Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

1978
1978
1978
Ebook267 pages4 hours

1978

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Il 12 gennaio del 1974, al termine di Occhitelli mariarotta benvolendo sopraspina tornamore se, Francesco si trovò costretto a scegliere: presentarsi davanti alla chiesa dove era fissata la celebrazione del suo matrimonio con Laura oppure salire su un aereo con Sara, destinazione San Francisco, per svolgere una opaca missione di spionaggio al servizio della causa palestinese? 1978 ci svela la decisione che Francesco ha assunto quattro anni prima e, con una narrazione rettilinea scandita da una cadenza ritmica inarrestabile, si racconta il prosieguo della sua tormentata vicenda personale nel contesto oscuro e drammatico dell’anno nel quale il terrorismo di matrice brigatista conosce, con il rapimento di Aldo Moro, l’apice della sua pericolosità. Francesco attraversa quei mesi angosciosi macerato dalla ricerca affannata del proprio equilibrio affettivo e sociale, ha ventinove anni e avverte il tempo fuggire, desidera serenità, pace, amore, stabilità e, forse, imbocca ancora una volta la strada sbagliata per ottenere ciò che gli è utile. La pentalogia di Paša, attraverso Francesco, prende forma e si articola tra i marosi della storia, dentro i tormenti intellettuali di epoche diverse, tra le ansie emotive degli uomini e delle donne che vissero quei tempi.
LanguageItaliano
Release dateMay 30, 2014
ISBN9788868150723
1978

Read more from Alessio Pasa

Related to 1978

Related ebooks

Classics For You

View More

Related articles

Reviews for 1978

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    1978 - Alessio Pasa

    1978

    romanzo

    Alessio Paša

    Published by Giuseppe Meligrana Editore

    Copyright Meligrana Editore, 2014

    Copyright Alessio Paša, 2014

    Tutti i diritti riservati

    ISBN: 9788868150723

    In copertina: Paul Gauguin (1848–1903),

    La femme à la fleur, 1891, olio su tela

    70×46 cm, Carlsberg Glyptotek

    Meligrana Editore

    Via della Vittoria, 14 – 89861, Tropea (VV)

    Tel. (+ 39) 0963 600007 – (+ 39) 338 6157041

    www.meligranaeditore.com

    info@meligranaeditore.com

    Segui la Meligrana su:

    Facebook

    Twitter

    INDICE

    Frontespizio

    Colophon

    Licenza d’uso

    Alessio Paša

    Copertina

    1978

    Altri ebook di Meligrana Editore

    Licenza d’uso

    Questo ebook è concesso in uso per l’intrattenimento personale.

    Questo ebook non può essere rivenduto o ceduto ad altre persone.

    Se si desidera condividere questo ebook con un’altra persona, acquista una copia aggiuntiva per ogni destinatario. Se state leggendo questo ebook e non lo avete acquistato per il vostro unico utilizzo, si prega di acquistare la propria copia.

    Grazie per il rispetto al duro lavoro di quest’autore.

    Alessio Paša

    Alessio Paša, 59 anni, nato a Genova, ora vive a Domodossola. È formatore e consulente d’impresa e appassionato alpinista, corridore e nuotatore. Ha iniziato a scrivere quindici anni fa, realizzando una serie di storie brevi in versi, tra le quali, nel 2009, Appuntamento con il notaio è stato pubblicato da Lorenzo Barbera Editore. Per Meligrana nel 2013 ha pubblicato Occhitelli mariarotta benvolendo sopraspina tornamore se prima opera della pentalogia che vede in 1978 il secondo episodio.

    Contattalo:

    alessio.pasa@gmail.com

    Seguilo su:

    www.alessiopasa.it

    Facebook

    I personaggi, i fatti e le località descritte in questo romanzo sono in buona parte frutto della fantasia dell’autore.

