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Una seconda occasione
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Una seconda occasione

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About this ebook

A volte, la vita offre una seconda occasione per amare, per essere felici: basta crederci e non avere paura, anche se non mancano mai gli ostacoli.
Greta, una giovane donna ventottenne, esce da un’esperienza dolorosa che continua a portarsi nel cuore, tuttavia non si lascia abbattere: lavora per non rinunciare alla casa dei suoi sogni, fa progetti professionali, per mettere a frutto la sua laurea in psicologia e, al contempo, la sua passione per i cavalli, ed aspetta la sua seconda occasione.
Anche Ian, un noto attore, ormai over 50, cerca una nuova possibilità, dopo la morte della moglie e una vita con pochi punti di riferimento, ma soprattutto vuole ricostruire il rapporto con Kevin, il figlio adolescente.
I rapporti umani, però, non sono mai facili, e la vita à piena di insidie.
Con stile leggero e piacevole, questo romanzo, ambientato in Maremma, affronta temi di grande rilievo, come il rapporto genitori-figli e tra persone di età diversa, il confronto tra diversi stili e visioni della vita e, in definitiva, il significato della parola “amore” nel senso più ampio e completo del termine.
LanguageItaliano
Release dateApr 17, 2012
ISBN9788866900566
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    Una seconda occasione - Sabrina Grementieri

    Sabrina Grementieri

    Una seconda occasione

    Sabrina Grementieri, Una seconda occasione

    © Sabrina Grementieri

    Collana Rosa & Erotico

    Tutti i diritti riservati

    Edizioni Esordienti E-Book

    Prima edizione Edizioni Esordienti E-Book – 2012

    ISBN: 978-88-6690-056-6

    Cover: © Can Stock Photo

    Il presente file può essere usato esclusivamente per finalità di carattere personale. Tutti i contenuti sono protetti dalla legge sul diritto d’autore. EEE-Book declina ogni responsabilità per ogni utilizzo del file non previsto dalla legge. I diritti di riproduzione e traduzione sono riservati. Nessuna parte di questo e-book può essere utilizzata, riprodotta o diffusa con qualsiasi mezzo senza autorizzazione scritta dell’Autore o dell’Editore.

    Uno

    La nebbia era soffice e densa, e l’avvolgeva in un abbraccio vellutato. Che strana sensazione: era piacevole lasciarsi cullare, ma c’era qualcosa che non tornava. La nebbia sembrava asciutta. All’improvviso quella che prima era una carezza candida divenne una morsa: sentiva male dappertutto, e più il dolore aumentava più la nebbia si diradava. Cosa stava succedendo? Il sogno stava per trasformarsi in un incubo. Eppure il dolore era sempre più reale, così come il pulsare martellante nella testa.

    Greta si stava spaventando.

    Ehi, va tutto bene sussurrò una voce alla sua sinistra. Lo sconosciuto posò una mano sulla sua, stretta a pugno.

    Ora la nebbia si era dissolta, e la realtà era una stanza d’ospedale, con le pareti azzurrine e l’odore tipico e fastidioso di disinfettanti e malattie.

    Puoi sentirmi? la voce dell’uomo seduto accanto al letto era carica d’ansia.

    Lei girò il capo verso quel suono e, nonostante il mal di testa, non riuscì a non pensare che quelli fossero gli occhi più azzurri che avesse mai visto.

    Cosa è successo? domandò con un filo di voce.

    Sei caduta da cavallo. Ricordi?

    La sua espressione confusa e smarrita diceva il contrario.

    Io sono Ian continuò. Siamo in ospedale. Ricordi il tuo nome?

    Greta... mormorò lei.

    Un sorriso comparve sul volto dell’uomo.

    Bene! esclamò. I dottori dicono che devi riposare e che ti riprenderai presto.

    Greta non era così ottimista. Aveva pronunciato il suo nome istintivamente, ma non ricordava altro. Come era caduta da cavallo? E perché stava cavalcando?

