Un successo all'italiana
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Un successo all'italiana - Salvatore Matteo Cipolla
Note
Prologo
Un numero indefinito di persone ruotava intorno a quel ragazzo legato alla sedia. Sul suo volto, ferito per le percosse, vi era un misto di sangue e lacrime. Sentiva le corde stringergli così forte i polsi e le caviglie che sembrava gli scoppiassero. Andrea era molto giovane. Così giovane da non capire il motivo per cui si trovava in quel luogo a subire violenze, ricevere sputi, calci e bestemmie. In realtà la violenza non ha mai un motivo o una scusa con cui possa essere giustificata e il dolore per mano d’uomo è inaccettabile. Non riusciva a capire dov’era, intravedeva solo pareti sporche e malandate dietro ai suoi aguzzini. In quel momento gli occhi semichiusi di Andrea vedevano girargli intorno solo ombre e urla. Se non ricavo niente da te, non ci metto niente ad ammazzarti come un agnellino.
Gli sussurrò una voce. Dal canto suo l’unica cosa che riusciva a fare era implorare a bassa voce piangendo. La paura aveva preso il sopravvento su di lui tanto che se la fece diverse volte nei pantaloni. Era così terrorizzato che non ricordava neanche più il volto dei suoi cari, presso i quali, in quell’orribile momento, avrebbe voluto essere. Era in tale compagnia solo da poche ore, ma il pensiero di rimanerci ancora qualche minuto lo rendeva ancora più tremante. Era il ventinove settembre millenovecentottantasette e dopo tre giorni Andrea avrebbe dovuto festeggiare il suo sedicesimo compleanno. Una pezza per bavaglio e un destro ben sferrato lo fecero svenire riversando la testa sull’esile petto. Per un bel po’ le voci si spensero.
Capitolo I
Il collaboratore
L’aria carica di fumi pizzicava la gola del anziano barbiere, Nanni. Il brulichio delle luci notturne oltre quel vetro del finestrone somigliava un andare e venire di insetti impazziti. Il pavimento a scacchiera, consunto attorno alle due poltrone, e le immagini di qualche cantante napoletano facevano da sfondo a quella serata più silenziosa d’altre.
Che facciamo signor Michele?
disse Nanni, col candido accento di un calabrese emigrato a Milano per qualche tempo che, credendo di esser stimato più d’un semplice barbiere, atteggiava una stridente erre moscia.
Solito....
biascica Michele Leone, sprofondato in quella sedia di pelle rossa, rimestando i pensieri alla rinfusa. Era lui il comandante dei vigili urbani di quella cittadina ai piedi della Sila. Lo era sin dal 1971 per anzianità, dopo il pensionamento del vecchio comandante La Spada. Dopo sedici anni di onorata condotta a qualche misero politico era venuta in mente l’idea di bandire un concorso per nominare un nuovo comandante. Questo pensiero da qualche mese lo accompagnava notte e giorno: fare da vice ad un giovanotto. Avrebbe adoperato tutti i suoi mezzi, leciti e non, per impedire che si compisse questo scippo nei suoi confronti. Il tormento lo aveva smagrito a tal punto che la sua camminata assomigliava sempre di più a quella di un ubriaco.
Uscì, per raggiungere poco più in la gli amici della cricca al circolo sociale del paese, in verità frequentato solo dai pochi amici del comandante. Il cielo era limpido quella sera e le stelle si potevano contare; la purezza di quell’aria che sapeva di terra lo esaltava e rinvigoriva per qualche attimo. Poi i pensieri si riaffacciavano e il volto assumeva la posa di chi partecipa ad una veglia funebre. Poco prima della salita che portava al centro, un’ Alfa Giulia color blu notte lo affianca.
Salga comandante, le devo parlare...
filtrano queste parole dal finestrino socchiuso del conducente. Leone, mostrando familiarità con quella situazione, salì stringendo le spalle e senza fiatare.
