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Il tempio del sogno
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Il tempio del sogno

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About this ebook

Una trilogia che poteva essere ambientata in qualsiasi epoca ma che per scelta dell'autore si svolge nel Medioevo, alla fine del XIII secolo. David ragazzo scozzese amico di William Wallace, eroe reso famoso nei film come protagonista di Braveheart, sceglie di vivere la sua vita sotto l'Ordine Templare. Una volta in Outremer, in Terrasanta; entra in contatto con confraternite segrete che gli mostrano i segreti dell'esistenza, trovando la propria ragione di vivere.
Nel primo romanzo muove i primi passi un giovane che diverrà cavaliere cercando nell'oscurità di quei tempi, la Luce che guiderà i suoi passi lungo il suo cammino. La dettagliata analisi storica del periodo fa da perfetto contorno al percorso iniziatico del giovane David.
LanguageItaliano
PublisherAntony Miles
Release dateApr 22, 2014
ISBN9788868858322
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    Il tempio del sogno - Antony Miles

    213

    Prologo

    Il vento fischiava tra i merli di pietra della torre, mentre sotto il caldo sole primaverile il cavaliere templare camminava irrequieto sugli spalti del castello, stringendo l'elsa della spada al suo fianco. Il colore scuro della barba che gli incastonava il viso, era segnato dai primissimi grigiori dell'età. Gli occhi vivaci mostravano un'intelligenza profonda, in contrasto con l'aspetto asciutto e muscoloso da guerriero, avvolto nel bianco mantello, i cui lembi si muovevano dolcemente come ali nel vento. Il mare, lontano solo pochi chilometri oltre il profilo delle montagne, faceva sentire la sua presenza con una forte brezza impregnata dall'odore di salsedine. Sul fondo della sottostante valle arsa dal sole, una macchia grigia indicava il ponte romano utilizzato per passare il fiume.

    Il sud della Spagna assomigliava un po' alla Terrasanta che recentemente aveva abbandonato, dove aveva conosciuto l'onore e la gloria, l'amicizia e l'amore, la vita e la morte. Sullo stesso suolo che ora calpestava, erano passati i primi santi cristiani, dopo che i romani avevano messo a ferro e fuoco l'intero Paese. Ora combatteva gli ultimi infedeli, che tenacemente si rifiutavano di lasciare quella terra.

    Era entrato presto nell'Ordine, ancora adolescente. Abbandonata la sua terra scozzese seguendo sia la chiamata cristiana sia la voglia d'avventure, ora incarnava perfettamente lo spirito dell'Ordine, monaco e guerriero allo stesso tempo. Era stato subito notato per le sue qualità e a sua insaputa inserito tra gli eletti. Aveva attraversato il mare, visitato Paesi stranieri e a ogni tappa gli erano state fornite le indicazioni e gli insegnamenti per la vera conoscenza. Dopo che il corpo era stato temprato dalle battaglie, aveva avuto la ricompensa della rivelazione di molti segreti e grazie a questa conoscenza restava quasi unico tra i combattenti ad avere il sapere. Molti fratelli erano morti, dopo l'abbandono dei luoghi sacri, pochi i cavalieri sopravvissuti. Tra questi lui solo aveva avuto accesso agli antichi misteri, accomunato ad una cerchia di fratelli delle province occidentali, che non avevano mai partecipato neppure a uno scontro.

    Non era stato sempre così; un tempo, la figura del cavaliere e del monaco coincidevano.

    Mentre rilassava i muscoli sotto il calore del sole, lasciò vagare la mente nel passato, ricostruendo la strada percorsa dai Templari.