    Tentò di mettersi seduta, ma lo sforzo la fece ricadere esausta sui cuscini.

    Forse non dovresti muoverti. Vuoi che chiami un dottore? continuò l’uomo.

    Non riesco a ricordare… borbottò Greta.

    Mi sento un po’ responsabile provò ad aiutarla lui Io e mio figlio stavamo cercando di cacciare un cane randagio dal giardino, e all’improvviso sei comparsa tu sul cavallo ed il cane è finito tra le sue zampe...

    Sally…

    Chi è Sally?

    Frammenti di ricordi stavano prendendo forma. Sally era la sua cavalla preferita, nonché la più ombrosa della scuderia a causa di un incidente subìto in passato. Cavalcavano insieme quasi tutti i giorni, e spesso si spingevano attraverso la vasta pineta fino al mare. Come quella mattina. Sally conosceva la strada, e Greta si era lasciata andare alle proprie fantasticherie: la comparsa del cane aveva colto entrambe di sorpresa.

    Sally aveva scartato con violenza quando l’animale le era corso tra le zampe, e l’aveva disarcionata.

    Da quel momento tutto era confuso.

    Vuoi avvisare qualcuno che sei qui? le domandò ancora Ian. Parlava bene l’italiano, ma Greta intuì che fosse di nazionalità diversa. Le erre troppo arrotondate e le vocali aperte indicavano un’altra provenienza.

    Ci conosciamo? chiese più bruscamente di quanto volesse. Lo sforzo per ricordare la stava innervosendo.

    No, è da poco che stiamo alla tenuta.

    Devo avvisare Max… sussurrò Greta. I ricordi arrivavano improvvisi, come squarci di luce nella sua mente offuscata.

    Chi è Max? Il tuo ragazzo? Vuoi che lo chiami?

    Greta non riuscì a reprimere un sorriso. Max il suo ragazzo? Questa era bella. Max era il suo capo al maneggio… ecco, lei lavorava in un maneggio. E avrebbe dovuto essere lì ora! Accidenti, questa proprio non ci voleva. Non poteva permettersi di assentarsi dal lavoro.

    Vorrei parlare con un dottore.

    Certo replicò lui sollecito, quasi sollevato di potersi allontanare.

    Dopo pochi minuti arrivò un uomo con un impeccabile camice bianco, accompagnato da un’infermiera.

    Buongiorno! esordì con un gran sorriso. Sono il dottor Tomassi. Come si sente?

    Come se fossi finita sotto un camion rispose lei senza sorridere.

    Per fortuna non è così grave. Il sorriso del medico usciva dritto da una rivista patinata. Dalle lastre non si vede nulla di rotto, e quando è arrivata l’abbiamo sottoposta ad una Tac che risulta perfettamente a posto. Desideriamo tenerla ancora un po’ sotto osservazione per monitorare un piccolo ematoma proprio sopra la nuca, quindi può rilassarsi e riposare …

    Devo andare al lavoro tentò di protestare lei.

    Impossibile! esclamò lui perentorio. Fino a domani resterà qui in ospedale, e a casa dovrà rispettare un periodo di assoluto riposo.

    Greta gemette. E questa volta non per il dolore. Ora i ricordi erano tornati, e con loro anche i pensieri che la perseguitavano in continuazione giorno per giorno.

    Non poteva assentarsi troppo dal lavoro. Aveva bisogno di soldi, e i suoi datori di lavoro (Max al maneggio e Leo al ristorante dove lavorava quattro sere a settimana) non sarebbero stati troppo contenti di una lunga assenza per malattia.

    "Dov’è il mio cellulare? domandò.

    Qui nel cassetto ci sono i suoi effetti personali e i suoi documenti rispose l’infermiera.

    Bene, la lascio, deve riposare se vuole riprendersi alla svelta.

    Quando il dottore e l’infermiera furono usciti, subito la testa dello sconosciuto fece capolino dalla porta.

