Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Didier e il Mostro
Didier e il Mostro
Didier e il Mostro
Ebook186 pages2 hours

Didier e il Mostro

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Perché un uomo commette dei delitti? E perché in modo così sadico? Cosa lo spinge a trasformarsi in un essere anormale, fuori dalle leggi della natura umana? E’ questo che Didier si domanda dopo aver esaminato i cadaveri delle due vittime. Ormai la stampa e tutta Parigi chiamano l’assassino “il mostro”. Le due donne non sono state seviziate nel luogo del loro ritrovamento. Perché il mostro le ha trasportate proprio lì? Il buon Alexis Dobrovich, psicologo della criminale, cercherà di aiutare il commissario Didier. Entrare nella mente di un essere umano è estremamente complicato. Le convulse indagini, piene di colpi di scena, portano ogni giorno nuove sorprese, tanto che i suoi stessi collaboratori cominciano a dubitare di dipanare la matassa. Risolti i primi delitti, un altro non previsto sconvolge tutti. Mulé porterà a Didier la soluzione su un piatto d’argento.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateSep 10, 2011
ISBN9788866182320
Didier e il Mostro

Read more from Gaston J. Algard

Related to Didier e il Mostro

Related ebooks

Mystery For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Didier e il Mostro

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Didier e il Mostro - Gaston J. Algard

    Algard

    1

    Mercoledì 4 Aprile

    Parigi non è male in Aprile, anche se la temperatura a volte è rigida, specialmente la notte. A volte piove, ma fa parte della primavera. E’ uno dei periodi preferiti dai parigini per andare in vacanza al sud a trovare il caldo, se la Pasqua cade in quel mese. Quel mercoledì il tempo non era male, asciutto ma fresco e ventilato. Fu quella mattina, verso le 5, che venne rinvenuto vicino ad un portone nel sesto arrondissement uno dei tanti morti senza identità che fanno la felicità, si fa per dire, della polizia criminale. Un operaio che usciva per andare al lavoro, se l’era trovato tra i piedi aprendo l’anta del portone.

    Giunti sul posto verso le 7, Agnès Didier commissario della criminale ed Alexis Dobrovich psicologo del dipartimento, si erano accostati al muro del caseggiato per non inquinare le prove. Il cadavere della giovane donna, seminuda e senza documenti, era steso a terra sul selciato ad un paio di metri da loro. Gli esperti della scientifica erano indaffarati con i rilievi, mentre alcuni agenti cercavano di tenere lontana la piccola folla di curiosi, accorsi appena nel quartiere si era sparsa la notizia.

    «Cosa ne pensa…?» chiese Didier, girandosi verso Dobrovich.

    «Che sembra proprio la stessa mano…» borbottò quello, parlando tra i denti.

    «Lo penso anch’io…» aggiunse Didier prendendolo per il braccio e sospingendolo nell’androne del palazzo, mentre Dobrovich la guardava leggermente incuriosito.

    «Vuole dirmi qualcosa senza che gli altri ci ascoltino…?»

    «Proprio così…» rispose lei seria, tirandosi su il bavero del leggero soprabito per ripararsi dalla corrente fredda che giungeva dal cortile dell’edificio, «penso a quello che il direttore dovrà dire ai giornalisti… Se si sparge la notizia che ci troviamo di fronte ad un serial killer, non ne sarà troppo contento…Ha il terrore di queste cose…» poi, quasi ridacchiando aggiunse, «ovviamente per la sua carriera…»

    «Sta di fatto che, al momento, questa sembra l’ipotesi più plausibile…» commentò quasi incazzato Dobrovich, «… è la fotocopia di quella trovata ieri mattina a trecento metri da qui…!»

    «Ma la prima non era stata uccisa qui…! Il patologo e la scientifica erano concordi… Seviziata ed uccisa in un altro luogo… Poi trasportata qui, in fondo a questa strada…»

    «Sono certo che anche questa è morta altrove… non ha notato che intorno al cadavere non c’è sangue…? Con quelle ferite…» commentò Dobrovich.

    «Ha ragione… Ma perché proprio tutte e due in questa strada…?» domandò Didier, più a se stessa che a lui.

