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Garibaldi il primo fascista
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Garibaldi il primo fascista

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Chi è stato veramente Garibaldi? Era un eroe o un bandito? Cosa ha lasciato nella società e nella cultura di questo paese? Venite a scoprire la verità, superiamo le sciocchezze che il mito ha cumulato sull'uomo che ha contribuito in modo così incisivo alla nascita di questo paese. Scopriamo il ruolo che ha giocato la Massoneria nella vita di Garibaldi e come la Massoneria abbia contribuito ai suoi successi. Che rapporti ha avuto Garibaldi con la Mafia? Esaminiamo le origini di questo fenomeno e vediamo come la Mafia abbia partecipato alle imprese di Garibaldi. Venite ad ascoltare le voci dei protagonisti. Se leggiamo con attenzione le loro testimonianze possiamo vedere come abbiano gettato il seme (senza saperlo) di una cultura e di un movimento politico che poi è diventato Fascismo. Alla fine, dopo la morte di Garibaldi, ripercorriamo assieme la strada che, partendo dal socialismo, ha portato l'Italia a realizzare questo regime. Percorriamo assieme l'evoluzione che ha portato il Nazional Socialismo da Garibaldi a Hitler- Benvenuti nella storia.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJan 1, 2015
ISBN9788891177957
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    Garibaldi il primo fascista - Marcello Caroti

    Gli anni della sua formazione

    Le Memorie di Garibaldi sono la fonte più importante per chi volesse capire l’uomo e le motivazioni che lo guidarono nella sua attività patriottica. Furono scritte a più riprese, riviste, abbandonate e riscritte.

    La prefazione la scrisse nel 1872, aveva 65 anni. Già nella prefazione ci sono alcune cose che colpiscono il lettore:

    Un violento anticlericalismo: Il prete è la personificazione della menzogna. Il mentitore è ladro. Il ladro è assassino: e potrei trovare al prete una serie di infami corollari. .... Il prete! Ah! Questo è il vero flagello di Dio! In Italia esso mantiene un governo codardo in una umiliazione la più degradante, e si ritempra nella corruzione e nelle miserie del popolo!¹. Un anticlericalismo violento a parole fino al ridicolo resterà una costante del suo pensiero. Da ragazzo ebbe due precettori preti che gli lasciarono una profonda antipatia verso i preti e la Chiesa in generale. Inoltre la mamma, devota cattolica, avrebbe voluto mandarlo in seminario, cosa detestabile per un ragazzo estremamente vivace e propenso all’avventura.

    Una profonda amarezza: Sarò accusato di pessimismo; ma ... avendo creduto per la maggior parte della mia vita a un miglioramento umano, sono amareggiato nel vedere tanti malanni e tanta corruzione in questo sedicente secolo civile.. Un atteggiamento moralistico-pedagogico è normale nella letteratura del romanticismo.

    Questo pessimismo lo portava a dichiarare: Repubblicano, ma sempre più convinto della necessità di una dittatura onesta e temporaria a capo di quelle nazioni che, come la Francia, la Spagna e l’Italia, sono vittime del bizantinismo il più pernicioso. Anche questo sarà una costante del suo pensiero e della sua azione. Laddove prenderà il potere si nominerà Dittatore sempre restando però un convinto democratico. Una scollatura notevole!

    Non era sicuramente un fanatico ideologo: Tollerante, e non esclusivista, non capace di imporre per forza il mio repubblicanesimo, per esempio, agli inglesi: se essi sono contenti col governo della regina Vittoria, e contenti che siano. Questa sua elasticità o pragmatismo sarà determinante nel farlo passare dalla parte della monarchia, rinunciando al suo repubblicanesimo, perché indispensabile all’unificazione dell’Italia. Sempre lo stesso pragmatismo lo porterà a respingere completamente l’ideologia marxista.

    Quello che lascia stupito il lettore è la chiusura alla Prefazione: Amanti della pace, del diritto, della giustizia – è forza nonostante concludere coll’assioma d’un generale americano: ’La guerra es la vertadera vida del hombre!’. Nella stessa frase ove si dichiara pacifista non può resistere a dichiarare il suo amore per la guerra. Infatti, alla guerra dedicherà tutta la sua vita. Questa scollatura potrebbe essere interpretata come un caso di demenza senile ma non lo è. Questa è la sua forma mentis che modellerà i suoi pensieri e le sue azioni, in effetti, tutta la sua vita.

