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Dal nero al bianco
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Dal nero al bianco

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About this ebook

La vita del brillante ingegnere meccanico Nadia Prando è, apparentemente, prevedibile e appagante, costellata di discreti successi professionali, amicizie di lunga data e flirt occasionali.
Basta però l'arrivo di un paio di e-mail misteriose a far crollare la barriera difensiva che la ragazza ha eretto nel corso degli anni. Il mittente è infatti Andrea, il grande amore di parecchi anni prima, che Nadia aveva allontanato da sé per paura di mettersi in gioco.
A quanto pare il ragazzo le sta mandando indizi strampalati, che lei non riesce a capire, ma che ritrova, del tutto fortuitamente, nel corso di un soggiorno a Londra. Tante coincidenze illogiche e inaspettate mettono in crisi la giovane troppo razionale, e la costringono a rivivere il passato; non solo il proprio, ma quello di altre Nadia prima di lei, che hanno dovuto scontrarsi con le avversità del destino e, soprattutto, con le debolezze dell’animo umano.
Una sorta di caccia al tesoro a mosaico riporta inizialmente la ragazza nell'Europa infiammata dalla Prima Guerra Mondiale, dove un'altezzosa e indipendente Nadezhda parte da Pietrogrado alla ricerca del padre, approda in Inghilterra e qui si innamora del giovane Andrea Visconti, con il quale farà un nefasto rientro in patria.
Successivamente, gli indizi conducono ancora più indietro nel tempo, nella Valacchia del 1300, dove una giovanissima e ingenua Nadia, moglie di un vecchio nobile, aiuta il figlio illegittimo di Bernabò Visconti nella risoluzione di un enigma che potrebbe fargli guadagnare il riconoscimento del padre, legandosi a lui indissolubilmente.
È chiaro che sulla coppia Nadia-Andrea grava un’antica maledizione. Però, dopo duemila anni, i nostri involontari eroi contemporanei hanno finalmente la possibilità di mettere da parte ambizione ed egoismo per lasciar trionfare l'amore. Forse non è nemmeno tanto difficile...
Dal nero al bianco è il primo romanzo di Nadia Dovano, talentuoso acquisto della scuderia EEE-book, la cui penna riesce a emozionarci con uno scritto che sa di epica, ricreato tra mito, realtà e fantasia. Con padronanza di stile, ritmo e ironia, semplicità e immediatezza, la Dovano ci introduce in un mondo antico e moderno, sentimentale e avventuroso, facendoci vivere le gesta e le emozioni di un fitto gruppo di personaggi densi e avvolgenti. Edito nel 2012, anno che verrà ricordato per la crisi sociale e per il vuoto di valori, questa favola eroica mantiene la sua promessa di dilettare i lettori, regalando quell'ideale di leggerezza e bellezza che la realtà contemporanea va negando. Imperdibile.(Recensione di Annalisa Trentin)
LanguageItaliano
Release dateOct 19, 2012
ISBN9788866900931
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    Book preview

    Dal nero al bianco - Nadia Dovano

    Paesi.

    Prefazione

    Un giorno, aprendo la posta elettronica, ho trovato una mail molto strana. L’avrei cestinata come spam, ma il mittente era il mio amico Arturo, compagno del liceo e del Politecnico.

    Poiché non lo vedevo da parecchi mesi, il mio primo pensiero è stato che nel frattempo fosse successo qualcosa di brutto alla sua salute mentale.

    Poi ho riletto la mail, ho aperto l’allegato, mi sono sforzata di far lavorare i miei pochi neuroni… e ho capito.

    I protagonisti di questo romanzo, Nadia e Andrea, così come i loro amici, sono personaggi di fantasia, e per tutto ciò che li riguarda strettamente vale la famosa frase: ogni riferimento a fatti e persone è da ritenersi puramente casuale.

