Ventisei maggio
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Book preview
Ventisei maggio - Marco Mancini
A Chelli.
Alcune volte sembra quasi come se io possa sentire il tuo profumo o la tua voce. Sento ancora il rumore dei tuoi bracciali e quello delle tue scarpe con i tacchi nei corridoi di una scuola dove neppure passeggio più.
Ma lo sento.
Sento il peso dei tuoi anelli sulla mia spalla.
Lo stesso peso che tu hai lasciato nella mia vita quando hai deciso di non farcela più.
A te, prof, il mio mese di maggio.
Fasano, 28 maggio 2014
Chelli era la mia professoressa di filosofia e storia: lo è ancora. La mia preferita: lo so io, lo sa lei e lo sanno tutti gli altri. Ci sono legami, quelli di cui parlerò, che erano destinati ad esserci quando ancora le persone di questi stessi legami non si erano incontrate. Io e Chelli eravamo uno di questi legami. Racconterò di lei, parlerò di lei: lo farò ai miei figli un giorno. Un giorno i miei figli dovranno capire perché deciderò di dirgli a volte un no, altre volte un sì. Dirò loro che così mi è stato insegnato: dirò loro chi era Chelli. Chi era questa donna che ha lasciato un solco profondo nel cuore del loro papà. Dirò loro quanto la sua presenza durante la mia adolescenza sia stata così fondamentale: dirò loro che lei conosceva i miei sogni come nessuno, che avrebbe un giorno anche voluto condividerli. Dirò loro che non ha ceduto alla sofferenza: che l’ha combattuta giorno dopo giorno, con la sua dignità, senza paura di affrontarla. Dirò loro che la battaglia è stata pesante e che non ho conosciuto nemmeno un po’ di questa battaglia: e che forse è stato meglio così. Io, la mia professoressa, voglio ricordarla com’era, come sarà sempre: bellissima. Voglio ricordare le sue lezioni di vita: quelle che non dimentichi mai. Voglio ricordare le attese delle sue ore, lo stomaco che mi si chiudeva quando sapevo di non aver studiato. Vi voglio dire che amavo andare a scuola quei giorni in cui sapevo che ci sarebbe stata lei. Vi voglio raccontare tutto quello che io ho imparato. Era una grande donna, una donna forte: la vicepreside del mio liceo e ancora oggi ringrazio che non ne fosse la preside; forse non avrei mai appagato la mia sete di conoscenza con la sua cultura. Una cultura vasta, pulita, onesta: una cultura che proveniva dalle sue esperienze, dalla sua voglia di conoscenza. Una cultura che lei ha saputo trasmettere: la cultura dell’anima. Che non è propriamente quella che ti insegna un libro, ma è quella che hai già dentro: che devi saper tirare fuori. Lei mi ha insegnato a tirare fuori tutto quello che io avrei voluto seppellire. Lei era speciale e ho provato, ci ho provato tantissime volte a volerle trovare un difetto: una battaglia persa la mia. Chelli si spense il ventisei maggio di un anno qualsiasi vinta da una leucemia. Si spense il suo corpo. E forse questo è stato l’unico difetto di questa grande donna: era mortale, come tutti. E io voglio renderla eterna almeno nella mia vita. Gli altri facciano quello che vogliono.
Si spense il suo corpo. Lei vive in me ogni istante della mia vita.
Cari lettori, non saprei darvi neppure un motivo per il quale si debba scrivere: amo scrivere ed è più forte di me; mi basta sapere questo. E da quando ho scoperto che qualcuno lo fa in modo davvero divino, raccontando poi tutto attraverso la musica, ho capito che se ho qualcosa da trasmettere allora mi tocca trasmettere; è un dovere nei confronti di chi ne ha bisogno. Ed ognuno ha i suoi bisogni. Io, per esempio, poco meno che ventenne ho sentito la necessità di affidarmi a Ligabue, l’emiliano che fa le canzoni tutte uguali
: fall in love
nel senso anglosassone del termine. Cadere in amore. Che la sua musica abbia sempre i soliti accordi – quei tre! – o possa essere ripetitiva, a me poco importa: a me importano le parole; ho amato prima le parole e poi il poeta. Sono caduto
in amore nei suoi testi, in quello che raccontava e, cosa più bella, non ne sono più uscito. La droga è entrata in circolo e non ho affidato il mio caso a nessuno per farmi aiutare: era finalmente, fottutamente, così tutto più semplice e stupefacente. Anche i pessimisti dicevano sempre e solo le stesse cose: eppure oggi devo subirmeli tutti nei libri di antologia e letteratura italiana.
Questa breve raccolta di storie illustrate attraverso le emozioni che le sue parole riescono a suscitarmi, sono l’inizio di una storia più ampia e articolata di cui forse un giorno scriverò e vi racconterò. Se mai, si intende, riuscissi a non tediarvi. Questa è la mia vita, almeno una parte. E forse la migliore.
Dietro al testo. C’è qualcosa di più dietro ad un semplice testo: c’è una storia, un sentimento, un mondo intero. Lo leggi, cerchi di capirlo e lo fai tuo: ti dici che è stato scritto per te. Sembra come se il poeta stesse nella stanza accanto: come se ti conoscesse, ti stesse guardando, studiando. Percepisse addirittura i tuoi sentimenti, le tue emozioni. Alcune volte ti conosce così tanto che sembra vivere la tua vita: ti senti sfrattato da quella solitudine. Ti senti di non vivere più da solo la tua vita: ha raggiunto l’obiettivo. Non ti senti più solo. Sai che c’è qualcuno che ti capisce, che condivide con te le tue sensazioni: alcune volte, ti conosce più di quanto non ti conosca tu. E allora non è solo un poeta, è uno che di esperienze ne deve avere un bel po’ alle spalle: uno che la sa lunga e la sa pure raccontare. Ognuno ha il suo: ognuno vive nella stanza accanto di qualcuno che lo spia per tutta una vita. Non ci sono più segreti, non ci sono più ostacoli: quello che non riuscivi a dire, adesso lo sa tutto il mondo; ciò che non riuscivi a comunicare, adesso l’hanno capito tutti. E non ti senti solo, mai più: e nessuno sa davvero nulla della tua esistenza ma è come se, ad un tratto, tu potessi parlare a tutti quanti che, seduti, ti ascoltano e tu finalmente puoi dire loro: ecco, questa qui è la mia vita
. Quello che c’è dietro ad un testo è quello che a pochi è dato percepire.
Luciano Ligabue