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Economia delle Scritture. Per un'economia etica-estetica
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Ebook275 pages3 hours

Economia delle Scritture. Per un'economia etica-estetica

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Il testo è redatto in dialoghi di cui gli attori principali sono Gesù e Socrate, ma non solo. I contenuti sono diretti a scoprire se vi siano e quali siano i principi economici presenti nella Scrittura, nei due Testamenti con qualche accenno in nota anche alla tradizione orale ebraica. Oltre a tali principi vi è la ricerca diretta ad alcuni suggerimenti che permettano un'economia universale che non escluda parte della popolazione del pianeta e che rispetti il pianeta stesso.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 4, 2015
ISBN9788891177780
Economia delle Scritture. Per un'economia etica-estetica

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    Economia delle Scritture. Per un'economia etica-estetica - Pierluigi Toso

    633/1941.

    DIALOGHI SULL’ECONOMIA NARRATA NELLE SCRITTURE

    O PER UN’ECONOMIA CHE LIBERA L’UMANITÀ

    INTRODUZIONE

    "L’economia ed i valori monetari conseguenti

    sono solamente una questioni di rapporti

    tra le parti in causa".

    Dopo le righe spese per cercare la bellezza espressa nelle Scritture, sia nella forma trattatistica sia dialogica, ho ritenuto importante lasciare dell’inchiostro utile ad una riflessione sulle possibilità economiche che le Scritture esprimono.

    L’economia è composta dalle risorse materiali ed umane esistenti, da idee positive che sappiano utilizzarle per creare dei beni materiali e/o immateriali e da meccanismi che permettano di sfruttare e distribuire al meglio quanto ‘creato’; è in tali meccanismi che la politica economica può incidere attingendo anche da quanto contenuto nelle Scritture. I tempi moderni sono ricchi di proclami economici, basati sulla presunzione di ricette che possano conciliare l’ego umano del singolo con la socialità dell’umanità. Tali ricette si sono sempre rivelate fallaci e i risultati sono evidenti, solo che troppo spesso questi ultimi sono celati dai mezzi d’informazione di massa, i quali risultano essere controllati da chi sostiene l’egocentrismo, in primis di se stesso. In altre parole, per dirla in termini veneti, si cerca la botte piena e la moglie ubriaca, trovando però solo poche botti e molti poveri ubriacati dalle illusioni dei proprietari di tali botti[1]. Il paradosso o meglio il grottesco dell’economia egocentrica è che danneggia anche chi la conduce, infatti, uno dei fondamenti di tale azione umana consiste nella ricerca di espansione dello spazio individuale, sottraendo non solo lo spazio vitale di altri, ma eliminando una parte sostanziale dello spazio e del tempo cui lo stesso soggetto egocentrico potrebbe dedicarsi per ricercare altro, quell’altro individuabile in ogni azione di autentica cultura e/o di relazione d’amore e d’amicizia[2] con altri esseri umani e con lo stesso Universo. Il grottesco dell’economia egocentrica[3] si manifesta con tutta la sua forza in ogni sforzo economico privo d’etica, riflesso peraltro del motore d’inizio, cioè dell’azione d’ego. Ad esempio è evidente che se un uomo cerca di arricchirsi oltre misura, stante la finitezza delle risorse o, in termini di produzioni statali, col Pil fermo, non può che sottrarre beni economici ad altri[4], i quali, qualora si trovino a dover fare i conti coi bisogni essenziali o siano mossi da altrettanti istinti egocentrici, non troveranno di meglio che fare la parte dei ladri nel gioco economico con le guardie; ma è evidente come tali attori siano uno il riflesso dell’altro[5].