    Nelle Memorie parla quasi sempre di guerra, poco di se stesso, pochissimo di politica e mai del socialismo.

    Nel descrivere la sua giovinezza non dice nulla del come e perché divenne un patriota italiano, lo dà per scontato. Amante appassionato del mio paese, sin dai primi anni, e insofferente del suo servaggio, io bramavo ardentemente iniziarmi nei misteri del suo risorgimento. Perciò cercavo ovunque libri, scritti che della libertà italiana trattassero, ed individui consacrati ad essa.

    Il colpo di fulmine arriva durante un viaggio a Taganrog ove s’incontra con un giovane ligure che primo mi diede alcune notizie dell’andamento delle cose nostre. Certo non provò Colombo tanta soddisfazione alla scoperta dell’America, come ne provai io al ritrovare chi s’occupasse della redenzione patria. Mi tuffai corpo e anima in quell’elemento che sentivo essere il mio da tanto tempo: ed in Genova il 5 febbraio 1834, io sortivo da porta della Lanterna alle 7 p.m., travestito da contadino, e proscritto². Questo è quanto. Non esiste nessuna analisi delle motivazioni che lo convinsero della bontà della causa a cui dedicherà tutta la sua vita.

    A questo proposito dobbiamo notare le parole redenzione patria, misteri del risorgimento, individui consacrati. Questi termini sottintendono una fede religiosa.

    Il nazionalismo, la Fede nella Nazione, era penetrato nella società del Nord Italia portato dal giacobinismo e dagli eserciti napoleonici. Molti giovani italiani s’infiammavano al pensiero che l’Italia (comunque la si volesse definire) era divisa e controllata dallo straniero. Il senso d’inferiorità che questo comportava spingeva molti a rischiare la vita pur di mettere assieme una qualche Patria che potesse rivaleggiare con le altre (Francia, Spagna, Inghilterra, ecc.). Loro non intendevano restare indietro, a qualunque costo.

    Garibaldi non ci fornisce alcuna argomentazione per questo suo patriottismo perché non ne aveva. La fede è cieca, non ha ragioni e non le servono. A lei ci si deve dare totalmente, senza chiedere e (soprattutto) chiedersi nulla. Ottanta anni dopo questi avvenimenti 650.000 italiani daranno la vita per redimere Trento e Trieste e dintorni ove la metà della gente neanche parlava l’italiano. Allora, in quel giorno di febbraio del 1834, nessun abitante della penisola avrebbe potuto neanche immaginare dove questa fede li avrebbe portati.

    Condannato a morte, fugge in Sud America ove resterà 12 anni. Saranno gli anni della sua formazione personale, militare e politica. Sbarca a Rio de Janeiro sul finire del 1835.

    La Revolução Farroupilha

    Garibaldi era già diventato famoso nella comunità di esuli italiani che avevano trovato rifugio a Rio. La sua condanna a morte a seguito della fallita rivolta di Mazzini aveva già fatto di lui un eroe in una comunità ove erano molti quelli che avevano dovuto lasciare il proprio paese per problemi con la giustizia a seguito di attività sovversive.

    Uno di questi italiani, che aveva fatto fortuna, gli dà dei soldi per armare una piccola barca con la quale commerciare tra le città della costa brasiliana. Sarà un affare misero. Commercio e finanza non erano il suo forte. Come scrive lui stesso: Passati alcuni mesi in una vita oziosa, eccoci, Rossetti ed io, ingolfati nel commercio; ma al commercio, io e Rossetti non erimo atti. Traspare da queste parole la noia di una occupazione borghese, cosa particolarmente odiosa per chi si era votato alla redenzione della Patria.

    Questa tristezza traspare anche da come lo descrive una giovane nipote del suo finanziatore. Infatti lui e Rossetti frequentavano la sua casa: Era un giovane biondo e forte. Si distingueva dalla maggior parte dei suoi connazionali per l’espressione di viva intelligenza e l’atteggiamento pensoso. Sovente, nel corso di un’animata discussione, lo sorprendevamo immerso nel suo fantasticare oppure con aria indifferente. I suoi occhi erano quelli di un santo, avevano la dolce espressione d’una bontà ideale. In quei momenti non stava in intimità che con i bambini e giocava con loro come se fossero suoi simili³. Il mito del biondo eroe era appena iniziato.

