L’alcaloide vegetale Voacamina esercita un effetto chemiosensibilizzante su cellule tumorali farmacoresistenti mediante l’induzione del processo autofagico
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L’alcaloide vegetale Voacamina esercita un effetto chemiosensibilizzante su cellule tumorali farmacoresistenti mediante l’induzione del processo autofagico - Pasquale Lista
6. BIBLIOGRAFIA
1. INTRODUZIONE
La chemioterapia, insieme alla radioterapia e alla chirurgia, rappresenta ancora oggi una delle strategie maggiormente adottate nella lotta contro il cancro. Tuttavia, nonostante i progressi registrati negli ultimi anni nell’ottimizzazione dei protocolli terapeutici, l’efficacia della chemioterapia è spesso ostacolata per diversi motivi, tra i quali:
• la difficoltà di veicolare l’agente citotossico nella sede tumorale;
• l’incapacità del farmaco di colpire selettivamente le cellule tumorali di un tessuto o di un organo;
• l’instaurarsi del fenomeno della polifarmacoresistenza che rende le cellule tumorali insensibili al trattamento.
I farmaci utilizzati in chemioterapia, pur avendo l’obiettivo comune di distruggere la massa tumorale, agiscono su diversi bersagli cellulari e con diversi meccanismi.
Gli agenti alchilanti per esempio, esercitano effetti citotossici attraverso il trasferimento di gruppi alchilici a vari costituenti cellulari. Le alchilazioni del DNA ad opera di biscloroetilamine e nitrosuree, rappresentano probabilmente il principale meccanismo che porta a morte cellulare.
Gli antimetaboliti sono strutturalmente simili ai normali componenti cellulari, agiscono da antagonisti competitivi inibendo l’attività di enzimi essenziali per la replicazione cellulare. Il metatrexato, ad esempio, è un antagonista dell’acido folico che si lega al sito catalitico della diidrofolatoreduttasi interferendo con la sintesi della forma ridotta dell’acido folico e, di conseguenza, con la sintesi di DNA, RNA e proteine.
Gli antibiotici (dactinomicina, bleomicina e gli antraciclinici) si legano al DNA, intercalandosi tra le coppie di basi; in questo modo bloccano la sintesi di nuovo DNA o RNA, causando la scissione e la rottura dei filamenti di DNA ed interferendo con la duplicazione cellulare.
I tumori ematologici sono maggiormente sensibili al trattamento chemioterapico, mentre la maggior parte dei tumori solidi, come i tumori del polmone, della mammella, della prostata, dell’apparato digerente e delle ossa sono refrattari alla terapia.
La resistenza dei tumori ai chemioterapici si presenta come un fenomeno complesso e multifattoriale che coinvolge spesso diverse strutture e funzioni cellulari (Mattern et al, 2003). I meccanismi che portano la cellula verso la farmacoresistenza tendono a sovrapporsi e a seguire cinetiche differenti. La farmacoresistenza può essere sia intrinseca, se le cellule tumorali sono naturalmente resistenti al farmaco, sia acquisita, se viene indotta in seguito al trattamento farmacologico. In questo caso si ha spesso il fenomeno della polifarmacoresistenza in quanto le cellule tumorali che hanno acquisito il fenotipo resistente si mostrano refrattarie anche nei confronti di farmaci strutturalmente e funzionalmente diversi da quello che lo ha indotto.
1.1 Polifarmacoresistenza (Multidrug Resistance, MDR)
Questo meccanismo è stato definito da Broxtermann nel 1995 (Broxtermann et al, 1995) come resistenza cellulare a differenti agenti antitumorali. La resistenza farmacologica è dovuta ad una diminuita concentrazione intracellulare dei farmaci che non possono quindi raggiungere il loro sito d’azione citotossica. Tale diminuzione può essere dovuta: 1) ad una variazione del metabolismo; 2) ad un maggior efflusso o ad un diminuito accumulo del farmaco.
