La nuova Cina: il Grande Balzo in Avanti della Cina maoista
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La nuova Cina - Alberta Casula
Il popolo, e solo il popolo, è la forza motrice che crea la storia del mondo
Mao Zedong
Prefazione
Sono passati oltre Cinquanta anni da quando il Grande Balzo in Avanti inghiottì la Cina, ma i suoi riflessi si sentono ancora. Il Grande Balzo funzionò da catalizzatore per l’emergente disputa sino-sovietica e proprio la rottura tra Mosca e Pechino contribuì a determinare la nuova forma della diplomazia cinese. Rappresentò, inoltre, l’abbandono di una bilanciata strategia di sviluppo e molti dei successivi problemi dell’economia cinese furono probabilmente causati da questa decisione. Il Grande Balzo aveva preso avvio gradualmente. Nell’autunno del 1957 i leader cinesi erano disillusi; Mao aveva tentato di liberalizzare i metodi di governo del Partito a seguito della destalinizzazione e della rivolta in Ungheria, ma la campagna dei Cento Fiori gli era scoppiata in mano. L’inaspettato torrente di aspre critiche al Partito, scatenato dai suoi discorsi, aveva umiliato uomini dell’organizzazione del calibro di Liu Shaoqi, ma la risposta del Partito non si era fatta attendere, con una vigorosa campagna anti-destrista, che aveva intimorito gli intellettuali. I risultati sorprendenti del Primo Piano Quinquennale non erano stati sufficienti a contrastare gli stati d’animo sempre più disincantati verso il modello sovietico, e tra i leader cinesi era nata la sensazione che solo nuove strategie avrebbero potuto condurre la Cina fuori dalla sua arretratezza economica. Il problema principale era il ritardo nello sviluppo dell’agricoltura, che non permetteva di finanziare l’industria ed era insufficiente ad alimentare una popolazione in continua crescita. Nei sei secoli, tra la fondazione della dinastia Ming nel 1368 e la nascita della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, la popolazione della Cina si era moltiplicata a dismisura, passando da 80 a 580 milioni di persone. Durante questi 600 anni, la produzione di grano della Cina aveva mantenuto il passo della crescita della popolazione, i contadini erano riusciti infatti ad aumentare la produzione espandendo la superficie coltivata e aumentandone la resa. Questo aumento della produttività fu in gran parte dovuto all’ingresso di nuova manodopera nel settore dell’agricoltura e all’utilizzo di fertilizzanti organici. Mentre miglioramenti tecnici, come ad esempio l’introduzione tra le colture della patata dolce, proveniente dall’America, ne erano stati responsabili solo per una piccola parte. Nonostante la mancanza delle maggiori innovazioni tecniche in questi sei secoli e nonostante la crescita della popolazione nella prima metà del ventesimo secolo, l’agricoltura cinese forniva un’adeguata dieta. Il punto di riferimento per i cinesi era l’Unione Sovietica, con la quale però il confronto era poco favorevole; alla vigilia dei rispettivi piani quinquennali, la disponibilità di grano pro capite sovietica era infatti doppia rispetto a quella cinese. Nel 1932, dopo la shock relativo al programma di collettivizzazione staliniano, la produzione di grano sovietica aveva subito una flessione del 25% rispetto al periodo precedente la prima guerra mondiale, ma, nonostante questo, la disponibilità di grano pro capite alla fine del traumatico primo piano quinquennale sovietico, nel 1932, era stata per oltre il 60% maggiore rispetto a quella della Cina nel 1957. In sintesi, il bilancio popolazione/grano nell’Unione Sovietica aveva permesso a Stalin di perseguire una politica essenziale, utilizzando grandi quantità di grano per pagare i macchinari per l’industria e sfamare il crescente numero di lavoratori urbani. I cinesi, invece, furono costretti a sviluppare contemporaneamente agricoltura e industria, ottenendo comunque surplus ben meno rilevanti. Il ritorno alla pace e l’unità del Paese nel 1949, e la seguente espropriazione di terre ai ricchi signorotti durante la riforma agraria, avevano dato all’agricoltura cinese un’iniziale spinta. Nel corso del primo piano quinquennale la produzione agricola lorda era aumentata di circa il 3% e la produzione di grano era crescita a un tasso annuale compreso tra lo 0,92% e il 3,78%. Un aumento del 5% degli investimenti nell’agricoltura, incentrato soprattutto in un