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Amore, Amaro
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Amore, Amaro

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About this ebook

una storia vera che si svolge in un paese della bassa Lomellina, Mede, un a ragazzina di quattordici anni viene suo malgrado invischiata in una torbida relazione che si svolge con Lei, Lui e le Altre.
LanguageItaliano
Release dateJul 1, 2015
ISBN9786051766140
Amore, Amaro

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    Amore, Amaro - Rosmery Zucconelli

    AMARO

    Capitolo 1

    Mi chiamo Rosina, derivo da una famiglia semplice, mio padre era un trattorista, il suo lavoro era la terra. Mia madre accudiva i sette figli messi al mondo, cinque femmine e due maschi.

    Al mio quattordicesimo compleanno, i miei genitori mi fecero per regalo un motorino, (motociclo) ) cosi quando mio fratello più grande Manuele andava in giro con la sua motocross, assieme ad altri amici, anche io avevo il mio mezzo per spostarmi, senza che salissi in motocross con qualche altro amico.

    Avevo quattordici anni, ma volevo di già entrare nel mondo del lavoro, anche se mio padre diceva che era troppo presto per andare a lavorare. Io testona, non ascoltai e cosi mi misi alla ricerca. Trovai lavoro in una fabbrica di maglieria, nel paese stesso, ero così contenta finalmente guadagnavo qualche soldino. Il proprietario della fabbrica mi chiese…

    << Sai cucire a macchina?

    << Si, me la cavo abbastanza bene, ho imparato qualcosa con la macchina da cucire di mia madre.

    Bene; mi disse. Mi diede da provare subito in quel’istante un maglione con da cucire sopra due tasche, provai, ne fu soddisfatto e entusiasta è cosi mi diede subito il lavoro. Arrivai a casa a piedi con il sacco sulla bicicletta pieno di maglioni da cucire in esse le tasche. Il mio primo lavoro. Durante la settimana, la lavatrice di mia madre fece capricci, cosi telefonò a un elettricista per il guasto, il giorno seguente si presentarono due uomini, cioè uno era un uomo, l’altro un ragazzo di venti anni. Mentre io eseguivo il lavoro ai maglioni, il ragazzo più giovane passò davanti alla stanza di cui mi trovavo, mi vide. Poco dopo mia madre venne da me e disse..

    << Rosina, vai a prendere il pane è quasi mezzogiorno.

    << Ok, mi vado a cambiare d’abito.

    Salii ai piani superiori, per cosi cambiarmi d’abito, ritornando da basso, il ragazzo di nome Marietto mi guardò facendomi un sorriso, poi chiese a mia madre..

    << Ma! quella ragazza è una gemella, ho visto l’altra che cuciva dei maglioni, lavoro di maglie e poi questa.

    << No! è sempre la stessa, si è cambiata d’abito per andare a fare una commissione.

    << Pensavo due gemelle, come si chiama?

    << Chi mia figlia? Rosina.

    Quando entrai in cucina per prendere i soldi che mia madre preparò sul tavolo, rividi Marietto, mi misi a sorridere, quel grosso nasone che aveva, stonava nel il suo volto, era un po’ goffo, la sigaretta accesa tra le dita, mentre sistemava i fili della corrente, il suo collega lo prendeva in giro, gli diceva..

    << Dai! Marietto, diglielo che ti piace, invitala ad uscire.

    << No! no, suo padre mi risponderà di no, non vuole.

    Me ne andai, quando ritornai a casa mia madre disse;

    << Quel ragazzo mi ha chiesto se eri una delle gemelle, non s’è accorto che eri sempre tu.

    << Che stupido, ha la faccia da cretino, ma che vuole.

    La domenica era fatta per alzarsi presto dal letto, fare colazione, fare le faccende domenicali e poi andare a messa. Finita la messa subito diritti a casa. Io e le altre mie sorelle più piccole, andavamo ogni domenica alla chiesa, cioè non sempre, ma la scusa era quella per uscire, semplicemente passeggiavamo per il paese, magari andando per ultimi minuti in chiesa per farci vedere che ceravamo anche noi, caso mai qualche vecchietta spiona raccontava tutto a mia madre.

    La domenica pomeriggio era dedicata, dopo aver lavato i piatti a turno tra sorelle, che dalla quale una sorella minore inventava sempre qualcosa per non lavare mai i

    piatti, cioè lei Marilena, si faceva venire sempre il mal di pancia ogni volta, si chiudeva in bagno è il tempo passava, più ci si stava in casa, meno si stava a passeggio, cosa si poteva fare in questo caso? Anche se ci dava fastidio questo giochetto fatto da Marilena, dovevamo lavarli noi altre, i piatti, pur di uscire presto, il tempo a disposizione erano solo tre ore, non oltre altrimenti si sentiva la solita storiella…( la prossima volta non uscite per tre ore, ma per due…ecc… bla..bla…bla.)