    «Credo che ci troviamo di fronte al classico soggetto con labilità emotiva… Psicosi maniaco depressiva… Quella nella quale le crisi di depressione si alternano con quelle di eccitamento, portando il soggetto a commettere atti contro la morale sessuale… Esibizionismo, violenza carnale… Anche omicidio infine, ma sempre a scopo sessuale… Un povero demente, come lo chiamerebbe lei… Se lo incontrasse per la strada non sarebbe tanto diverso dagli altri, all’apparenza normale, il suo problema è tutto nella testa…»

    «Questo non mi conforta Dobrovich…» commentò Didier.

    «Glielo dico subito… Non sarà facile trovarlo, a meno che…»

    «A meno che…?» domandò Didier, guardandolo fisso negli occhi.

    «A meno che non commetta un errore…» rispose lui.

    «Pensa che lo farà…?» chiese in modo ansioso.

    «Può darsi che abbia già iniziato a commetterne uno… Sicuramente in precedenza sfogava in modo diverso i propri istinti… In privato, senza dare spettacolo… Deve essere peggiorato parecchio, se inizia ad uccidere, ed a così breve distanza…»

    «Quindi ce ne saranno altre?» domandò Didier preoccupata.

    «Certo che sì…» rispose serio Dobrovich, «solo che inizia a commettere errori…»

    «Quali…?» domandò lei incuriosita, ma venne interrotta.

    «Commissario…» disse Lacroix il patologo, avvicinatosi ai due.

    «Sì, dottore…» domandò Didier.

    «Io avrei finito… Per ora le posso solo dire che questa è la fotocopia di quella di ieri mattina… Stessa età più o meno, ferite ed ora della morte simili … E non è stata uccisa qui ovviamente e nessun documento…» poi, vedendo che Didier sembrava non voler sapere altro chiese, «… posso andare…?»

    «Si Lacroix, grazie…» rispose distrattamente poi, «può provvedere all’autopsia oggi stesso?»

    «Nel pomeriggio, non prima però… Immagino voglia venirmi a trovare…» rispose sorridendo, mentre si allontanava.

    Didier si girò verso Dobrovich.

    «Pare che lei ne sappia più di Lacroix… Mi diceva degli errori…»

    «Se porta le sue vittime in questo quartiere, quasi una vicina all’altra ed anche questa non abitava qui, deve esserci un buon motivo… E’ su questo che dovremo lavorare commissario…»

    Mentre alle 16 si dirigevano con l’auto verso l’obitorio, continuando un discorso iniziato alla partenza, Didier chiese a Dobrovich:

    «… Così lei pensa che gli omicidi siano un messaggio per qualcuno…»

    «Ne sono quasi sicuro, anche se sembra un’ipotesi azzardata… il secondo cadavere è stato trovato a trecento metri circa dal primo, nella stessa via… Ho guardato attentamente la pianta di Parigi, quella strada è quasi rettilinea… Se dovessimo trovare un terzo cadavere in questa zona…» disse indicando su una piccola mappa, «avremmo composto un triangolo… Ergo, propenderei per un messaggio di morte diretto a qualcuno che vive all’interno del triangolo…»

    «Teoria interessante…» borbottò Didier poco convinta, mentre l’agente alla giuda si fermava davanti alla casa dei morti, come chiamavano in ufficio l’obitorio.

    Didier si avvicinò al cadavere e, senza esitare, alzò il lenzuolo che ne ricopriva il corpo. Sul piano d’acciaio era stesa una ragazza bionda, capelli tagliati corti, sui 27-28 anni circa, il viso pallido, gli occhi chiusi. Orribili ferite si presentarono ai suoi occhi. Rabbrividì. Dietro di lei Dobrovich osservò senza un commento.

    «Dottore, come mai ha il viso così bianco…?» domandò girandosi verso Lacroix «stamattina mi era sembrato…»

    «L’ho lavata… Era piena di mascara, credo si chiami così… Sa, il trucco delle donne… Non doveva essere di un ceto molto alto… Abbondava nei cosmetici, pur non avendone bisogno…» commentò lui con un sorriso.

    «E’ tanto giovane, vero…?» notò con sofferenza Didier, osservando le orribili ferite sul seno, sui fianchi, sul ventre ed il pube.