    Dopo aver precedentemente visitato la Terrasanta assieme al suo signore Conte della Champagne, un cavaliere sconosciuto, Ugo di Payens, assieme ad altri nove cavalieri, concepì nel 1118 un'idea straordinaria, che avrebbe rivoluzionato i rapporti tra Stato laico e Chiesa, nonché lo stesso concetto di cavalleria, risolvendo al contempo i problemi della sicurezza nei luoghi sacri. La confraternita di questi combattenti fu ben accolta dal re di Gerusalemme Baldovino II, che concesse loro un'ala del palazzo reale dove sorgevano le moschee d'Omar e d'Al-Aqsa¹ , che i cristiani chiamavano Templum Domini e Templum Salomonis. Divennero così i custodi del luogo più sacro di Gerusalemme, dopo il Santo Sepolcro, e per tale motivo furono conosciuti come Cavalieri del Tempio.

    Inizialmente questi primi templari si limitarono a occupare le stanze loro assegnate, effettuando opere di scavo nelle fondamenta del Tempio alla ricerca delle vere prove dell'esistenza di Gesù Cristo nonché, visti gli scarsi mezzi iniziali, del tesoro di Salomone, nascosto dagli ebrei ai tempi della distruzione perpetrata dalle legioni romane nel 70 a.C.²

    Solo nel 1127, Ugo di Payens, accompagnato da altri tre cavalieri, fece ritorno in Europa portando con sé i reperti ritrovati, nascondendoli alla vista dei più. Poi iniziò un'opera di reclutamento viaggiando nei vari Paesi, illustrando davanti ai nobili e al popolo il nuovo ordine cavalleresco. Il successo fu enorme, grazie anche alla nuova formula del monaco-guerriero. I templari avevano già formulato i tre voti di castità, obbedienza e comunione dei beni, cui avevano aggiunto quello della difesa armata dei pellegrini. In una società in cui al primogenito spettava la successione paterna, ai figli successivi non restava che la strada del clero o del brigantaggio. L'ordine templare si presentò quindi come l'occasione migliore per mantenere il proprio lignaggio.

    La Chiesa si mostrò subito favorevole. L'Ordine fu ufficialmente riconosciuto e San Bernardo, abate di Clairvaux, il personaggio del clero più potente dell'epoca, ebbe il compito di formulare una Regola per i nuovi monaci e li prese sotto la sua custodia. In cambio ebbe gli antichi progetti trovati negli scavi, che permisero la nascita del gotico in Europa. Le chiese, finora chiuse nell'intimistica arte romanica, conobbero uno slancio verticale inaudito.

    Nei luoghi più sacri della popolazione europea, anche prima della cristianità, vennero erette maestose cattedrali, vero punto di congiunzione tra il cielo e la terra, le cui mura di pietra risuonavano delle energie sotterranee³ .

    Furono fondate le prime mansioni templari in Occidente, il cui scopo precipuo era la raccolta dei fondi necessari al mantenimento dei fratelli impegnati sul fronte e nei posti principali furono affiancate da centri cistercensi. Il successo fu sorprendente e in poco tempo sorsero diverse commanderie, mentre i giovani accorrevano entusiasti a infoltire le file dei monaci.

    A capo dell'Ordine fu posto il Gran Maestro e a ogni mansione templare un commendatario⁴ .

    I frati erano divisi tra i cavalieri, con l'abito bianco, e i sergenti, con una tunica nera. Entrambi portavano la rossa croce sui loro mantelli e la differenza era nell'armamentario, più pesante per i cavalieri.

    Il loro valore in battaglia era indiscusso e temuti dai nemici, non vennero quasi mai fatti prigionieri, ma decapitati sul posto se non avessero abiurato alla loro fede.

    Furono solo eccezioni coloro che abbracciarono la religione musulmana; gli altri furono sempre trucidati⁵ .

    Il veloce declino dell'epoca cristiana in Terrasanta iniziò presto. L'Europa, divisa da lotte intestine, aveva perso quell'interesse che aveva spopolato duecento anni prima.

    Con tristezza il cavaliere pensò ai suoi giorni in Oriente, dove la sua vita si era formata. Partito ancora troppo giovane per poter dire di aver vissuto una vita precedente, aveva abbracciato con ardore e tenacia il credo dell'Ordine, lasciando alle spalle la famiglia e il proprio Paese.