    Il Brasile pagherà a caro prezzo l’ospitalità concessa al biondo eroe.

    La Revolução Farroupilha

    Nel 1841 Dom Pedro II viene incoronato imperatore del Brasile, ha solamente 15 anni e la cosa provoca un diffuso scontento in tutto l’Impero. La provincia del Rio Grande do Sul era in conflitto con l’Impero per problemi economici. La principale attività della provincia era il charque, una carne salata e affumicata che subiva la concorrenza delle produzioni argentina e uruguaiana che non avevano dazi di importazione e non avevano tasse nei loro paesi mentre il charque riograndense era tassato dall’Impero. Approfittando della debolezza del potere centrale e dello scontento nella provincia, Bento Gonzalves occupa la città di Porto Alegre nel settembre del 1835, dichiarando la repubblica e la secessione dall’Impero. L’anno dopo viene catturato dagli imperiali assieme a un suo segretario, Luigi Zambeccari, un nobile bolognese fuggito dall’Italia a seguito dei moti insurrezionali del 1821. Pur essendo in prigione, nel 1837 Zambeccari entra in contatto con Rossetti e Garibaldi convincendoli a entrare nella Rivoluzione degli Straccioni in veste di corsari. In seguito Zambeccari viene graziato dell’Impero, torna in Italia e seguirà Garibaldi fino alla morte nel 1862. Goncalves riesce a evadere e riprende in mano la rivolta fino alla sua definitiva sconfitta nel 1845. La pace si conclude con l’amnistia per tutti i ribelli e un dazio di importazione del 25% sul charque argentino o uruguaiano.

    L’Europa stava fornendo in quel periodo al Sud America un piccolo ma costante flusso di emigrati, alcuni per motivi economici altri per problemi politici. Alcuni di questi si sistemano, ma molti altri non si adattano. Questi ultimi sono pronti a qualunque avventura e disponibili a qualunque delitto pur di dare una giustificazione alla loro miserabile esistenza. Inseriti in una cultura geneticamente predisposta alla violenza e al sopruso sono un disastroso elemento destabilizzante, un problema drammatico per quelle comunità che cercavano di costruire una società civile e vivibile nel Nuovo Mondo.

    Garibaldi si mette subito nei guai perché dopo pochi mesi riceve un decreto di espulsione.

    E’ in questo periodo che s’iscrive alla Massoneria e forse entra in contatto con la marina Inglese.

    Non parlerà mai di questo nelle sue Memorie. Queste informazioni devono restare segrete. La Massoneria e l’Inghilterra saranno decisive per i suoi trionfi e per la creazione del suo mito. In quegli anni la Perfida Albione stava pescando nel torbido per destabilizzare quell’area, ed è probabile che abbia favorito Garibaldi per azioni di pirateria. La Massoneria serviva da collegamento.

    Questa espulsione per lui non è un problema. Poco prima del suo arrivo era scoppiata una rivolta nel sud del Brasile che aveva dato inizio alla Revolução Farroupilha (La Rivoluzione degli Straccioni). La provincia del Rio Grande do Sul cerca di staccarsi dall’Impero Brasiliano sotto la guida di Bento Goncalves che dichiara la repubblica e si nomina Presidente. Il suo segretario è un fuoriuscito italiano, Luigi Zambeccari; sono tutti massoni.

    Si parlava di repubblica e di libertà e Garibaldi s’infiamma immediatamente. Era finalmente arrivata l’occasione che aspettava. Scende in campo si unisce ai ribelli e per sei anni combatterà per la libertà della repubblica del Rio Grande do Sul anche se la libertà non c’entrava assolutamente nulla. Goncalves era uno dei tanti liberatori fasulli di cui il Sud America è stato sempre così ricco. Come lo stesso Garibaldi noterà in seguito, il popolo del Rio Grande finirà per odiare Goncalves. Come vedremo questo per Garibaldi era assolutamente irrilevante. Apparentemente tutti esibivano un amore appassionato per la libertà, ma si trattava di una libertà anarcoide, che facilmente sfumava in faziosità e in spietata dittatura.

    Cos’era che affascinava Garibaldi in questa impresa? Come ci dice lui stesso era l’amore per la guerra: La vita che si faceva in quella classe di guerra, era attivissima, piena di pericoli ... ma nello stesso tempo bella, e molto conforme all’indole mia propensa alle avventure.

