non è Flammarion che svolge le indagini per l’altra piccola…?»
«Sì. Quello nuovo… Sino ad ora ha fatto un buon lavoro. Ma di colpevoli nemmeno l’ombra…»
«Cosa intende per buon lavoro…? L’ultimo rapporto che ho letto sei giorni fa diceva che stava seguendo una pista. Non ne ho saputo più nulla…»
«Segue dei pedofili… Cassette pornografiche a livello industriale…»
«Mi chiami il dottor Lacroix. Voglio seguire l’autopsia, potrebbe esserci utile… Lei pensa che questo caso sia da collegare all’indagine di Flammarion…?»
Mentre Mulé faceva il numero, rispose alle domande.
«Le cause della morte sembrano le stesse, e poi i segni sui polsi e le caviglie… Anche questa è stata soffocata. Non si notano altri segni di violenza esterna…»
«Chi l’ha trovata…?»
«Un certo Dominique, non ricordo il cognome… È nel rapporto. Era al parco con il cane. Un alsaziano. Quello si è infilato in un cespuglio ed ha cominciato ad abbaiare. Così lui ha scoperto il cadavere. Sì è sentito male, capirà ha quasi settantanni… Però si è ripreso, ha cercato un agente di polizia e lo ha portato sul posto. Il cane è addestrato. È rimasto seduto di guardia vicino al corpo della piccola, finché lui non è tornato… Lacroix è al telefono…» concluse, passandogli la cornetta.
«Buongiorno dottore, sono Didier. Ha già fatto l’autopsia della piccola…? Quella del parco.»
«Buongiorno commissario… Inizierò verso le dodici. Avevo altri due cadaveri più urgenti. Sembra che la domenica invece di riposare tutti pensino a morire… Tra l’altro oggi sono solo, l’assistente di turno ha pensato bene d’ammalarsi. Fino a domani non ho nessun aiuto.»
«Sarò da lei a mezzogiorno. Voglio essere presente con gli ispettori che seguono il caso. A più tardi…»
Mulé la guardò leggermente nervoso. Non pareva gradire la prospettiva di quella visita.
«Ma devo venire anch’io…?»
«Sì. Lei e Flammarion… L’avvisi. Ovunque egli sia.»
Verso le dodici l’auto si fermò davanti all’Istituto di Medicina Legale. Come al solito, Didier cercò di allontanare il fastidio che ogni volta la prendeva. Anche se abituata sin dall’Università, non poteva nascondere il disagio per quel luogo di morte. Una morsa la prendeva alla bocca dello stomaco e non la lasciava finché non era nuovamente fuori, all’aria aperta. E qualche volta se la portava dietro anche per alcune ore.
Cercò d’essere disinvolta. Con lei c’erano Mulé che, anche se rude e corpulento, non aspettava altro che lei desse un segno di cedimento. Poi Flammarion. Non lo conosceva ancora bene. Alto e magro, sui quaranta, capelli biondo chiaro, viso leggermente abbronzato, non sembrava dare segni di fastidio. Almeno sino a quel momento. La prova sarebbe venuta dopo, davanti al cadavere.
Un inserviente li accompagnò sino al secondo corridoio, davanti alla porta della sala delle autopsie. Fece cenno di aspettare, mentre entrava per avvisare Lacroix. Un leggero odore, acre e dolciastro allo stesso tempo, fluttuava nell’aria. Mulé tirò fuori un fazzoletto e si asciugò la fronte. Flammarion se ne stava in silenzio, impassibile. Più avanti, girato l’angolo del corridoio, si udì un rumore di voci che si avvicinavano. Apparvero due inservienti in camice che trascinavano una barella a ruote. Portavano un nuovo cliente, chiuso nel sacco. Passarono davanti ai tre, continuando a chiacchierare e s’infilarono in una porta in fondo. Mulé sbottò.