    Posso?

    rispose lei osservandolo con curiosità. Doveva avere una cinquantina d’anni, era così alto che faceva fatica a passare dalla porta ed i suoi occhi erano davvero strepitosi.

    Non l’aveva mai visto, e nemmeno le era giunta voce che vivesse con la famiglia nella tenuta detta l’Isola, davvero un posto isolato, immerso nelle pinete della Maremma toscana. Si diceva venisse affittato a Vip che volevano uscire di scena per un po’. Da tempo era disabitata, anche se un paio di giardinieri andavano regolarmente a mantenere il parco. Era davvero sorpresa che ora ci abitasse qualcuno.

    Mi dispiace di avere attraversato la tenuta, credevo fosse disabitata…

    Non c’è problema. A noi dispiace che ti sia fatta male.

    Quello straniero aveva modi gentili e raffinati, e sembrava davvero dispiaciuto per l’accaduto.

    Ti prego, dammi del tu e chiamami Ian continuò. Siamo felici che non ti sia successo nulla di grave.

    Grazie per avermi soccorsa disse Greta, pensando a tutti gli inconvenienti che l’incidente le avrebbe causato.

    Di niente. Ma vedo che sei stanca, magari ti rivediamo quando starai bene continuò l’uomo indietreggiando fino alla porta.

    Da dove venite? domandò Greta prima che uscisse.

    Lui si fermò, e Greta lo vide irrigidirsi. Forse si era spinta troppo oltre con la curiosità. Del resto alla tenuta fantasma non ci andava chi voleva nascondersi?

    Irlanda rispose Ian, conciso, mentre richiudeva la porta dietro di sé.

    Greta fissò la porta chiusa. Che figuraccia da ficcanaso. Non che le importasse l’opinione che poteva avere di lei un perfetto sconosciuto, ma quel Ian era stato così premuroso! Non era più abituata a tante attenzioni, e quello straniero misterioso l’intrigava. Accese il cellulare.

    Due

    Sei davvero sicura che non vuoi venire a stare da noi? le domandò per l’ennesima volta sua madre. Venti minuti dopo averla chiamata, la madre era già al suo capezzale e, miracolo dei miracoli, non aveva ancora pronunciato la fatidica frase ‘Te l’avevo detto!’.

    La signora Giulia non amava i cavalli, e non mancava mai di ricordare alla figlia che quello non poteva considerarsi un vero e proprio lavoro.

    Più di una volta Greta si era chiesta se sarebbe mai riuscita a strappare un sorriso di soddisfazione ed orgoglio materno alla madre. Finora non era successo.

    Guardandola affannarsi attorno al letto, Greta non poté fare a meno di ripensare al loro difficile rapporto. Vivere in casa con lei era stato un po’ come essere in caserma: regole e disciplina. Non ricordava alcuna manifestazione d’affetto: solo la voce incessante di sua madre e i silenzi del padre. Nonostante fosse considerata la pecora nera della famiglia, perché troppo anticonformista e refrattaria alle regole, in realtà non era sempre stato così. Da piccola era molto intimorita dai rimproveri della madre, e per evitare le burrasche tendeva ad essere docile e sottomessa. Ma con l’adolescenza il suo carattere si era imposto di prepotenza, tanto che a ventun anni se n’era andata di casa. All’inizio aveva convissuto con altre due amiche, facendo mille lavoretti e cercando di finire gli studi. Poi aveva conosciuto il Vigliacco, si era perdutamente innamorata ed era andata a vivere con lui. Grandissimo errore. Ma questa era un’altra storia.

    Mamma, davvero, posso stare a casa mia. Vorrei solo uscire di qui.

    Porta pazienza, con le botte in testa non si è mai sicuri rispose la madre. ‘Ottimista come sempre’ ironizzò Greta tra sé.

    Ti porterò qualcosa da cambiarti. Non vorrai restare con questo orribile camice da ospedale!

    Le chiavi di casa le ho in ufficio al maneggio, assieme al portafoglio.