    Probabilmente anche la persona di Goncalves deve aver avuto la sua influenza. Così lo descrive: Bento Goncalves era il tipo del guerriero brillante e magnanimo ... Alto della statura e svelto, ei cavalcava un focoso destriero colla facilità e la destrezza d’un giovane ... Sobrio come ogni figlio di quella valorosa nazione ... Valorosissimo della persona egli avrebbe combattuto in singolare tenzone, e forse vinto, qualunque forte cavaliere. D’animo generosissimo e modesto, io credo non aver esso eccitato i rio-grandensi ad emanciparsi dall’impero, con fine d’ingrandimento proprio.

    Questa è una grottesca mistificazione della realtà. Goncalves era un latifondista e schiavista e aveva dato il via alla secessione dall’Impero, assieme agli altri latifondisti, per diventare padroni di tutta la provincia e potersi fare i propri affari senza doverne rendere conto ad alcun funzionario imperiale. E’ solamente una lieve esagerazione definirlo una bestia sanguinaria. Nasce un dubbio, Garibaldi credeva veramente a quello che scriveva? O è un altro caso della sua scollatura?

    Se leggete attentamente questa descrizione potete notare che Garibaldi sta descrivendo se stesso. Questo era come lui vedeva se stesso. O meglio, questo era quello che lui avrebbe voluto essere.

    Di fatto questo è il personaggio che il mito è riuscito a fabbricare.

    Di fatto questo è quello che il mondo pensa di lui dopo due secoli.

    Garibaldi e Rossetti armano una barca battezzata Mazzini. Quindi si fanno dare una Lettera di Corsa dalla nuova repubblica. La lettera di corsa è l’autorizzazione a depredare navi del paese nemico mantenendo una base nel paese che concedeva la lettera. Per questo paese era un modo molto economico di fare la guerra perché le spese dell’armamento erano a carico del corsaro e suoi erano i rischi. Era anche una guerra molto crudele: le uniche vittime erano i civili.

    Garibaldi scende in mare con 12 compagni, quasi tutti fuoriusciti italiani, e con un entusiasmo degno di una causa migliore: Corsaro! Lanciato sull’oceano con dodici compagni a bordo d’una garopera, si sfidava un impero, e si faceva sventolare per i primi una bandiera d’emancipazione! La bandiera repubblicana del Rio Grande.

    Era uno strano corsaro. Un giorno cattura una barca carica di caffè con diversi civili a bordo, ma non tutti i compagni miei eran ... uomini di costumi puri; ed alcuni si facean truci per intimorire gl’innocenti nostri nemici. Io mi adoperavo a reprimerli ed a scemare lo spavento de’ prigionieri nostri.. Forse per questo avvenne che un passeggero brasiliano mi si presentò supplichevole e mi offrì tre preziosi brillanti. Io glieli rifiutai, siccome ordinai non si toccasse agli effetti individuali dell’equipaggio e passeggieri. Tale contegno io serbai in ogni simile circostanza ed i miei ordini mai furono trasgrediti, sicuri, senza dubbio, i miei subordinati, ch’io ero disposto a non transigere su tale materia.

    Nessun pirata al mondo aveva mai fatto una cosa simile! Era una cosa assolutamente straordinaria. La fama di queste sue gesta si diffonde in Sud America, rimbalza in Europa e si comincia a parlare di questo guerriero puro e disinteressato che combatte esclusivamente per la libertà dei popoli. Stava nascendo il mito. In Francia, Dumas afferra al volo l’occasione e inizia a fabbricare il personaggio. Garibaldi ancora non lo sapeva ma in Europa stava diventando famoso. E’ forse con Garibaldi che i progressisti europei iniziano a idealizzare i guerriglieri sud americani.

    Noi però dobbiamo fare una pausa e chiederci: sarà stato vero? Davvero Garibaldi si comportava così? In fondo lui e i suoi pirati vivevano di rapine. E’ possibile che i suoi pirati abbiano continuato a seguirlo a queste condizioni? Con cosa si sarebbero arricchiti?

    Probabilmente era vero. Tutta la storia successiva dimostra che Garibaldi aveva un carisma e un’autorità talmente forti da riuscire a imporsi con facilità alle bande di disgraziati che lo seguivano. Questo non succedeva sempre, i suoi restavano pur sempre una banda di delinquenti ma a volte acconsentivano a soddisfare il loro comandante. Forse, fare (ogni tanto) la figura degli eroi piuttosto che dei pirati non dispiaceva neanche a loro.