    Le Scritture descrivono economie di miracolo, come quelle della manna[6] piovuta dal cielo o della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma tracciano anche un’economia eccentrica, la quale alleggerisce da beni superflui, a volte inutili o più spesso dannosi, per lasciare la libertà della bellezza all’uomo che la cerchi[7]. La filosofia si è arrestata sulla soglia di tale libertà nei suoi massimi esponenti, tra i quali emerge in maniera emblematica Socrate, ma anche Diogene a tal proposito avrebbe molto da dire ad ogni uomo. Il dire di Diogene però non a caso è diventato cinico, perché quando non si ha l’orizzonte della bellezza la privazione dei beni rimane una scelta etica e non estetica. Restando alla pura eticità non si raggiunge la felicità e non si riesce a convincere l’umanità della bontà dei propri propositi, proprio perché la bontà vera è sempre unita alla bellezza. La posta in gioco è alta ed abbraccia la decisione d’esistenza che investe le generazioni future, perché per quelle già o mai nate la parola ultima umana è già stata detta. L’economia esprime i beni ed i servizi prodotti dall’uomo grazie al lavoro unito a quanto contiene il pianeta in cui viviamo, tale è l’economia reale, quella che ha un senso nella realtà umana, e che troppo spesso viene nascosta dal fumo dell’economia finanziaria. Tale discorso potrebbe essere superfluo se investisse solamente le differenze anche grandi e a volte drammatiche che esistono tra abitanti dello stesso pianeta, questi ultimi a volte geograficamente molto vicini, differenze che pur rendendo difficile la vita di alcuni a vantaggio della vita di altri[8] non determinerebbero il diritto di esistenza di nessun essere umano. Se però si osserva la realtà e la persuasione economica che investe il mondo, non solo occidentale, si scopre chiaramente come la stessa procreazione umana sia demandata alla situazione economica, tanto che chi genera in condizioni precarie è considerato un irresponsabile. In tal modo il diritto di vita e di morte[9] è consegnato preventivamente al dio Mammona, quello da cui le Scritture ed i vangeli in particolare contrappongono a D-o[10], tanto da sancirne un’incompatibilità stigmatizzata non solo dal detto Non si può servire D-o e Mammona, ma anche dal proverbio È più facile che un cammello[11] passi per la cruna di un ago piuttosto che un ricco entri nel regno dei cieli, pur nel ricordo che a D-o tutto è possibile. Preciso inoltre, come non essendo possibile servire sia D-o sia Mammona, di fatto l’uomo nella ricerca di tale impossibilità finisca col servire il secondo, in quanto più facile da maneggiare.

    Questi dialoghi vorrebbero dunque essere un’indicazione verso un’economia possibile, che rispetti l’intero Creato e l’uomo che contiene[12], nella convinzione che nessun libro cambia la vita di ogni uomo, a meno che tale libro non provenga dalle Scritture. Le righe che seguono Le cercano, impegnandosi ad estrarre la sintesi di quanto proposto ed espresso in questa breve introduzione. Affrontando il problema economico risolto dalle Scritture, non ho potuto sottrarmi a spendere delle righe nei confronti della morte ed ovviamente della politica che nasce da un’economia pienamente estetica, suggerendo delle idee legislative a riguardo.

    Il racconto raccoglie il suo inizio da un pezzo di carta moneta ovvero da quel denaro che spesso sostituisce D-o nei pensieri e nelle azioni dell’uomo, una sostituzione che investe un bene senza alcun valore intrinseco di un’illusoria possibilità di creazione assoluta ex-nihilo, infatti, l’uomo col denaro crede non solo di poter comprare ogni cosa[13], ma pensa soprattutto di poter creare quanto non esiste e non può esistere in quanto assolutamente fuori dalla sua portata creativa, creatività che non è mai ex-nihilo, ma è sempre composizione formativa di materia già esistente[14]. In tal senso il denaro si pone chiaramente nella ricerca di un confronto creativo con D-o, infatti, attraverso il denaro ci si illude di poter compiere i livelli creativi operati dal Creatore e descritti in Genesi. Tali livelli, di cui il primo già sottolineato corrisponde alla creazione ex-nihilo, sono il fare e il formare. Il fare è spesso confuso come possibilità del denaro, il quale sembra spingere a fare delle cose sempre migliori a seconda della cifra elargita; in realtà, la qualità dei beni, con l’aumentare del potere finanziario sull’economia, è precipitata in ogni settore produttivo, soprattutto in quelli estetici che toccano i sensi, dalla gastronomia alle arti visive, alla stessa musica ovvero l’arte suprema. Medesimo discorso dicesi per il formare e/o plasmare, anch’esso figlio del degrado dovuto allo spostamento d’ordine attribuito al denaro, il quale da mezzo è divenuto fine, tanto da arrivare a generare se stesso[15]. È evidente a questo punto come il denaro non abbia alcun potere paragonabile a quello di D-o e sia un vettore pro-nihilo e tale fatto non si fonda solamente sull’imitare quanto descritto nei primi versi del Tanach e della Tôráh[16], ma è anche il frutto dell’ignoranza rispetto al primo atto creativo divino ovvero l’’azilut, cioè quel ritrarsi necessario da parte del Creatore per lasciare spazio e tempo alla Creazione. Un vero artista, dunque, per potersi paragonare per analogia a tale gesto divino, dovrebbe come primo atto ritrarre il proprio ego nei confronti di quanto sta creando e ciò non credo sia mai avvenuto nella storia dell’umanità[17]. Infatti, il risultato di una ricerca di creazione fondata sull’ego produce idoli e non compie quel servizio di aiuto conoscitivo estetico che può avere nei confronti dell’uomo con riferimento alla Creazione. Inoltre, oltre alle illusioni rilevate precedentemente rispetto al potere del denaro, quest’ultimo alimenta la falsa fede nel crederlo accumulabile e immutabile nel valore nel tempo, rafforzando l’illusione di poterlo credere un idolo alternativo a D-o. Se però riflettesse utilizzando una redutio ab absurdum con riferimento al denaro ed alla sua assoluta incapacità creativa, emergerebbe con chiarezza come esso esprime quel Mammona che porta al nulla ovvero quella divinità che si dimostra solamente in grado di compiere un’azione pro-nihilo, assolutamente pro-nihilo[18]. Ai miei occhi sarebbe sufficiente la memoria umana, quanto meno economica se non biblica, per farlo crollare. In ogni caso a questo punto è evidente perché l’uomo lo prega in concorrenza col Padre di ogni uomo, credendo di poterne disporre a piacimento, mentre invece ne è schiavo fino alla morte, che è la parola ultima anestetica di tale divinità. Prendere coscienza di tale situazione è fondamentale per rimuovere un’illusione così pericolosa[19] e poter aprire liberamente la propria vita alla ricerca della verità, dell’unità e della bellezza; la sola via che può portare all’estetica, anche economica, in grado di dire una parola oltre la morte, la quale non a caso sarà oggetto di discussione tra Socrate e Gesù[20].