    Per ragioni narrative, le loro vicende sono state inserite in contesti storici particolari. All’interno dei più noti avvenimenti ampiamente documentati (la presa di Gallipoli, la prima guerra mondiale), mi sono presa la libertà di tessere vicende di fantasia, attribuendo comportamenti e intenzioni da me inventati ai personaggi più o meno grandi del passato. Non me ne vogliano i puristi della storia.

    Ma, del resto, chi può dire quanti e quali fatti i libri di testo non ci raccontino…

    Torino, 5 maggio 2010

    E questo che diavolo è? si chiese Nadeschka. Troppo delirante per essere una mail ordinaria, troppo particolare per essere spam. E poi ultimamente il filtro anti spam della sua azienda funzionava a meraviglia, non era più arrivato un messaggio indesiderato da mesi.

    Tornò a rileggere il testo Hi Nadeschka... you have l’intellighenzia of polish females studying letters in Delft und the grace of a Basket champion of Achen. Un’accozzaglia di lingue e concetti strampalati, evidentemente, ma non poté fare a meno di meravigliarsi per l’accostamento fra Aachen, cioè Aquisgrana, la città dove aveva fatto il progetto ERASMUS qualche anno prima, e il giocatore di basket, che altri non poteva essere che Massimo, il suo fidanzato storico del liceo.

    Meccanicamente diede uno sguardo allo colonna Mittente: Andreja.

    Non è possibile! esclamò con così tanta veemenza da far voltare i colleghi. Che fosse proprio il suo Andreja? Ma come aveva avuto il suo indirizzo e-mail del lavoro? Lei aveva ottenuto quel posto solo un paio d’anni prima, invece lui era sparito dalla sua vita da otto, e non avevano amici comuni.

    Andreja, mio Andreja, sei proprio tu? Dove sei? Cosa fai? Era tanto che non pensava più a lui. Per sopravvivere, se l’era imposto con ferrea autodisciplina, e alla lunga c’era riuscita, perché, ogni volta che l’immagine del ragazzo riaffiorava, sentiva un vuoto così grande da iniziare a tremare. Come in quel momento.

    Si erano conosciuti in prima media, lui ancora bambino, lei già molto più matura, e più alta di lui di una spanna. Andrea si era preso una brutta cotta adolescenziale, Nadia gli aveva risposto che avrebbero fatto l’articolo il. Lui se n’era fatto una ragione ed erano diventati amici; si trovavano spesso a studiare e lei andava a vedere le sue partite di calcio.

    Andrea aveva una sorellina di tre anni che gli storpiava il nome, quindi per Nadia lui era diventato Andreja, che faceva pari con Nadeschka, soprannome che lui a sua volta le aveva affibbiato dopo che era stata una settimana a Mosca e San Pietroburgo con i genitori, utilizzando, in realtà, una grafia russa errata.

    Dopo le medie si erano persi di vista: lei si era iscritta al liceo scientifico, lui all’istituto tecnico, ma il destino li aveva fatti incontrare nuovamente al primo anno di ingegneria. Si erano abbracciati, in un misto di nostalgia e attrazione; inizialmente era stata la nostalgia ad avere la meglio, e in nome della vecchia amicizia avevano ripreso a studiare insieme. E poi… E poi non voglio pensarci, non posso pensarci!

    Nadeschka raddrizzò la schiena e si impose di respirare regolarmente, per scacciare la tensione che il pensiero di Andrea ogni volta le procurava. Tornò a rivolgere l’attenzione alla mail.

    Quindi, ammesso che fosse lui il mittente, poteva sapere di Massimo, ma non del progetto ERASMUS. Come diavolo aveva fatto ad avere improvvisamente tutte quelle informazioni su di lei?

    Il file conteneva un allegato, Katyn.ppt, e lei decise di aprirlo, in barba a tutte le avvertenze sulla sicurezza informatica. Guardò sempre più stupita l’unica slide, un’altra accozzaglia, questa volta di fotografie.