    Un rumore lo distolse da queste riflessioni e, con un riflesso automatico, la mano scese velocemente all'elsa della spada. Un falco apparve all'improvviso, fermandosi sul ciglio della muraglia. Uomo e uccello restarono a guardare in silenzio i cieli infiniti nei loro occhi, poi il falco riprese il volo verso l'orizzonte. Il cavaliere seguì il rapace con lo sguardo, lo vide volteggiare in circolo per poi precipitare in picchiata tra gli alberi sottostanti. Cacciatore e preda, lo stesso gioco che si ripeteva nella vita di tutti i giorni in quell'epoca violenta ma allo stesso tempo con ancora una possibilità di scelta. Aveva visto molti nobili dedicarsi alla falconeria, ma solo pochi di loro erano in grado di apprezzare la bellezza e l'armonia del volo dell'uccello, libero da vincoli e da legami.

    Disegnava nel cielo traiettorie continue che lo congiungevano alla terra, nel simbolo più puro della libertà.

    Come nei suoi insegnamenti e nelle sue aspirazioni cercava quel collegamento tra il cielo e la terra che forse stava lì, a pochi passi da lui, coperto di piume e con il becco affilato. Assomigliava molto all'ideale cavalleresco: solitudine, libertà e conoscenza sopra la moltitudine.

    Lo vide riapparire tra gli alberi, riprendendo velocemente quota. Stavolta la preda gli era sfuggita.

    Osservò il rapace librarsi nuovamente nell'azzurro del cielo guardando il mondo dall'alto, poi traendo un sospiro volse lo sguardo e riprese il suo compito di sentinella.

    Amicizia

    Irvine, piccola città tranquilla sulla costa ovest della Scozia nella contea di Carrick, di proprietà dei Bruce. Questi ultimi erano una delle famiglie più note ed importanti del regno, grazie anche alle gesta di Bruce the Competitor, vassallo del re Alexander III.

    Correva l'anno 1269, l'estate si annunciava con multicolori tramonti sul mare, mentre il rosso del sole morente si spegneva tra i flutti e le poche nubi all'orizzonte. John Malcom tornava a casa dopo una lunga battuta di pesca, la prima di quella tarda primavera, che appena arrivata lasciava già il posto all'estate.

    «Ciao Henry, novità a casa?».

    «Ti conviene affrettarti John, l'ora è giunta. Margaret sta partorendo!».

    A queste parole il marinaio scozzese gettò da un lato la cesta con il pesce e si diresse a passi veloci verso casa. John era sposato da circa tre anni con una graziosa fanciulla d'Elderslie, un paese a circa dieci miglia da Irvine.

    Si erano conosciuti per caso ancora fanciulli in una delle classiche gite festive. John e i suoi compagni di gioco si erano diretti verso la collina che sovrastava la città, quando all'improvviso un lamento ai margini del bosco aveva attirato la loro attenzione. Un carro si era rovesciato lungo la sponda del torrente, che il conducente con imprudenza aveva cercato di guadare. Sotto le ruote rovesciate si lamentava un uomo, mentre una donna e una bambina cercavano inutilmente di raddrizzare il calesse. John, che già allora era il più robusto del gruppo, si era diretto prontamente verso il luogo dell'incidente e raccolto un grosso bastone sul greto del torrente, lo aveva infilato sotto il carro per far leva.

    Agli occhi della piccola Margaret sembrava fosse apparso un misterioso cavaliere, che sceso da cavallo e tratta la lancia, l'aveva salvata dalle ombre minacciose della foresta. Quel giorno era nata un'amicizia tra i due fanciulli, che con il passare degli anni si era trasformata in amore. John, con i risparmi pazientemente raccolti, era riuscito infine ad acquistare una piccola casetta in città e chiedere la mano della ormai cresciuta Margaret.