    Il discorso appena fatto trova il suo fondamento nelle Scritture unitamente alla Tradizione che le accompagna. In tal senso è sufficiente un breve accenno alla kasherut, cioè alle regole alimentari ebraiche, le quali possono sembrare persino assurde agli occhi di una mentalità moderna, ma in realtà contengono indicazioni generali chiare su come si potrebbe migliorare l’economia alimentare e renderla più equa e più umana. Infatti, è abbastanza chiaro ai miei occhi come le regole sulla alimentazione legata alla carne siano indirizzate ad una limitazione del consumo di quest’ultima che è certamente rivolta ad un approdo vegetariano, se si pensa all’immagine escatologica di Isaia dove gli esseri umani più piccoli convivono con gli animali più pericolosi senza alcun pericolo[21]. Su tale cammino e sul rispetto che le regole di kasherut impongono per ogni essere vivente di cui poter cibarsi si può certamente intraprendere una riflessione economica fondamentale per l’intero pianeta e per l’intera umanità[22].

    Chiudo questa breve introduzione con un’annotazione e un augurio. La prima riguarda lo stile dialogico scelto per affrontare queste pagine, una scelta controcorrente[23] nella quale mi ostino in quanto credo che sia il modo migliore di divulgare un pensiero, anche filosofico e/o teologico. Evidentemente è un modo antico e forse datato, che prende spunto sia dai testi attribuiti al pensiero di Socrate[24], che mostrano una capacità maieutica straordinaria, sia dal vangelo quadriforme[25]. Tale stile può essere considerato superato, ma ancor oggi accostandosi alle pagine dei vangeli è innegabile la forza espressiva che tali testi hanno, non solo per i contenuti, ma anche e soprattutto per il linguaggio dialogico diretto che utilizzano. Linguaggio e contenuti che possono sembrare facili, a volte addirittura banali, ma che invece rivelano un’unità di pensiero in grado di affrontare positivamente i problemi fondamentali dell’uomo, tra cui anche quello economico, che così decisivo sembra essere nella vita dell’umanità.

    L’augurio è diretto ad ogni lettore affinché questo lavoro possa contribuire a quella ricerca di libertà[26] in cui si sforza di camminare anche chi sta scrivendo queste pagine, nella convinzione che l’uomo sia fatto per la bellezza e che il sistema economico sia uno strumento per tale fine. Mentre è fin troppo facile constatare come i modelli economici sviluppati dall’ego e dall’egocentrismo umano abbiano prodotto una schiavitù palese di molti ed una più sottile di pochi, cioè abbia di fatto separato l’umanità tra molti poveri e pochi ricchi e cosa più grave ha costretto una parte della popolazione umana a vivere in miseria[27], deiettandola in un angolo che evidentemente non può essere curato e guarito dal medesimo sistema che lo ha creato.