    Piazza Vittorio Veneto di Torino; ok, questa è facile. Però chissà se l’angelo e la Madonna di spalle significano qualcosa di particolare? cominciò a meditare. Quell’altra immagine incastonata sembra un tempio induista.

    Nella parte bassa della pagina c’era una tipica immagine da film; a lei ricordava le atmosfere delle pellicole di spionaggio, ma era sfocata e dilatata, quindi non riuscì a farsi un’idea più precisa.

    Sulla mano e sulla testa della Madonna c’erano rispettivamente un fiocco di neve e un viso maschile, ma erano troppo piccoli per distinguere i dettagli, così Nadeschka ingrandì l’immagine.

    Nel passaggio alle dimensioni maggiori, per una frazione di secondo, comparvero altre fotografie e un testo strano. A cosa stiamo giocando? Alle matrioske?

    Dopo una breve occhiata al volto d’uomo, che aveva l’aria di essere un giovane Lenin, tornò alla visualizzazione a tutta pagina, e cominciò a cancellare le immagini in primo piano per vedere cosa c’era sotto. Comparvero tre tipi di fiori: un tulipano viola, un piccolo narciso giallo seminascosto dal verde delle foglie, e un biancospino. Andreja amante dei fiori? Questa mi giunge nuova! Purtroppo nemmeno lei era una grande conoscitrice del linguaggio floreale, e, anche se era sicura che sotto la scelta di quei particolari esemplari ci fosse una ragione precisa, non aveva gli strumenti per comprenderla.

    Buttò via anche quelle immagini per accedere al mosaico di fotografie che si celava sotto. Due bellissimi cigni, uno bianco e un nero, che intersecavano i colli aggraziati nell’acqua tranquilla di uno stagno. Un manifesto stile anni ‘40, con una bionda sull’attenti e un testo in inglese inneggiante alla censura di stampa. Un’aspirante velina a cui veniva immersa le testa in una ciotola d’acqua. Il simbolo della radioattività. Un bambino nordafricano o mediorientale con una gamba insanguinata in braccio a un uomo, e una donna il con il classico velo islamico. Infine Ilaria Alpi con il suo cameraman, di cui in quel momento le sfuggiva il nome, e in alto ripetuto il testo della mail, Hi Nadeschka eccetera eccetera.

    Non so chi tu sia e cosa voglia da me, ma Ilaria Alpi non è il modello a cui mi ispiro. Non ci tengo a diventare un’eroina e una targa commemorativa! pensò richiudendo il file con un leggero brivido.

    Nel frattempo però Andreja le aveva mandato un altro messaggio, o meglio, solo l’oggetto della mail:

    Qui stiamo cominciando a vaneggiare pensò. E comunque Nadeschka è un soprannome, io mica lo so il russo!

    Però, nonostante quei messaggi fossero così strampalati, ormai lei era intrigata, c’era poco da fare. Il lavoro avrebbe dovuto attendere. Rilesse il testo cirillico e provò a traslitterare con le poche conoscenze che aveva Amor vincit omnia. Il che la riportava a una cassetta dei Deep Purple che le aveva fatto Massimo. Non si ricordava bene, era solo un flash, ma c’era quella scritta latina, anche se il titolo inglese doveva essere qualcosa tipo Love Conquers All. Non può trattarsi di un altro riferimento incrociato si disse.

    Non può, infatti stabilì poco dopo. C’è scritto: Amor vincit Ohmniet. Ohmniet? Latino non è di sicuro! Ohm è l’unità di misura della resistenza elettrica, cosa c’entra con l’amore? A meno che non sia un mix di piemontese e russo e si riferisca al fatto che la mia vita sentimentale sia tristemente vuota concluse con una smorfia pensosa. Non c’era proprio bisogno che mi facessi ricordare le mie disgrazie, Andrea. O vuoi semplicemente dirmi che non si può resistere all’amore? Vuoi tornare alla carica?