    Allora mi fermerò tornando a casa. A meno che tu non abbia bisogno che rimanga.

    Greta avrebbe voluto qualcuno che le restasse accanto e la coccolasse un po’, ma non poteva certo aspettarsi questo da sua madre, e quindi era meglio lasciarla andare prima che iniziasse a pontificare.

    Grazie mamma, vai pure. Mi riposerò un po’.

    Allora ci vediamo dopo, ok? ed uscì, senza ulteriori gesti d’affetto.

    Greta pensò alla telefonata fatta a Max. Nonostante il suo carattere brusco e scontroso, era stato gentile con lei.

    Le aveva detto che si era ritrovato Sally al maneggio, agitata e con la bava alla bocca. Era partito subito da solo alla ricerca di Greta, perché conosceva il percorso, ma non era riuscito a trovarla. Stava per rivolgersi alla polizia quando lei l’aveva chiamato dall’ospedale.

    Vogliono costringermi a prendermi un periodo di riposo gli aveva detto lei. Ma cercherò di tornare prima possibile. Era maggio, e stava iniziando il boom della stagione turistica. Non poteva abbandonarlo proprio ora.

    Tranquilla, tanto preferisco che tu non cavalchi per un po’. Max non era mai stato tanto loquace in vita sua, e Greta era piacevolmente stupita.

    Domani dovrebbero mandarmi a casa replicò Greta. Ci sentiamo dopo il weekend, ok? Posso sempre aiutarti al maneggio.

    Ho messo il tuo scooter in garage. Fammi sapere se mandi qualcuno a prenderlo.

    Grazie Max. A presto.

    Rimettiti bene replicò lui, e riattaccò. Wow, Max premuroso era un vero fulmine a ciel sereno!

    Anche la telefonata a Leo fu più facile del previsto. Certo non si mostrò entusiasta di doverla sostituire in fretta e furia per il weekend, ma sapeva che Greta sarebbe tornata presto: oltre ad essere una dipendente coscienziosa, aveva troppo bisogno di soldi per rischiare di perdere il lavoro.

    Completate le telefonate e superata indenne la visita di sua madre, Greta si addormentò esausta.

    Tre

    Greta aprì gli occhi e impiegò qualche attimo a ricordare: nella stanza si stavano allungando le luci della sera. L’inconfondibile stile ospedaliero le fece tornare presto la memoria. Guardandosi attorno, vide i suoi genitori seduti nelle poltrone intenti a guardare la televisione.

    Ciao papà disse all’uomo vicino a lei.

    Ben svegliata! Come ti senti?

    Meglio, grazie.

    Cercò di mettersi seduta, ma un capogiro la fece fermare.

    Tutto bene? domandò il padre preoccupato.

    Non appena la stanza si sarà fermata te lo saprò dire.

    Con cautela si sedette sul letto, mentre sua madre si avvicinava col vassoio della cena: l’odore non era dei più invitanti, ma non avrebbe protestato per non scatenare discussioni inutili.

    Ma com’è successo? domandò allora il padre, al quale la moglie aveva fatto un racconto piuttosto confuso.

    Greta si attenne alla versione che aveva dato a tutti. Stava cavalcando nella pineta verso il mare quando all’improvviso era sbucato un cane che aveva spaventato Sally, disarcionandola. Non voleva parlare di Ian. Non senza il suo permesso, almeno quello si sentiva di doverglielo.

    Pazzesco borbottò suo padre. Forse sei troppo ottimista riguardo quel cavallo. Non sembra affatto affidabile.

    Papà, non è mai successo nulla di grave con lei. E poi è stata anche colpa mia...

    Max non dovrebbe fartela cavalcare la interruppe il padre.

    E infatti lui non vorrebbe, ma abbiamo fatto progressi da gigante dall’incidente, e visto che è sopravvissuta tanto vale permetterle un’esistenza il più serena possibile. Non potrei vederla rinchiusa tutto il giorno nel box.