    «Giovane e sicuramente inesperta…» rispose Lacroix, accingendosi ad iniziare l’autopsia, dopo aver acceso il microfono del registratore che pendeva dall’alto.

    «Mi scusi dottore… Si fermi un attimo…mi può dire cosa ne pensa di queste ferite…?» domandò Didier.

    Lacroix poggiò compiacente il bisturi in una vaschetta sorretta dal suo assistente.

    «Ho già fatto prendere i calchi, lo sapremo domani… Sicuramente procurate da un oggetto poco tagliente…»

    «Ha quindi sofferto di più se l’assassino avesse usato un coltello affilato…?» commentò dietro di lei Dobrovich.

    «Sicuramente sì!» rispose il patologo, «anche perché, da quello che ho già constatato, solo una di queste ferite è mortale… Osservate…»

    Avvicinò la mano guantata al petto della donna e con un dito ne indicò una che appariva poco sotto il seno sinistro, vicino ad altre che avevano invece devastato la superficie del corpo.

    «Qui è stata colpita con uno stiletto o qualcosa di simile… Un colpo secco, al cuore… Immagino dopo che era morta, quasi sicuramente per collasso cardiaco procuratogli dalle sevizie subite… Non c’è sangue intorno, quindi doveva essere già deceduta… Sarò più preciso dopo gli esami, ovviamente…»

    «Un sadico…» commentò dura Didier, facendo qualche passo indietro.

    «O qualcuno che intendeva sfogarsi su una vittima inerme, per vendicarsi di un torto subito da un’altra donna…» commentò Dobrovich, sempre dietro di lei.

    «Ma non aveva detto che era un demente…?» chiese Didier, girandosi verso di lui.

    «No… ho detto che così l’avreste considerato voi… Per me si tratta sempre di una psicosi maniaco depressiva e basta… Anche se molto pericolosa nell’attuale fase… Motivata da cosa, ancora non posso saperlo…» rispose sorridendo leggermente.

    «Un modo molto elegante per descrivere un pazzo omicida… Così, alla fine, se lo prendiamo invece che in galera se la spasserà in una casa di cura…!» rispose molto incazzata Didier.

    «L’uomo non l’ho creato io così, commissario!»

    Didier non rispose, non riuscendo a capire il punto di vista di Dobrovich. Salutarono Lacroix ed uscirono mentre quello, ripreso il bisturi e riacceso il microfono, iniziò il lavoro interrotto.

    Quando Didier entrò nel su ufficio, erano quasi le 18. I fascicoli dei due omicidi erano sulla scrivania. L’ispettore Albert Mulé, il corpo massiccio che poco si adattava alla sedia, le aveva portato il secondo e l’aspettava seduto, quasi sonnecchiando. Quando la sentì entrare, si alzò quasi di scatto.

    «Buongiorno capo… Che brutta faccia…!» commentò guardandola attentamente in viso, mentre si sedeva.

    «Vedo che anche il secondo delitto è già qui…!»

    «Che vuole… Si capisce subito che si tratta dello stesso pazzo omicida…!» poi, sperando di non innervosirla di più, aggiunse, «il direttore l’ha già chiamata due volte…»

    «Che aspetti…! Vorrei riprendere fiato…!» borbottò, alzando la cornetta del telefono e digitando un numero.

    «Istituto di ricerche…» rispose dall’altra parte una voce argentina.

    «Il dottor Amhed Amoulhej… per favore… per il commissario Didier…»

    «Un attimo, prego…» disse la voce, lasciandola in compagnia di una musica sinfonica.

    «Il dottore è in riunione…» rispose nuovamente la voce argentina, «la chiama lui tra un’ora circa… Debbo riferire qualcosa…?»

    «No, grazie…» disse Didier chiudendo la comunicazione, cercando di non sbattere il microfono sull’apparecchio.

    «Nervosetta oggi, capo…»

    «Non sa quanto Mulé! Lei non sa proprio quanto!» poi, alzandosi, «bene, andiamo dal direttore… Tanto già so quello che vuole sapere…»

    «Devo venire con lei…?» chiese Mulé, seguendola fuori della stanza.

    «No, anzi… Venga, venga pure… Così si divertirà un po’ anche lei…»

    Didier e Mulé erano seduti di fronte al direttore da quasi dieci minuti e, dopo i saluti, quello aveva cominciato a parlare a raffica.

