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Viaggio sentimentale
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Viaggio sentimentale

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Questa edizione riporta la traduzione effettuata da Ugo Foscolo del romanzo Viaggio sentimentale dello scrittore inglese Laurence Sterne (1713 – 1768). La storia narra di un viaggio effettuato dal protagonista Yorick in Francia e in Italia, i motivi principali sono l’isolamento dell’individuo e la difficoltà di comunicare con gli altri. Per Sterne ogni individuo è ossessionato da quelli che definisce hobby horses (cavallini a dondolo), ossia gli interessi inevitabili dettati dalle particolari esperienze vissute. Ognuno traduce la comunicazione dell’altro nei termini del suo particolare hobby horse ed il risultato è una commedia degli equivoci. Per questo i malintesi ironici abbondano nell’opera di Sterne, che finisce però per dissolvere dilemmi e dissonanze attraverso il sentimento: solo l’emozione, la compassione verso il prossimo, riesce a colmare il baratro che la lingua non riesce a superare.
LanguageItaliano
Release dateFeb 17, 2014
ISBN9788874173464
Viaggio sentimentale
Author

Laurence Sterne

Irish-born Laurence Sterne was an eighteenth century English author and Anglican clergyman. Though he is perhaps best known as a novelist, Sterne also wrote memoirs, articles on local politics, and a large number of sermons for which he was quite well known during his lifetime. Sterne’s works include The Life and Opinions of Tristram Shandy, Gentleman, A Sentimental Journey through France and Italy, and the satire A Political Romance (also known as The History of a Good Warm Watch-Coat). Sterne died in 1768 at the age of 54.

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    Viaggio sentimentale - Laurence Sterne

    Viaggio sentimentale

    Laurence Sterne

    In copertina: William Hogarth, David Garrick e sua moglie, Eva Marie Veigel

    Traduzione di Ugo Foscolo

    © 2014 REA Edizioni

    Via S. Agostino 15

    67100 L’Aquila

    www.reamultimedia.it

    redazione@reamultimedia.it

    www.facebook.com/reamultimedia

    La Casa Editrice ha reperito il testo fra quelli considerati di pubblico dominio,

    rimane comunque a disposizione di quanti avessero a vantare ragioni in proposito.

    Indice

    A' LETTORI SALUTE

    VIAGGIO SENTIMENTALE DI YORICK LUNGO LA FRANCIA E L'ITALIA

    I

    II

    III

    IV

    V

    VI

    VII

    VIII

    IX

    X

    XI

    XII

    XIII

    XIV

    XV

    XVI

    XVII

    XVIII

    XIX

    XX

    XXI

    XXII

    XXIII

    XXIV

    XXV

    XXVI

    XXVII

    XXVIII

    XXIX

    XXX

    XXXI

    XXXII

    XXXIII

    XXXIV

    XXXV

    XXXVI

    XXXVII

    XXXVIII

    XXXIX

    XL

    XLI

    XLII

    XLIII

    XLIV

    XLV

    XLVI

    XLVII

    XLVIII

    XLIX

    L

    LI

    LII

    LIII

    LIV

    LV

    LVI

    LVII

    LVIII

    LIX

    LX

    LXI

    LXII

    LXIII

    LXIV

    LXV

    LXVI

    LXVII

    LXVIII

    LXIX

       Orecchio ama pacato

       La Musa, e mente arguta e cuor gentile.

    A' LETTORI SALUTE

       Lettori miei, era opinione del reverendo Lorenzo Sterne, parroco in Inghilterra, che un sorriso possa aggiungere un filo alla trama brevissima della vita{1}, ma pare ch'egli inoltre sapesse che ogni lacrima insegna a' mortali una verità. Poiché assumendo il nome di Yorick, antico buffone tragico, volle con parecchi scritti, e singolarmente in questo libricciuolo, insegnarci a conoscere gli altri in noi stessi, e a sospirare ad un tempo e a sorridere meno orgogliosamente su le debolezze del prossimo. Però io lo aveva, or son piú anni, tradotto per me: ed oggi che credo d'avere una volta profittato delle sue lezioni, l'ho ritradotto, quanto meno letteralmente e quanto meno arbitrariamente ho saputo, per voi.

