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L'Utopia della Ragione
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L'Utopia della Ragione

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Queste pagine vogliono essere il presuntuoso desiderio di cominciare a dare spazio al proprio pensiero, alle proprie idee, cercando le condizioni per ipotizzare, partendo dalla realtà di ogni giorno, un futuro migliore. Un esercizio mentale, una vera e propria ginnastica delle idee, che in molte circostanze potrebbe rivelarsi la vera cura al degrado dei mali che affliggono la nostra Società.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMar 1, 2012
ISBN9788866185420
L'Utopia della Ragione

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    L'Utopia della Ragione - Pompeo Maritati

    633/1941

    Dedico i miei pensieri alle due persone più importanti della mia vita:

    A mia Moglie Serena

    A mio Figlio Enzo

    Bancario in pensione, dopo una vita dedicata alla gestione materialistica del bene supremo, il denaro Pompeo Maritati approccia in punta di piedi al mondo umanistico, cercando di analizzare i mali che oggi caratterizzano la società moderna.

    Queste pagine vogliono essere il presuntuoso desiderio di cominciare a dare spazio al proprio pensiero, alle proprie idee, cercando le condizioni per ipotizzare, partendo dalla realtà di ogni giorno, un futuro migliore.

    Un esercizio mentale, una vera e propria ginnastica delle idee, che in molte circostanze potrebbe rivelarsi la vera cura al degrado dei mali che affliggono la nostra Società.

    Scorcio del Tempio di Aphaia - Isola di Aegina - Grecia

    Tempio di Aphaia - Isola di Aegina - Grecia

    L’Utopia della Ragione

    i nostri Pensieri non ci appartengono, li abbiamo avuti in prestito, ci rivengono dalla profondità di uno spazio senza frontiere e da un tempo che non hai mai finito di battere il suo primo attimo.

    Una sola legge, una sola causa, un solo evento, un unico pensiero, una sola cosa.

    …… una dolce sensazione che va perdendosi nel tempo, di un tempo di cui non conosco la direzione ma che sembrerebbe correre più velocemente verso il futuro, anche se i miei pensieri volgono di solito al passato, come se fosse già stato scritto ieri quello che succederà domani.

    Ecco che l’Utopia intesa quale unica IDEA diventa Ragione.

    Una vecchia cartolina dalla Grecia

    La rincorsa delle idee

    Continuo con inesorabile caparbietà a cercare tra i miei pensieri che, rincorrendosi l’un l'altro non mi danno il tempo di potermi soffermare su qualcuno di essi per iniziare a scrivere sulle mie sensazioni. Che confusione.

    Finalmente, quasi non ci speravo più, i miei pensieri sono d’incanto allineati, ma che strano, non avrei mai creduto che fossero così numerosi, si vede che li ho sempre trattati con indifferenza e superficialità, ritenendo che una riflessione su essi fosse quasi tempo perduto. O forse, ed è la convinzione peggiore, quella di aver ritenuto che le problematiche, laddove ci fossero, non mi dovessero riguardare direttamente, confidando che altri al mio posto avrebbero pensato a risolverle e che comunque qualsiasi difficoltà sarebbe stata agevolmente superata, grazie all’appartenenza a un collaudato e duraturo ingranaggio socio economico di cui mi sentivo parte integrante. Il primo pensiero a farsi avanti con prepotente arroganza, e con fare sprezzante, è il rifiuto di subire l’ormai dilagante strumentalizzazione materialistica di una società tesa sempre più verso un continuo declino, senza valori, e senza un vero futuro che non sia quello di possedere qualche euro in più.

    Oggi purtroppo le regole della sopravvivenza sono dettate dai più intraprendenti e arroganti esponenti di un’èlite, che purtroppo, ahimè diventano ogni giorno di più esempio di una vita senza ideali, che continua a fare numerosi proseliti, per non parlare degli innumerevoli simpatizzanti, che scopo unico della loro vita, sono l’imitazione e la continua ricerca di sistemi e metodi da applicare senza scrupoli, pur di appartenere e di sentirsi partecipi di questa èlite. Penso a ieri, al tempo passato, che senza accorgermene mi sono buttato dietro le spalle. Cerco di soffermarmi sull’attualità fugace, a volte inutile e banale, che già guarda al domani con apatica indifferenza, che allo scoccare del ventitreesimo rintocco del pendolo, diventa già un ricordo. E’ una dolce sensazione che va perdendosi nel tempo, di un tempo di cui non ne conosco la direzione, che sembrerebbe correre sempre più velocemente verso il futuro, anche se i miei pensieri volgono quasi sempre al passato, come se fosse già stato scritto ieri quello che succederà domani, soprattutto per chi, come me, ancora crede e spesso si fa trasportare dalla propria fantasia, dai propri sogni, in giro per il mio piccolo mondo, costruito intorno a me dall’insieme dei ricordi.