    Il pomeriggio ci si infilava al cinema, oppure in giro per il paese con altri amici della stessa età, oppure a volte con il motorino che mi regalò mio padre, per il mio compleanno, andavo in compagnia con mio fratello Manuele e i suoi amici di motocross, a vedere delle gare di moto, svolte nei paesini vicini. Mi ricordo che una domenica pomeriggio mentre ero in camera per prepararmi per uscire con le mie sorelle, sentii una moto entrare nel cortile e fermarsi sotto casa mia, mi affacciai dalla finestra per vedere chi era, Manuele aveva tanti amici con la moto, affacciandomi rividi quel brutto nasone di Marietto, rimasi appoggiata sul davanzale della finestra, volevo capire che diavolo faceva a casa mia, vidi uscire Manuele, parlarono e risero, cose da ragazzi credo. Finito di prepararmi scesi giù per le scale, nel mentre Marietto e mio fratello entrarono in casa, Lui, mi guardò e disse

    ( Ciao ) gli risposi ( Ciao ). Manuele lo chiamò in cucina, non so per cosa, c’era mio padre seduto a tavola che si fumava una sigaretta, mia madre faceva il caffè. Dissi;

    << Noi andiamo. Siamo pronte.

    << Alle cinque a casa, non un minuto di più. Capito?

    << Va bene. Ciao.

    Uscimmo dalla casa, mi girai a dar un sguardo a quel nasone di Marietto, mi guardava facendo finta di nulla. Mi misi a ridere.

    Durante la settimana, Manuele disse che la domenica in arrivo, c’era una gara di motocross in un paese chiamato Monte Valenza in Piemonte, se volevo andare anch’io, dissi di si, però doveva dire alla mamma che si stava fuori un po’ di più di tre ore, ci pensò lui a dire tutto, cosi facemmo. Arrivata la domenica il rombo di alcune moto entrano in cortile, mio fratello aveva radunato alcuni amici, di cui Lui, quando furono tutti pronti per partire, io con il mio motorino. Disse;

    << Sali con me, in moto, ti porto io.

    << No! io ho la mia moto.

    << Ti portavo io, ma se non vuoi..

    << No! non voglio, pensa per te.

    Ci avviammo verso questo posto, strada facendo, certamente io non andavo veloce come loro con quelle

    moto, però me la cavavo ugualmente, non ero troppo distante dal gruppo. Lungo il percorso, più volte Marietto venne vicino per far si che non stavo troppo indietro, anche perché il posto destinato non lo conoscevo. Mio fratello e gli altri tiravano in velocità con la loro moto cross.

    Già, Marietto incominciò a farmi la corte, gli piacevo e a me non dispiaceva questo, mi sentivo un po’ sciocca, ma all’idea di avere un ragazzo mi attirava, anche se Lui non era il principe azzurro che mi aspettavo di incontrare nella mia vita amorosa, aveva non so cosa…era un ragazzo che a modo suo ti comunicava che gli piacevi, ma più delle volte ti ci scambiava per un ragazzo.

    Si comportava con me come ai suoi amici maschi, mi dava fastidio perché io ero una ragazza, una giovane fanciulla. E lui era cosi deficiente, non aveva una misura, trattava tutti alla stessa misura.

    Ragazzi che vogliono fare i grandi uomini.

    L’ignoranza giovanile, la non esperienza,

    più da parte mia che alla sua.

    La voglia di diventare grandi, di gestire

    la propria vita, anche a spese proprie.

    L’inizio di una storia, quella storia che

    si porta sulle spalle per tutta la vita.

    Forse dimenticandola, forse scordandone

    nella propria mente, soffocando i dolori

    nel proprio respiro, rimanendo nel cuore.

    Continuando la vita…. In bianco e nero.

    Capitolo 2

    Era estate, le giornate erano calde e meravigliosamente belle. Avevo un ragazzo, ( non proprio, diciamo) ogni volta che Marietto veniva a casa mia, con la scusa di mio fratello, cercava sempre in qualche modo di parlare con me, anche se io ero ancora poco convinta di averlo come fidanzato, l’idea era allettante ma non volevo fare la fine della mia amica che abitava nello stesso cortile, porta accanto, fidanzata in casa è non poteva uscire più se non cera il suo fidanzato, no..no…io non volevo a questo livello, perciò gli dissi;

    << Senti, io non mi fidanzo con te, voglio divertirmi, voglio uscire….