«Commissario, non mi sento molto bene…»
«Mulé, per favore, non faccia il bambino… Ne avrà visti di cadaveri nella sua carriera…»
«Pure troppi… Ma è un’altra cosa. Qui li aprono come agnelli. Non so se reggo allo spettacolo…»
«Reggerà, reggerà… Si faccia forza. Vedere è meglio che leggere un rapporto. Abbiamo bisogno d’indizi. Da quello che mi ha raccontato Flammarion in auto, non mi sembra che ne abbiamo molti, al momento.»
Furono interrotti da Lacroix che si affacciò alla porta.
«Commissario, la piccola è in arrivo… Se volete entrare…»
Didier lo seguì. Flammarion dietro di lei. Mulé, qualche passo indietro, che si guardava intorno. In tanti anni non era mai entrato lì. Al massimo aveva accompagnato qualcuno per un riconoscimento. Alle pareti piastrelle bianche immacolate, come sul pavimento. Due inservienti, in fondo, erano impegnati a portar via il cliente appena esaminato. Un terzo stava finendo di lavare con un getto d’acqua il tavolo d’acciaio. Mulé si fermò. Gli altri erano avanti a lui, quattro o cinque metri, chiacchierando.
«Cosa le interessa, in particolare, commissario…?» chiese Lacroix mentre s’infilava sul camice un grembiule di gomma e dei guanti.
«Per prima cosa se ci sono indizi che colleghino questa morte a quella della prima vittima, quella di circa sette anni, che ha esaminato quindici giorni fa. Rammenta…?»
«La ricordo sì. Povera piccola… Ho capito. Ora vedremo…»
In quel momento rientrarono gli stessi inservienti con una barella. Si avvicinarono al tavolo delle autopsie, alzarono il telo, presero con delicatezza un corpicino e lo adagiarono sul freddo acciaio, sistemandolo a faccia in su, coprendolo con un lenzuolo, mettendosi in disparte in attesa.
Lacroix si avvicinò ed alzò lentamente il telo. Un piccolo essere dalla pelle chiara si presentò ai loro occhi. Il volto leggermente cianotico, i capelli biondi tagliati corti un po’ scarmigliati. Le labbra fini di un rosso scuro. Dagli orifizi del nasino una schiumetta incolore raggrumata. Didier si avvicinò osservandola in silenzio.
«Sembra che dorma…»
«Già…» bofonchiò Lacroix «allora vediamo… Sui polsi vi sono leggerissimi e sottili segni rossi. Dopo l’esame al microscopio potrò dire con che cosa è sta ta legata. Sempre che trovi qualche frammento. Sul corpo dell’altra piccola non ho trovato nulla…»
Prese da un banco vicino una lente d’ingrandimento e cominciò ad osservare.
«Guardi pure lei commissario…» le disse passandole la lente, «il segno è molto fine e leggero… Non si nota una forte abrasione del tessuto. Dall’esame dell’altra bambina ho dovuto arguire che era stata legata con un filo sottilissimo, sicuramente di nylon… Come quello usato per la lenza da pesca…»
Didier dovette convenire che probabilmente Lacroix aveva ragione. Si notava la pelle arrossata. Ma il segno era netto, pulito. Non escoriato come quello che una cordicella ruvida avrebbe prodotto.
«Filo di nylon trasparente…» disse Flammarion, «non legato tanto stretto, altrimenti si noterebbe…»
«Cosa vuol dire Flammarion…? Cioè perché trasparente?»
«È il sistema che usano per mettere braccia e gambe in una certa posizione e poi filmare, i maledetti, senza che si veda il filo. Capisce perché deve essere trasparente e non legato stretto…?»
Didier ebbe un leggero brivido nella schiena. Flammarion ne sapeva più di quello che aveva scritto sul rapporto. Lacroix continuò ad alta voce l’esame del corpo.
«Credo che l’ispettore abbia ragione… Gli stessi segni li troviamo alle caviglie…» Ed indicò con il dito guantato.
«Come potete vedere nella parte anteriore non vi sono segni di violenza o percosse…»
Girò lentamente il corpo su un fianco.
«Dietro nemmeno…» Lo girò sull’altro fianco, « neanche qui.»
Mulé, rimasto indietro, resosi conto che Lacroix non aveva iniziato a sezionare, si era avvicinato coraggiosamente.
«Qui invece riscontriamo