La variabile celeste: La fede non è più un mistero
By Paolo Dune
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Dopo "Il primo angelo", la fede è il tema centrale del nuovo romanzo di Paolo Dune. Un confronto serrato, ironico, grottesco, tra scienza e religione.
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La variabile celeste - Paolo Dune
Marco
1
Ma quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra?
Vangelo secondo Luca 18,8
DAL SESTO PIANO DELL'HOTEL INTERCONTINENTAL il lago riluceva grigio e immobile sotto la luna, increspato solo dalla spuma bianca del Jet d’eau, il getto d’acqua della baia che coi suoi centoquaranta metri di altezza costituiva una delle più alte fontane del mondo, da sempre simbolo della città di Ginevra. Il professor Eisenmann lanciò un’occhiata distratta alle vette del Monte Bianco in lontananza, prima di decidere di vestirsi per la cerimonia.
Nonostante vi fosse silenzio tutt’attorno, non si sentiva tranquillo. Inutilmente aveva atteso che il suo assistente gli inviasse via Internet il video del suo ultimo esperimento, l’elemento di maggiore interesse per la conferenza. Evidentemente il ragazzo non era riuscito a riversare i dati in tempo utile.
Eisenmann non poteva attendere. Decano di Neuroscienze a Losanna, era un personaggio in vista del Centre d’Imagerie Biomédicale, il Centro d’Immagine Biomedica della cittadina elvetica, uno degli istituti di ricerca più all’avanguardia d’Europa. Di recente il suo gruppo di lavoro era balzato alle cronache per aver disegnato una mappa ad alta risoluzione del cervello umano, evidenziando la fitta rete di connessioni nervose. Ora, all’apertura del Forum Europeo delle Neuroscienze, lui aveva la possibilità di rivelare ai colleghi l’inedito e sorprendente risultato dell’ultimo esperimento.
Scelse dall’armadio l’abito scuro e per contenere la leggera tensione si scoprì a canticchiare un motivetto stupido mentre si vestiva. I suoi settant’anni avevano visto circostanze solenni e riconoscimenti pubblici, ma in quel momento si sentiva nervoso come un ragazzino al primo esame di anatomia. Sul tavolo la relazione che avrebbe presentato: una decina di fogli dattiloscritti, con appunti, diapositive e grafici da proiettare. Peccato per la mancanza del video, sarebbe stato un ottimo elemento dimostrativo. Si infastidì al pensiero del materiale rimasto a Losanna: il suo assistente gli aveva assicurato che glielo avrebbe trasmesso, ma il suo computer portatile taceva.
Prese il telefonino e compose ancora una volta il numero del laboratorio e poi quello del cellulare. E ancora una volta li udì squillare a vuoto. Dov’era quel ragazzo? Un senso di inquietudine lo aveva colto poco prima, imprevedibile e irrazionale. Ma aveva rifiutato le paranoie. Doveva dedicarsi al suo intervento.
Non poteva immaginare che, in quello stesso istante, nel laboratorio di Losanna, deserto a quell’ora, il telefono cellulare del suo assistente giaceva in terra su un pavimento bagnato insieme a un mucchio di carte, in una stanza piena di terminali spenti. Né poteva sentire i suoi trilli che echeggiavano ossessivi vicino all’orecchio del suo proprietario, anch’egli disteso al suolo con gli occhi sbarrati.
Solo paranoie, si ripeté il professore, allacciandosi il cravattino. Avrebbe condiviso i dettagli tecnici con i colleghi in un secondo momento. Mentre si acconciava i capelli argentati qualcuno bussò alla porta.
I passi di un visitatore non annunciato avevano attraversato il corridoio dell’albergo sul tappetino color ocra fino alla sua stanza.
«Chi è?» domandò il professore, sorpreso. Per un istante – uno stupido istante – pensò potesse trattarsi del suo assistente.
«Una visita per lei, professore» rispose una voce gentile.
Quando Eisenmann aprì, si trovò davanti una figura avvolta in un impermeabile chiaro e un cappello calato sugli occhi. Un debole odore dolciastro nell’aria e una finestra che sbatteva all’estremità dell’androne.
«Sì?» domandò. La sua ultima parola.
Con un gesto brusco l’ospite scaraventò il professore nella stanza con una forza inattesa e violenta, facendolo urtare contro l’armadio di ciliegio. Un colpo che lo lasciò a terra senza fiato. La vista annebbiata e la corporatura non più quella di un tempo gli resero difficile rialzarsi. La sua mente si sforzava di dare un senso alla dinamica che aveva vissuto, estremo tentativo di razionalizzare gli eventi prima di esserne travolta.
