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I Custodi dell'Amore
I Custodi dell'Amore
I Custodi dell'Amore
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I Custodi dell'Amore

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About this ebook

Chi sono le persone che incrociano la nostra vita, che all’improvviso ci ritroviamo accanto? Perché si ha la sensazione di aver già vissuto un momento, un incontro? E quel battito del cuore così accelerato? È l’amore? Forse sì, forse no. Eppure la nostra anima lo riconosce come il sentimento che aspettava da tempo. Per viverlo, finalmente. Distratti dallo scorrere della vita, non comprendiamo subito ciò che ci sta capitando. Fino a quando segnali impercettibili ci aiutano a ricordare...

© Mario Luciani
I edizione 2015
Realizzazione editoriale: Omnibook di Marta Paparella
LanguageItaliano
PublisherMario Luciani
Release dateJun 15, 2015
ISBN9786051760995
I Custodi dell'Amore

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    I Custodi dell'Amore - Mario Luciani

    Questo romanzo è dedicato a tutti gli innamorati.

    Non sia mai ch’io ponga impedimenti

    all’unione di anime fedeli; Amore non è amore

    se muta quando scopre un mutamento

    o tende a svanire quando l’altro si allontana.

    Oh no! Amore è un faro sempre fisso

    che sovrasta la tempesta e non vacilla mai;

    è la stella-guida di ogni sperduta barca,

    il cui valore è sconosciuto, benché nota la distanza.

    Amore non è soggetto al Tempo, pur se rosee labbra e gote

    dovran cadere sotto la sua curva lama;

    Amore non muta in poche ore o settimane,

    ma impavido resiste al giorno estremo del giudizio:

    se questo è errore e mi sarà provato,

    io non ho mai scritto, e nessuno ha mai amato.

    William Shakespeare, sonetto 116

    Mario Luciani

    I CUSTODI DELL’AMORE

    Tutti i diritti sono riservati

    Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta

    senza il preventivo assenso scritto dell’autore.

    © Mario Luciani

    I edizione 2015

    Realizzazione editoriale: Omnibook di Marta Paparella

    Questo romanzo è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono il prodotto dell’immaginazione dell’autore o, se reali, sono usati in modo fittizio.

    Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è puramente casuale.

    Ringraziamenti

    Ho immaginato una storia.

    Se avrete la pazienza di conoscerla fino alla fine, capirete perché l’ho scritta.

    Più di ogni altro, voglio ringraziare anche questa volta la mia famiglia, che come sempre antepone la mia passione di scrittore a tutto il resto ed è il principale supporto che io abbia. In particolar modo, la mia gratitudine va a mio padre, che mi ha assistito nelle ricerche necessarie per realizzare questo romanzo.

    Un grazie sentito va alla dottoressa in Filologia ucraina, Nataliia Shaposhnik, per la sua gentile consulenza linguistica nelle traduzioni in russo e per l’accurata descrizione geografica dell’Est europeo.

    Ho un debito di riconoscenza con la mia editor, Marta Paparella, che con scrupolosità e passione ha vagliato il dattiloscritto, fornendomi una serie di suggerimenti molto sensati, e con la quale si è creato da subito un feeling straordinario.

    E, per finire, un ringraziamento agli amici e colleghi che mi hanno dato sostegno morale mentre lavoravo a queste pagine.

    Mario Luciani

    Indice

    Prologo

    Capitolo 1. Una farsa

    Capitolo 2. Ma chi ho sposato?

    Capitolo 3. Maledetto quel giorno

    Capitolo 4. Vorrei non averti mai incontrata

    Capitolo 5. Le Quattro Stagioni

    Capitolo 6. Una relazione segreta

    Capitolo 7. La Casa

    Capitolo 8. Il patto

    Capitolo 9. Giuliana e Carmine

    Capitolo 10. Io voglio amare

    Capitolo 11. I Custodi dell’Amore

    Capitolo 12. Ho peccato?

    Capitolo 13. Tu le piaci!

    Capitolo 14. È attratto da te!