    1

    Il nostro coinvolgimento nella vicenda di Terry è iniziato con un invito a pranzo da parte del padre, John Cordier, il mio capo, un americano figlio di canadesi francofoni, quarantacinque anni, il viso affilato, scuro, gli occhi piegati verso terra, che si rialzano per guardarti solo quando indispensabile, per sottolineare un errore o, più di rado, per comunicarti che in quell’occasione hai lavorato bene. Eravamo seduti a tavola nel soggiorno della loro abitazione di Bolingbrook, trenta miglia a est di Chicago, il 23 ottobre del 1977, domenica, attenti, imbarazzati, e spaventati, anche se Pam, la moglie di John, aveva cercato in ogni modo di metterci a nostro agio.

    E tu, Sara, come trascorri le domeniche? le aveva chiesto John. Pam sarebbe felice di passare del tempo con lei. Le piace frequentare le persone giovani ha detto rivolgendosi a me.

    Certo, Sara, sarebbe magnifico. Qui a Bolingbrook la domenica c’è sempre una novità, un mercato aperto, la pista del ghiaccio, il cinema! La moglie di John prova a essere brillante, ma il tono tradisce stanchezza e assenza di entusiasmo.

    Pam ha tenuto compagnia a quasi tutte le mogli dei miei colleghi John si è versato un’altra birra. Bevi anche tu! mi ha detto È domenica, oggi.

    In cantina ne abbiamo casse piene! Pamela si è alzata per preparare il caffè E sono sempre vuote. Certo che bene non gli fa.

    John la ignora, mentre con cura mi riempie il boccale. Quando vuoi, Sara. Telefona, prima. Tiene gli occhi bassi, fissi sul piatto vuoto. Ma puoi venire anche se non telefoni, Pam la domenica è in casa.

    * * *

    Sara aveva telefonato a Pam quella stessa settimana, sì, quella domenica sarebbe rimasta l’intero giorno in casa, si avvicinava Halloween e aveva del lavoro da fare per la festa, che venisse, quando voleva. Ne avevamo parlato insieme, era una buona abitudine mantenere relazioni amichevoli con colleghi e vicini di casa, eliminava alla radice ogni sospetto e ci consentiva di comprendere meglio le consuetudini della località nella quale ci trovavamo, così, tra l’altro, ci era stato detto durante il sintetico addestramento ricevuto nel gennaio del ’77 al nostro arrivo negli Stati Uniti. Io sarei andato alla partita con John e le due mogli ci avrebbero atteso insieme a casa.

    Quella mattina avevamo dormito sino a tardi, la nostra abitazione, a Rosemont, è a poco più di mezzo miglio da una delle piste dell’aeroporto O’ Hare, stiamo qui da più di un anno e ci siamo gradevolmente abituati al rombo continuo dei jet, che ormai non disturbano più i nostri sonni della domenica mattina. Ci siamo alzati appena in tempo per il mio appuntamento con John, che mi attendeva in un locale sulla strada per lo stadio. L’ho trovato all’interno, seduto davanti a un boccale di birra semivuoto.

    Abbiamo tempo, mangiamo qualcosa.

    Per me ha ordinato una birra e carne con uova, per sé un’altra birra e un hot dog.

    Sono le specialità del locale, la carne è buonissima.

    Quando è arrivato il suo piatto, ha iniziato, con metodo, la deglutizione del pane e del grosso wurstel, che taglia in pezzi piccoli, bagna con cura nella senape e porta alla bocca con circospezione. Il locale è semivuoto, poco illuminato, un leggero odore di olio bruciato ammorba l’ambiente, l’anziana cameriera si aggira tra i tavoli zoccolando e scrive le ordinazioni con una biro che tiene appesa al collo con una cordicella.