Con scarpe bianche e silenziose che sembravano sfiorare il pavimento, il misterioso individuo avanzò fino a lui. Schiuse l’impermeabile e una luminescenza bianca ne venne fuori, diventando luce abbacinante.
L’uomo in terra dovette coprirsi gli occhi per non restarne accecato. Un cinguettio anticipò la comparsa di uno stormo di uccelli; o almeno questo è ciò che il professore percepì. Con il poco fiato che aveva in gola urlò, mentre gli uccelli lo raggiungevano e gli graffiavano il volto e le mani. Sentì i loro becchi e le loro zampe artigliargli la pelle. Ferito, il vestito strappato, arrancò verso il bagno alla ricerca di una via di fuga. Finché, incredibilmente, si sentì sollevare.
Gli uccelli lo avevano afferrato e lo stavano tirando in alto. A quel punto la sua mente vacillò. Era in preda alla follia mentre andava a sbattere contro la porta-finestra del balcone, infrangendola.
Lo stormo di uccelli uscì impetuosamente dalla stanza dell’albergo e volò verso il lago, perdendosi tra la foschia che ondeggiava in lontananza.
Nella camera del professore, l’individuo con l’impermeabile rimase solo, accarezzato dalla brezza notturna. Sul tavolo, un documento rilegato intitolato La variabile celeste . L'uomo si sfilò i guanti bianchi e, con dita affusolate, lo sollevò. La carta parve rinsecchirsi al suo contatto.
Alcuni piani più in basso, nella piscina dell’albergo, il corpo di Eisenmann galleggiava riverso sul pelo dell’acqua.
2
BANDIERE INTERNAZIONALI SVENTOLAVANO all’ingresso del Palexpo Conference Center di Le Grand-Saconnex, la moderna struttura situata nei pressi dell’aeroporto internazionale, a nord di Ginevra, punto di riferimento per congressi e cerimonie. Quel giorno la sala A ospitava oltre duemila persone: scienziati, medici, ricercatori, giornalisti, disposti su quattro colonne di poltroncine color porpora, insieme a molti curiosi e appassionati. Alle pareti poster che raffiguravano sezioni del cervello o del midollo spinale con note e dati tecnici. I posti erano stati occupati fin dalla mattinata per il Forum Europeo delle Neuroscienze, un evento organizzato ogni due anni in una diversa città europea dalla Fens, com’era definita in gergo la Federazione Europea delle Società di Neuroscienze. Cinque giorni di confronti e lectio magistralis con personalità di fama internazionale, incontri, dibattiti, caffè scientifici, mostre e spettacoli.
Il tutto sul filo rosso di una indagine sui possibili rapporti tra scienza e fantascienza, tra tecnologia e creatività, dove il mondo della logica la faceva da padrone.
«Quello è il suo» indicò la hostess alla donna in completo beige, che cercava il suo posto tra le poltroncine delle prime file.
Nonostante i capelli biondi raccolti sulla nuca e il vestito discreto, il suo ingresso aveva involontariamente attirato l’attenzione di molti presenti.
«Ben arrivata dottoressa» le disse un giovane seduto in prima fila.
Lei rispose con un sorriso prendendo posto al suo fianco e ricambiando un affettuoso bacio sulla guancia.
Il ragazzo, in giacca avana senza cravatta, poteva avere un paio d’anni meno di lei, e lo stesso colore dei capelli.
«È il giorno dei giorni» le disse, «sei nervosa?»
«Un po’» ammise la donna, aprendo la cartellina che custodiva sotto il braccio.
«Solo un po’?» la stuzzicò, con un’aria da fanciullo, gli occhi castani vivaci, nelle cui profondità sembravano agitarsi mille pensieri. «Essere relatore della Fens non capita spesso.»
«E tu, fratellino, emozionato?»
«Mi diverto.»
Un uomo che passava nelle vicinanze si fermò a salutarli: «Oh, i fratelli Grayel! Sento spesso parlare di voi. Sibylle e Martin, giovani e brillanti promesse. Soprattutto di te, Sibylle, la Beautiful Mind ginevrina! Ho conservato l’ultimo articolo di Science , sai?»
Lei abbozzò qualcosa, non gradendo gli eccessivi complimenti.
«Sei una relatrice oggi, vero? A proposito, come procede il progetto Exrel?» domandò. «È vero che state collaborando con Oxford?»