    Capitolo 15. Il sogno

    Capitolo 16. L’Anziano Custode

    Capitolo 17. Siete pronti

    Capitolo 18. Lo scettro del tempo

    Capitolo 19. Un viaggio nel tempo

    Capitolo 20. La lista

    Capitolo 21. L’amore

    Capitolo 22. La decisione sofferta

    Capitolo 23. La fotografia

    Capitolo 24. Fantasia di Giuliana (5 aprile 1991 – Parte prima)

    Capitolo 25. Fantasia di Giuliana (5 aprile 1991 – Parte seconda)

    Capitolo 26. Fantasia di Giuliana (5 aprile 1991 – Parte finale)

    Capitolo 27. Sì

    Epilogo

    Prologo

    2040.

    Cos’è la vita?

    È una magia dell’universo. Il senso della vita è la vita stessa.

    Senza di essa, noi non saremmo.

    L’uomo è un essere perfetto, ma sarebbe solo una macchina funzionante se non avesse un’anima.

    La mia, la tua, la sua e quella di tutta l’umanità. Unica e rara in ognuno di noi. È indescrivibile e inimmaginabile la sua spiritualità. Però, vive. Sì, lei è con noi e ci guida per tutta la nostra vita. Lei ci fa sognare. Lei è la linfa della nostra personalità. Lei ama. Lei vivrà sempre.

    È grazie ad essa che ho vissuto, beatamente, l’enigmatica e favolosa forza dell’amore. Cosa c’è di più meraviglioso nel vedere due esseri corteggiarsi e amarsi per tutta la vita? Nulla.

    Quante volte abbiamo sentito parlare di anima gemella? All’infinito.

    Una delle missioni più importanti che ci viene affidata è quella di incontrare questa metà che ci appartiene, poiché l’anima gemella è uno dei fattori che maggiormente aiuta gli esseri dell’universo lungo la loro evoluzione.

    Quanti di noi hanno avvertito un senso di vuoto o un intimo bisogno di trovare qualcosa? È la nostalgia che prova la nostra anima e ci segnala che abbiamo bisogno di unirci a quest’altra metà per poter utilizzare tutta la forza che abbiamo sempre avuto sin dalla nostra creazione.

    È importante avere la consapevolezza che in qualche parte del nostro pianeta esista quest’essere che ci farà vibrare, che ci sta aspettando e che ci amerà per quello che siamo. Dobbiamo custodire questa certezza all’interno del nostro cuore. E quando realmente saremo vicini al vero amore, sperimenteremo una reazione che non abbiamo mai provato con nessun altro. Forse, proveremo disagio in quanto percepiremo una vibrazione estremamente alta. Tuttavia, per lo stesso motivo proveremo una sensazione molto speciale. Alcuni pensano che l’anima gemella sia una persona a noi molto affine, ma non sempre è così. L’anima gemella è la persona che ricambia l’amore sublime che si genera nella coppia. Nel momento in cui queste due persone si incontrano e si congiungono, si crea un’energia potente che si manifesta sia sul piano fisico sia su quello spirituale.

    L’amore in tutte le sue forme è l’unica realtà possibile in questa vita.

    «Ti prego, continua.»

    «Dai, nonna, continua.»

    «Ma certo, nipoti miei.»

    «Il giorno del primo incontro fu disastroso, ma i suoi occhi... beh, i suoi occhi sprigionavano pura passione. In quel giorno lontano, però, una verità tanto nascosta avrebbe sconvolto tutta la famiglia, e non solo. Era il mese di maggio, nel 2010. L’aria già calda preannunciava un’estate anticipata. I primi clienti cominciavano ad affacciarsi alla reception del resort, mentre...»

    CAPITOLO 1

    Una farsa

    Martedì, 11 maggio 2010.

    Pesaro.

    Natasha Vitrenko, nel suo ufficio, è distratta dai suoi pensieri durante una conversazione telefonica.

    «... quindi le confermo che la fornitura degli arredobagno arriverà a fine mese.»

    Perché Carlo è sempre arrabbiato con me?

    «Pertanto, vorrei sapere come posso mettermi in contatto con il direttore dell’albergo.»

    Io lo amo. Gli sono sempre vicina.

    «Signora Vitrenko?»

    Lui crede che non lo comprenda.

    «Signora, è in linea?»

    «Sì sì, mi scusi.»

    «Le ho chiesto come posso...»

    «Le invio tutto ciò che le serve insieme alla mia autorizzazione a procedere con i lavori.»