    La cosa non sarebbe stata troppo male. Fra l’altro, lei moriva dalla curiosità di sapere che aspetto avesse il ragazzo dopo tutto quel tempo. Se già a vent’anni era stato molto promettente, così sportivo e muscoloso, a ventotto, con il fascino della maturità e dell’esperienza, doveva essere assolutamente irresistibile.

    Nadia! le urlò il collega per la terza volta.

    Cosa? chiese lei, riemergendo a fatica nel mondo reale.

    La riunione! Ci vuoi venire o no?

    Oh, accidenti, me n’ero completamente dimenticata! Andreja, mi spiace, ma la tua risposta dovrà attendere.

    Tornata in ufficio trovò una terza mail. 

    Sentimi bene, Andrea! Io mica posso perder tempo tutto il giorno come voi giocatori di calcio! Ho dei progetti da seguire! Ho un laurea e non guadagno il decimo di quello che guadagnate voi per correre dietro a un pallone! Abbiamo finito con gli indovinelli? si sfogò fra sé e sé, ma ormai il richiamo del mistero era troppo forte. Cercò su internet un sito con l’alfabeto cirillico completo e provò a traslitterare. Niente di comprensibile. Vuoi vedere che è davvero russo, questa volta?

    Tentò allora con un traduttore on-line, che le restituì: Ho trovato di più, forse! Essere consapevoli! Ah, così ha veramente senso!

    Passò alla scritta in arabo: Saluti André. Beh, per me l’André per antonomasia è quello di Lady Oscar, ma almeno questa parte è chiara. Adesso però gli rispondo io! Se proprio ha tempo da perdere, possiamo trovarci a discutere di fronte a champagne e caviale, visto che sembra così attratto dal mondo russo…

    Nadia! Aveva appena finito di formulare il pensiero che, come per magia, il suo dirigente, l’ingegner Michele Russo, si era materializzato sulla soglia, e la guardava con le sopracciglia aggrottate.

    Oh, no! Sì?

    Vorrei rivedere con te i calcoli del nuovo progetto, prima del sopralluogo di oggi pomeriggio.

    Senza darle il tempo di rispondere, si diresse verso la sedia libera al suo fianco, mentre lei chiudeva freneticamente tutti i programmi che aveva aperto per seguire il delirio di Andreja.

    Purtroppo il capo non la mollò per tutto il giorno: prima il lavoro al computer, poi il pranzo in mensa insieme, a seguire l’incontro con altri colleghi nell’ufficio dirigenziale e, infine, direttamente il sopralluogo.

    Quando la visita terminò, erano quasi le sette di sera, e Nadia escluse di tornare ancora in ufficio.

    A quel punto, Russo le chiese molto casualmente Perché non andiamo a prenderci un aperitivo?

    Per lo sconcerto lei rischiò di cadere dai tacchi a spillo, ed ebbe appena la presenza di spirito per imbastire una bugia. Grazie, ma esco a cena con degli amici che non vedo da tempo...

    Quando fu sola cominciò a imprecare. Se l’è studiata proprio bene! Tampinarmi tutto il giorno in maniera così spudorata per invitarmi a uscire la sera!

    Sarebbe anche stato lusinghiero ricevere le attenzioni di un giovane dirigente brillante e affascinante, se solo lui non fosse stato sposato e padre di tre figli. Prima o poi Nadeschka avrebbe dovuto pensare a come mettere un freno alle avances del capo, se non voleva trovarsi in una situazione spiacevole sul lavoro.

    Tutti i torti non glieli si può dare pensò strizzandosi l’occhio nello specchio dell’ascensore. Per anni era stata il brutto anatroccolo, poi, quasi improvvisamente, era spuntato il cigno. La studentessa che si nascondeva sotto strati di abiti informi aveva deciso di buttare alle ortiche jeans slabbrati e maglioni di tre taglie più grandi, aveva imparato a camminare su tacchi vertiginosi, a truccarsi in modo da far risaltare lo sguardo assassino degli occhi verdi da gatta, a vestirsi in maniera provocante e a tollerare gli sguardi che gli uomini le lanciavano quando indossava minigonne da urlo. Se mi vedesse Andreja adesso!