    In questo caso dobbiamo specificare che il passeggero con i diamanti era un brasiliano che aveva venduto le sue proprietà e investito tutto nel caffè per trasferirsi e cambiare vita. Aveva a bordo 428 sacchi di caffè e 4 schiavi. Possiamo supporre che anche lui sarà stato grato a Garibaldi per avergli lasciato la vita e i diamanti quando dopo pochi giorni lo sbarca su di una spiaggia, in miseria ma incolume. Normalmente questi corsari sgozzavano i prigionieri che non potevano essere venduti schiavi.

    Ora possiamo iniziare a tracciare il percorso del nostro personaggio per cercare di capire chi era.

    Partecipa ad attività sovversive a Genova e il Regno di Sardegna lo condanna a morte. Ripara in Brasile ove l’Impero gli concede ospitalità e i suoi compatrioti gli offrono la possibilità di rifarsi una vita con quello che sapeva fare: il marinaio. Purtroppo le sue attività commerciali vanno male, quindi la sua passione per la guerra prende il sopravvento e si associa alla Massoneria, potentissima società più o meno segreta, inizia operazioni di pirateria o contrabbando utilizzando, sembra, la barca che, sembra in buona fede, gli è stata affidata per operazioni commerciali. L’Impero reagisce e lo espelle. Questi ultimi avvenimenti non sono menzionati nelle Memorie. La secessione del Rio Grande gli dà la possibilità di fare la guerra concedendogli lettere di corsa in modo da essere ufficialmente un combattente per la libertà e non un delinquente. Qui riprendono le sue Memorie. Passa a combattere per i secessionisti senza neanche chiedersi se fosse la cosa giusta da fare. Esalta i suoi compagni d’arme con una sfacciataggine che va al di là del ridicolo. Nelle sue operazioni militari si sforza di mantenere al minimo i danni ai civili. Deve essere chiaro all’opinione pubblica che, anche se deve uccidere e distruggere, lui non dimentica il suo amore per il Popolo. Il suo carisma è enorme: capelli biondi, occhi da santo, viso buono, gioca coi bambini, intelligente, forte e coraggiosissimo. I suoi gli obbediscono e fanno bene, quelli che lo seguiranno fino in fondo saranno portati in Italia per partecipare al Risorgimento e oggi qualche strada in Italia porta il loro nome.

    Non si può non concludere che Garibaldi era un genio delle pubbliche relazioni e… un criminale.

    Proseguiamo a leggere le sue Memorie: Essa (la guerra) non era limitata alla marina soltanto. Noi avevimo a bordo, selle; cavalli ne trovavimo ovunque in quei paesi, ove sono abbondantissimi; e tutt’assieme, quando lo richiedeva il caso, noi erimo trasformati, non in brillante ma temibile e temuta cavalleria. Trovavansi sulle coste della laguna, delle estancias, che le vicende della guerra avevano fatto abbandonare dai loro proprietari. Ivi trovavasi bestiame d’ogni specie per mangiare e per cavalcare. Quant’è bella l’avventura! Vitto, alloggio e cavalli gratis dando fondo alle risorse abbandonate dai proprietari che erano dovuti fuggire!

    Chi erano i suoi compagni? La gente che mi accompagnava, era vera ciurma cosmopolita, composta di tutto, e di tutti i colori, come di tutte le nazioni. Gli americani, per la maggior parte erano liberti, neri o mulatti, e generalmente i migliori e più fidati. Fra gli europei, avevo gl’italiani tra cui il mio Luigi, ed Edoardo Mutru, mio compagno d’infanzia, in tutto sette, su cui potevo contare. Il resto era composto di quella classe di marinai avventurieri conosciuti sulle coste americane dell’Atlantico e del Pacifico sotto il nome di Freres de la cote. Classe che aveva fornito certamente gli equipaggi dei filibustieri, dei bucanieri e che oggi ancora dava il suo contingente alla tratta dei neri.

