Un bacio come il mare: La favola della Principessa Esmeralda
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Book preview
Un bacio come il mare - Cristina Marzorati
mare.
Nera la gatta
Accidenti come piove!
Sono fradicio, sono così bagnato che il mio pelo riccio è diventato liscio e lungo.
L’acqua che si alza dalle pozzanghere mi schizza in continuazione e sono tutto sporco, il mio pelo bianco è ormai tutto marrone.
Forse nemmeno i miei amici mi potrebbero riconoscere.
Soffio forte con il naso, ma non riesco a spostare le ciocche pesanti che mi coprono gli occhi.
Vedo poco, ma sento che tante gambe si muovono veloci intorno a me, alla ricerca di un asciutto riparo.
Le persone camminano in fretta e non guardano verso terra; devo stare attento, altrimenti qualcuno potrebbe colpirmi con il piede.
C’è troppa confusione, sento il rumore delle scarpe che frettolosamente si avvicinano e poi si allontanano, e poi ne sento ancora altre in arrivo.
Le macchine viaggiano in fila e sono così vicine le une alle altre che potrebbero schiacciarmi se solo tentassi di attraversare la strada. I clacson delle auto suonano impazienti come trombe stonate.
Mi sento così piccolo e indifeso perché questa pioggia rende tutti più nervosi, tanto che ogni cosa sembra più grande di quanto non lo sia nella realtà: giganti con le gambe e giganti con le ruote, ma sempre giganti sono!
Cammino vicino al muro per non essere calpestato e vorrei essere sottile come un foglio di carta per potermi appoggiare alla parete e rimanere così immobile e al sicuro.
Ops, scusi Signora. Non volevo farle lo sgambetto, è soltanto che Lei è uscita di corsa dalla porta del negozio proprio mentre io passavo da lì.
Be’, non si è nemmeno accorta che la stavo facendo cadere; oggi la fretta rende le persone più distratte e io devo stare allora più attento.
Le mamme non hanno più pazienza e richiamano a gran voce i loro bambini che piangono perché sono bagnati e infreddoliti e perché vogliono farsi prendere in braccio.
Sono un po’ stanco anch’io e devo cercare un posto dove fermarmi a riposare e a pensare con calma.
Pss. Pss. Ehi tu.
Chi è? Chi mi chiama? Non vedo nessuno che conosco.
Ehi tu, girati. Sono Nera. Vuoi un aiuto?
Cosa?!? Un aiuto da un gatto? Ma guarda che io sono un cane! Io non mi faccio aiutare dai gatti! Io i gatti li faccio scappare!
Ah ah che ridere. Sarai anche un cane, ma sei così impaurito che tremi come una foglia al vento! Dai, non fare lo stupido orgoglioso. Fatti aiutare da un gatto randagio. Fidati. Io conosco molto bene questa zona della città.
Penso fra me. Cosa faccio? Mi faccio aiutare da un gatto? Io sono un cane. E sono anche maschio. Quello lì è un gatto. E mi sembra anche una femmina. E se mi vede qualcuno?
Dai, cosa aspetti? Tu hai bisogno di aiuto e io posso aiutarti! Segui me!
Ma io sono un CANE!
E io sono un GATTO! Tu e io siamo animali! Così va bene?
Sei una testarda! Mi hai convinto!
La seguo e intanto mi guardo intorno per accertarmi che nessun cane mi veda andare dietro a un gatto.
Nera si muove veloce e sicura, con passo deciso, perfettamente a suo agio in questo labirinto di vicoli, alcuni illuminati come se fosse giorno, altri bui come la notte.
Di tanto in tanto si gira per controllarmi e sorride divertita, con un ghigno beffardo e compiaciuto.
Tengo d’occhio la mia guida, che a volte scompare coperta da tutte queste gambe in movimento. Poi riappare.
Nera è piccola e agile. Io sono un po’ più grosso e impacciato. Nera riesce a sgattaiolare tra le persone, io non ci riesco.
Ci fermiamo davanti a un cancello di ferro, nero come il gatto che mi ha condotto fin qui e che, nel frattempo, mi è diventato anche simpatico.
Il cancello è fatto di sbarre verticali abbastanza vicine tra loro. Il passaggio libero è stretto. Nera passa facilmente, io faccio più fatica perché mi sento schiacciato tra le sbarre, trattengo il fiato e tiro dentro la pancia finché diventa piatta, struscio tra i ferri e riesco a passare al di là del cancello. Finalmente! Ho avuto paura di rimanere incastrato.
Oltre il cancello c’è un portico coperto e asciutto, sorvegliato dalla guardiola del portiere di un grande palazzo antico e grigio.
Temo che il portiere esca all’improvviso per cacciarci via e sono preoccupato di rimanere bloccato tra le sbarre del cancello. Mi sento in prigione.
Forse quel gatto non mi ha portato in un posto sicuro. Ecco ho fatto male a fidarmi del gatto. Dovevo seguire il mio istinto di cane.
Questi pensieri mi mettono paura e rimango così in piedi, fermo, immobile in mezzo al portico, con le zampe nel laghetto che si sta formando con le gocce di pioggia che cadono dal mio pelo