    Il padre tacque, rassegnato alla cocciutaggine di sua figlia ed al suo amore per i cavalli.

    Finita la pastina che le avevano propinato per cena, la madre l’aiutò ad alzarsi e a cambiarsi. Era bello essere di nuovo in piedi, nonostante la spiacevole sensazione di trovarsi in balia delle onde.

    È ora di cena, non è necessario che restiate Greta si era rifugiata di nuovo sotto le lenzuola.

    Sicura che non vuoi un po’ di compagnia? domandò suo padre.

    No grazie. Voglio riposare il più possibile, così da rimettermi velocemente.

    La madre radunò le sue cose, rassettò un po’ il letto e le porse il telecomando della tv.

    Per qualsiasi cosa chiamaci, ok? insistette il padre.

    Greta gli sorrise. Era molto commovente vedere suo padre così premuroso.

    Grazie. A domani e li guardò uscire e chiudere la porta.

    Sapeva che non si sarebbe riaddormentata subito, soprattutto dopo aver dormito tutto il giorno.

    Prese dal comodino il libro che le avevano portato, ma prima di aprirlo i suoi pensieri corsero all’uomo misterioso che stava alla tenuta.

    Chissà chi era e perché era lì. Sembrava un uomo interessante: non bello, ma con un paio d’occhi cosi azzurri da sembrare dipinti, e i capelli da ragazzino che gli ricadevano sulla fronte. Le rughe attorno agli occhi erano marcate, e gli davano un’aria stanca e tesa.

    Chissà dov’era e quanti anni aveva il figlio. Lui parlava sempre al plurale, ma lei non lo ricordava. Magari era rimasto alla tenuta con la madre. Nessuno aveva accennato ad una donna di casa, ma ce n’è sempre una in tutte le storie, no?

    Le sarebbe davvero piaciuto saperne di più, ed era sicura che prima o poi la notizia della presenza di qualcuno alla tenuta sarebbe trapelata.

    Non doveva far altro che aspettare. Si sistemò meglio i cuscini dietro la testa e si immerse nella lettura del libro.

    Quattro

    Il lunedì mattina, a parte un leggero mal di testa, si sentiva decisamente meglio, dopo aver trascorso il fine settimana nella sua casetta. Il sabato, purtroppo, aveva dovuto sopportare la presenza della madre, che aveva continuato a recriminare sul suo doppio lavoro e su mille cose.

    Greta si era già rassegnata al fatto che non sarebbero mai riuscite ad essere d’accordo su qualcosa, ma a quanto pareva sua madre non aveva ceduto le armi. Inoltre le dava molto fastidio che la cara mammina non riconoscesse che tante delle sue difficoltà attuali gliele aveva causate quel bellimbusto del Vigliacco. Almeno la signora Giulia aveva smesso di nominarlo, perché il tono difensivo che usava nei confronti del ragazzo mandava in bestia sua figlia.

    Dalla mattina alla sera lui era scomparso dalla sua vita dopo che avevano avviato il mutuo per l’acquisto di quella che Greta credeva fosse la casa dei loro sogni: un piccolo rustico ristrutturato ai piedi delle colline, a pochi chilometri dalla pineta e dal mare.

    Era per quella casa che Greta faceva due lavori, e ne avrebbe fatti altri se avesse trovato il tempo!

    Doveva ammettere che si era sbagliata nei confronti di Valerio, il presunto amore della sua vita. Aveva creduto davvero che lui l’amasse e che volesse costruirsi un futuro con lei, ma non aveva capito fino in fondo la passione di lui per i viaggi e la fotografia. O forse non aveva voluto capire. E infatti, non appena gli avevano offerto il lavoro dei suoi sogni, fotoreporter freelance per una famosa rivista di attualità, aveva colto l’occasione al volo ed era partito.