    «Bene, signora Vitrenko. Allora le auguro una buona giornata e grazie per la fiducia accordataci.»

    «Grazie a lei. Buona giornata.»

    Spero che diventi una buona giornata.

    «Natasha... posso?»

    «Vieni, Sabrina.»

    «Ti ho portato i prospetti mensili delle entrate e delle uscite...»

    «D’accordo. Lascia pure sul tavolo.»

    «Ah... va bene» mi dice sorpresa. «Però, sappi che...»

    «Sabrina, ti prego! Lascia tutto qui sopra. Li vedrò da sola» le rispondo con tono seccato. Ma lei cosa c’entra ora?

    «Natasha, va bene, ho capito.»

    Taciamo entrambe.

    «Ti ho portato anche una fetta di crostata di mele che ha fatto ieri mia cugina. È squisita, credimi.»

    «Grazie, la mangerò dopo. Senti, ho appena parlato con il responsabile di quell’azienda dei nuovi arredobagno che dovranno arrivare a Livorno. Uffa... come si chiama la ditta?» e inizio a battere la punta della matita sul tavolo nella speranza che mi torni in mente il nome. Continuo a farlo sempre con più violenza.

    «Natasha, sinceramente, adesso non ricordo. Aspetta che vado...»

    «Accidenti! Ma come si chiama, Sabrina!» e la punta si spezza.

    «Ehiii! Calmati, Natasha.»

    «Sono calma, Sabrina. Sono calmissima!»

    «Non si direbbe...»

    «E invece lo sono!» e getto via la matita dietro di me.

    Dondolo sulla poltrona guardando Sabrina infastidita dal mio atteggiamento. Ma lei, conoscendomi, ha già capito tutto. Così sospira.

    «Va bene. Hai litigato di nuovo, vero?» mi chiede, con tono pacato, lasciando i documenti sulla scrivania.

    «Che domanda!»

    Una pausa ci allontana.

    Guardo la foto dove siamo ritratti io e Carlo davanti alla Torre Eiffel. Parigi era una delle tappe della nostra luna di miele. Il mio amore per lui, nonostante tutto, non è cambiato, ma Carlo è ancora innamorato di me?

    «Natasha? Hai litigato con Carlo?»

    «Sì! Sìììì!» urlo. «È sempre per lui che sto così. Accidenti a me!» e sbatto, furibonda, la mano sulla scrivania mentre mi alzo dalla poltrona.

    Mi avvicino alla finestra del mio studio chiedendomi egoisticamente se nei prossimi vent’anni sarò destinata a non avere più alcuna attività sessuale. Pensare di non poter avere rapporti con mio marito, di non avere un altro figlio mi logora, e mi fa sentire vecchia. Potrei rifarmi una vita. Tanti uomini mi corteggiano. Con loro potrei avere rapporti a piacimento.

    Ma cosa vado a pensare?

    Porto le mani al viso iniziando a piangere. Sabrina mi stringe forte a sé.

    «Natasha, ne abbiamo già parlato. Tu non puoi vivere in queste condizioni. Ti stai facendo solo del male. Se almeno ti amasse, ci sarebbe solo il sesso da risolvere...»

    «Continuo a provarci, Sabrina. Mi faccio bella come dice lui, ma niente. Solo con il sesso orale diventa... uomo. E poi? Poi mi abbandona. Per me non fa nulla, ma anch’io sono fatta di carne. Anch’io voglio provare piacere. Io non so più...» e piango più forte.

    «Che bastardo!»

    «Non dirlo.»

    «Sì, invece. Ma ti rendi conto?» e mi gira verso di lei. «Svegliati, Natasha! Guardati! Ogni giorno che passa la tua dignità perde valore irreversibilmente. Ti stai autodistruggendo per un uomo egoista. Il tuo orgoglio dove è andato a finire?» mi domanda, scuotendomi leggermente per le spalle.

    Io non rispondo. Lei ha ragione. La fisso in lacrime.

    «Lui non ti ama. I suoi comportamenti non sono giustificabili. Lui...»

    «Sabrina... stamani mi ha insultata volgarmente.»

    «Cosa?»

    «Sì, è così.»

    «Accidenti!»