    L’hai vista, domenica scorsa, mia figlia? non ha atteso la mia risposta e continua a parlare con la bocca piena Si chiama Terry, ha sedici anni ed è incinta. Il padre è sconosciuto, poiché, come dice lei, negli ultimi mesi ha avuto rapporti con numerosi ragazzi. Ha terminato il boccale in un solo sorso, chiama la cameriera, per nome, ne ordina un’altra. Guarda l’orologio, non ci vede bene, cerca gli occhiali, non li trova, sono sul tavolo, glieli porgo, li prende, senza ringraziarmi. Abbiamo ancora una mezzora. La conclusione? Terry si tiene il bambino, nascerà ad aprile, intanto lascia la scuola, sua madre ha detto che poi si vedrà. Hanno iniziato a pensare al nome, se sarà maschio, lo chiamano John come me. La cameriera gli ha portato la birra, ha finito il wurstel, e con il pane raccoglie la senape rimasta. Pam è felice, sarà nonna, giornate piene, svegliarsi la notte, acquistare al supermercato montagne di pannolini, riempire biberon, svezzare il nipote, portarlo ai giardini, esibirlo alle amiche.

    Tutto bene, allora.

    Bene, così pare, così dicono tutti.

    Ha insistito per pagare e uscendo mi ha lanciato le chiavi dell’auto.

    Guida tu, è meglio.

    * * *

    La partita è terminata tardi e abbiamo lasciato lo stadio che erano passate le otto. Nelle due occasioni in cui ero stato da lui splendeva il sole, quindi sono rimasto colpito dal buio profondo nel quale è immerso il quartiere, villette distanti tra loro, l’illuminazione stradale appena sufficiente, poche auto, John guida lentamente, provando a evitare le buche più profonde.

    Pam è in cucina, china su un lavoro di cucito in un angolo della tavola da pranzo apparecchiata per due.

    Dov’è Sara? ha chiesto John prima ancora che io mi accorgessi della sua assenza.

    Pamela ha indicato con un cenno del capo una porta alle sue spalle. È di là con Terry.

    John si è voltato verso la porta chiusa.

    No, non andare, lascia che parlino un po’. John è rimasto in piedi, non sembra convinto. Non ha nessuno con cui confidarsi, le sue amiche non la cercano più, sta tutto il giorno da sola. Ci ha invitati a sederci e ha posato il lavoro di cucito per andare ai fornelli a scaldarci la cena. Com’è andata la partita? Ha chiesto mentre ci serve una zuppa di patate e cipolle.

    Abbiamo perso John ha già la bocca piena. C’è della birra? ha chiesto, dopo aver scrutato attentamente la tavola.

    Finiamo la zuppa, altre due birre a testa e terminiamo la cena con delle grandi fette di torta al formaggio. Terry e Sara sono ancora chiuse nella stanza della ragazza, John è molto nervoso.

    E che bisogno ha di confidarsi così a lungo la ragazza? Perché non escono? Che deve dire? Che cosa? Non capisco. Fissa la moglie, poi si volta nella mia direzione, parla accalorato, senza interruzioni. Avrà un figlio, milioni di donne ogni giorno nel mondo partoriscono figli, e ha la fortuna di avere genitori che continuano a tenerla in casa con loro. Prima di terminare la frase è già in piedi, il cucchiaio gettato sul pavimento, il bicchiere colmo dell’ennesima birra rovesciato sulla tovaglia, la porta della stanza della figlia spalancata, inseguito da Pamela, che è riuscita ad agguantarlo per la manica della camicia.

    Non ho capito che cosa ha gridato John, né che cosa hanno urlato in risposta prima la figlia e poi la moglie, parlano un misto d’inglese e francese, afferro qualche parola, ma non capisco il senso delle frasi, piuttosto ho sentito la voce di Sara, prima soffocata dallo strepito e poi, nitida, imporsi sopra le voci degli altri. Parla in francese, lentamente, acchiappando le parole una a una nel vuoto, come con l’italiano, i primi giorni, negli uffici della Render, quanti anni sono passati, Sara.

    Sono entrato nella stanza, una abat-jour solitaria accesa su una mensola, Terry è seduta su un divanetto e Sara, in piedi, fronteggia John nella semioscurità, Pamela è accanto alla figlia e le tiene delicatamente la mano. Ascolto quello che Sara sta dicendo a John, non deve tollerare, ma amare, sia la figlia sia il nipote che nascerà. Avverto in lei le vibrazioni e le dolcezze della casa delle donne in fuga che frequentava quando veniva in Italia, le ragazze che sorbivano in silenzio il brodo con le farfalline all’uovo. John tace, scuro, gli occhi bassi.