    Greta si era sentita sperduta ed abbandonata. I primi tempi era talmente sotto shock che non riusciva a credere a quello che le era successo. Poi una mattina, quando la banca le aveva telefonato per avvisarla che la rata del mutuo non era stata pagata, la rabbia scattò: lui aveva chiuso il loro conto senza nemmeno avvisarla, portandosi via tutto quello che conteneva, guarda caso anche i risparmi di Greta.

    Da quel momento aveva smesso di piangere lacrime e si era rimboccata le maniche: nessuno le avrebbe portato via la casa. Se si era sbagliata sui desideri di lui, aveva le idee chiare sui suoi, ed uno di questi era vivere in quella casa meravigliosa.

    All’inizio si era fatta aiutare dai suoi genitori, i quali avevano inutilmente cercato di farle capire che una ragazza di ventisei anni poteva tranquillamente vivere in un appartamento meno dispendioso e godersi di più la vita. Ma Greta era cocciuta: a volte i dubbi e le paure di essere sommersa dai debiti la spaventavano tanto da toglierle il sonno, ma prima di rinunciare le avrebbe provate tutte.

    Oltre a ciò, Valerio aveva naturalmente influito sulla sua fiducia negli uomini. Negli ultimi due anni Greta non aveva avuto nessuna relazione seria, ed anche quelle occasionali erano terminate dopo appena due incontri.

    Anche questo sua madre non lo capiva, anzi infieriva accusandola di avere un caratteraccio che teneva lontano gli uomini.

    Fu il padre ad accompagnarla in auto al maneggio e, durante il tragitto, si trovò a parlargli dei suoi progetti, rendendosi piacevolmente conto che il genitore, ora, la ascoltava molto più che in passato.

    Quando scese dall’auto, vide Max che si avviava al suo fuoristrada, e si affrettò a raggiungerlo.

    Ciao Max lo salutò allegra.

    Ehi disse lui, che nel frattempo era già salito in macchina.

    Sono passata a prendere lo scooter e a vedere se avevi bisogno.

    Come ti senti? le domandò lui. Per Max non esistevano le parole superflue.

    Bene, davvero. Ho un controllo mercoledì, ma direi che posso già mettermi al lavoro se...

    Non avere fretta. Abbiamo ancora qualche giorno di calma. Vieni domani così mi aiuti in ufficio con le prenotazioni e le telefonate. Per ora non torni a cavalcare.

    Oh Max, ti prego, so come mi sento!

    Ci vediamo domattina. Le chiavi dello scooter sono nella scrivania.

    Sally sta bene?

    Sì, per questa settimana starà a riposo anche lei.

    Ma... le sue passeggiate?

    Max la guardò impaziente. Quella ragazza era testarda come un mulo. L’ammirava per questo, ma a volte avrebbe voluto imbrigliarla per obbligarla ad ascoltarlo.

    Vai a casa le disse sillabando le parole, poi accese il motore e partì sgommando.

    Greta sorrise tra sé. Nonostante il suo tono burbero, lei riusciva a riconoscere quando era davvero arrabbiato, e questa volta era certa che, dietro alle lenti scure dei suoi inseparabili occhiali, Max stesse sorridendo. A dispetto delle evidenti diversità, avevano molte cose in comune: testardaggine e bisogno di libertà prima di tutto. Inoltre Greta era sicura che Max, come lei, fosse un grande sognatore.

    Cinque

    Era passata una settimana dall’incidente, e Greta aveva ricominciato a pieno ritmo la sua vita di sempre. Il controllo in ospedale aveva dato risultati rassicuranti, dunque giovedì sera aveva ricominciato il lavoro al ristorante. Anche al maneggio era operativa, benché Max ancora non le avesse permesso di cavalcare. Forse però, pensò Greta quando il lunedì mattina si ripresentò al lavoro, avrebbe fatto molta meno fatica a cavalcare che a far fronte al lavoro che le aveva imposto Max: organizzare le escursioni (itinerari, provviste, tempi), i corsi di equitazione, gestire prenotazioni e disdette e soprattutto cercare sempre di capire che cosa le persone che si presentavano al maneggio desideravano ottenere da quell’esperienza.

