2009 Uganda
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2009 Uganda - Gigetto Dattolico
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RAPPORTO DI MISSIONE DI GIGETTO DATTOLICO
Programma di emergenza multisettoriale per il sostegno alle popolazioni vulnerabili del nord Uganda, settore protezione dei minori.
http://www.youtube.com/watch?v=sefQL7gbDls
http://www.youtube.com/watch?v=1lk3MBV48wo
http://www.youtube.com/watch?v=azE8yC2DVDc
http://www.youtube.com/watch?v=6irrn8vzCLU
http://www.youtube.com/watch?v=YKzaP3OLmgc
http://www.youtube.com/watch?v=uFaCN3fmQng
Ci troviamo in nord Uganda, nella Regione Acholi, sconvolta e devastata per oltre vent’anni dalla guerra civile fra i ribelli della Lord Resistance Army e le forze governative.
Sono andato in quella regione nel 2009 per alcuni mesi per partecipare al progetto di aiuti alle ragazze che vivevano nei campi profughi.
I civili sono stati il bersaglio principale dei ribelli ma anche dei soldati che hanno seminato il terrore come mezzo di pressione per guadagnare territorio e forza di contrattazione. Il governo ha reagito a quest’attacco sui civili radunandoli in campi per sfollati per poterli difendere dagli attacchi dei ribelli ma, bisogna dirlo, anche per avere mano libera sul territorio nella offensiva contro i ribelli.
È stato un evento molto drammatico perché, in poche settimane, un milione e seicentomila persone furono costrette a lasciare le proprie abitazioni e i propri averi per radunarsi in campi dove mancavano i più elementari servizi di base. I campi sono stati un inferno: a Kalongo in un miglio quadrato sono stati ammassati fino a 46.000 sfollati e si può immaginare il problema della promiscuità, della congestione, della mancanza del minimo necessario per sopravvivere. Nessuno ha esitato a ricorrere a qualsiasi mezzo per ottenere il cibo necessario per sfamare la sua famiglia e con questo intendo dire che la vendita delle bambine per il sesso è stata una pratica che ha permesso a moltissime famiglie di sopravvivere. È quello che chiamano l’early marriage, cioè dicono alle bambine: ti devi sposare, in realtà devi andare e cercare soldi da portare a casa. Fu subito chiaro che, come intervento d’emergenza, la prima cosa da fare fosse quella di identificare le ragazze a rischio sociale maggiore, le orfane principalmente e anche le ragazze tornate dalla prigionia con figli dei ribelli e dunque mal viste e inserirle in collegi e in scuole a convitto lontane dai campi dai quali provenivano.
La priorità di questo intervento non è stata mettere le bambine nelle scuole per motivi educativi, ma di protezione.
Vi racconto di questa esperienza perché è il progetto migliore in cui abbia mai lavorato. Ascoltare una ragazza che racconta di essere stata rapita a undici anni, di aver assistito all’uccisione dei suoi genitori, di essere diventata moglie
di un ribelle e poi tutte le altre che le sono capitate: tutto ciò mi ha messo di fronte ad una realtà impensabile.
Dovevo realizzare un documentario sul progetto e dovevo anche fare un'analisi dei bisogni delle allieve. La realizzazione del documentario ha comportato una mia presenza continua nella scuola. L’evento che mi ha permesso di rompere il ghiaccio con le allieve è stato rappresentato dalla decisione di insegnare loro la canzone O sole mio
, di cui avevo portato una versione dall’Italia, per inserirla nel finale del video come segno di contaminazione culturale.
Per questo sono stati necessari molti incontri con loro e alcuni insegnanti. Più che la canzone in sé, sono state le risate di tutti ad accorciare le distanze fra noi. I problemi però erano davanti agli occhi: quelle ragazze avevano tutte storie terribili e un approccio sbagliato sarebbe stato difficilmente recuperabile. Molte ore di confronto e scambio con il Capo Programma, con cui mi sono sempre incontrato alle quattro del mattino nel gazebo che costituiva il suo ufficio, hanno fatto nascere le prime decisioni.