    E allora dillo, John, di’ che non ti va bene gli ha detto Sara, in inglese.

    Non che non mi va bene, e a quale padre potrebbe mai andare bene una cosa del genere, una ragazza, poco più che una bambina, un figlio senza padre, una madre senza marito! John resta con gli occhi bassi, non la guarda, sembra che persino fatichi ad ascoltarla.

    Non è questo il problema, John Sara lo ha detto piano, distanziando con cura una parola dall’altra.

    E sarebbe? Ora John la fissa, avido, attento. La moglie si è alzata e ora è accanto al marito.

    Sara si è voltata verso Terry, l’ha presa per mano e l’ha portata davanti ai genitori.

    Diglielo, Terry, ora non c’è più ragione di aver paura.

    La ragazza l’ha detto a testa alta, non appare riluttante, orgogliosa piuttosto, non è stato un ragazzo, è stato lo zio Fred.

    Cosa? ha gridato il padre Non ci credo! Stai mentendo. Mio fratello! Ha una moglie e quattro figli!

    Sì, papà, ma è stato lui, e proprio qui, in questa stanza, la sera che siete andati dai Parsons, quando lo zio è venuto per riportare la falciatrice. È semplice, papà, basta che lo chiedi a lui.

    * * *

    Rientrando, molto tardi, Sara mi ha preso la mano mentre guidavo.

    Credi che abbia fatto bene a far confessare Terry? Lei non voleva, protestava, lo considerava un gesto inutile, che non avrebbe cambiato le cose, l’unico risultato sarebbe stato quello di procurare un dispiacere a suo padre.

    John era a pezzi, non credo che chiamerà suo fratello.

    A un incrocio ho avuto un’esitazione sul percorso da seguire, Sara mi ha fatto cenno di non potermi aiutare e, a casaccio, ho proseguito diritto lungo il vialone buio.

    Perché non dovrebbe chiamarlo, è suo obbligo farlo, il fratello deve sapere che lui è al corrente, altrimenti, Francesco, come potrà ancora vederlo, stare con lui, festeggiare i compleanni dei nipoti, il Thanksgiving e Natale, ma tu… Mi ha lasciato la mano e ha alzato la voce …tu cosa faresti? Tu, a tuo fratello, glielo diresti?

    John è un uomo d’oro, sul lavoro è il migliore, efficiente e onesto, lui, cerca di capire, Sara, si difende…

    E Terry, che è, un materasso? Dove chiunque, anche lo zio, può distendersi a suo piacimento? Francesco, ma hai sentito che cosa hai detto, che John si difende, ma da che cosa? Ma lo hai visto, il tuo John? Quando si è reso conto che la figlia diceva la verità non ha più parlato. E hai sentito quella sciocca della madre? E perché non lo aveva detto subito? E perché lo aveva fatto entrare nel tinello? Se doveva solo riportare la falciatrice non era necessario che salisse in casa.

    Sì, l’ho sentita. Una sciocca, sono d’accordo.

    La verità, Francesco, per Terry, capisci, non per John. Che ci importa di suo padre, è la ragazza che è nostro compito proteggere.

    Lo stradone che abbiamo imboccato termina in un piazzale in terra battuta, qualche pick-up abbandonato e una roulotte con la luce accesa all’interno, ci ho girato intorno e sono tornato indietro. Sara si è accesa una sigaretta, ha iniziato a fumare qui in America, già a San Francisco, appena arrivati.

    John vuole far cadere la cosa, tanto per Terry non cambia nulla.

    Girarsi dall’altra parte e far finta di niente, molto bene. E quando Fred viene a pranzo dai Cordier cosa si dicono Terry e lo zio? E Pam? E suo fratello? Francesco, maledizione, non sta in piedi.