       Ma e voi, lettori, avvertite che l'autore era d'animo libero, e spirito bizzarro, ed argutissimo ingegno, segnatamente contro la vanità de' potenti, l'ipocrisia degli ecclesiastici e la servilità magistrale degli uomini letterati; pendeva anche all'amore e alla voluttà; ma voleva ad ogni modo parere, ed era forse, uomo dabbene e compassionevole seguace sincero dell'Evangelo, ch'egli interpretava a' fedeli. Quindi ei deride acremente, e insieme sorride con indulgente soavità; e gli occhi suoi scintillanti di desiderio, par che si chinino vergognosi; e nel brio della gioia, sospira; e, mentre le sue immaginazioni prorompono tutte ad un tempo discordi e inquietissime, accennando piú che non dicono, ed usurpando frasi, voci ed ortografia, egli sa nondimeno ordinarle con l'apparente semplicità di certo stile apostolico e riposato. Anzi in questo libricciuolo, ch'ei scrisse col presentimento avverato della prossima morte, trafuse con piú amore il proprio carattere; quasi ch'egli nell'abbandonare la terra, volesse lasciarle alcuna memoria perpetue d'un'anima sì diversa dalle altre.

       Se dunque, lettori di Yorick e miei, la novità vi rendesse men agevole la lettura, ascrivetelo (e ve ne esorto per puro amore della giustizia) parte all'autore, parte a me, e parte anche a voi stessi. E quando mai le poche postille da me compilate per amor vostro non giovassero a diradarvi l'oscurità, riposatevi alquanto dalla lettura, e rileggete l'epigrafe del mio frontispizio.

       E ve la ho posta, perché mi fu suggerita da un vecchio prete, che con un volumetto immortale indusse anch'egli i nostri magnifici sfaccendati, non dirò a ravvedersi, ma a ridere al men da se stessi della lor vanità: e anch'egli bramò solamente, siccome Yorick, la cara salute in compagnia della pacifica libertà{2}: e non fu esaudito dal cielo; ma non pianse mai fuorché per amore, o per compassione. Alcuni di voi, o lettori, sanno che non s'è potuto trovare la lapide che copre l'ossa di quel buon prete. Ma voi, se non altro, pregate pace all'anima sua, e all'anima del povero Yorick; pregate pace anche a me finch'io vivo.

       Calais, 21 settembre 1805.

    VIAGGIO SENTIMENTALE DI YORICK LUNGO LA FRANCIA E L'ITALIA

    I

     A questo in Francia si provvede meglio - diss'io.

       - Ma, e vi fu ella? - mi disse quel gentiluomo; e mi si volse incontro prontissimo, e trionfò urbanissimamente di me.

       - Poffare! - diss'io, ventilando fra me la questione - adunque ventun miglio di navigazione (da Douvre a Calais non si corre né piú né meno) conferiranno sí fatti diritti? Vo' esaminarli. - E, lasciando andare il discorso, m'avvio diritto a casa: mi piglio mezza dozzina di camicie, e un paio di brache di seta nera.

       - L'abito che ho indosso - diss'io, dando un'occhiata alla manica - mi farà.

       Mi collocai nella vettura di Douvre: il navicello veleggiò alle nove del dí seguente: e per le tre mi trovai addosso a un pollo fricassé{3} a desinare - in Francia - e sì indubitabilmente che, se mai quella notte mi fossi morto d'indigestione, tutto il genere umano non avrebbe impetrato che le mie camicie, le mie brache di seta nera, la mia valigia e ogni cosa non andassero pel droit d'aubaine{4} in eredità al re di Francia - anche la miniatura ch'io porto meco da tanto tempo e che io tante volte, o Elisa{5}, ti dissi ch'io porterei meco nella mia fossa, mi verrebbe strappata dal collo. - Vedi scortesia! E questo manomettere i naufragj di un passeggiere disavveduto che i vostri sudditi allettano a' loro lidi - per Dio! Sire, non è ben fatto: e sí che mi rincresce d'avere che dire col monarca di un popolo tutto cuore e sí incivilito e cortese e sí rinomato per la gentilezza de' sentimenti.

       Ma tocco appena i vostri domini{6}.

    II

    CALAIS

     Finito ch'ebbi di desinare, compiacqui all'animo mio facendo un brindisi al re di Francia; - e non che gli serbassi rancore, io l'onorava anzi altamente per l'umanità della sua indole - e per questa riconciliazione mi rizzai ingrandito di un pollice.

       No diss'io "i Borboni non sono razza crudele: saranno forse traviati come tanti altri; ma sono pur nati con la dolcezza nel sangue{7}." E quanto io me ne persuadeva, tanto piú mi sentiva su per le guance gratissima una specie di soffusione; né il vin di Borgogna (da due lire almen la bottiglia, come io ne avea bevuto) potea produrla sí calda e sí propizia al mortale.