    «È convinto che abbia un altro uomo. Oddio, Sabrina... stamani era già brillo e mio figlio lo ha visto in quelle condizioni pietose. L’ho pregato di rimanere a casa e di riposarsi. Lui mi ha guardato con occhi indiavolati e mi ha dato un ennesimo schiaffo.»

    «C’era ancora Alessandro quando te l’ha dato?»

    «Sì.»

    «Natasha, mi dispiace...»

    «Ho guardato subito il piccolo mentre lui sbatteva la porta di casa. Non sono riuscita a trattenere le lacrime e...»

    «Natasha, lascia il lavoro e passa la giornata da sola da qualche parte. Alessandro lo prendo io da scuola e lo porto a casa mia. Ti prego... fammi questo favore di stare sola. Io credo che Carlo abbia toccato il fondo. Forse è meglio che cominci a riflettere seriamente su cosa fare. Se inizia a bere di prima mattina, la situazione, in futuro, potrebbe degenerare. Oggi uno schiaffo e domani?»

    «Hai ragione! Credo che sia meglio che non sottovaluti più la faccenda. Sì...» e mi asciugo il viso con le mani «... farò come mi consigli. Stamani me ne starò da sola. Svuoto la mente da ogni altra preoccupazione e mi concentro sui fatti. Sabrina, inizio ad avere paura e...»

    «Immagino, Natasha. Dallo specialista non vuole ancora andarci, vero?»

    «Crede che sia tutto inutile.»

    «Amica mia... noi due ci siamo sempre aiutate, ma questa volta devi ascoltare la tua coscienza. Lo so che lo ami ancora, ma come mamma devo assolutamente dirti che rimanere con lui, dopo tutti i consigli che gli hai dato per curarsi, dopo tutto l’amore incondizionato che tu... accidenti, Natasha! Io non posso vederti in queste condizioni. Tu devi separarti.»

    «Ma perché mi dici sempre che devo separarmi?» le domando ormai seccata, ma incuriosita, da questa soluzione che mi ripete da circa un mese.

    Lei non risponde. Sembra intimorita. Forse l’ho spaventata?

    «Sabrina, scusami se mi vedi così, ma...»

    «No! Scusami tu. Anche se sono convinta che non vi sia altra strada... giuro che non ne parlerò più» mi risponde mortificata.

    «Vieni qui, amica mia» e abbraccio Sabrina, ringraziandola del suo sostegno morale. «Allora... mangiamo questa crostata?» le dico con un mezzo sorriso.

    Dove potrei andare?

    Il cuore mi supplica di andare a trovare subito mio marito per conoscere il suo stato fisico e mentale. Effettivamente, ho paura che combini qualche sciocchezza sul lavoro. La ragione, però, mi dice che è meglio di no. Carlo, stamani, ha terrorizzato me e il bambino che ha pianto fino all’ingresso della scuola. Forse dovrei andare a prendere mio figlio e dovrei portarlo via con me da qualche parte al sicuro, magari dai miei genitori in Ucraina. Ma Carlo come farebbe senza di noi? Io credo che, nonostante tutto, gli mancheremmo, anche se ultimamente non dimostra alcun affetto verso la sua famiglia. Lui è consapevole della sua condizione fisica, ma non vuole reagire. È deciso a non farsi curare perché è convinto che nulla risolverebbe il suo problema. È il suo orgoglio che glielo impedisce. Lui è stato sempre così. Non c’è giorno in cui lui non consideri che la sua impotenza sessuale è conseguenza di una maledizione infertagli da chissà chi. Se avesse più fede capirebbe che non è questa la verità. Si tratta di una malattia di cui chiunque può soffrire e che può essere guarita.

    «Purtroppo è questo il problema che ha Carlo. Mi illumini la prego» avevo supplicato il mio medico di famiglia quella mattina.

    «Va bene. Però le dico subito che Carlo deve andare da un andrologo.»

    Io avevo annuito. Pendevo dalle sue labbra.