    Parleranno d’altro. Io sono con John, Terry avrà un bambino senza un padre, e questo figlio crescerà senza una famiglia vera. È già una situazione difficile, perché renderla ancora più complessa? Non credi che Terry sia già stata offesa a sufficienza? Vuoi anche che suo padre rompa le relazioni con l’unico fratello? Che tutti sappiano che lo zio ha abusato di lei? John è saggio, inghiotte il rospo, e soffre in silenzio.

    Allora mi stai dicendo che ho fatto male a convincere Terry a confessare la verità ai suoi genitori?

    Non ho detto questo.

    Quasi.

    No, non hai sbagliato, forse è giusto che suo padre e sua madre sappiano.

    Forse.

    Abbiamo trovato la strada per tornare, inizio a riconoscere il percorso, mezzora e saremo a casa.

    Sara, sei sicura di Terry?

    Cosa vuoi dire?

    Che non sia stata lei a invitare lo zio prima in casa e poi a bere nel tinello?

    E anche se fosse? Vuoi per caso sostenere che è colpa sua, come sua madre, ma la hai sentita?

    Sara ha aperto il finestrino per gettare la cicca, si avvicina, mi prende la mano e mi bacia sul collo. Sono stato a lungo in silenzio, attento a non sbagliare di nuovo strada.

    Non vedo l’ora di essere a letto al caldo con te mi ha detto infilandomi una mano sotto la camicia.

    E Terry?

    Domenica prossima ritorno da loro, per un controllo.

    * * *

    Ieri, lunedì, John non è venuto al lavoro, e oggi si è presentato alle otto e mezza passate, un orario impensabile per lui, certi giorni, quando Sara era obbligata a partire molto presto sono arrivato alle sette e John era in officina, in un’occasione sono entrato alle sei e un quarto, e lui c’era, in tuta, a verificare gli attrezzi sui banchi.

    Vieni, mi ha detto, ci hanno chiamato dalla Stockon, prendi le borse complete, anche i tester, partiamo subito.

    Appena in auto ha voluto spiegarmi che quella mattina era stato in ospedale per delle analisi, e il giorno prima era rimasto a casa ad aspettare un falegname per un lavoro in cucina.

    L’appuntamento era alle nove e si è presentato alle due del pomeriggio. Un rimbambito, l’ho detto a Pam, era un lavoro che potevo fare io sabato, ma sabato è il 29 ottobre, due giorni ad Halloween, lei ha bisogno della cucina, ha da cuocere non so quanti dolci. Si è interrotto, qualche secondo, con un cenno del capo mi indica una donna che esce dall’auto in un parcheggio, prima le gambe e le cosce scoperte, una bionda, non è giovane, ha la sigaretta accesa in mano e chiude la portiera dell’auto con un colpetto di punta della scarpa. A me quel che cucina mia moglie per Halloween non mi interessa, che faccia, quello che vuole.

    Ha guidato in silenzio per un buon quarto d’ora, ho acceso la radio e mi ha detto di spegnerla, ho aperto il finestrino e mi ha pregato di chiuderlo, gli ho chiesto una sigaretta e mi ha risposto che non ne aveva, gli ho parlato del nuovo lavoro di Sara e ha iniziato a grattarsi le mani e poi la fronte. Manca poco allo stabilimento della Stockon, sarà un lavoro lungo, se fossimo stati in tre sarebbe stato meglio.

    È stato nel pomeriggio, lavoravamo schiacciati dentro un quadro elettrico nel seminterrato, gli è caduto un cacciavite e mi ha chiesto di chinarmi per riprenderlo, lui non poteva, aveva appena lo spazio per respirare, io anche, e per piegarmi sono scivolato tra le sue gambe, allora gli ho chiesto di sedersi delicatamente sul mio collo, così da spingermi in basso per arrivare con la punta delle dita al cacciavite, è stato in quel momento che mi ha detto che Terry aveva visto lo zio.