    PROLOGO

    "In un economia onesta tutto si gioca nella giusta valutazione

    dei rapporti tra le retribuzioni… a vario titolo,

    che investono gli esseri umani coinvolti… ad ogni titolo[28]".

    Ludwig[29]: Ho trovato per terra questa pezzo di carta colorato. È molto strano, sopra vi è disegnato il volto di un personaggio famoso, credo uno scienziato o un artista. Chissà a che cosa serviva… Forse tu me lo sai dire?

    Socrate: Ai miei tempi la carta non esisteva ancora, almeno nella mia città, non so proprio dirti a cosa potesse servire quel foglietto che porti tra le mani. Dammelo un attimo, voglio osservarlo da vicino. Ci sono delle cifre precedute da un simbolo, sembrerebbe quasi una moneta, se non fosse di carta. Ma certo! Potrebbe essere della carta moneta.

    Ludwig: Sapevo che avresti trovato una risposta alla mia domanda, ma a cosa serve?

    Socrate: È una lunga storia….

    Ludwig: Raccontamela!

    Socrate: Tutto iniziò alcuni anni fa, quanti anni non so dirtelo, ma il tempo come sai trova se stesso e si lascia con la medesima facilità.

    Ludwig: Certo, questo me lo insegnasti alcuni anni fa, anche se non ricordo esattamente quando.

    Socrate: Appunto. Dicevo che tutto nacque quando gli uomini si accorsero che della difficoltà di barattare le merci, il loro trasporto, la difficoltà di trovare coincidenze di scambi tra bisogni… Tutte cose che puoi ben immaginare.

    Ludwig: Sì, ma ancora non capisco.

    Socrate: Beh, questo foglio che vedi è probabilmente il nipote della moneta che porti in tasca con te, una moneta più leggera e più maneggevole.

    Ludwig: Allora è solamente questo. Una moneta di scambio più ‘evoluta’.

    Socrate: Proprio così.

    Ludwig: Ancora non capisco però perché l’abbia trovata per terra, quasi che non avesse più alcun valore.

    Socrate: Osservazione acuta Ludwig. Dalle tue parole inizia la riflessione vera sulla carta moneta. Tutto ebbe inizio, come ti dissi, quando il baratto fu sostituito dalla moneta.

    Ludwig: Questo l’ho compreso.

    Socrate: Ebbene, tutto sembrava molto semplice, il denaro poteva essere portato in una tasca senza problemi e si poteva comprare ciò di cui si aveva bisogno.

    Ludwig: Ma fu più semplice anche rubare….

    Socrate: Proprio così, questo fu l’inconveniente maggiore, ma il furto come ben sai è nato con l’uomo. Ma continuiamo la storia. Come ben sai non tutto si poteva barattare.

    Ludwig: Certo. La terra non era barattabile.

    Socrate: Infatti, la moneta permise di scambiare persino la terra!

    Ludwig: Questo mi sembra un punto fondamentale.

    Socrate: Talmente fondamentale da aver creato la miseria e la schiavitù.

    Ludwig: Non capisco.

    Socrate: Vedi, la moneta non ha nome e può essere accumulata per comprare la terra.

    Ludwig: Certo.

    Socrate: La terra può così accumularsi nelle mani di un solo padrone.

    Ludwig: Evidentemente.

    Socrate: Qui sta il problema.

    Ludwig: Non lo vedo.

    Socrate: Non lo vedi perché non vedi il pianeta.

    Ludwig: Cosa significa?

    Socrate: Il pianeta è ben definito.

    Ludwig: Certo.

    Socrate: E la sua superficie è determinata.

    Ludwig: Mi sembra ovvio.

    Socrate: Dunque, se un uomo può appropriarsi in maniera crescente di una parte del pianeta vi saranno altri uomini che resteranno privi del loro pezzo di terra.

    Ludwig: Tu dici ‘loro’, ma il diritto di proprietà non è di nascita.

    Socrate: Questo è un problema connesso al primo.

    Ludwig: Che intendi dire?

    Socrate: Intendo dire che ogni uomo ha diritto ha una terra da abitare solo per il fatto di esistere.

    Ludwig: Ancora non capisco.