    «Deve sapere che l’impotenza maschile, meglio chiamata disfunzione erettile è l’incapacità di ottenere o mantenere un’erezione sufficiente a condurre un rapporto sessuale soddisfacente. Avere problemi di erezione, di tanto in tanto, non è necessariamente un motivo di preoccupazione. Se, invece, la disfunzione erettile è un problema continuo può causare stress, problemi relazionali o influenzare la propria autostima. L’eccitazione sessuale maschile è un processo complesso che coinvolge il cervello, diversi ormoni, emozioni, nervi, muscoli e vasi sanguigni. La disfunzione erettile può derivare da un problema relativo a uno qualsiasi di questi fattori. Allo stesso modo lo stress e problemi di salute mentale possono causare o peggiorare il quadro complessivo. A volte, invece, è una combinazione di problemi psicologici e fisici. Per esempio, un piccolo problema fisico che rallenta la risposta sessuale può causare ansia nel mantenere l’erezione. Mi segue?»

    «Certo, dottore. La prego, vada avanti.»

    «Bene. Di solito, la disfunzione erettile è causata da problemi fisici quali pressione alta, diabete, obesità, sclerosi multipla, oppure da uso di tabacco, alcool e altre forme di abuso di sostanze alteranti. Ma anche a seguito di interventi chirurgici che hanno colpito l’area pelvica o il midollo spinale. Nelle cause patologiche, invece, si riconoscono quali fattori bloccanti ansia, stress, fatica, problemi relazionali...»

    «Mi perdoni, dottore. Naturalmente, io escludo a priori i problemi fisici che mi ha accennato prima. Lei conosce lo stato di salute di Carlo ed è in ottima forma...»

    «Sì, lo so, ma era solo per darle un quadro generale del problema.»

    «Certamente. Quindi dobbiamo concludere che un qualcosa a livello psicologico stia condizionando mio marito?»

    «Credo di sì e i sintomi che mi ha descritto lo confermano. Lei mi ha detto che, a volte, ha problemi a ottenere un’erezione e altre volte a mantenerla. In alcuni casi sembra che abbia un ridotto desiderio sessuale, giusto?»

    «Sì, dottore. È come se non mi guardasse più come donna. Mi sembra di essere invisibile...»

    «Capisco. Come già le ho detto, le complicazioni della disfunzione erettile possono comprendere stress, ansia, bassa autostima, problemi coniugali o relazionali...»

    «Dottore, ma cosa devo fare? Ho detto a Carlo di venire da lei, ma non vuole saperne.»

    «Su questo non posso aiutarla. Se riuscisse a farlo venire da me con la scusa di una prescrizione medica, magari io potrei provocarlo per fargli tirar fuori l’argomento, ma non posso insistere. È lui che deve confidarsi.»

    «Comunque, eventualmente, quali visite dovrebbe iniziare a fare?»

    «Per cominciare, sarebbe meglio che andasse da uno specialista che comprenda le cause che stanno dietro la disfunzione, quindi da un andrologo, come le ho detto prima, o da un sessuologo clinico.»

    «Capito.»

    «Poi saranno loro a consigliargli, eventualmente, uno psicologo se la disfunzione è causata da stress, ansia o depressione.»

    Il dottore era stato chiarissimo e la sera avevo suggerito nuovamente a Carlo di andare a parlare con il medico di famiglia. Mi ero permessa di dirgli che l’andrologo sarebbe stato lo specialista ideale per lui, ma Carlo aveva reagito con sdegno.

    «Ma cosa farnetichi? Chi ti ha messo queste cose in testa?» A tavola aveva urlato come un matto, nonostante ci fosse il bambino. Non potevo dirgli che ero stata dal medico proprio per lui e così avevo risposto che avevo fatto delle ricerche su internet.

    «Io non vado da quei medici fannulloni. Io sto bene, capito?» aveva esclamato, bevendo, poi, tutto d’un sorso, il suo ennesimo bicchiere di vino.

    «Amore... l’alcool ti fa male» gli avevo detto, sfiorandogli la mano.

    «Natasha, non mi toccare! Lasciami in pace!» e si era alzato senza aver finito la cena.

    Se io e Alessandro andassimo via di casa sarebbe la fine per lui, anche se sono convinta che gli servirebbe a capire l’importanza della nostra presenza. Lui non ha colpa per ciò che gli sta succedendo perché il nostro corpo è un mistero. L’umanità sperpera soldi perché vorrebbe scoprire i segreti del cosmo senza aver ancora esplorato l’universo che c’è in noi.