    John entrò di corsa attraverso la strada principale, dirigendosi velocemente verso le ultime case alla base della collina. L'uscio era socchiuso e un insieme di voci riempiva il cortiletto.

    «Cosa succede?» chiese velocemente passando la soglia.

    Due donne in un angolo chiacchieravano allegramente dondolando una culla, mentre nell'altro lato della stanza una donna pallida, ma sorridente, si sollevava lentamente dal giaciglio.

    «Ciao, amore» disse Margaret con voce stanca, ma serena «da oggi abbiamo un piccolo Malcom».

    Il marinaio si diresse lentamente verso la culla, mentre le due donne si scostavano per lasciarlo passare. Giunto nei pressi vide quella manina bianca appoggiata sul bordo del lenzuolo, un viso dolce e rilassato nel sonno, mentre qualche piccolo ciuffo scuro faceva capolino dalla cuffia. Restò fermo, senza parlare, mentre la sua grossa mano callosa scivolava sul dorso della mano del neonato e due grandi lacrime di gioia gli lambivano gli occhi.

    «Mio piccolo David… sì, David, sarà questo il tuo nome» sussurrò al neonato.

    Le ombre della sera scendevano sul porticciolo, mentre la luna sorniona saliva dietro la collina; all'ombra di quest'ultima, fuochi e grida di gioia indicavano la festa di casa Malcom.

    David crebbe in un periodo di prosperità, nei momenti di maggior splendore della Scozia. Il re Alexander III era riuscito a concludere vittoriosamente la guerra con i Norvegesi e i rapporti con i vicini inglesi erano improntati ad amicizia, grazie anche al matrimonio del re con la sorella del sovrano d'Inghilterra, Edoardo I. Il commercio fioriva soprattutto con gli Stati del Mare del Nord ed erano stati instaurati buoni rapporti anche con i mercanti italiani, in particolare con la Repubblica Veneta.

    John Malcom era un uomo molto robusto, che incuteva timore. Lunghi capelli rossicci incorniciavano un viso rozzo con la pelle indurita dalle intemperie, anche se la vivacità degli occhi verdi lasciava trapelare il forte carattere indomito dello spirito scozzese.

    Forse per questo motivo o forse solo per fortuna, quando scoppiò la guerra con i Norvegesi, John fu arruolato dal lord della contea di Carrick, Bruce the Competitor, quale palafreniere. Ebbe la fortuna di seguire il re in questa campagna conclusasi nella vittoria di Larges. Per i suoi meriti, Bruce gli concesse dei terreni vicino Paisley, non molto lontano da Irvine, dove costruire la nuova casa.

    Con la donazione dei terreni, era stato inoltre loro accordata la riscossione delle decime per quanto prodotto sui campi di proprietà; ciò aveva permesso di iniziare la vita relativamente agiata dei piccoli proprietari terrieri e David poté avere un'istruzione di base curata.

    L'insegnante di David dei primi anni era un sacerdote della chiesa di Paisley, dal quale si recava regolarmente nelle giornate primaverili ed estive, quando la strada era sufficientemente praticabile per un bambino. Il sacerdote era lo zio di William Wallace, coetaneo di David e figlio di un cavaliere al servizio della casata degli Stewart. William era un bambino robusto, con i caratteri tipici degli Highlander scozzesi; il carattere scorbutico con gli estranei era bilanciato dai profondi sentimenti verso la famiglia e gli amici. Mal sopportava le costrizioni imposte dallo zio insegnante e preferiva le corse all'aria aperta, i giochi innocenti dei bambini che si meravigliano al volo di una farfalla o al salto dei salmoni nei vicini torrenti. Ma in contrapposizione al fisico possente e all'esuberanza giovanile, mostrava un'acuta intelligenza difficilmente riscontrabile in persone di simile caratura. Un segno distintivo, che lo avrebbe accompagnato negli anni a venire e ingannato più volte i suoi avversari.