    Socrate: Non puoi, proprio a causa di quella ‘moneta’ che hai trovato.

    Ludwig: Sono sempre più confuso.

    Socrate: È la moneta, che ha permesso l’acquisto e la vendita della terra.

    Ludwig: Certo, me lo spiegasti poco fa.

    Socrate: Dunque grazie alla moneta è possibile che un uomo abbia molta terra e che molti altri uomini non abbiano una terra da abitare.

    Ludwig: Ora è chiaro. Ma ciò avviene in tempi molto lunghi….

    Socrate: Dipende.

    Ludwig: Cosa intendi dire?

    Socrate: Esistono vari modi di accumulare denaro, alcuni più lunghi ed altri più rapidi.

    Ludwig: Conosco l’eredità, che permette di iniziare la propria vita con un capitale[30], ma gli altri….

    Socrate: Hai già toccato un punto fondamentale.

    Ludwig: L’eredità?

    Socrate: Certo.

    Ludwig: Ma gli altri modi, quelli rapidi, quali sono?

    Socrate: Sembri molto interessato….

    Ludwig: Effettivamente….

    Socrate: Ancora una volta bisogna partire dalla moneta.

    Ludwig: Sembra proprio un argomento irrinunciabile.

    Socrate: Già… Sai cos’è una banca?

    Ludwig: Certo. So che in tale luogo il denaro moltiplica se stesso.

    Socrate: Hai detto bene. E tale moltiplicazione come ti sembra?

    Ludwig: Mah. Capisco che un prestito debba essere restituito. Capisco che un interesse è lecito per pagare coloro che spendono la giornata ad amministrare il denaro. Ma….

    Socrate: Ma, cosa?

    Ludwig: Vedi Socrate, non capisco gli interessi che superano i compensi cui ho appena accennato.

    Socrate: Dimentichi l’inflazione….

    Ludwig: Sì, hai ragione. Ma anche adesso che penso all’inflazione[31] mi sembra che gli interessi siano troppo elevati.

    Socrate: E come chiameresti tale differenza?

    Ludwig: Non trovo altre parole se non ‘furto’.

    Socrate: Devo convenire con te. Eppure non è stato ancora toccato il problema maggiore.

    Ludwig: Intendi la moltiplicazione….

    Socrate: Proprio quella.

    Ludwig: Confesso che non ci ho capito molto. A parte gli interessi….

    Socrate: Ritorniamo per un attimo al baratto.

    Ludwig: Torniamoci pure.

    Socrate: Cosa pensi della ‘moltiplicazione’ nel baratto?

    Ludwig: Mi sembra difficile… impossibile direi.

    Socrate: Non esattamente, almeno per quanto riguarda il valore dei beni. Questo può essere, infatti, moltiplicato indebitamente a causa della ‘furbizia’ di un uomo e dell’ignoranza di un altro.

    Ludwig: Sì, è vero. Però rimane un fenomeno singolo. Credo si dica microeconomico.

    Socrate: In effetti hai ragione, questo è un ‘microproblema’.

    Ludwig: Ma cosa centra la moltiplicazione col baratto?

    Socrate: Tu che ne dici?

    Ludwig: Dico che non centra.

    Socrate: Ora dovresti cominciare a capire.

    Ludwig: Scusami Socrate, sarò duro di cervice, ma ancora non capisco.

    Socrate: La moltiplicazione nasce con la moneta.

    Ludwig: Questo l’ho capito.

    Socrate: Ma questa non è visibile.

    Ludwig: Qui è il punto oscuro.

    Socrate: Effettivamente è proprio oscuro, talmente oscuro che vi si crede ciecamente.

    Ludwig: Ancora non capisco.

    Socrate: Sai bene cosa successe quando comparse la moneta.

    Ludwig: Sì, ne abbiamo parlato.

    Socrate: Ricordi cosa successe quando si credette che bastava coniare molta moneta per arricchire il popolo?

    Ludwig: Sì. Fu una pura illusione. Perché i beni convertibili col denaro erano sempre gli stessi e così la moneta stessa perse di valore.

    Socrate: Bene. Il moltiplicatore della moneta, prodotto dalle banche, è lo stesso fenomeno, solamente che il popolo non lo vede, perché oscurato da coloro che gestiscono l’economia, la macroeconomia, quella che si trasforma in un macroproblema.

    Ludwig: Comincio a capire, ma sono ancora confuso.

    Socrate: Vedi. Se il popolo vedesse la virtualità di

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