    «Le figurine!» esclamo, ricordandomi del consueto acquisto settimanale. Chiamo Sabrina con il cellulare.

    «Ciao, Natasha.»

    «Sabrina, scusami, me ne sono dimenticata. Prima di andare a prendere Alessandro, puoi passare dal giornalaio che sta di fronte la scuola perché...»

    «Perché oggi escono quelle figurine che fanno impazzire i nostri figli. Ci avevo già pensato, Natasha. Ti prego... non preoccuparti di nulla, ok?»

    «Grazie, Sabrina. Mandami un messaggio quando siete a casa. D’accordo?»

    «Ti ho detto di stare rilassata. Ascolta, perché non dormite da me? A casa c’è tanto spazio, lo sai. Mi faresti felice.»

    «Ci penserò, Sabrina. Grazie ancora. Un abbraccio.»

    «Ciao, Natasha.»

    La nostra amicizia era nata frequentando gli studi universitari alla Sapienza di Roma. Insieme avevamo conseguito con pieni voti la laurea in Economia e Commercio. Sabrina era sempre stata ambiziosa e sognava di diventare una famosa commercialista nella sua terra natia, Pesaro. E così era accaduto. Di famiglia facoltosa e figlia unica, con il suo carisma, giorno dopo giorno, Sabrina aveva ottenuto la fiducia di molti clienti. Tra questi, poi, aveva trovato l’amore della sua vita, sposandolo poco dopo. Le sue capacità professionali erano state segnalate ai diversi ministeri a Roma e l’offerta di collaborare con l’allora ministro dell’Economia non aveva tardato ad arrivare. Lei aveva accettato senza esitare. Il lavoro, però, con il tempo, aveva cominciato a stressarla. Troppe cose da seguire e poco tempo per il marito e il piccolo nascituro, Gianluca. Trascurare i suoi cari era diventato un prezzo troppo alto da pagare per la sua carriera in ascesa. Io e mio fratello, intanto, avevamo ereditato da mio padre i suoi due alberghi in Ucraina, i Živàgo Resort, uno sulle sponde del fiume Dnepr e l’altro a Bukovel, famosa città montana. Oggi, la nostra società è presente anche in Italia avendo realizzato altre due strutture turistiche, che portano lo stesso nome, in due diverse località balneari, Livorno e Pesaro. Sabrina, conoscendo successi e sviluppi della mia attività, mi aveva confidato che era stanca del suo lavoro. I suoi occhi mi avevano chiesto aiuto: voleva lavorare con me. Io non avevo esitato a risponderle di sì perché una professionista come lei mi sarebbe stata di grande aiuto. E, soprattutto, non potevo abbandonare la mia cara amica. «Insieme, faremo grandi cose!» le avevo detto, felicissima di poterla avere al mio fianco.

    Da inseparabili compagne di studio siamo diventate socie in affari. La sua serenità, però, è turbata dal mio dramma familiare. Lei conosce i minimi particolari di ciò che sta accadendo tra me e mio marito da circa un anno. Con l’escalation di oggi, però, sono convinta che lei non mi darà tregua finché non prenderò la decisione che per Sabrina è la più sensata: la separazione.

    Seduta su uno scoglio, ascolto l’ouverture del Guglielmo Tell di Rossini. Oggi, la mia anima si rispecchia pienamente in questa composizione.

    Davanti a un mare piatto in una calda giornata di maggio, l’assolo del violoncello mi porta a ricordare la mia città natale: Kiev. Oggi, più che mai, mi manca terribilmente. Così come i miei genitori che vorrebbero avermi con loro. Conoscono il dramma che vivo. Alessandro è piccolo e non sbaglierei se volessi portarlo via dall’Italia. Ma separarmi? Odio questa parola, ma Sabrina sostiene che sia l’unica via affinché io e mio figlio si possa ricominciare a vivere con il sorriso e con serenità. E la promessa fatta davanti a Dio? Ho giurato che avrei amato Carlo nella buona e nella cattiva sorte. Anche lui l’ha fatto! Non riesco a distinguere cosa sia più giusto: se abbandonarlo o seguirlo. Ho paura per entrambe le decisioni. Mio Dio, indicami la strada da percorrere, dimmi cosa devo fare!