    Si chiedeva come potesse Max, con i suoi modi sbrigativi ed impazienti, gestire quella parte del lavoro. Era estenuante!

    Buongiorno! lo salutò entrando nel loro piccolo ufficio dietro alle scuderie. Cosa c’è per me oggi?

    Quando Max alzò gli occhi a guardarla, a Greta mancò per un attimo il fiato. C’era qualcosa che non andava, glielo leggeva negli occhi- stranamente senza occhiali - e nella tensione del viso.

    Che succede Max? gli domandò, preoccupata.

    Max sapeva che quello che stava per dirle non le sarebbe affatto piaciuto, ma quello che lei aveva fatto nell’ultima settimana gli aveva aperto gli occhi su un mondo nuovo.

    Senti, a proposito del lavoro d’ufficio... Subito Greta sospirò sollevata, perché aveva temuto che qualcuno si fosse fatto male, ma poi un lampo di orrore le attraversò il cervello.

    Ti prego lo interruppe lei voglio tornare a cavalcare... Era spaventata all’idea che volesse lasciarla rinchiusa tra quelle quattro mura.

    Max sapeva che non poteva tenerla lontana dai cavalli troppo a lungo, ma il lavoro che aveva svolto in ufficio era stato ottimo, avevano già molte più iscrizioni del previsto, ed era stato costretto ad ammettere che il suo sorriso e la sua capacità di affascinare la gente erano molto più salutari al lavoro di quanto sarebbe mai stato capace di fare lui.

    Non voglio cambiare radicalmente le tue mansioni le disse cercando di riuscire conciliante ma sei molto più brava di me nel gestire i rapporti con la gente, e voglio che d’ora in avanti lo faccia tu. Ti aumenterò anche lo stipendio e...

    Non m’importa dei soldi! esclamò lei disperata. Quella era un’affermazione davvero forte detta da lei, e Max capì che avrebbe lottato con le unghie e coi denti per non essere costretta ad accettare l’incarico. Avrebbe dovuto usare l’unica carta che sapeva l’avrebbe messa con le spalle al muro. E si odiava per questo. Greta era una ragazza speciale, e lui si era davvero affezionato a lei.

    Potrebbe essere la strada giusta per avviare prima del previsto il tuo progetto le disse senza distogliere gli occhi dai suoi.

    Oh Max replicò lei con stizza non ricattarmi!

    Sarebbe stato più difficile del previsto, accidenti a lei.

    Greta sapeva che lui aveva ragione. Era l’unico che conosceva il suo progetto, anche perché solo lui poteva aiutarla ad avviarlo. Greta sognava di poter intraprendere l’attività di pet therapy con i suoi adorati cavalli. Aveva fatto studi e ricerche, e sapeva quante persone erano uscite da situazioni drammatiche grazie all’aiuto degli animali.

    Più gente fosse venuta al maneggio, prima avrebbe potuto organizzare e pubblicizzare la sua idea. Ci credeva così tanto che non vedeva l’ora di poter iniziare ad essere d’aiuto agli altri grazie alla sua passione.

    Ma stare seduta dietro ad una scrivania era un sacrificio che non aveva preso in considerazione.

    Potresti dedicarti alle scartoffie solo per mezza giornata... continuò lui.

    Sì, come no. Questa settimana sono andata a casa sempre dopo l’orario di chiusura tante erano le pratiche da sbrigare. Credi che potrei mollare tutto perché scocca mezzogiorno e posso finalmente dedicarmi agli animali? Sai che non sono fatta così!

    Questo lui lo sapeva benissimo. Ma aveva già deciso, e a costo di restare lì tutto il giorno avrebbero trovato una soluzione.

    "Questa settimana non fa testo. C’era una gran confusione in ufficio, hai dovuto sistemare tutto e capire come muoverti. Era tutto nuovo per te. Ma se ti lascio gestire tutto senza interferenze,

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