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L'eletta
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L'eletta

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About this ebook

Mentre a Cremona Sara vive la sua vita da adolescente tra amori non ricambiati, confidenze con le amiche del cuore, problemi scolastici, uscite con gli amici e sogni da realizzare, a Elphus primo, pianeta abitato dagli Elfi in un mondo parallelo al nostro, si sparge la voce che l'Eletto, cioè colui che possiede la capacità di proteggere la Barriera con la quale gli Elfi tengono lontani i terribili Emphis, sta per morire, e verrà rimpiazzato per la prima volta da una donna. Intanto nella scuola di Sara arriva un nuovo studente, il tenebroso e affascinante Luan, dal quale Sara viene irrimediabilmente attratta e che porta con sé un terribile segreto...
LanguageItaliano
Release dateFeb 18, 2014
ISBN9788867930685
L'eletta

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    L'eletta - Elena Ungini

    http://creoebook.blogspot.com

    Elena Ungini

    L'ELETTA

    romanzo

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    PROLOGO

    Ci fu un tempo in cui umani ed elfi vivevano in pace sulla Terra: lavoravano insieme, si sposavano tra loro, si accoppiavano e così diedero vita a una razza ibrida con sembianze umane. Tutto ciò andò avanti per centinaia di anni, fino a che gli uomini non cominciarono a considerare gli elfi una razza inferiore. Poco a poco li confinarono a vivere nelle foreste. Poi iniziarono a dar loro la caccia per sterminarli. Fu a questo punto che gli elfi decisero che era il momento di lasciare la Terra per trovare un luogo più adatto per vivere.

    Trovarono un altro pianeta, in un’altra dimensione, che chiamarono Elphus Primo.

    Purtroppo scoprirono troppo tardi che il nuovo pianeta era abitato da terribili animali, nascosti nelle viscere della terra: draghi velenosi, serpenti sputafuoco, grifoni assassini, tutti al servizio di una razza di esseri dalle sembianze umane, ma dotati di straordinari poteri e terribilmente spietati: gli Emphis. Il loro capo scatenò contro gli elfi tutte le bestie più feroci che possedeva, costringendoli a una folle battaglia per la sopravvivenza.

    Solo dopo decine e decine di anni di guerra, e con l’aiuto di altre creature magiche venute in loro soccorso, gli elfi riuscirono finalmente a sconfiggere i loro nemici e a confinare gli esseri mostruosi al di là di una barriera di fuoco, situata in una profonda e oscura caverna. Elphus Primo fu diviso a metà: la metà luminosa e ospitale per gli elfi, quella più cupa e inospitale per gli Emphis.

    Solo alcuni ibridi elfo-umani erano rimasti sulla Terra. Da loro, e solo da loro, sarebbero nati gli Eletti.

    CAPITOLO 1

    Settembre 1994

    Elphus Primo – Zona Emphis

    Vieni avanti, tuonò la voce, rimbombando fra le alte colonne, nere come la pece, che sorreggevano l’altissimo soffitto a volta dal quale pendevano enormi uccelli simili a pipistrelli semi addormentati. Altri svolazzavano intorno, in silenzio.

    L’enorme portone si aprì del tutto e una figura nera e incappucciata scivolò dentro, chiudendo all’esterno i lampi, i tuoni e il vento di quella giornata da lupi. La figura, gocciolante acqua, camminò fra bracieri ardenti, posti ai lati di un lungo corridoio in marmo. I suoi passi rimbombavano agghiaccianti nel silenzio, rotto a tratti dal crepitio delle fiamme. Giunse di fronte a colui che aveva parlato e si inginocchiò al suo cospetto.

    Mio signore! Porto notizie del Fiore!. La voce suonava giovanile, ma dura come l’acciaio.

    Parla! Ha iniziato a fiorire, non è vero?.

    Sì, mio signore.

    Ciò significa che il nuovo Eletto è nato, da qualche parte del mondo.

    È un’Eletta, signore.

    Un’Eletta… Una ragazzina destinata a divenire la nostra nemica numero uno. Dobbiamo impedirlo. Rimarrai nella congrega dei Custodi del Fiore fino a che non avrai il prossimo indizio. Se l’Eletto in carica non muore prima ci vorranno sedici anni, ma non dobbiamo dare nell’occhio. Ti comporterai come tutti gli altri adepti, occupandoti del Fiore. Non appena saremo in possesso del prossimo indizio inizieremo a cercarla. Dobbiamo battere i Difensori sul tempo. Non la devono trovare. Ora vai.