    Il primo incontro dei due bambini non fu certo dei più corretti. Quando David giunse la prima volta, William squadrò il nuovo venuto con cipiglio e, dopo aver osservato la finezza dei lineamenti, la delicatezza dei movimenti e la corporatura longilinea di David, cercò di imporre subito la propria supremazia. Fu uno dei pochi errori della sua vita; il sangue che scorreva nelle vene del giovane venuto era di pura razza celtica e il suo carattere era come il salice, che si piega senza spezzarsi. Tra i due sorse una rivalità che li portò a competere in ogni settore. Ma mentre il giovane David non aveva rivali nello studio, doveva inevitabilmente piegarsi di fronte alla prestanza fisica e all'irruenza di William nei giochi all'aperto⁶ .

    Col tempo l'infantile rivalità si trasformò in amicizia e quando l'adolescenza giunse, tanto agognata, nessuno li poteva dividere.

    Certo William preferiva incominciare a corteggiare le fanciulle del villaggio, mentre David passava le serate in riva al mare, osservando le onde infrangersi sugli scogli e rimirando il cielo stellato. E sognava.

    Sognava di andar via da quella misera vita fatta d'inchini e riverenze, sognava un luogo chiamato libertà, dove tutti erano fratelli, dove tutti erano uguali e solo il proprio valore faceva la differenza. L'essere non l'avere.

    William rideva degli atteggiamenti dell'amico, ma nello stesso tempo ne subiva l'influenza e non era difficile incontrarli alla sera sulla battigia a fantasticare sul loro domani, popolato di guerre, d'eroi e di conquiste; e dopo la conquista, la pace e un nuovo mondo. Sogni simili a quelli di tutti gli adolescenti del mondo, ma che nel loro caso assumeva un sapore di deja-vu, anche se i due protagonisti, inconsapevoli del destino, ignoravano ciò che la storia aveva in serbo per loro.

    Poi un giorno William conobbe Marion Braidfute del vicino paese di Lanark e fu amore; non più quelle storie tra giovani fatte di promesse e di desideri, ma un vero amore contraddistinto da progetti e sogni di una vita insieme. Ma non dimenticava il suo miglior amico; i loro incontri erano più radi, ma intensi. Ora che anche William aveva uno scopo per vivere che coinvolgeva interamente la sua sfera sentimentale, i suoi pensieri erano più vicini a quelli di David.

    Quest'ultimo, nonostante l'incredibile somiglianza con la madre, una donna dai capelli corvini, minuta ma non fragile, dai dolci lineamenti, aveva ereditato il carattere irrequieto del padre, che lo spingeva a desiderare una vita diversa dall'odierna inattività, anche se, per amore dei genitori, non mostrava mai segni d'insofferenza.

    I nuovi amici del paese stavano gradualmente lasciando la loro terra o imbarcandosi sulle navi commerciando lane per l'Europa o arruolandosi nella Crociata che il re di Francia stava preparando per aiutare i Franchi di Gerusalemme.

    Quante volte con l'amico William aveva ammirato i cavalieri nei tornei che si tenevano ogni primavera; quante volte avrebbe voluto unirsi a loro o a quei compagni che ora andavano a lottare per la libertà del Santo Sepolcro!

    L'occasione non tardò ad arrivare. Nella vicina Balantrodach⁷ l'ordine dei Cavalieri del Tempio aveva costituito una propria magione. Questi frati cavalieri non portavano i mantelli bianchi rossocrociati né le armi dei loro compagni di Terrasanta; conducevano una vita monastica come i frati delle altre Abbazie presenti in Scozia. Ma il fascino dell'ordine e la possibilità di divenire cavaliere colpirono profondamente l'immagine di David, finché non giunse il giorno in cui mise al corrente la madre dei propri progetti.

    «Madre, i miei amici sono quasi tutti partiti; e ora William ha già progetti di matrimonio con Marion. Ma io non so ancora qual è la mia strada, riconosco solo ciò che non può essere il mio sentiero. La mia vita mi spinge alla ricerca di qualcosa che non so definire, ma che non riconosco nel mondo che mi circonda».