maggiore diffusione dei fertilizzanti e degli insetticidi, aveva contribuito dunque notevolmente a questa crescita. Ma l’espansione della produzione era stata causata soprattutto dal ricorso ai metodi tradizionali: maggior utilizzo della manodopera, uso più intenso dei campi e estensione delle superfici irrigate. Nel 1957, l’ultimo anno del primo piano quinquennale, l’aumento nella produzione di grano si arrestò all’1,3% secondo le stime ufficiali, e il tasso di crescita industriale, che era legato all’agricoltura molto più che nell’Unione Sovietica, aveva raggiunto il secondo livello più basso di sempre dalla presa di potere del Pcc. Inoltre, pace, unità e nuove misure di sanità pubblica avevano contribuito alla crescita della popolazione. Sotto il duplice peso di un tasso raddoppiato di crescita della popolazione e di un importante programma di industrializzazione, l’agricoltura cinese non era più capace di soddisfare tutti i bisogni della nazione. La carenza di grano, rilevata nell’ultima parte dell’estate 1957, doveva chiaramente indicare che una rivalutazione della strategia di sviluppo voluta dai leader del Pcc era fondamentale. Si presentavano dunque due possibilità; avviare un importante programma di modernizzazione agricola, dirottando risorse dall’industria verso lo sviluppo dell’agricoltura, oppure in alternativa tentare di accrescere la produzione agricola sfruttando metodi tradizionali, e proprio quest’ultima fatale decisione avrebbe portato al Grande Balzo in Avanti. La speranza dei leader cinesi era quella di realizzare una svolta economica che potesse condurre la Cina a un percorso di crescita indipendente, ma le arroganti pretese di Mao e la sua impazienza condussero il Paese solo a un disastro. Potenzialmente gli elementi base della strategia del Grande Balzo furono corretti, la mobilitazione di massa avrebbe potuto infatti convertire il plus lavoro in capitale. Probabilmente analisi non abbastanza approfondite furono proposte al III plenum del Comitato centrale nell’autunno del 1957, cosicché nessuna strategia complessiva venne delineata e lo stato d’animo generale che regnò fu quello di insoddisfazione e impazienza. Nel suo discorso al plenum Mao invocò uno sviluppo più veloce, un’agricoltura più intensiva e un aumento della produzione di acciaio, ma significativamente, in questa prima fase, previde che la Cina avrebbe prodotto 20 milioni di tonnellate di acciaio entro il 1967, contro i 30 milioni entro il 1959, che avrebbe proclamato, cambiando idea, nel giro di un anno. Le ambizioni e le frustrazioni di Mao possono essere sintetizzate in una questione che lui stesso pose: Non possiamo evitare di farci deviare dall’Unione Sovietica e fare le cose meglio e più velocemente?
. Questa in realtà era ancora solo una domanda. Nessuna sfida era stata ancora posta per galvanizzare la nazione. Curiosamente, furono proprio i russi a fornire a Mao l’idea di una tale possibile sfida e fu a Mosca, e non a Pechino, che Mao annunciò il primo degli impossibili sogni che avrebbero condotto la Cina alla catastrofe del Grande Balzo in Avanti, che sarebbe costato la vita a decine di milioni di cinesi. L’obiettivo di questo libro è dunque quello di analizzare le politiche attuate da Mao e dagli altri leader cinesi nel corso del Grande Balzo in Avanti, riflettendo sulle cause economiche e sociali e sulle motivazioni ideologiche che li condussero a una simile avventura. Il Grande Balzo in Avanti fu infatti causato da un complicato intreccio di decisioni personali di Mao Tse-Tung, che desiderava fare della Cina una ricca e forte nazione a livello mondiale, da un suo difficile rapporto col Pcc e da una situazione economica particolare, di un Paese in cerca di una propria identità. Esaminate la nascita della Repubblica popolare cinese nel 1949 e la salita al potere del Partito comunista, con tutte le implicazioni che questi avvenimenti determinarono, viene trattato nei dettagli il cammino della Cina verso il Grande Balzo, senza mai perdere di vista il legame particolare e a doppio filo che la unì all’altro grande gigante comunista, ovvero l’Unione Sovietica. In conclusione riporteremo un’analisi dei problemi che hanno fatto seguito a questa strategia di sviluppo, i nuovi equilibri che si delinearono all’interno del Partito e il nuovo piano di rilancio che fu attuato per far rinascere la Cina.