    Sì, mio Signore.

    La figura si alzò e si voltò, guadagnando in fretta l’uscita. Quando il portone si richiuse dietro il suo lungo mantello, Dalgos discese dal trono, camminò lungo il corridoio e raggiunse la stanza attigua dell’immenso castello: un salotto con un enorme braciere acceso, dove bruciava una strana sostanza oleosa e scura. Prese posto su una poltrona e chiamò la servitù utilizzando un piccolo gong.

    Una cameriera si affrettò a raggiungerlo, fece un piccolo inchino, poi si rivolse all’uomo:

    Cosa desidera, mio Signore?.

    Fai preparare la carrozza.

    Subito, Signore.

    Dalgos si versò del liquore in un piccolo bicchiere e lo sorseggiò con estrema lentezza. Poi si alzò e raggiunse la serra, una stanza del castello con enormi finestre, da cui però non entrava molta luce: di fuori il cielo era plumbeo e scuro, illuminato a tratti solo dai lampi del temporale. Per questo la serra era illuminata anche con enormi lampade, che bruciavano lo stesso liquido scuro che alimentava i bracieri e scaldava l’intero castello. La stanza riscaldata ospitava centinaia di stupende orchidee, di ogni forma e colore. Dalgos le passò in rassegna, carezzandole, parlando con loro. Erano la sua unica passione.

    Posso disturbarla, Signore?, chiese un uomo vestito da cocchiere appena entrato nella serra.

    Ti ho mandato a chiamare. La carrozza è pronta?.

    Sì, mio Signore. Posso conoscere la sua destinazione?.

    Desidero recarmi all’orfanotrofio. Ho vissuto troppo da solo, finora….

    Come desidera, Signore.

    Lo accompagnò fuori dal castello, sotto l’enorme porticato dove stava la carrozza, appoggiata sulle spalle di un piccolo drago.

    Prego, Signore, disse il servitore aprendo la portiera della carrozza.

    Dalgos prese posto nel vano passeggeri, mentre il cocchiere si sedeva a cassetta e spronava il drago a uscire sotto la pioggia per poi alzarsi in volo.

    CAPITOLO 2

    13 Settembre 2010

    Pianeta Terra – Cremona – Italia

    Sara scese insieme alla sua amica dall’autobus, che a Cremona si ostinavano ancora a chiamare radiale, e percorsero insieme il tratto di strada che le divideva dall’attraversamento pedonale.

    Guarda, eccolo là, disse Sara, arrossendo tutta. I suoi occhi avevano inquadrato un ragazzo moro, molto carino, con un paio di jeans e una maglietta bianca, che stava parlando con alcuni compagni dall’altra parte della strada.

    Di’ la verità, non vedevi l’ora di rincontrarlo.

    Già. Quest’estate lo avrò incrociato al massimo un paio di volte per la strada!.

    Forza, non viene nessuno, attraversiamo!.

    Proprio nell’istante in cui le due ragazze stavano scendendo in strada una macchina sopraggiunse da una via laterale a una velocità folle.

    Attenta, Vale!, urlò Sara afferrando l’amica per un braccio e tirandola indietro. La macchina le schivò e continuò la sua corsa, senza neppure sincerarsi delle loro condizioni.

    Trecento metri più avanti si fermò, rischiando di investire altri studenti: ne scese una ragazza bionda, alta, con tacchi a spillo e un abito all’ultimo grido. Qualcuno dall’interno della macchina la salutò e ripartì.

    Mi piacerebbe proprio sapere chi è questa Miss ‘ti metto sotto senza problemi’!, esclamò Sara.

    Anche a me! Oh! Dammi un pizzicotto, Sara! È troppo bello per essere vero!. Valentina aveva spostato lo sguardo dalla bionda stereotipata a un ragazzo dai capelli chiari, piuttosto lunghi e leggermente mossi, che sostava proprio davanti a loro, a pochi metri di distanza.

    Di chi stai parlando?.

    Di quel figo che abbiamo davanti, ovvio!.

    Sara lo osservò di sbieco per alcuni istanti ed ebbe subito una sensazione di disagio, come di disgusto.

    Non mi sembra un gran che.

