Filippina va in città
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Filippina va in città - Piera Rossotti Pogliano
Pogliano
Filippina va in città
Tra Lanslebourg e Chambéry, 27 febbraio 1781
Anche con un lapis, è difficile scrivere col mio diario appoggiato sulle ginocchia, avvolta come sono nel mantello pesante. Alla partenza dall’ultima stazione di posta, Maria, la mia balia, mi ha spinto sotto i piedi un mattone caldo, avvolto in un panno di lana, ma ormai ho assorbito tutto il suo calore e ho di nuovo freddo. Così, per cercare di non pensarci, ho preso il mio quaderno e scrivo, mentre Filippo è sceso dalla carrozza per sorvegliare la riparazione del carro dei bagagli, che ha perso una ruota ed è mezzo affondato nella neve con tutto il suo carico.
Filippo è mio marito: l’ho conosciuto cinque giorni fa e l’ho sposato ieri l’altro. Ancora non mi sembra vero, anche se l’idea del matrimonio mi ha accompagnata in questi ultimi anni – ne ho quasi venti, ormai! – e ho preparato un corredo che mio padre ha voluto ricchissimo, come si conviene per una de Sales, ha detto, con biancheria fine, camicie, mantili, salviette e lenzuola ricamate a reysella e a ponté dalle suore clarisse di Chambéry, poi vestiti di ermisino, di seta di Lione e della più fine sargia di Amiens. Tutte queste cose, ben ripiegate, sono adesso rinchiuse in robuste casse di noce, sul carro che ha perso la ruota. La neve cade fitta e improvvise raffiche rabbiose di vento, che scuotono anche la carrozza su cui mi trovo, l’ammucchiano contro ogni ostacolo. Vedo là fuori Filippo, non molto alto e un po’ massiccio, muoversi con fatica nella neve che gli arriva ai polpacci, gesticolare per incitare gli uomini a fare presto, poi tornare a stringersi freddolosamente nel mantello, attento ai numerosi cavalieri e alle carrozze che percorrono questa strada verso il colle del Moncenisio, dove anche noi siamo diretti. Solo a tratti odo delle voci: tutto è sovrastato dal tumulto delle acque dell’Arc che vorticano attorno ai grandi massi che ne ostacolano il corso e le sponde orlate di ghiaccio.
Sono fiera di aver sposato il marchese di Cavour, primogenito di una famiglia molto in vista, e desidero essere per lui una buona moglie, ma ne sono ancora intimidita, non riesco a sciogliere quel nodo di apprensione che mi stringe il petto. Forse, i vent’anni che ha più di me lo mostrano ai miei occhi come persona da temere e rispettare, e il suo sguardo, che pare continuamente concentrato su qualcosa che sa lui solo, non mi aiuta ad aprirmi alla confidenza che vorrei tra noi, e che il tempo, spero, mi insegnerà a costruire.
Non ero preparata a quell’intimità incredibile che fa la differenza tra una ragazza e una donna. E’ una cosa piccolissima e immensa, ho capito perché