    Un castello d’idee, il cui ponte levatoio si alza e si abbassa, a secondo della credibilità che assume il mondo che lo circonda. Un mondo che mi riesce sempre più difficile capire dove voglia realmente andare. Il trascorrere del tempo, la maturità, l’esperienza, ha avuto la conseguenza di cancellare i vecchi sogni, di farmi dubitare delle poche certezze acquisite, e soprattutto costatare quanto nuda e cruda sia la realtà di un’esistenza i cui unici valori sono oramai diventati esclusivamente di natura materialistica. La gente intorno a me sembra vivere oggi la propria esistenza a titolo strettamente personale, come se tutto ciò che la circonda altro non sia che un oggetto, privo della capacità di saper provare sensazioni e sentimenti, che deteriorandosi nel tempo, viene senza esitazione buttato nella pattumiera dei vuoti a perdere.

    L’uomo oggi non è più quella straordinaria macchina pensante dedita allo sviluppo delle idee per un miglioramento delle condizioni dei suoi simili, è solo uno strumento da applicare a un sistema produttivo volto a creare sempre nuove fonti di ricchezza, non d’idee, ma di materialistici utili da divedere tra i fortunati detentori del potere politico ed economico, pronti a sbarazzarsi dell’elemento Uomo alla stregua di una gomma usurata.

    Piatto in ceramica raffigurante Ulisse e le Sirene

    Il Pensiero tra Passato, Presente e Futuro

    I sentimenti e gli stati d’animo assumano le forme più disparate ma stranamente tutti riconducibili a tanti salvadanai, il cui unico timore è solo di vederseli svuotare dall’ingordigia e dalla sopraffazione di chi ti è stato sempre vicino. I valori quelli veri, quelli che tanti decenni fa qualcuno, guardandomi negli occhi, con fare severo ma autorevolmente credibile, m’indicò con la chiara e inequivocabile raccomandazione di non scordarli mai, sembrano appartenere a quel vecchio e decrepito libro Cuore peraltro buttato fuori dalle scuole, forse perché ritenuto particolarmente istruttivo in una società che ha solo il pregio di saper distruggere tutto quello che di buono, con il trascorrere del tempo e con tanta fatica si è cercato di costruire. Non vuole essere questa una contraddizione, bensì un’amara constatazione, dove il passato sta divenendo il punto di riferimento di ciò che forse gradiremmo fosse oggi. Un passato dove i valori della vita e il rispetto che si aveva per essi era molto più radicato in noi rispetto all’odierna dilagante e arrogante sicurezza di se. Tanto tempo fa, quando l’ignoranza regnava sovrana assoluta e dispotica su questa terra, qualcuno disse: Solo l’uomo colto è libero.

    Oggi provocatoriamente, mi verrebbe di asserire esattamente il contrario. La Cultura non ci rende liberi, al contrario, paradossalmente ci rende schiavi della consapevolezza di quanto male stiamo facendo il nostro ruolo di uomini, che qualcuno, tanto ma tanto tempo fa, a nostra insaputa, senza interpellarci, per qualche recondito motivo a noi al momento sconosciuto, ha voluto porci tutti qui insieme, su questo lembo di terra a pestarci i piedi.

    Qui potremmo aprire una prima fase paradossale della nostra esistenza. Quando siamo venuti al mondo, attraverso l’accordo o l’inconsapevole scelleratezza di un momento dei nostri procreatori, c’è chi ha gioito, chi ha pianto, chi ha immediatamente predetto un futuro di tanti straordinari traguardi, ma nessuno si è mai chiesto se ciò fosse stato giusto. L’inconsapevole ignoranza del nostro passato, inteso quello precedente alla nostra procreazione, per uno strano fatto della Vita rappresenta il primo atto di costrizione a danno di una democratica libera scelta di disporre del proprio futuro. Quando i miei decisero di mettermi al mondo, nessuno si è guardato bene di informarmi, di chiedere se fossi stato d’accordo di entrare a far parte di questo mondo. Ritengo non democratico che due persone volendo dare sfogo ai propri istinti debbano mettermi nelle condizioni di affrontare la vita quella terrena, senza poter optare per qualche altra soluzione. Cominciamo la nostra vita in conformità a una scelta altrui, senza che si abbia la pur minima capacità di prendere una posizione diversa. Prometto che dopo questa vita, prima di ripercorrere un’altra eventuale avventura, costituirò un sindacato a tutela dei futuri nascituri, affinchè possa liberamente scegliere, previa regolare informazione sulle clausole della vita terrena, se scendere sulla terra o restare lì dove si trovano. Per quanto paradossale possa sembrare questo mio pensiero, alle soglie della demenza senile come ha avuto modo di asserire un mio caro amico, dimostrandomi così grande amicizia, proprio perché m’indicava le necessarie cure da seguire, evidenzia un punto oscuro del nostro passato. Sì perché io sono convinto che il nostro presente inizia dal nostro concepimento, mentre appartiene al nostro passato tutto ciò che è antecedente. Vedete, già in quest’affermazione traspare un concetto, o meglio un pensiero importante, che ci sia un passato antecedente al nostro concepimento, dove la materializzazione dell’uomo avviene attraverso il complesso laboratorio chimico insito nella donna. Nasciamo per effetto dell’unione di due cellule appartenenti a due individui diversi, che le vicende della vita terrena consentono loro di incontrarsi e quindi di procreare. Come potremmo ipotizzare un passato ante concepimento se questo avviene per effetto di due cellule diverse e indipendenti, direte voi? Ecco che scoppia il mal di testa. Le cellule neuronali cominciano ad andare in fibrillazione non riuscendo a tenere il passo della logica, abituate come sono a cercare la regola matematica su cui poggiare la propria convinzione.