    Non ti sembra un gran che? No, dico! Lo hai guardato bene?.

    In effetti Sara lo guardò meglio: il volto pallido, i lineamenti perfetti, i tratti marcati, ma non troppo, gli occhi di ghiaccio, i capelli biondi ben tenuti, nonostante l’aspetto un po' sciatto; gli addominali possenti e squadrati, le spalle larghe, i muscoli delle braccia ben sviluppati. Era difficile non lasciarsi incantare da un tipo del genere: tutte le ragazze lo stavano guardando con interesse. Tutte, tranne lei. Vale se ne accorse, al che le sibilò:

    Okay, tu guardati pure il tuo Kevin, io preferisco questo. E se a te non interessa....

    Serviti pure.

    Nel frattempo erano arrivate di fronte alla loro scuola, l’istituto magistrale di Via Palestro, in cui frequentavano la terza classe.

    Guarda! Sta entrando proprio qui!, esclamò a mezza voce Valentina, mentre il ragazzo dai capelli biondi le passava accanto senza degnarla di uno sguardo.

    Sara non le diede retta: era intenta a guardare ancora Kevin, che le stava passando vicino.

    Ciao, Kevin, lo salutò.

    Ciao, Sara, rispose lui, addentrandosi nel cortile della scuola.

    Le due ragazze raggiunsero la loro classe, la 3a E.

    Oh, mer.... Nell’entrare Sara trattenne l’imprecazione, poi si rivolse a Valentina.

    Guarda chi c’è!.

    Di chi stai parlando?.

    Di Miss ‘Il diavolo veste Prada’.

    Vale alzò gli occhi e incontrò lo sguardo della ragazza che poco prima era scesa dalla macchina che aveva rischiato di investirle.

    Non mi dirai che ce l’abbiamo in classe?!, commentò a mezza voce.

    Temo proprio di sì.

    In quel momento la ragazza si stava giusto sedendo in uno dei banchi vuoti.

    A quanto pare abbiamo una nuova compagna!, brontolò Sara.

    Anche un nuovo compagno, se è per questo!, esclamò entusiasta Vale voltandosi verso la porta, da dove era appena entrato il misterioso ragazzo biondo che l’aveva tanto colpita.

    Prevedo guai, disse semplicemente Sara.

    Sempre pessimista, tu!.

    L’ingresso della prof mise fine alla loro conversazione. La signorina Amelia Bianchi, la vetusta insegnante di italiano che le ragazze avevano già conosciuto gli anni precedenti, si accinse a fare l’appello. Fu così che Sara e Valentina scoprirono che la nuova compagna si chiamava Valeria Motta e il giovane biondo, invece, aveva un nome stranissimo: Luan Bond.

    Non dev’essere italiano, ha un nome troppo strano, commentò Sara mentre tornavano a casa con la radiale.

    Sì, lo penso anch’io. Certo che è proprio affascinante!.

    Affascinante e pericoloso.

    Che intendi dire?.

    Non lo so. Non mi piace. Ha uno sguardo inquietante. La sua presenza mi dà i brividi.

    Secondo me hai guardato troppi horror quest’estate!.

    Non sto scherzando, Vale: c’è qualcosa che mi spaventa in lui. Me lo sento. Sai che non mi sbaglio mai riguardo alle persone e alla prima impressione che mi fanno quando le conosco. Ricordi la professoressa Landi? Tu eri talmente entusiasta di lei, mentre io l’ho trovata subito odiosa. Chi di noi due aveva ragione, poi?.

    Sì, lo so, avevi ragione tu! Era proprio odiosa!.

    E la Franchi, invece? Tu l’avevi trovata subito antipatica, ma io ti suggerii di aspettare: con il tempo si è rivelata la migliore insegnante che abbiamo avuto finora.

    Su una cosa, però, ci troviamo sicuramente d’accordo: Valeria non sarà mai nostra amica!.

    Non credo che le dispiaccia! Ha già fatto amicizia con Carla e Anna, le due più ‘in’ della classe.

    Lasciale fare. Non ci perdiamo niente a non essere della partita!.

    La mattina seguente, quando entrarono in classe, Vale e Sara trovarono una lettera sul banco: ce ne era una per ogni studente della classe 3a E.

    Profuma di rose, constatò Vale aprendo la busta.