    «Non preoccuparti David» rispose Margaret, che già intuiva l'obiettivo del figlio «tuo padre e io abbiamo intenzione di recarci a Edimburgo la prossima primavera e tu verrai con noi».

    «No, madre, non ho alcun interesse in queste feste di città, né nei mercati che vi si tengono» rispose David, aggiungendo «sono un uomo ormai e al contrario di William non desidero una mia famiglia. Voglio servire Dio, ma voglio farlo nel modo migliore. Voglio entrare nell'Ordine del Tempio».

    Margaret tacque abbassando il viso, mentre i lunghi capelli coprivano le guance che andavano bagnandosi di lacrime.

    Il senso religioso in lei era forte a sufficienza per renderla felice della scelta operata dal figlio, anche se il pensiero del distacco e la sicura incomprensione del marito colmavano di tristezza la sua parte più razionale.

    «Non posso impedirti di rispondere alla tua chiamata, figlio mio» finalmente riuscì a dire «ne parlerò con tuo padre stasera».

    David uscì di casa; era pomeriggio inoltrato ma si diresse in ogni modo verso Balantrodach con la speranza di vedere i monaci templari e rassicurarsi sulla sua decisione. La fortuna lo aiutò. Al limitare del bosco due confratelli tornavano con ceste piene d'erbe. Raccolto il proprio coraggio a piene mani si affrettò per raggiungerli:

    «Scusate il mio ardire, fratelli, ma posso fare un pezzo di strada in vostra compagnia?».

    «Non preoccuparti, figliolo» rispose il più anziano dei due «non c'è alcun problema».

    David si stupì della gentilezza che traspariva nella voce e nei modi del frate. Questi era un uomo sulla cinquantina, curvo e lento nella camminata, con la testa rasata e il mento barbuto che incorniciavano un viso stanco e rugoso; gli occhi vivi e profondi evidenziavano una forte tranquillità interiore.

    L'anziano frate gli parlò delle terre al di là del mare, dove aveva passato i dieci anni migliori della giovinezza; ferito gravemente fu rimpatriato e ora si occupava della locale commenda. Giunti all'ingresso dell'edificio David chiese finalmente ciò che voleva sapere da sempre:

    «Scusatemi, fratelli, ma un giovane, non ricco, che non può portare feudi, fattorie o foreste in dono all'Ordine, come può sperare di essere accolto cavaliere?»

    «Non preoccuparti, figliolo» rispose il più anziano «l'Ordine del Tempio non è ricco solo di beni temporali, ma anche spirituali. Il valore di un uomo non è misurato per quello che ha, ma per quello che dà. Nella nostra confraternita ciascuno è importante per quello che svolge, sia al vertice sia alla base, perché chi non ha fondamenta solide è come lo stolto che costruì la casa su una montagna di sabbia».

    Le parole scaldarono il cuore di David, che salutando calorosamente i due monaci riprese la strada di casa.

    Lungo il sentiero incontrò William, che si aggirava alla sua ricerca.

    «Ciao, David. Prima di andare da Marion volevo incontrarti».

    «Capiti a proposito, William» gli rispose raggiante. «Ho preso la mia decisione, ho trovato e scelto la strada che voglio seguire».

    L'amico si fermò scrutandolo curiosamente:

    «Non dirmi che anche l'incompreso ha trovato la sua anima gemella…?» accompagnando le parole con una sonora risata.

    «No, William, mi conosci. Sai che la mia strada è diversa dalla tua. Ho deciso di servire il Signore, ma in modo diverso da tuo zio… Voglio entrare nella cavalleria del Tempio».

    William restò un attimo sorpreso, poi osservando la gioia che scintillava negli occhi dell'amico, si lasciò andare in un sorriso e lo abbracciò vigorosamente.

    «Se è questo il tuo

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