Storielle Morali
By Eric Gentili
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Storielle Morali - Eric Gentili
I
C’erano una volta due uomini, che avevano ognuno un sacco pieno di santini. Andarono, un giorno d’inverno, attraverso un bosco e si persero. Arrivò la notte e cominciò a nevicare: il freddo li attanagliava, congelando le loro membra, non permettendo loro di prendere la legna dagli alberi.
Non avendo combustibile, uno di questi uomini pensò di usare i suoi santini per accendere un fuoco; quando lo fece scandalizzò l’altro, che si allontanò e cominciò a rivolgere preghiere ai suoi.
Arrivò il mattino, che trovò il primo vivo e vegeto, rinvigorito dal fuoco, il quale, dopo essersi svegliato, trovò la strada per uscire dal bosco, mentre del secondo trovò solo dei resti congelati, poiché non solo la mancanza di fuoco aveva permesso al freddo di attanagliarlo sempre più, torturandolo dall’interno e dall’esterno, ma le bestie feroci non trovarono nulla che le spaventasse e le ostacolasse dal procurarsi cibo, che riscaldarono con la digestione.
II
Vi era un re che abitava in un castello di cristallo, eretto sopra una radura in cui però vi erano dei germogli di alberi, che venivano inevitabilmente schiacciati. Quando qualcuno di questi, naturalmente, incrinava il pavimento di cristallo, il re mandava i suoi agenti a distruggerli.
Un giorno il re decise, per desiderio sadico, di vedere i giovani alberi che, maturando, venivano oppressi dalla presenza del castello; però, con il piede, andò a toccare un punto reso debole dalla pressione degli alberi, creando una crepa nel pavimento.
Subito gli alberi ne approfittarono, allargando la crepa ed ergendosi nella loro fierezza, ed altri alberi fecero lo stesso. Il re chiamò i suoi agenti, che furono sbaragliati dalla forza con cui i giovani alberi si alzavano. Più gli alberi si ergevano, più crepe si creavano, finché il castello non cominciò a crollare su se stesso.Il re cercò di salvarsi ma fu travolto dai frammenti del suo castello, che lo trafissero a morte. In poco tempo anche gli ultimi alberi si alzarono, così il bosco rivoluzionario prese il posto del castello di cristallo oppressore.
III
Vi era un tempo una donna bellissima, amata da tutti e tutte; nessuno rimaneva impassibile di fronte alla sua bellezza. Siccome riceveva costantemente amore da tutti, in qualunque momento, non si sforzava di darlo lei stessa, ma si limitava a prenderlo. Si sposò per sfizio, ma continuava ad avere una corte sotto la porta, femmine e maschi, nessuna distinzione.
Passava il tempo, la bellezza della donna rimaneva, rimaneva l’amore del marito e l’infatuazione della folla, ma lei si sentiva annoiata, come se le mancasse qualcosa. Così sempre per sfizio, decise di volere un figlio. Vedeva altre coppie avere figli e sembravano felici: perché lei allora non avrebbe dovuto esserlo? Così fu deciso: un bambino sarebbe potuto essere un interessante passatempo e questo avrebbe riempito lo strano vuoto che le causava noia. Il marito fu d’accordo, ma tanto lei già lo sapeva. Nonostante gli innumerevoli tentativi, però, il bambino non veniva: i medici fecero ipotesi, una più plausibile dell’altra, ragion per cui non arrivavano a nulla di concreto e la donna era infastidita da questo ostacolo al suo nuovo passatempo.
Una sera, per distrarsi, fece una passeggiata, attraversando una foresta ed arrivando sulle rive di un lago all’interno di quest’ultima. Camminando sulla riva, udì distintamente e vicino un canto che sembrava quello di un uccello: si voltò e vide una civetta che stava sul ramo di un ulivo, vicino al quale vi era una