Le cose sono peggio del previsto, non riusciamo più a rintracciarli. Dopo il casino che hanno combinato....le possibilità sono due: o sentono il fiato sul collo e hanno deciso di calmarsi o c’è un infiltrato tra i nostri. Non vedo altra motivazione...prima latitanti di tutta la Calabria vengono avvistati dopo anni proprio qui, poi fanno una strage. Una volta che siamo sulle loro tracce sembra che spariscano nuovamente. Il commissario non mi da pace, non vuole assumere il controllo delle indagini e vuole chiudere l’inchiesta...capisce????.... lei cosa può dirmi?
Ispettore Ninzaco stia calmo
rispose Michele Leone con voce profonda la situazione per il momento appare calma, ho chiesto ai miei uomini di segnalarmi qualche giro strano o persone nuove in paese...ma finora nulla! Come lei sa, le cosche sono bene organizzate...sotterranee. Sono completamente integrate nelle piccole comunità. Può darsi che quei latitanti di cui lei parla, vivono qua da anni e nessuno ne ha mai parlato. Chi è la fonte?
Giorgio Vamoli, quell’ex giornalista d’inchiesta che in seguito a minacce decise di dedicarsi alla natura. Qualche mese fa andò a Villaggio Principe per fare un reportage e delle foto ai pini secolari per una casa editrice che...sta...insomma...passò da qui e durante una processione vide i tre Fratelli, il Morto, u Riggitano e Imbriano. Riuscì a fare degli scatti e da li iniziò tutto. Qui c’è in gioco qualcosa di grosso e non si tratta dei soliti giri di criminalità, qui c’è di mezzo la politica...appalti, tangenti e finanziamenti...
Ispettore la nostra collaborazione è importantissima, io sono un uomo di legge e debellare questo genere di attività è stato sempre la mia missione principale...poi lei è giovane e in me ha trovato un amico che può consigliarla..si fidi, si prenda un giorno di riposo. Io ora la debbo lasciare, avevo un appuntamento alle otto e mezza e temo di essere già in ritardo. Appena si muove qualcosa la telefono giù in questura. Lei non si faccia vedere più di tanto in paese, qualcuno potrebbe insospettirsi. La saluto!
Scese dall’auto così come vi era salito: silenziosamente e stringendo le spalle dentro alla giacca.
Pino Ninzaco, giovane ispettore della polizia di stato. Ventiquattro anni,di statura normale, moro, una grande passione per la musica e una furbizia da far arrossire una volpe. Percorrendo il sinuoso andamento di quella strada di montagna, buia e solitaria, ripensava al giorno in cui Vamoli si presentò nel suo ufficio.
Devo parlare con l’ispettore Ninzaco, solo con lui!
urlava. Non lo conosceva, ma probabilmente l’esperienza lo spingeva a fidarsi d’uno sconosciuto piuttosto che affidare le proprie rivelazioni a qualche losco poliziotto probabilmente colluso.
Salve, sono Giorgio Vamoli...le devo parlare...e devo essere sicuro che lei non faccia il mio nome a nessuno...la prego...ho scelto di parlare con lei perché è il più giovane e penso che non sia come gli altri suoi colleghi..vecchi volponi.
Per favore faccia veloce, non ho tempo da perdere!
rispose stizzito per quell’attacco al corpo.
Guardi
tirando fuori dalla borsa in pelle marrone una cartella osservi con attenzione quei volti e se non le dicono niente, c’è una lista di nomi...la legga e vada in archivio.
Io sono qui da due mesi, quindi non ho ancora molta dimestichezza con nomi e volti. Mi illumini!
Sto scrivendo una guida sui luoghi da visitare in Calabria, natura, tradizioni, folklore, gastronomia e musica popolare. Insomma una settimana fa, di ritorno da Villaggio Principe, dove ci sono dei pini secolari, decido di passare da Timele dove ogni anno il quindici agosto si festeggia l’assunta...la Madonna...alla chiesetta di inizio secolo al centro del paese.
Si fermi! Io le chiedo di fare veloce e lei si mette a raccontarmi di quanto è bello il suo lavoro..su, arrivi al punto!
"Mi scusi, ma è giusto che proceda per gradi e che le racconti tutto per capire di