    Accidenti! proruppe di cuore. L’indirizzo e-mail di Andreja! Non me lo sono appuntato! Alle sette di sera, in tutta la palazzina, non ci sarebbe stato nessuno per dettarglielo al telefono, sempre ammesso che fosse disposta a lasciar sbirciare il PC a un estraneo. Dopo otto anni di lontananza, trovava stranamente difficile aspettare anche solo un giorno di più.

    Pannonia, 25 settembre del 14 d.C.

    Nel profondo del proprio cuore, Giulio Cesare Druso non poteva dare tutti i torti ai legionari sediziosi. Sebbene lui e i suoi pretoriani fossero armati fino ai denti, quelle foreste così cupe, entro cui non trapelavano la luce e il tepore del sole nemmeno a mezzogiorno, erano vagamente inquietanti.

    Di fatto, i legionari insorgevano per motivi molto più terra terra: aumento della paga, riduzione del periodo di ferma… Ma era fuori dubbio che prestare anni di servizio in luoghi così tetri non fosse il sogno della vita di nessuno. A lui sembrava che quelle selve fossero popolate di presenze soprannaturali e più di una volta si guardò furtivamente attorno, nervoso.

    Tirò un sospiro di sollievo quando arrivò in vista dell’accampamento, ma il senso di tranquillità fu di breve durata. L’ostilità serpeggiava fra i militari, e in diversi angoli dell’accampamento i soldati avevano imbracciato le armi. Sicuramente non un’accoglienza degna del figlio dell’imperatore.

    Anche se avrebbe oltremodo gradito ritirarsi nella tenda del comandante per ristorarsi, dopo le fatiche del viaggio, decise di affrontare subito di petto la questione che suo padre gli aveva affidato.

    Fece approntare una pedana di fortuna e, salitovi, si risolse a cominciare l’arringa che aveva meticolosamente preparato. A tavolino sembrava tutto molto semplice, ma nella realtà gli schiamazzi e i fischi dei soldati lo mettevano parecchio a disagio.

    Dopo aver faticosamente ottenuto la parola, lesse ai rivoltosi un messaggio del padre Tiberio, che conteneva le promesse di un trattamento migliore. L’imperatore avrebbe sottoposto le richieste dei soldati al senato. Per Druso era ovvio che una questione così importante dovesse essere discussa negli organi preposti, ma i soldati sembravano sordi a ogni ragionevolezza e continuavano a esprimere disordinatamente la loro insoddisfazione.

    Verso l’imbrunire, Druso si ritirò nella propria tenda in un clima oltremodo teso. Si rivolse subito ai consiglieri più fidati. Cosa contate di fare con questo branco di briganti travestiti da militari?

    Principe, il malcontento che ci circonda non è da sottovalutare rispose il più anziano del gruppo. Alcuni elementi mi sono parsi molto determinati e violenti. Finché saremo rinchiusi in questo accampamento, mi dispiace dirlo, ma corriamo seri rischi.

    Ma cosa posso fare io? chiese Druso preoccupato. Ho le mani legate!

    Bisogna prendere tempo. Ribadire le promesse e prendere tempo rispose un altro.

    Principe… cominciò Sabino, il sacerdote, facendosi avanti e torcendosi mellifluamente le mani. Io avrei un’idea.

    Quell’uomo provocava a Druso grosso modo lo stesso effetto della selva della Pannonia, ma le sue doti di astronomo e manipolatore erano note a tutti. Gli rispose Ti ascoltiamo, Sabino, parla.