    «Sei invitata alla festa per il mio compleanno il giorno 25 settembre, in Corso Garibaldi al numero 315. Farò le cose in grande. Ti aspetto. Valery».

    Chi cavolo è questa Valery?.

    Come, non lo immagini?. Sara ammiccò alla bionda sui tacchi che stava chiacchierando con altre due compagne.

    Miss ‘ce l’ho solo io’?.

    Proprio lei. Evidentemente dagli amici si fa chiamare Valery.

    Bè, potrebbe essere divertente.

    Non ho nessuna intenzione di andarci.

    Nemmeno se Kevin ti invitasse ad andarci con lui?.

    Speranza vana.

    Io invece non so cosa darei per andarci con Luan!, commentò Vale osservando il ragazzo biondo, che in quel momento stava aprendo la lettera.

    Perché non glielo chiedi?.

    Andiamo! Non è così che funziona! Dev’essere lui a chiedermelo. Ma posso sempre dargli una mano!.

    Che hai intenzione di fare?.

    Non so. Forse posso farmi notare un po’!.

    Stai attenta, Vale. Non mi piace per niente quel tipo!.

    In realtà non era proprio vero quello che Sara aveva appena affermato: trovava Luan molto affascinante, anche se non lo avrebbe mai ammesso con Vale, e ogni volta che lo guardava sentiva i battiti del cuore accelerare improvvisamente. Per questo cercava di fissarlo il meno possibile. Non riusciva a spiegarsi perché si sentisse fortemente attratta da quel ragazzo misterioso ma, al contempo, ne aveva paura, come se percepisse intorno a lui un presagio malevolo, un’aura negativa.

    Durante l’intervallo Valentina partì all’attacco, decisa a non lasciarsi sfuggire l’occasione di conoscere il nuovo venuto.

    Ciao, lo salutò un po’ imbarazzata.

    Luan alzò gli occhi verso di lei e la fissò, sorpreso, ma non rispose al saluto.

    Io mi chiamo Valentina, ma puoi chiamarmi Vale.

    Di nuovo il ragazzo non rispose.

    Ho pensato che, visto che sei nuovo, probabilmente non conosci nessuno e così....

    Gli mise in mano un biglietto con scritto qualcosa, poi, arrossendo, spiegò:

    È il mio numero di telefono. Sai, se dovesse servirti per i compiti.

    Il ragazzo lo mise in tasca senza dire una parola. Vale fece per andarsene, un po’ indispettita, ma lui la prese all’improvviso per un braccio e la trattenne:

    Tu conosci tutte, qui?.

    Sì, più o meno.

    Conosci anche Laura Biondi?.

    Sì. Eravamo in classe insieme lo scorso anno.

    Dov’è ora?.

    Ancora in 2a E. L’anno scorso l’hanno bocciata!.

    Bocciata?. Luan ripeté quella parola come se non ne conoscesse il significato.

    Sì. Non è stata promossa e ha dovuto rifare l’anno, spiegò Vale, ricordandosi che forse il ragazzo non era italiano e, probabilmente, non capiva tutto alla perfezione.

    Luan annuì, pensoso.

    Perché ti interessa Laura?.

    Devo parlarle, rispose evasivo lui, rigirando l’invito della festa di Valery fra le mani.

    Ci andrai?, chiese speranzosa Vale.

    Luan fissò l’invito, poi rispose laconico:

    Può darsi. Quindi tornò a sedersi al suo posto, mettendo così fine alla conversazione.

    Il giorno successivo, durante l’intervallo, Valentina vide Luan chiacchierare amabilmente con Laura.

    A quanto pare l’ha trovata!.

    Di chi stai parlando?, chiese Sara addentando una patatina, che scrocchiò rumorosamente.

    Di Laura Biondi. Ieri mi aveva detto che doveva parlarle.

    Più che parlare mi sembra che stia flirtando alla grande!, commentò Sara.

    Già. Sembra anche a me. Valentina era piuttosto delusa e Sara ne intuì la ragione.

    Credi che andrà con lei alla festa?.

    È molto probabile.

    Non te la prendere, Vale... In fin dei conti non credo che ci perderemo gran che non andando alla festa. E più lontano stiamo da Luan, meglio è.

    Vale sospirò e seguì l’amica al distributore automatico di merendine, dove si consolò con una doppia razione di latte al cioccolato e noccioline americane ricoperte.