    Ieri mattina, alle cinque, mentre facevo colazione, si era messa la sveglia, figurati se quella alle cinque si alza, da quando fa la donna gravida dorme sino alle undici, dice che è stanca, la scema. Me la sono trovata lì, in camicia da notte, scalza, con i capelli sugli occhi, è ingrassata, mangia dalla mattina alla sera, uno schifo. Papà, la mamma vuole che sia io a dirtelo, ieri sera ho parlato con lo zio Fred.

    Sono ancora piegato in mezzo alle sue gambe, mi è caduta la lampada frontale, si è dimenticato di me, parla, è nervoso, si agita.

    Che gli è andata a dire quella sciocca, e perché ci è andata, non si era detto, no, c’eri anche tu a tavola quella sera, qualcuno le ha forse suggerito di andare dallo zio, ti ricordi qualcosa tu? Strisciando ho ripreso la posizione eretta, sono senza fiato, gli ho chiesto di uscire da lì, si soffoca, non capisco quello che dice, sì, cioè no, nessuno le aveva detto di andarci. Ecco, è quello che mi serviva sapere, non ci doveva andare, semplice, noi dimenticavamo quella bestialità e lei avrebbe finto di non averci raccontato nulla. Il patto era questo, mi pare? È riuscito a voltarsi, è basso di statura e ho il suo naso letteralmente dentro la bocca, ho mormorato che non avrei resistito un minuto di più, e lui mi ha risposto seccato di non leccargli, per cortesia, la punta del naso. E adesso? Sono costretto a parlare con Fred, e per dirgli che cosa? Se con mia figlia gli è piaciuto abbastanza, o se verrà al battesimo di suo figlio e pronipote, o se vuole che lo sfidi a duello, all’alba sulla spiaggia del lago Michigan. Io, Francesco, ho deciso. A parlare da mio fratello non ci vado, io ho una figlia incinta, e credo che questo basti. Sono quasi svenuto, intendo appena le sue parole, gli sono crollato addosso, con il mento sulla sua fronte, John ha capito, scivola fuori, mi sostiene e mi aiuta, mi ha chiesto se sto bene e se sono d’accordo.

    * * *

    La domenica successiva, il 30 ottobre, siamo arrivati tardi, era quasi l’una, John mi aveva chiesto di arrivare presto, per mezzogiorno, per fare due parole, prima. Io non volevo andare, ne abbiamo discusso per l’intera mattinata.

    Mi vergognavo, per Sara, che aveva indotto Terry a scoprire le carte tra il padre e lo zio, e io ero in imbarazzo, con John, poiché era stata Sara la causa diretta di quella situazione.

    Se non inducevi Terry a dire la verità, sarebbe stato molto meglio! le ho sussurrato scendendo dall’auto davanti alla casa dei Cordier.

    Mi ha dato un bacio sul collo.

    Un altro, Sara.

    Dopo, quando finiamo con questa cosa.

    No, adesso, lo voglio subito.

    Ci siamo baciati, nascosti dietro la cabina del pick-up di John, Sara ha un timore reverenziale delle effusioni in pubblico, anche oggi, tiene gli occhi aperti, mi tiene lontano, non cela l’imbarazzo e la fretta.

    Diplomazia e delicatezza, Francesco, come con le ragazze nascoste nella casa di Anna in Italia mi ha raccomandato, staccando bruscamente la bocca dalla mia.

    Va bene, sarò adeguato, lo prometto.

    John non mi ha rimproverato per il ritardo, ha un viso nero, più chiuso e più lungo del solito, con Sara non ha scambiato né un bacino né una stretta di mano, le ha posato la mano sulla spalla, la spinge verso la sala da pranzo.

    C’è una novità.

    Che non mangeremo tacchino? ho provato a sdrammatizzare.

    Nello striminzito corridoio che adduce alla sala, senza illuminazione artificiale, quasi al buio, sembra che sia John ad appoggiarsi alla schiena di Sara.

    C’è anche Fred ha mormorato un attimo prima di entrare nella stanza.

    Ed eccolo,

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1