    Si deve notare che tra i suoi uomini non c’è nessun riograndense; evidentemente il popolo del Rio Grande non teneva per la secessione. Ci sono gli schiavi negri dei latifondisti arruolati dai padroni con la promessa della libertà; alla fine della guerra, se vincitori, li avrebbero liberati (forse!). Ed erano i più fidati dato che gli altri erano dei delinquenti. I fuoriusciti italiani avevano tutti qualcosa in sospeso con la giustizia (come Garibaldi) e poi i Fratelli della costa. Pirati in fuga, disperati pronti a tutto, reduci dalla tratta dei negri che da pochi anni era stata messa fuori legge dall’Inghilterra. Chissà come si trovavano gli schiavi negri a combattere a fianco dei loro aguzzini. Non sorprende che gli abitanti di quelle terre liberate erano tutti fuggiti. Possibile che a Garibaldi non siano venuti dei dubbi sulla bontà della causa per cui stava combattendo? Se il popolo era fuggito e lui si era ridotto a comandare una banda di delinquenti e disperati, se nessun riograndense si era unito a loro, forse la sua causa non era quella giusta! Che scollatura!

    Nasce un’altra osservazione. I fan club di Garibaldi hanno mai letto le sue Memorie?

    Il suo amico Rossetti aveva lasciato la lotta armata e si era dedicato alla propaganda. Si era stabilito nella capitale degli insorti e stampava un periodico, O Povo, Il Popolo; evidentemente, nonostante quello che ci scrive Garibaldi, pensavano di essere loro Il Popolo. Queste iniziative propagandistiche sono importantissime perché si diffondono in Sud America e arrivano in Europa. Sono lette avidamente dai progressisti europei e produrranno lo zoccolo duro del mito garibaldino. Inoltre sono un magnete per i fuoriusciti europei che vanno a combattere per la causa repubblicana. L’uomo che dirigeva i lavori per costruire le barche di Garibaldi era di origine irlandese, John Griggs.

    Quest’avventura di Garibaldi sembra presa da Via col vento: abitavano per l’estensione della maggior parte del fiume, stendendosi sopra una superficie immensa, le famiglie tutte del presidente Bento Goncales e dei fratelli di lui, … Le estancias ove noi approdavamo erano quelle di Donna Antonia e di Donna Ana, ambe sorelle di Bento Goncales … io posso assicurare che nessuna delle circostanze della mia vita mi si presenta al pensiero con più fascino, con più dolcezza, e più piacevole riminiscenza di quella passata nell’amabilissimo consorzio di quelle signore e delle care loro famiglie. Che compito gentiluomo!

    Una di queste estancias ospitava tre sorelle ed una di loro, Manuela, signoreggiava assolutamente l’anima mia. Io mai cessai d’amarla, benché senza speranza, essendo essa fidanzata ad un figlio del presidente. Io adoravo il bello ideale in quell’angelica creatura, e nulla avea di profano l’amor mio. In occasione d’un combattimento, ove’io ero stato creduto morto, io conobbi non esser indifferente a quell’angelica creatura; e ciò bastò a consolarmi dell’impossibilità di possederla. Che romanticone!

    Prosegue: Non indifferenti erano pure le schiave di colore, che si trovavano in quei compitissimi stabilimenti, e quelle potevano adorarsi di un culto un po’ meno divino⁵. Che disgraziato! Come è possibile scrivere parole di un amore tanto appassionato e solo due righe dopo informare il lettore che mentre si struggeva d’amore per una creatura angelica mieteva successi con le schiave.

    Non dobbiamo sorprenderci se le schiave non erano indifferenti al fascino del biondo eroe. Infatti se il suo carisma era magnetico sugli uomini sulle donne era devastante. Garibaldi era l’uomo che non doveva chiedere mai e… che non diceva mai di no. Non è esagerato affermare che le donne gli piovevano addosso. Lui le prendeva tutte, belle o brutte, aristocratiche o popolane, ricche o povere, nubili o sposate.

    Non deve neanche sorprendere che le padrone delle estancias lo lasciassero fare. Per legge i figli delle schiave erano comunque schiavi chiunque fosse il padre e appartenevano al proprietario della schiava. Con questa legge i proprietari potevano divertirsi con le loro proprietà e guadagnare sui figli che nascevano. Infatti la vendita dei figli delle schiave era un’entrata molto importante per i latifondisti in situazioni di crisi finanziaria. La tratta degli schiavi dall’Africa era stata messa fuori legge dall’impero inglese nel 1833 e questo aveva fatto aumentare il prezzo degli schiavi presenti in America. L’Impero Brasiliano abolisce la schiavitù nel 1871 con la legge del Ventre Libero: tutti i nati dalle schiave sono da considerarsi liberi. Con questa legge la schiavitù sparisce gradualmente senza sconvolgere l’economia e la società com’era successo negli Stati Uniti.