    «… Da quello che mi ha detto Dobrovich, si tratterebbe di un pazzo scatenato… Capisce che siamo nel buio più completo…? Se lo vado a raccontare alla stampa, che già si è annunciata, cosa gli racconto…? Che abbiamo un serial killer che uccide ragazze senza che noi facciamo nulla…? Io spero ardentemente che lei, commissario, abbia già una strategia per individuare e fermare questo pazzoide… Altrimenti sarà il caos a Parigi… Il terrore per ogni donna che gira sola…»

    Il direttore continuò così per altri cinque minuti buoni, finché, non avendo più parole si fermò rosso in viso.

    «Certo che abbiamo una strategia…» disse Didier con voce rilassata, sorprendendo Mulé, «… ci stiamo lavorando proprio con Dobrovich… Non sarà cosa facile, ma riteniamo di aver già individuato alcuni punti deboli dell’assassino, tali da progredire nell’inchiesta… Di più, al momento, non sono in grado di dirle…»

    «Mi raccomando a lei Didier… Ha carta bianca in questa faccenda, purché la risolva subito…» disse quello, dopo qualche titubanza, alzandosi per salutarli, «sa bene che tutto è sulle mie spalle… Mi aspetto da un momento all’altro anche la telefonata del prefetto… Riferirò, ovviamente, quello che mi ha detto… Tanti auguri e, mi raccomando, cerchiamo di sbrigarci…!»

    Scesero lentamente tutti e due per le scale, mentre Mulé era curioso di sapere quali fossero questi punti deboli dell’assassino perché lui, leggendo le carte, non li aveva proprio trovati. Sulla porta di Didier domandò:

    «Spiega anche a me quali sarebbero questi punti deboli…?»

    Mentre entravano nell’ufficio, Didier raccontò della sua visita sul luogo del delitto, quella all’obitorio e quanto si erano detti con Dobrovich. Mulé ascoltò con attenzione, poi sbottò:

    «Allora dobbiamo aspettarci che uccida ancora, per avere conferma che le ipotesi di quel solone di strizzacervelli siano esatte…!»

    «Sì e no…» commentò Didier, «c’è anche un’altra possibilità… Se è vero che vuole vendicarsi di qualcuno che abita lì vicino, diciamo mandargli un messaggio, dovremmo trovare una donna che abbia avuto un rapporto burrascoso con qualcuno…»

    «Un mezzo pazzo, insomma, uno di quelli che una donna dopo un po’ li manda a quel paese…! Perché prima sono carini carini e poi si comportano da pazzi aggressivi…!»

    «Più o meno… Vedo che ha afferrato subito la situazione… Dobrovich le farebbe i complimenti se l’ascoltasse…!»

    «Sa quanto me ne frega di quel professorino…!» borbottò Mulé, non avendo mai capito a cosa servisse alla omicidi un tipo simile.

    «Ad ogni modo ha sentito il direttore… abbiamo carta bianca… Prenda altri tre uomini con lei e setacciate le case intorno a quelle dove abbiamo trovato i cadaveri delle due donne… Portieri, negozianti, ristoranti, tutto quello che si può insomma… Qualcuno saprà qualcosa su una donna che ha lasciato un uomo o di un uomo che qualche volta è andato in escandescenze… Quello è un quartiere popolare, la gente chiacchiera e sa sempre cosa fanno i propri vicini…»

    «Ma non sappiamo se il triangolo si sviluppa all’interno od all’esterno dei due posti dove sono state trovare le donne uccise…» osservò Mulé.

    «Questa è la pianta del quartiere che mi ha dato Dobrovich… Ha disegnato un triangolo con la matita, proprio questa mattina… Guardi che quell’uomo non è proprio fesso… Forse ci ha indovinato…!»

    «Va bene… va bene…» rispose Mulé, alzandosi e prendendo la piantina, «faremo come dice lei… Domani mattina setacceremo tutto. Ma se quel solone si è sbagliato lo faccio a fette, glielo prometto!»

    In quel momento il telefono squillò. Dall’altra parte c’era Amhed. Il viso di Didier si rasserenò subito,

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1