    Guardo il mare piangendo. I miei occhi, ormai, vedono il mio futuro sentimentale offuscato dall’ira di un marito che saetta contro di me. Mentre il gioco degli archi e dei flauti dell’orchestra sembra simulare una tempesta in arrivo, sento che la mia fiducia non è più irradiata dal suo amore. Lui è ormai come un uragano: spazza via le speranze, le gioie, e i sogni di una moglie che continua ad amarlo come la prima volta. Divora la dignità di una madre felice di esserlo per il suo primogenito. Lui sparge terrore nel nostro nido d’amore facendo sparire ogni briciola di calore.

    I giochi dei fiati, ora, mi rasserenano il cuore.

    Penso ad Alessandro, il mio piccolo bambino vittima di quotidiani e inspiegabili litigi. In lui vedo la mia salvezza perché è la mia linfa vitale. Devo cominciare a ragionare e non seguire più il cuore perché la felicità e il futuro sereno di mio figlio sono più importanti di tutto.

    Le trombe squillanti mi destano.

    Ora, sento riecheggiare le parole di mia madre come questi violini che suonano a ritmo di cavalleria: «Figlia mia, devi avere pazienza con tuo marito. Lui è il padre di Alessandro e devi rispettarlo. Lui è ciò che hai sempre desiderato dalla vita. Lui è il tuo uomo. Riprovaci. Riconquistalo e non temere delle sue paure perché, altrimenti, diventeranno le tue. Amalo costantemente e coccolalo come non hai mai fatto. Carlo ha bisogno di te e lui ti ama. Carlo è tuo!».

    «D’accordo, mamma, ci riproverò!» sussurro, sorridendo, immaginandola accanto a me.

    Ho bisogno di vederlo, ho bisogno di guardare i suoi occhi. Io credo nel nostro amore e lui deve cambiare. «Ora basta! Deve finire tutto!» esclamo, togliendomi gli auricolari.

    Mi avvicino alla mia auto e guardo l’orologio. Sono le 10.20. Carlo, stamattina, tra le altre cose, mi ha detto che alle 10.30 aveva le prove del coro. Spero che inizino con ritardo.

    Un uomo che sta facendo running si volta all’improvviso per salutare un amico e urla «Fabriziooo!». Il suo gesto, però, gli causa uno scontro accidentale, ma violento, con Natasha, che dopo alcuni secondi realizza quanto le è accaduto.

    «Ahii!» e mi ritrovo con il viso sul marciapiede, schiacciata da un peso. Ma chi mi ha gettato giù? «Aiutoo!» grido. Finalmente, il mio petto riprende a respirare.

    «Accidenti! Ma dove guarda?»

    È la voce di un uomo. Sembra irritato. Pure? Sono imbestialita. Come sarebbe a dire dove guardo? Ma chi è questo imbecille? Sono curiosa di vedere chi mi ha strattonata in questo modo barbaro.

    «Signora, sta bene?» mi domanda lui, mentre mi aiuta ad alzarmi.

    Cos’ha scatenato adesso tutta questa preoccupazione?

    «Stia zitto, imbecille! Ma dove diavolo... guardava?» strillo, fissandolo. Vorrei mandarlo a quel paese, ma non ci riesco. Continuo a guardare il suo viso. Non riesco proprio a dirgli qualcosa di offensivo. Quasi vorrei perdonarlo per ciò che mi ha fatto.

    «Signora... sta bene?» ripete.

    «Sì... sì! Grazie. Io...» e taccio. Ma cosa mi succede?

    «Non dica nulla. Ma la prossima volta stia più attenta, d’accordo?»

    Ah... non dovrei dir nulla?

    Lo sconosciuto si rimette gli auricolari e come niente fosse accaduto riprende a correre.

    «Senta un po’ lei... ehiii!» gli grido contro, ma lui non mi sente. «Grazie! Molto gentile. Neanche una scusa, vero?» esclamo, seccata. Che uomo strafottente. Però i suoi occhi erano bellissimi. Chiari e penetranti. Non l’ho mai visto da queste parti. Magari è un turista. Se è un mio cliente gliela faccio pagare. Sì, ma... che occhi!

    «Accidenti!» esclamo, abbassando la testa. Il ginocchio sanguina un po’.