«È Eisenmann il collaboratore» accennò la giovane. «Questa sera ci illustrerà qualcosa.»
«Dicono che abbia effettuato nuovi esperimenti.»
Lei strinse le spalle.
L’uomo rimase ad ammirare gli occhi celesti e il volto aggraziato della donna, che dimostrava una trentina d’anni, prima di congedarsi con un cenno.
«Dobbiamo migliorare le nostre pubbliche relazioni, sorellina» la rimproverò Martin, «quel tipo è un pezzo grosso della Fens.»
«Non sono portata per la diplomazia.»
Da alcuni mesi Sibylle era una responsabile del Dipartimento di Neuroscienze di Ginevra, e solo il mese prima era stata definita dalla rivista Science: "la Beautiful Mind ginevrina, uno dei cervelli più originali e determinati della ricerca". Sicuramente costituiva una delle star attese al Forum, e il suo duetto col professor Eisenmann avrebbe inaugurato la serie principale di appuntamenti della kermesse.
Sui maxi-schermi della sala si proiettavano immagini di repertorio delle precedenti edizioni del Forum, svolto a Parigi, Lisbona, Vienna, in una delle quali compariva Sibylle con Arthur Eisenmann. La ricercatrice cercò inutilmente con lo sguardo il suo mentore, finché decise di rilassarsi nell’attesa che la serata avesse inizio.
Quando un sottofondo di Chopin si diffuse dagli altoparlanti, sul palco tappezzato di rosso un tecnico controllò i microfoni facendo cessare i mormorii. Dopo breve un uomo con barba castana e occhiali tondi con lenti azzurre raggiunse il leggio, dove si schiarì la voce.
«Buona serata a tutti, e benvenuti al Forum Europeo delle Neuroscienze che si è aperto quest’oggi nella cornice di questa splendida città!»
Ci fu un applauso da parte della platea.
«Come sappiamo, la Fens organizza ogni due anni un grande meeting europeo. Fin dal 1998 a Berlino, questo evento ha attirato oltre cinquemila delegati; il più vasto e rinomato incontro di neuroscienze d’Europa. Una breve presentazione del sottoscritto: Victor von Hugh, docente di Filosofia all’Università di Vienna. E confesso di sentirmi un abusivo davanti a questa platea… Sono solo un modesto filosofo, uno di quei pensatori che costruiscono bizzarri sistemi teorici, che vanno puntualmente in frantumi con le vostre scoperte.»
Ci fu qualche risata tra il pubblico.
«Cosa ci fa un filosofo nel tempio della scienza? Cerca asilo dalla follia del mondo che ha contribuito a creare là fuori?»
Altri mormorii divertiti.
Vecchio matto
pensò Sibylle che lo conosceva bene. Indolente, dissacrante, incapace di prendere sul serio le occasioni più solenni, il moderatore che parlava dal palco era sicuramente sui generis. I fratelli Grayel erano stati sorpresi ma contenti che fosse divenuto un moderatore del Forum, oltre a essere uno dei responsabili del progetto Exrel.
«Anche se può sembrare strano» continuò il professore, «la mia presenza è giustificata da una circostanza che singolarmente unisce scienza e filosofia. Come qualcuno saprà, l’Unione Europea ha approvato una ricerca particolarmente interessante: il progetto Exrel, acronimo di Explaining Religion. Si tratta di un progetto finalizzato a spiegare in termini scientifici l’esistenza del sentimento religioso. Ci sono quattordici università che si stanno occupando di questo studio, e ciò coinvolge inevitabilmente anche la filosofia. Questa sera il neuroscienziato Arthur Eisenmann di Losanna ci esporrà alcune novità in materia. Cedo quindi volentieri la parola a chi potrà deliziarvi con argomentazioni più scientifiche delle mie.»
Sorrise, prima di allontanarsi tra gli applausi dei presenti.
Seguì l’intervento della presidente del Forum, una docente dell’Università di Ginevra, che illustrò come le neuroscienze toccassero tutti gli aspetti della vita umana, inclusa la personalità e il comportamento individuale.
«Negli ultimi anni lo sviluppo di apposite tecnologie di Brain Imaging ha consentito di osservare da vicino cosa accade nel cervello umano, e la dimensione etica ha acquisito un ruolo fondamentale, in quanto ciò consente non solo di predire le malattie neurodegenerative, ma anche di rivelare modelli di comportamento o leggere i nostri pensieri.»