In questo secondo caso, il fenomeno dell’MDR è generalmente dovuto alla sovra-espressione di proteine di membrana appartenenti alla superfamiglia degli ABC trasportatori (ATP-binding cassette), in grado di rimuovere in presenza di ATP, una grande varietà di agenti citotossici (Hyde et al, 1990). Recentemente le proteine appartenenti a questa superfamiglia sono state classificate dall’Organizzazione Genoma Umano in 7 sottofamiglie, da A a G, in base a differenti caratteristiche quali struttura del gene e ordine e omologia di sequenza dei domini (Dean et al, 2001). Questi trasportatori sono solitamente presenti a bassi livelli in diversi tessuti, specialmente negli epiteli degli organi escretori, dove proteggono le cellule da sostanze potenzialmente tossiche e prevengono l’assorbimento di xenobiotici assunti con l’alimentazione, contribuendo in tal modo al conferimento della resistenza intrinseca (Li et al, 1994). I trasportatori attivi attualmente conosciuti per svolgere un ruolo importante nel fenomeno della MDR sono:
• i membri della sottofamiglia P-glicoproteina/TAP (ABCB);
• i membri della sottofamiglia delle proteine associate alla polifarmacoresistenza (ABCC);
• i membri della sottofamiglia MXR/BCRP (ABCG);
• la lung resistance related protein
(LRP).
1.2 Molecole di trasporto
La maggior parte delle proteine di trasporto sono pompe d’efflusso appartenenti alla superfamiglia di proteine transmembrana ATP-dipendenti, detta ATP-binding cassette (ABC). Attualmente sono note più di 50 proteine appartenenti a questa famiglia. Di questa famiglia fanno parte la P-glicoproteina (P-gp), le multidrug resistance associated proteins (MRP) e la breast cancer resistance associated protein (BCRP) chiamata anche mitoxantrone resistance protein (MXR) (Pornngarm Limtrakul et al, 2007). Queste proteine sfruttano l’energia fornita dall’idrolisi dell’ATP per trasportare ed espellere all’esterno della cellula, attraverso vari tipi di membrane cellulari, una grande varietà di molecole, da piccole molecole come cationi organici, aminoacidi, antibiotici, a macromolecole come proteine e polisaccaridi.
1.3 La P-glicoproteina
La P-gp ha destato molto interesse per il ruolo rivestito nella farmacoresistenza tumorale. La P-gp è la pompa d’efflusso più studiata, fu descritta da Juliano e Ling nel 1976, mentre il gene mdr-1 fu isolato nel 1986 da una linea cellulare (KB-C2.5) di carcinoma umano con fenotipo MDR, in cui la resistenza era stata indotta mediante trattamento con colchicina (Chen et al, 1986; Ueda et al, 1987). Questo gene codifica per la P-gp (Ueda et al, 1986), una proteina di membrana di 1286 aminoacidi, con peso molecolare di 170 kDa (Ueda et al, 1999; Ambudkar et al, 2003).
La P-gp è costituita da due metà omologhe ciascuna delle quali contiene sei domini transmembrana (TM), altamente idrofobici che attraversano la membrana con segmenti ad α-elica, e un dominio di legame per i nucleotidi (NBD) che ha una notevole omologia con potenziali siti di legame nucleotidico, presenti sui componenti periferici di trasportatori attivi della membrana di alcuni batteri (Chen et al, 1986). Le due metà omologhe sono separate da una regione di legame flessibile (Fig. 1) (Ueda, 1999 et al; Ambudkar, 2003). La P-glicoproteina rappresenta il primo membro della famiglia dei trasportatori ABC scoperto negli eucarioti. I singoli domini sono rappresentati da polipeptidi separati nei procarioti e da un’unica proteina di fusione negli eucarioti.
Figura 1. Organizzazione dei domini della P-glicoproteina e localizzazione dei residui aminoacidici che alterano la specificità di substrato con una singola mutazione. Modificata da Ueda et al. (1987).
È stato dimostrato che la delezione di una sequenza aminoacidica centrale della regione linker della P-gp, comporta la formazione di una proteina la cui espressione sulla superficie cellulare è simile a quella non mutata, mentre la funzionalità risulta essere alterata. Le proprietà funzionali della P-gp possono