    Ore 10.28. Sabrina chiama il marito per aggiornarlo sui fatti di Natasha.

    «Fabrizio... disturbo?»

    «Aspetta un secondo.»

    «D’accordo.» Speriamo che concordi con me.

    «Eccomi. Dimmi, amore.»

    «Tutto bene, Fabrizio?»

    «Sì sì... ho inserito l’auricolare.»

    «Bene. Natasha ha litigato di nuovo con Carlo...»

    «Ancora?»

    «Purtroppo sì. Ho pensato di farla dormire da noi insieme al figlio. Che ne pensi?»

    «È necessario? Voglio dire... è così grave?»

    «Fabrizio, se te l’ho chiesto vuol dire che c’è un motivo. Ti prego, non dirmi di no.»

    «E Carlo? Che dirà?»

    «Non me ne frega nulla di quel porco e manesco...»

    «Ehiii! Calmati. Ma cosa è successo?»

    «Ti spiego tutto dopo pranzo. Andrò io a prendere Alessandro da scuola e rimarrà a casa da noi.»

    «Perché? Natasha non può?»

    «Fabrizio, lei oggi stava malissimo. Le ho detto di starsene da sola. Non so dove sia andata.»

    «Allora è proprio grave.»

    «Sì, amore.»

    «D’accordo, staranno da noi. A questo punto fai così: chiama tua madre e dille di non venire, baderò io ai ragazzi. Intuisco che forse è meglio che rimanga a casa, oggi.»

    «Amoreee... stavo per chiederti proprio questo. Grazie. E come farai con i clienti?»

    «Aspetteranno. Sai quante volte l’ho fatto io per loro?»

    «Ti adoro.»

    «Speriamo che Carlo non faccia casino per questo.»

    «Si deve solo azzardare quel...»

    «Amore, calmati, chiaro?»

    «Sì, scusami. Tu mi ami, vero?»

    «Certo che ti amo. Tu stai bene?»

    «Ora che ti ho sentito, sì. Sto meglio. Tesoro, lo sai che la crostata di tua cugina è favolosa? È piaciuta anche a Natasha...»

    «Ecco perché non l’ho trovata. Quella fetta era mia.»

    «Ahahah! E già... Ti prego chiamala, vorrei che prima di partire preparasse una crostata tutta per noi.»

    «Va bene. Ora, però, torna al lavoro, ok? A dopo, Sabrina. Ti amo.»

    «Anche io! Ciao.»

    Ore 10.42. Natasha si trova all’interno del Conservatorio G. Rossini di Pesaro.

    «Buongiorno, signora De Bellis. Come sta?» mi domanda Rosalba, la segretaria di turno.

    «Bene, grazie. Lei?»

    «Tutto bene.»

    È qui che lavora mio marito. Lui è un professore di Pianoforte principale e di Teoria e Solfeggio. È anche direttore d’orchestra e oggi ha le prove con il coro per il Requiem di Mozart, che verrà rappresentato a Pesaro a fine giugno.

    «Le prove sono già cominciate? Ho bisogno di parlare con mio marito» chiedo frettolosamente.

    «Non ho capito, signora.»

    «Le prove con il coro sono cominciate?» ripeto con tono seccato. Sono impaziente di vederlo.

    «Ma oggi l’auditorium è chiuso per tutte le prove» risponde con voce cordiale al limite del gongolante.

    Sussulto, sorpresa. «Si sbaglia! Forse non è informata bene. Io vado. Arrivederci.» Ma che ci lavora a fare qui se non è aggiornata sulle attività?

    «Signora De Bellis... aspetti!»

    Ignorando le sue parole, continuo a camminare verso l’auditorium.

    «Signoraaa!»

    Arrivo davanti all’ingresso ma è chiuso. Sulla porta è affisso un calendario delle prove corali e orchestrali.

    «Mhhh... vediamo! Dov’è il Requiem?» dico sottovoce. «Trovato!» esclamo. Leggo con ansia crescente: "Le prove corali del Requiem di Mozart si terranno nei giorni seguenti: lunedì ore 15.30; mercoledì ore 15.30; venerdì ore 10.30. Firmato: professore Carlo De Bellis".

    Rimango pietrificata.

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