    Siamo sicuri che sia le schiave sia le loro padrone rimasero soddisfatte delle prestazioni del nostro Eroe dei due mondi. Questa dicotomia tra la donna creatura angelica e la donna oggetto della libidine è tipica del Romanticismo ed è quindi da considerarsi normale per i suoi tempi. Non è affatto normale scriverlo in un modo così sfacciato. Come interpretare questa sfacciataggine di Garibaldi? Un eccesso di sincerità, un’altra scollatura o l’arroganza di chi sa che può fare tutto quello che vuole tanto chi lo ama lo amerà comunque?

    Come abbiamo già affermato le sue scollature erano autentiche e peggioravano col tempo. Questa, in particolare, lo metterà in una situazione drammatica quando, dopo la seconda guerra d’indipendenza, sposerà la contessina Raimondi (un’altra creatura angelica: lei 18, lui 53 anni!) per essere informato, subito dopo il matrimonio, che sua moglie era stata appena messa incinta da un altro. I suoi sforzi per ottenere l’annullamento andranno avanti per anni procurandogli dei tremendi dispiaceri.

    Comunque noi non possiamo non aggiungere che, anche se non simpatizziamo con il nostro soggetto, nel leggere le sue Memorie non riusciamo a non essere affascinati da queste sue avventure. Possiamo percepire il fascino di questa vita e l’impatto che avrà sui suoi contemporanei. Chissà quanti giovani patrioti hanno sognato di cavalcare nelle pampas sconfinate, combattendo biechi tiranni e corteggiando romantiche donzelle. Chissà quante languide fanciulle hanno sognato di essere possedute da un qualche biondo eroe.

    Prima o poi il sogno doveva finire, la fortuna gli volta le spalle e fanno naufragio: I superstiti, in numero di quattordici, l’uno dopo l’altro tutti aveano approdato. Invano, tra loro, cercai un volto italiano. Morti tutti! Mi sembravo solo nel mondo! Io vaneggiavo, e quasi mi parea pesante quell’esistenza salvata con tanta fatica. La morte di tutti i suoi compagni italiani gli provoca una crisi esistenziale. Lui non aveva mai pensato al matrimonio perché: Aver una donna, dei figli sembravami una cosa interamente disdicevole a chi si era consacrato assolutamente ad un principio (la redenzione della Patria) ma ora deve riconoscere che: Il destino decideva in altro modo. Io, colla perdita di Luigi, Edoardo, e gli altri miei conterranei, ero rimasto in un desolante isolamento. Sembravami esser solo nel mondo, conclude che l’unico rimedio a questa crisi era il matrimonio.

    Mentre meditava queste considerazioni era ormeggiato nel porto di una piccola città appena conquistata: Laguna. "Io passeggiavo sul cassero della Itaparica ravvolgendomi nei miei tetri pensieri; e dopo ragionamenti d’ogni specie, conchiusi finalmente di cercarmi una donna per trarmi da una noiosa ed insopportabile condizione. Gettai a caso, lo sguardo verso le abitazioni della Barra … Là, coll’aiuto del cannocchiale che abitualmente tenevo alla mano quando sul cassero d’una nave, scopersi una giovine. Ordinai mi trasportassero in terra nella direzione di lei. Sbarcai; ed avviandomi verso le case ove dovea trovarsi l’oggetto del mio viaggio, non mi era possibile rinvenirlo: quando m’incontrai con un individuo del luogo, che avevo conosciuto ai primi momenti dell’arrivo nostro. Egli invitommi a prender caffè nella di lui casa. Entrammo: e la prima persona che s’affacciò al mio sguardo, era quella il di cui aspetto mi aveva fatto sbarcare.

    Era Anita! La Madre dei miei figli! La donna, il di cui coraggio io mi sono desiderato tante volte! Restammo entrambi estatici, e silenziosi, guardandoci reciprocamente, come due persone che non si vedono per la prima volta, e che cercano nei lineamenti l’una dell’altra qualche cosa che agevoli una reminiscenza. La salutai finalmente, e le dissi: tu devi esser mia. Parlavo poco il portoghese, ed articolai le proterve parole in italiano.

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