    << Io vado da tuo padre e gli dico che ti voglio come fidanzata e cosi vedremo.

    << Prima proviamo. Se va, ok, ci fidanziamo. Ma non adesso è presto.

    << No. no…perché aspettare.

    Accidenti non volevo questo, io dovevo decidere, non mio padre, ero troppo, troppo giovane per un serio fidanzamento, lo vidi, prima a parlare con mia madre, non riuscii a capire cosa le stava dicendo, so solo che mi incavolai di brutto, quel giorno litigai con Marietto gli dissi di andarsene che non lo volevo, non mi

    piaceva, poi ….

    << Vattene.. non ti voglio, non osarti a dire qualsiasi cosa a mio padre, io decido su di me capito? Vatteneeee…

    << Io invece ti voglio, ho parlato con tua madre, voglio fidanzarmi con te, domani sera vengo a chiedere la tua mano, a tua padre.

    << OOOOhhh….No! Non osarti fare questo, capito, poi noi non ci siamo mai baciati e se non mi piaci? Non voglio un fidanzato che non mi piace.

    << Sei tu che non mi vuoi baciare, proviamo adesso ti piacerà. Non vuoi fare mai niente, un bacio, no! Scopare, no! Io ho voglia..

    << Ma che me frega. Un bacio. Una scopata. Ma sei maniaco schifoso, tira pippe, ma vattene via scemo. Va..va da mammina tua.

    Ero arrabbiatissima, cosi nera e furiosa, accidenti come cavolo facevo a fermarlo. Mia madre, dovevo parlare con mia madre, ma poi dico, come era possibile che lei aveva deciso tutto senza parlarne con me, sentire, ascoltare i miei sentimenti.

    << Mamma io non voglio che Marietto parli con il papà.

    << Per cosa?

    << Per cosa, lo sai vuole chiedere la mia mano, io non lo voglio non mi piace.

    << Stasera viene. Io a tuo padre, ho già detto qualcosa, siete giovani, non è che vi sposate domani.

    << Sposate?? Io non voglio sposarmi e tanto meno lui. Se dice qualcosa, io scappo da casa, guarda che lo faccio.

    << Non fare la stupida è di buona famiglia, hanno case e i soldi non gli mancano. Farai la signora.

    Ascoltai le parole che uscirono dalla bocca di mia madre, non mi parve vero pensava di sistemarmi con un benestante, incredibile, pensava alla casa! I soldi!? Non pensava alla mia felicità, pensava tutt’altro. Non mi chiese se ero felice con LUI, non me lo chiese mai. Non mi chiese mai se avevo dei progetti futuri, cosa mi sarebbe piaciuto diventare, cosa fare da grande, i miei desideri, nulla, mai una domanda del genere.

    Mi sentivo venduta in quell’istante, la rabbia per mia madre prese il soppravvento, la odiai per il resto della vita per quello che mi stava preparando, il mio destino era il destino che manovrò lei, sapevo che non c’era nulla da fare, non avrebbe cambiato idea, il parere di mio padre era solo simbolico, lei aveva scelto per me.

    Passai tutta la notte sveglia, piangevo, non volevo che la mia felicità, la mia vita fosse scelta da mano dall’altri, le idee in testa mi frullarono come il vento, dovetti cercare di pensare come gestire il mio futuro, giocare una carta

    vincente con la mia vita pur di uscire dalla famiglia, tra lacrime e dolore, mi venne in mente come fare, giocare le carte contro la mia volontà.

    Il giorno seguente, non potevo, non riuscivo guardare in volto mia madre, la odiavo del male che mi stava causando, ma se questo lei voleva allora ok, lasciai che Marietto chiedesse la mia mano. Alla sera dopo cena, arrivò. Ero in stanza del lavoro, cucivo le tasche, non gli andai nemmeno incontro a Lui, anzi chiusi la porta per non vederlo passare, le mie sorelle erano, alcune contente, alcune no, capirono cosa mi stava facendo mia madre e per loro non era giusto ma non potevano dire niente, non si poteva parlare. Passarono quasi due ore, quando la porta della cucina si apri, venne fuori Marietto, in volto era più rosso lui che un cesto di fragole mature, mi venne vicino, io ero seduta davanti alla macchina da cucire con un maglione sulle ginocchia, lo guardai senza dire nulla, il suo volto diceva già abbastanza per due, dietro lui usci mia madre battendo le mani dicendo…

    << Tanti auguri,

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