    E’ come un’infezione batterica, dove gli anticorpi cercano in ogni modo di annientare questi nuovi abusivi che intendono alloggiare, senza le dovute licenze, nel nostro organismo. Pare che lo stesso avvenga nel nostro cervello. Le idee razionali, quelle che alla fine fanno sempre quattro, combattono quelle che altro non sono che utopie, ritenendole dannose per il nostro equilibrio mentale al punto da far ipotizzare, a chi c’è vicino, un’eventuale demenza senile precoce. Dalla nascita lentamente apprendiamo una nozione dopo l’altra, facciamo delle esperienze e conoscenze che pian piano nel tempo andranno a comporre il puzzle della nostra intelligenza. Lasciando per un po’ questa prima fase della nostra vita che ho definito paradossale, proprio per la sua atipicità temporale, diamo uno sguardo intorno. La conoscenza e l’esperienza mi verrebbero di definirle le capacità sensoriali, attraverso le quali prendiamo coscienza di quello che vi è intorno a noi, guardandoci bene di fare una seria autocritica di quello che siamo stati capaci di fare nel corso della nostra umana presenza in questa valle di lacrime. Nella stragrande maggioranza delle volte costatiamo che questa autocritica, laddove sia stata compiuta, ci porta a un risultato mortificante e avvilente, caratterizzato dalla presentazione di un conto salato, facendoci amaramente toccare con mano, alla fine dei nostri giorni, che tutto quello che è stato realizzato potrebbe risultare inutile, anzi in contrasto con gli ideali materialistici prevalenti, e che purtroppo tutto è da rifare, ma miseramente costatiamo che il tempo rimasto è purtroppo terminato.

    Allora ci chiediamo, ma non sempre, perché siamo giunti in questo mondo e perché la materializzazione del contenitore delle nostre idee (il corpo) iniziata qualche decennio fa, quando ebbe inizio la nostra vita terrena, si sia poi irreversibilmente distrutto o trasformato, come disse qualche autorevole fisico, in mera polvere. Se nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, è un concetto fisico autorevolmente consolidatosi nel percorso dello sviluppo del pensiero dell’uomo, è altrettanto vero poter dire, applicando sempre la solita logica razionale, che se pur vero che tutto si trasforma, è altrettanto vera che la trasformazione avvenuta genera un prodotto di qualità inferiore. Vedi l’uomo che dalla semplice unione di due microscopiche cellule a volte riesce a superare i 200 chili di peso, per poi ridursi a un mucchietto di polvere. Un processo di trasformazione che sfido chiunque a definirlo qualitativamente positivo. Cosa che avviene anche con tanti altri elementi della natura.

    In questo discorso abbiamo però trascurato un aspetto importante, quando abbiamo parlato del corpo umano, trasformatosi in polvere, azzerando la sua potenziale presenza terrena, che con la sua morte e trasformazione non conosciamo cosa poi succeda ai nostri pensieri, quelli che generalmente sono rappresentati come l’anima. Possiamo quindi asserire che dall’alba dei tempi, quelli consapevolmente raggiungibili dalla scienza e conoscenza umana, il processo vitale si svolge unicamente in una sola direzione, dove la trasformazione della materia avviene per decadimento della stessa. Il concetto del Nuovo che attraverso il tempo si trasforma inesorabilmente in Vecchio, è applicabile non solo alle cellule del mondo animale e vegetale ma anche a tutte le altre materie, legno, ferro, vetro, ecc. che con il passare del tempo s’invecchiano. Il tempo invecchia il mondo che però ha la grande capacità rigenerativa attraverso il processo della Procreazione, ma la sua direzione temporale sembra essere quella che dal Nuovo si passa al vecchio.

    Altra obiezione o se vogliamo un completamento al concetto prima detto potrebbe essere quello concernente lo sviluppo del creato. Cos’era la terra miliardi e miliardi di anni fa?

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