    La luce del fuoco gettava ombre sinistre sul volto scavato di Sabino, facendolo assomigliare più a una divinità degli inferi che a un sacerdote. La sua requisitoria sull’ira degli dèi durava ormai da diversi minuti; all’inizio era stata accolta con molta freddezza, in quanto i legionari consideravano quell’uomo un servo del potere, ma gradatamente le sue parole avevano saputo fare leva su dubbi e sete di conoscenza primordiali, e i soldati avevano cominciato ad ascoltarlo con attenzione.

    Lo stesso Druso, che se ne stava in piedi ai margini dell’assembramento, poteva constatare la presa fortissima delle parole di Sabino: stupore e timore reverenziale erano dipinti sulle facce dei veterani, mentre l’uomo proseguiva con il vaticinio.

    Quando giudicò che gli animi fossero pronti per il capolavoro che aveva in mente, il sacerdote tuonò Diana, la dea protettrice di queste selve, entro cui vivete e cacciate, colei che vi ha concesso la propria benedizione… Colei che rischiara le vostre notti con la sua luce… Diana è furiosa! Furiosa di venire sfidata! Furiosa del vostro comportamento subdolo e traditore! E, se non vi pentirete, darà una dimostrazione della sua ira assetata di sangue il giorno dopo dell’abbandono dei ribelli. La luce sarà tramutata in tenebra, e ciò che è bianco diventerà nero! Ora andate, e redimetevi!

    I legionari, che avevano assistito alla scena con occhi dilatati, in preda all’inquietudine, alle ultime parole si erano scambiati sguardi interrogativi. Il giorno dopo dell’abbandono dei ribelli si ripeté lentamente qualcuno, cercando di far quadrare le parole, e pensando che forse non avrebbe dovuto largheggiare con il vino offerto dai pretoriani di Druso.

    Dopo la tirata del sacerdote, i militari si incamminarono verso le proprie tende, chi ancora ponderando su temi mistici, chi bestemmiando contro l’imperatore e tutta la sua progenie che cercava di fregarli, chi troppo poco lucido per pensare qualsiasi cosa. Era da tanto tempo che non gustavano un vino così, con l’aroma delle dolci colline inondate dal sole, e quella notte quasi tutti si addormentarono sognando della propria patria lontana, e magari di qualche dolce fanciulla con abiti leggeri e fiori fra i capelli.

    Torino, 6 maggio 2010

    Il giorno seguente, Nadeschka entrò in ufficio baldanzosa e decisa a rispondere per le rime ad Andreja, chiunque esso fosse. Però non fece nemmeno in tempo ad accendere il PC che l’ingegner Russo la chiamò nel suo ufficio, con un tono che non prometteva nulla di buono.

    A che punto sei con i calcoli strutturali che ti ho affidato? le chiese senza troppi preamboli.

    Lei non riuscì ad articolare suono. Quel lavoro, che per lei era di una noia mortale, era finito in fondo alla lista delle priorità, e non l’aveva nemmeno cominciato.

    Lo immaginavo riprese lui con disprezzo, e Nadeschka si sentì in dovere di difendersi.

    Ho avuto diecimila altre cose da fare! Non ho proprio avuto tempo!

    Lo sai cosa fanno i tuoi colleghi quando hanno del lavoro arretrato? Una cosa che, non so se ne hai mai sentito parlare, si chiama straordinario.

    La polemica te la puoi proprio evitare, brutto pallone gonfiato! Se qui c’è qualcuno che non ha una vita privata e si ferma tutti i giorni in ufficio fino alle nove, è un suo problema! Quando si è trattato di finire dei lavori urgenti, io ci sono sempre stata!

    Forse la tua lista delle urgenze non coincide con la mia, allora.