    Poi ti lamenti che ingrassi!, esclamò Sara ridendo.

    Sarà, ma non c’è niente di meglio del cioccolato quando sei giù di morale per qualcosa!.

    Che hai intenzione di fare, allora, riguardo alla festa?.

    Ho sempre intenzione di andarci! È tutta l’estate che sono chiusa in casa la sera: i miei non mi hanno mai lasciato uscire. Non ti va proprio di venire con me?.

    Vedrò quello che posso fare, ma non ti assicuro niente: non so cosa ne pensano i miei e poi... Bè, non ho una gran voglia di andarci!.

    CAPITOLO 3

    23 Settembre 2010

    Elphus Primo – Zona Elfi

    Crisp saltò giù dal letto molto presto, quel mattino, ansioso com’era di affrontare il nuovo anno scolastico.

    Si pettinò e si passò un po’ di crema sulle lunghe orecchie a punta. Orecchie elfiche, naturalmente. Poi si precipitò in cucina, dove un fragrante profumo di biscotti appena sfornati raggiunse le sue narici. Il suo stomaco brontolò rumorosamente.

    Hai trangugiato un orso questa notte, tesoro?, scherzò una giovane elfa bionda, appoggiando sul tavolo una teglia di biscottini alle mandorle.

    Credo proprio di sì, mamma. Ho una fame!.

    Allora coraggio: dacci dentro coi biscotti e fai un bel pieno di energia per la scuola.

    Crisp immerse a ripetizione i biscotti nel latte e miele, addentandoli con avidità.

    Sembra una settimana che non mangi!, scherzò suo padre entrando in cucina.

    È la tensione nervosa, credo!, bofonchiò lui con la bocca piena.

    Spero solo di non aver dimenticato niente, sospirò la madre per l’ennesima volta.

    Clais, è la venticinquesima volta che rifai l’inventario di quella valigia! Non preoccuparti: se ti sei davvero dimenticata qualcosa glielo spediremo!, la tranquillizzò il marito.

    Non voglio che il mio unico figlio arrivi a scuola e si ritrovi senza i quaderni, o senza palla di vetro, insomma, Obo! Voglio essere sicura di aver preparato tutto! Allora, vediamo: inchiostro di china, succo di felci, polvere di ali di pipistrello, estratto di violetta..., e la lista continuò per un bel pezzo.

    E naturalmente le divise scolastiche, i calzini, le scarpe e un po’ di biscotti fatti in casa. Penso che ci sia proprio tutto, concluse infine Clais.

    Sono le otto, Clais. Sarà meglio che ci sbrighiamo, disse Obo chiudendo la valigia e dando un buffetto sulla guancia a suo figlio.

    Vado a vestirmi. Crisp si alzò e scivolò velocemente in bagno, dove si lavò per bene i denti e si vestì.

    Sono un po’ preoccupata: ultimamente Crisp sta crescendo molto e molto in fretta. È così impulsivo!.

    Qualcosa avrà pur ripreso da mio padre! Ma vedrai, andrà tutto bene, la rassicurò lui.

    Crisp comparve sulla porta, allegro e sorridente.

    Vogliamo andare?, chiese.

    Forza!. Obo prese la valigia e tutti insieme si riunirono intorno a un piccolo piedistallo, al centro della stanza. Sopra il piedistallo troneggiava una sfera di marmo colorato. Appoggiarono le loro mani sulla sfera e Obo disse:

    Luogoritrovo di Ausentin, e un attimo dopo furono trasportati dolcemente verso il luogo richiesto.

    Sul posto erano già arrivate numerose coppie con i loro figli: alcune madri piangevano, altre baciavano i loro figlioli. I padri si limitavano ad abbracciarli o dare loro le ultime raccomandazioni.

    Crisp notò subito, in lontananza, una sagoma conosciuta: un elfo piuttosto tarchiato, con capelli ricci e scuri, piuttosto insoliti per uno della sua razza. Stava addentando una focaccia enorme, così Crisp immaginò che si stesse riempiendo la faccia di zucchero, come al solito.

    Tudor!, urlò correndo verso l’amico.

    I due si abbracciarono, felici e noncuranti dello zucchero, che sporcò anche i vestiti di Crisp. Per tutta l’estate non si erano visti, per questo Crisp era ansioso di passare un po’ di tempo

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