Sibylle notò che il moderatore, von Hugh, parlava ai margini del palco con alcuni organizzatori, per poi tornare al microfono dopo l’intervento, leggermente a disagio: «C’è una piccola modifica della scaletta, signori. Il professor Eisenmann non è ancora arrivato… Anticiperei un altro contributo».
Una hostess avvicinò Sibylle per invitarla ad alzarsi.
La scienziata avrebbe voluto ascoltare prima la relazione del suo maestro, ma si adattò alla circostanza.
«Neuropsicologa cognitiva e ricercatrice al Centro delle Neuroscienze di Ginevra, discepola e collaboratrice del professor Eisenmann, una persona che è per me un piacere personale presentare: la dottoressa Sibylle Grayel.»
Accolta da un applauso, la donna percorse il tappetino color porpora raggiungendo il moderatore, con cui scambiò un sorriso e una stretta di mano.
Lui le strizzò l’occhio con malizia.
«Ringraziando tutti, prendo spunto da quanto detto dal professor von Hugh per entrare nel tema principale dell’incontro di oggi…»
Mentre parlava, nel corridoio centrale del Palexpo, una figura con un impermeabile bianco avanzava tra i foyer dell’auditorium. Un agente della vigilanza la avvicinò per un controllo, ma dopo aver incrociato lo specchio dei suoi occhiali, con un senso di timore, la lasciò proseguire.
«… La capacità di immergersi nella meditazione fino a sprofondare in un altro mondo, senza percepire il tempo che passa, la disponibilità a sacrificarsi per un ideale, la sensazione di far parte di un tutto, l’idea del trascendente e le esperienze extrasensoriali» diceva Sibylle «sono stati d’animo che hanno origine a livello cerebrale. Ma cosa determina la religiosità umana? Perché un individuo è religioso e un altro no? Persone educate dai sacerdoti possono divenire atee da adulte, e le persone religiose possono essere ricche o povere, colte o poco istruite. In questi anni ho lavorato con entusiasmo al fianco del professor Eisenmann, nella convinzione che trovare una risposta a questi interrogativi possa condurre alla vera essenza dell’uomo, e a dare una spiegazione a tante pagine di storia.»
La sua voce risuonava limpida dagli altoparlanti situati all’esterno della sala, dove l’individuo con l’impermeabile si fermò ad ascoltare.
«Di recente si è sviluppata la neuroteologia, o neuroscienza dello spirito, che studia proprio le basi cerebrali della spiritualità, la componente neurobiologica delle esperienze religiose. Se sociologi e storici indagano la religione dai rispettivi punti di vista, il biologo molecolare e lo scienziato cognitivo si occupano di analizzare l’aspetto meccanico della fede. Come si forma, dove si sviluppa, e come si modifica all’interno cervello? Fondamentale è stato il lavoro di alcuni pionieri della materia, come Persinger, Newberg e D’Aquili, che per primi hanno identificato le aree del cervello preposte agli stati mistico-religiosi; aree che il neurobiologo Ramachandran ha poi definito il modulo di Dio
.»
Un mormorio di stupore da parte del pubblico.
«Il professor Eisenmann parla di variabile celeste
, quella caratteristica della mente umana, ancora misteriosa, che rende l’uomo religioso, ateo o agnostico.»
In quel preciso istante, l’individuo con l’impermeabile entrò nella sala accompagnato da un soffio di vento, rimanendo a osservare l’oratrice. La temperatura sembrò improvvisamente abbassarsi. Uno dei commessi invitò l’uomo a trovare posto ai lati della sala, ma fu ignorato.
La relazione di Sibylle proseguiva su argomenti specifici: «Il dottor Persinger realizzò un apposito strumento: una sorta di casco divino
, denominato God Helmet, in grado di generare in testa campi elettromagnetici che inducevano la sensazione di una presenza divina e di armonia con l’universo, effetto che in realtà derivava dall’attivazione di specifici neuroni nel cervello».
«E Dio dove lo mettiamo?» domandò un giornalista dalle prime file, provocando una reazione di ilarità da parte degli astanti.
Sibylle sorrise, in quanto ogni volta che parlava di questi argomenti si divertiva a osservare le reazioni degli interlocutori; ma non eluse la domanda: «Quando sovrapponiamo alla sensazione di immensità e di espansione del proprio io, le nozioni culturali dei singoli popoli, possiamo ottenere il concetto di Dio. Si tratta di un costrutto culturale».
«Quindi Dio non esisterebbe?»
Sibylle fece un’espressione innocente: «Lo stiamo ancora cercando».
Una