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Il gioco dei contrari
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Ebook112 pages1 hour

Il gioco dei contrari

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Il gioco dei contrari racconta un laboratorio autobiografico sui generis, racconta come è nato e come si è sviluppato. Un laboratorio sfida con una modalità di conduzione e scrittura che ha prodotto una scrittura autobiografica sincera e asciutta. Un gioco, ma un gioco molto serio, come è seria la materia di cui è fatta la vita.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateOct 9, 2012
ISBN9788867516162
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    Il gioco dei contrari - Ada Ascari

    633/1941

    Prologo

    Molte persone da un po’ di tempo mi chiedono come riesco a costruire i miei laboratori, che ormai da anni conduco presso la sezione soci Coop di viale Talenti a Firenze, in modo che siano sempre vari e stimolanti. I laboratori autobiografici seguono sempre le regole imparate nei miei percorsi formativi alla Libera Università dell’Autobiografia. Scrittura, lettura, condivisione, ascolto, rispetto, accoglienza, sono parole chiave che formano un filo rosso da seguire nell’ideazione e nella conduzione di un laboratorio autobiografico.

    Le persone che frequentano il laboratorio sono in prevalenza donne, di tutte le età, di tutte le estrazioni sociali, con livelli di istruzione i più disparati. Si va dalla casalinga, alla psicologa, dalla nonna alla donna senza figli, dalla plurimaritata alla nubile convinta.

    Frequentare il laboratorio per molte di loro è un po’ come tornare a scuola, il laboratorio di scrittura autobiografica diventa uno spazio educativo che permette di mettere in luce e recuperare alcuni itinerari di vita, incroci, fermate più o meno prolungate, incontri, avvenimenti, tutte quelle dimensioni vitali che diventano pedagogiche ed educative per donne aperte al cambiamento.

    Nel laboratorio viene stimolato il confronto e lo scambio, che consente un arricchimento ulteriore della propria narrazione autobiografica, diventa uno spazio di confronto, a partire dai racconti di ciascuno e dall’intreccio di narrazioni che vengono portate nel gruppo.

    Le narrazioni condivise generano prestiti narrativi. Il gruppo diventa aperto all’altra e alle altre ed in esso si moltiplicano e si diversificano diversi punti di vista ed altre prospettive. Si mette in moto un processo di cura e si favorisce un processo di auto-apprendimento e, quindi, di cambiamento.

    Duccio Demetrio definisce il cambiamento come un’esperienza temporale più o meno lunga dalla quale l’adulto esce e si scopre capace di... amare diversamente, odiare diversamente, pensare diversamente, sentire diversamente, sopportare e vivere diversamente le traversie della vita. L’essere diversamente è fondamentale perché implica un cambiamento, uno spostamento, un pensare diverso, spesso inedito.

    Il concetto di cambiamento cerco sempre di applicarlo anche nella strutturazione del laboratorio, in cui come facilitatrice cerco di inserire uno spiazzamento che faccia uscire dalla routine e porti le donne a porsi delle domande, a fare riflessioni a cui non avevano mai pensato, a guardare le cose dal di fuori, come dice Marianella Sclavi ad uscire sul balcone per avere una nuova prospettiva.

    Il laboratorio autobiografico cerca di introdurre interferenze, attraverso le sollecitazioni di scrittura che, come interventi esterni, possono sembrare inopportune, sembrano una intrusione ed una intromissione, ma scuotono e fanno la differenza tra una scrittura spontanea e quella prodotta in un laboratorio.

    Io stessa quando penso ad un nuovo laboratorio, lascio la mia mente libera e cerco di accogliere tutte le interferenza possibili che mi fanno scoprire nuove possibilità di scrittura. In genere nei mesi precedenti un laboratorio la mia mente lavora in sottofondo, come una musica di accompagnamento il pensiero autobiografico mi accompagna, e qualsiasi cosa che mi capiti di vivere diventa un pretesto per confrontarlo con nuove possibilità di sollecitazioni di scrittura. Il percorso di un laboratorio deve snodarsi seguendo un filo logico in cui il pensiero narrativo deve trovare un inizio ed una fine, seppur temporanea.

    Tutto può offrire spunto per costruire un percorso, A volte basta una frase, che viene lasciata cadere in una conversazione, per far iniziare a germogliare ed a crescere un’idea creando una struttura narrativa che diventa a poco a poco proponibile.

    Il laboratorio sui contrari è nato da un libro che nella prima lettura non ho amato particolarmente, un libro che ho letto controvoglia e per dovere, ma che mi ha portato ad approfondire la bibliografia dell’autore. Il libro è Rajuela, il gioco del mondo di Julio Cortazar uno scrittore poco conosciuto, ma che ho trovato citato in altri testi da Italo Calvino, un autore che invece amo moltissimo.

    Mi sono incuriosita e documentata su dove e quando Calvino poteva avere conosciuto e apprezzato Cortazar ed ho trovato un piccolo volume di cui Calvino ha fatto l’introduzione con parole entusiaste. Storie di Cronopios e di famas che porta, per di più, in copertina una frase di Pablo Neruda Chiunque non legga Cortazar è condannato. Incuriosita ho comperato il libro e mentre mi riconciliavo con Cortazar leggendo e ridendo, soffermandomi soprappensiero, tornando indietro di una pagina, poi avanti di nuovo a scoprire le pazze storie dei Cronopios e dei Famas ho cominciato a pensare che pur nella loro follia le storie avevano una logica precisa che si poteva trasferire nella vita reale.

    Ciascuno di noi è un po’ Cronopios e un po’ Famas. I due popoli immaginari di Cortazar sono i poli opposti delle nostre manie, pulsioni, abitudini, vizi e pregi. Inoltre l’idea del diverso, del surreale è l’ideale per agire uno spiazzamento. Il pazzo, colui che rompe gli schemi che parla per metafore assurde e improbabili è stato ritenuto nel passato voce di Dio, gli oracoli, gli stregoni, i maghi e le streghe parlavano per enigmi in modo spesso confuso e misterioso dicendo una cosa per sottintenderne un’altra o per opposti, dire una parola per far scattare per reazione un pensiero contrario.

    È arrivata allora l’idea di impostare un laboratorio fornendo come sollecitazioni coppie di parole opposte tra loro, tratte dalle situazioni narrate nel libro. Ho cominciato ad annotarmi alcuni binomi per verificare se ne potevo trovare a sufficienza per sostenere il percorso laboratoriale.

    Nel tempo la lista si allungava sempre più, e mi sono convinta che era possibile pensare realmente al mio progetto.

    Dopo aver individuato il tema, restava da definire la modalità della scrittura nel laboratorio.

    La presentazione di coppie di parole contrarie od opposte tra loro non poteva presupporre sollecitazioni sul ricordo di episodi di vita, ma piuttosto quasi un esame interiore

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