Sommario
1- La Cina all’indomani della nascita della Rpc
La nascita della Repubblica popolare cinese
La situazione economica
Una comunità tipo
2- Mao Zedong e il Pcc
Il Partito comunista cinese
Mao e il proletariato urbano
La scoperta dei contadini
Marxismo e maoismo
Il maoismo
Il culto di Mao
Dittatura democratica del popolo
3- Il consolidamento dell’alleanza cino-sovietica
L’integrazione nell’orbita sovietica
La guerra di Corea
Il rapporto con l’Occidente e la politica terzomondista
Mao e Stalin
4-Il movimento di riforma agraria
La distruzione della classe dei proprietari terrieri
L’assoggettamento della borghesia degli affari
5- Il primo piano quinquennale
La ricostruzione economica
Industrializzazione e nazionalizzazione
La collettivizzazione agraria
La strada verso il Socialismo
I primi risultati positivi
Squilibri economici e inquietudine sociale
6- Il fazionalismo degli anni 1955-1956
Il caso Gao Gang-Rao Sushi
Il dibattito sulla collettivizzazione rurale
Le iniziative personali di Mao e gli schieramenti instabili
Il fragile compromesso dell’VIII congresso del Pcc
La società cinese a metà degli anni Cinquanta
7- Idealismo utopistico
8- Il Grande Balzo in avanti
Una nuova strategia di sviluppo
Attuazione della nuova strategia economica
Il decentramento amministrativo e economico
La nascita delle comuni popolari
La fase del consolidamento
La produzione dell’acciaio
Necessità di una revisione
9-Il deterioramento del rapporto tra Mosca e Pechino
Le esitazioni cinesi di fronte alla destalinizzazione
Le ripercussioni della destalinizzazione sul campo socialista
Dal conflitto tra Partiti al conflitto tra Stati
10- Scontri interni ed esterni al Partito
Lo scontro tra Peng Dehuai e Mao Zedong
Il rilancio del Grande Balzo
La definitiva rottura cino-sovietica
11- Gli anni neri, 1959-1961
La conclusione del Grande Balzo in Avanti
La crisi di sussistenza
La crisi industriale
La piccola primavera di Pechino
12- Il riaggiustamento dell’economia
13-Conclusione
LA CINA ALL’INDOMANI DELLA NASCITA DELLA RPC
La nascita della Repubblica popolare cinese
Il 1° ottobre 1949, dopo più di due decenni di guerra civile, nell’antica capitale imperiale di Pechino, dall’alto della Porta della Pace Celeste (Tian’anmen), Mao Zedong proclamava la nascita della Repubblica Popolare Cinese (Zhonghua Renmin Gonghegup, Rpc).
* * *
Fondato nel 1921, il Partito Comunista Cinese (Pcc) insorse contro il Guomindang e il governo nazionalista nel 1927, quando Ciang Kai-shek ruppe il primo fronte unito contro l'ostilità dei signori della guerra
alla riunificazione del Paese. Questa lunga guerra continuò in un primo tempo nelle basi sovietiche poste nel Sud della Cina poi, dopo la Lunga Marcia del 1934-1935, nel Nord-Ovest, sotto l’autorità del governo di Yenan. Il secondo fronte unito del 1937, contro l’invasione nipponica, permise ai comunisti di mobilitare a proprio vantaggio una popolazione oppressa dall’occupazione straniera; così, nel 1945, al termine della guerra cino-giapponese il Pcc contava 1 milione di membri e controllava una popolazione di 95 milioni di abitanti nelle campagne del Nord e del Nord-Est. La guerra civile riprese all’inizio del 1947, con un’offensiva generale dei comunisti in Manciuria, ma le sorti della guerra furono decise l’anno successivo, in occasione della battaglia di Xuzhou nel Nord dello Jiangsu. Nel gennaio del 1949 Pechino fu occupata e da aprile in poi le truppe comuniste assunsero il controllo delle città del Sud. Ai capi cinesi furono necessari ventidue anni per raggiungere pienamente i loro scopi.
La situazione economica
I problemi con i quali si dovette confrontare il nuovo regime furono, in gran parte, quelli lasciati in eredità dal Guomindang. Nell’immediato era necessario rimuovere le rovine di dodici anni di guerra civile ed esterna, ripristinare l’unità nazionale, cancellare le ultime tracce dell’imperialismo e riaffermare l’indipendenza e la sovranità del Paese.