Brevi, brevissimi, praticamente inesistenti
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Book preview
Brevi, brevissimi, praticamente inesistenti - Stefano Reggiani
2008.
Il barbiere naif
In paese era considerato il più grande barbiere che avesse mai esercitato tale professione, forse perché non aveva mai tagliato un orecchio a nessuno o forse perché era stato l’unico a cimentarsi in tale arte. Aveva le mani d’oro e si vociferava andasse a letto stringendo in una mano un paio di forbici e nell’altra un pettine. Ma nessuno poteva affermarlo con certezza, perché nessuno era mai andato a letto con lui, non era mai stato sposato e soprattutto non era mai andato con una donna. Per questo motivo, in paese, ci si poneva l’interrogativo sulla natura dei calli che aveva sulle mani. Calli spessi e ben marcati situati fra il pollice e l’indice dovuti all’uso del pennello perché nel tempo libero, Antenore, si dedicava alla pittura naif, una corrente artistica molto radicata dalle sue parti. Un uomo casa e bottega, barbiere per auto-sostentamento e pittore per diletto. L’unica volta in cui lo videro uscire fu quando si tenne la fiera di paese del 1971 e dovette andare a comprare i colori per i suoi quadri. Le forbici e il pettine invece, ce li aveva da più di trent’anni, non poteva sostituirli perché avevano preso la forma delle mani. Un fatto economicamente ergonomico.
Quella mattina la nebbia sembrava mostrarsi in carne e ossa, la si poteva toccare e perfino scambiare con lei quattro chiacchiere. Antenore uscì di casa e inforcò la sua vecchia bicicletta arrugginita, eredità del nonno Giacinto. Pedalò sull’argine del fiume fino alle porte della città dove la nebbia, nel frattempo, si era trasformata in una più affrontabile e amichevole foschia.
Buongiorno Antenore!
esclamò un passante.
Buongiorno a te!
rispose educatamente lui.
C’era grande rispetto in paese per il barbiere, in fondo quasi tutte le teste maschili erano passate sotto le sue mani.
Dopo un altro centinaio di pedalate il barbiere naif arrivò a destinazione. La sua bottega era situata nella piazza cittadina esattamente a metà fra quella del macellaio e quella del fornaio. Lui era l’ultimo ad arrivare in bottega, verso le nove. Appoggiava la sua bicicletta al muro, legandola con un lucchetto e si dirigeva verso il bar da Orazio per un caffè. Ricontrollava la chiusura del lucchetto almeno tre volte. Non si sa mai…
diceva fra sé.
Un caffè lungo per favore e senza zucchero, Orazio,
chiese Antenore.
Arriva subito carissimo,
rispose il barman.
E non metterti le mani nei capelli mentre lo prepari, che non hai idea di quanti batteri possono brulicare sulla tua testa!
Vuoi che mi metta anche i guanti?
Solo se sono sterilizzati,
concluse il barbiere.
Il caffè arrivò sul bancone. Fumava e Antenore lo buttò giù in un fiato.
Cos’hai la coppa nell’esofago per bere il caffè bollente?
Fa talmente schifo che cerco di buttarlo giù in un colpo!
Il fatto è che ti vedo qui tutte le mattine, ci sono altri tre bar in città.
Vengo qui perché sono comodo, se dovessi passare per la tua faccia…
Va’ cagher Antenore te e i tò queder!
Oh guarda che ne hai appesi due anche te!
Quella mattina lì si vede che ero di buon umore.
A proposito quant’è?
Sono cinquecento lire, proprio come ieri, qui non siamo mica abituati a fare aumenti.
È un ladrocinio. C’è qualcosa di gratis almeno nel tuo bar?
Lo zucchero,
concluse Orazio.
Antenore si voltò e si diresse verso la porta. Fra i due, in realtà, esisteva una specie di rispetto, una sorta di solidarietà fra liberi imprenditori della piazza cittadina. Ma prima di uscire Antenore scrutava le teste di tutti i presenti nel bar con uno sguardo magnetico, una sentenza che costringeva moralmente gli osservati a fare la seguente riflessione: ho bisogno del barbiere. Si era arricchito facendo sentire in colpa i clienti per la loro acconciatura.
Poi tornava alla sua bottega verso le nove e un quarto, alzava la serranda e iniziava la sua giornata.
Quel giorno il primo ad arrivare fu Gisberto il banchiere.
Buongiorno Antenore.
Buongiorno a te caro Gisberto.
Puoi farmi il solito taglio che stamattina ho fretta? Pensa che devo incontrare un cliente… Vuole un finanziamento per aprire un allevamento di struzzi!
Che idea originale, gliel’hai detto che qui mangiamo solo carne di maiale?
Mo’ taci va là che quando si è presentato mi sono trattenuto dal ridergli in faccia!
Beh e quanti soldi voleva?
Voleva dieci milioni!
Mo’ guarda te la gente cosa si va a mettere in testa…
Lasciamo stare va là. E a te come va con la pittura?
Diciamo che sono più i quadri regalati che quelli comprati!
Antenore era solito donare un quadro ai suoi clienti affezionati, dopo ogni taglio.
Dovresti farteli pagare, l’arte non è mica una cosa gratis Antenore!
Questo lo pensi tu Gisberto!
Se avessi preso diecimila lire a ogni quadro regalato, sarebbe la banca a dover chiedere prestiti a te!
Io sono felice con forbici e pennello in mano, questo mi basta.
"Se sei convinto tu… Ricordati che se vuoi fare una mostra, la