    E comunque lo sai, preferisco di molto il lavoro operativo. I calcoli può farli uno dei due nuovi assunti…

    Magnifico! esclamò lui, con un sorriso diabolico, e Nadeschka seppe di essersi scavata la fossa con le proprie mani. Io incaricherò i pivellini dei calcoli, e tu seguirai i progetti sul campo, in particolare la collaborazione con la nostra filiale inglese. Pensa, potrai anche rivedere il tuo amichetto Jason!

    Non è il mio amichetto, tanto per cominciare, e poi… La questione Inghilterra è piuttosto complessa.

    Lo so. È per questo che incarico te, che sei così brillante da aver avuto un’importante promozione dopo soli due anni dall’assunzione. I tuoi incentivi di funzionario sono sempre stati piuttosto alti, in considerazione del fatto che dovresti svolgere incarichi di responsabilità, che, lasciami dire, fino a questo momento non sono mai arrivati.

    Nadeschka temeva che, se non gliene avesse cantate quattro, le sarebbe scoppiata un’arteria, e decise di investire in salute. Dimmi un po’: tutto questo non ha niente a che vedere col fatto che ieri ho rifiutato di uscire con te, vero?

    Michele Russo, seppur di carnagione scura, diventò bianco come un lenzuolo, e sibilò Ma dove ti credi di essere? In discoteca? O ancora sui banchi di scuola? Siamo tutti qui per lavorare, non per baccagliare i colleghi, come fai tu! E, per tua informazione, io sono un uomo sposato e fedele.

    Certo ribatté lei sarcastica.

    Comunque è una tua scelta. Non ti posso obbligare a volare a Londra questo pomeriggio…

    Questo pomeriggio! lo interruppe Nadeschka con foga. Pensavo si parlasse di lunedì!

    Come ti dicevo, proseguì il dirigente come se non l’avesse sentita non ti posso obbligare a questa trasferta. Ma è chiaro che l’azienda deve sapere su chi può contare e su chi no.

    La ragazza dovette fare appello a tutta la propria capacità di autocontrollo per non saltare alla giugulare di quella iena meschina. Chiarissimo gli rispose infine. Accetto con gioia la possibilità di dimostrare quanto valgo, impegnandomi in questo progetto così importante. Poi si alzò in piedi, muovendosi languidamente verso la porta, e si volse ancora una volta verso il capo, per avere, come sempre, l’ultima parola. E magari per esercitare la lingua con Jason. Schiatta d’invidia, stronzo!

    Si sedette al PC ancora con mani tremanti, tanto che Francesco, il suo collega d’ufficio, le chiese Che ti è successo?

    Lei non attendeva che la possibilità di sfogarsi. Quel bastardo di Russo! Ieri ho rifiutato di uscire con lui e adesso mi spedisce a Londra senza possibilità di replica!

    Io te l’ho sempre detto che è un uomo viscido e scorretto, ma tu non mi hai mai voluto credere!

    È vero, ma finora si era sempre prodigato per me. La promozione la devo a lui, e poi mi ha affidato un sacco di lavori importanti…

    Non mi dire che non ti eri mai chiesta perché con te fosse particolarmente gentile.

    Guarda che non sono mica nata ieri! Lo so che aveva un certo interesse personale, ma pensavo che riuscisse a tenerlo separato dal lavoro.

    A quanto pare non c’è riuscito.

    Nadeschka meditò su quella svolta improvvisa. Di per sé, essendo sempre stata cosmopolita, le trasferte di lavoro non le dispiacevano, e, tutto sommato, gongolava a essere presente ai tavoli tecnici con i boss delle filiali estere, spesso come unica donna, a raccogliere sguardi e giudizi ammirati, soprattutto per le proprie capacità professionali, ma anche per l’aspetto fisico. Quello che proprio non le andava giù erano le minacce esplicite del capo, e anche il preavviso minimo.

    Aprì la posta elettronica. Erano arrivati messaggi da parte di diversi colleghi, ma c’era una cosa ben più urgente che doveva fare. Aprì l’ultimo messaggio di Andreja e cliccò su

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