       Bontà divina! esclamai, sgombrandomi dinanzi d'un calcio la mia valigia questi beni di quaggiú son poi tali da inasprire gli animi nostri, e ridurre tanti e tanti cordiali fratelli a infellonire e insidiarci, come purtroppo facciamo, incontrandoci nel viaggio brevissimo della vita? Ove l'uomo sia in pace con l'uomo, oh come il gravissimo de' metalli gli vola quasi di mano! Traesi la borsa, e sospendendola con due dita, guarda intorno a chi darne almen la metà.

       Frattanto io mi sentiva le vene dilatarmisi per la vita; le mie arterie battevano in armonia; e tutte le mie potenze vitali adempivano a' loro uffizi con attrito cosí soave, che io avrei confuso la piú saccente fisichessa di Francia{8}; appena con tutto il suo materialismo si sarebbe attentata di chiamarmi una macchina.

       Mi torrei l'impresa, diss'io, "di mandarle sossopra il suo Credo{9}. Nell'armarmi di questa fiducia, la natura si esaltò in me quanto mai poteva esaltarsi. Io era dianzi in pace col mondo; ma cosí conclusi la pace con me medesimo.

       Or esclamai foss'io re di Francia! Or sí che un orfano dovrebbe ridomandare a me la valigia del suo povero padre.

    III

    IL FRATE

    CALAIS

     Com'io finiva la parola, un povero frate di San Francesco entrò in camera a questuare per il suo convento. Nessuno vuol essere virtuoso a beneplacito delle contingenze; oppure uno è generoso come un altro è potente; sed non, quoad hanc! - e sia che può - da che non si può logicamente discorrere sul flusso e riflusso de' nostri umori, il quale, a quanto io so, obbedirà alle medesime cause influenti nelle maree - ipotesi che ci tornerebbe spesso a men biasimo: e, per dir di me solo, son certo che in piú incontri mi loderei assaissimo del mio prossimo, se dicesse che io non me la intendo con la luna, e mi governo con essa; - e non avrei colpa in ciò né vergogna - anziché col mio proprio atto e consenso; - e ogni colpa e vergogna sarebbe mia.

       Ma sia che può. Dal punto che io posai l'occhio sul frate, io aveva prestabilito di non dargli un unico soldo; e consentaneamente mi riposi la borsa dentro al taschino; lo abbottonai; mi misi alquanto in sussiego, e mi feci incontro con gravità; e temo d'averlo guardato in guisa da non dargli molta fiducia. L'immagine di lui torna or agli occhi, e vedo ch'ei meritava ben altre accoglienze.

       Il frate, com'io giudicai dal calvo della sua tonsura e da' pochi crini bianchi che soli gli rimanevano diradati intorno alle tempie, poteva avere da settant'anni. Se non che le sue pupille spiravano di un cotal fuoco, rattemprato, a quanto pareva, più dalla gentilezza che dall'età, che tu glie ne avresti dato appena sessanta. Il vero è forse fra due. Certo egli n'aveva sessantacinque; e tutto insieme il suo aspetto, quantunque paresse che qualche cosa vi avesse solcate le rughe anzi tempo, torna bene col conto.

       Era una testa di quelle dipinte spesso da Guido: dolce, pallida, penetrante, disinvolta da tutte le trivialissime idee della crassa e paga ignoranza china sempre con gli occhi a terra: guardava diritto; ma come per mirare a cosa di là dal mondo. Come mai uno di quell'ordine conseguisse sí fatta testa, sappialo il cielo che di lassú la lasciò cascare fra le spalle di un frate! Ma avria quadrato a un bramino; e s'io l'avessi incontrata sulle pianure dell'Indostano, l'avrei venerata.

       Il rimanente della sua figura può darsi, e da chiunque, in due tratti: era e non era elegante, tuttavia secondava il carattere e l'espressione: svelto, esile, di statura un po' piú che ordinaria, sebbene quel piú si smarrisse per l'inclinazione della persona, ma era l'atteggiamento della supplicazione: e quale mi sta ora davanti al pensiero, ci guadagna piú che non perde.

       Inoltratosi tre passi nella mia stanza, ristette; e ponendosi la palma sinistra sul petto (tenea nella destra un bastoncello bianco con che camminava) quand'io gli fui presso, mi s'introdusse con la storiella delle necessità del suo convento, e della povertà del suo ordine, e con grazia sí schietta, e con tal atto di preghiera negli sguardi ed in tutta la persona... io era ammaliato, non essendone stato commosso.

       Ragione migliore si è ch'io aveva prestabilito di non dargli neppure un soldo.

    IV

    IL FRATE

    CALAIS

     Ben è vero - diss'io, rispondendo all'alzata d'occhi con che conchiuse la sua domanda - ben è vero; e Dio non abbandoni mai chi non ha altro rifugio fuorché la carità del mondo, la quale temo non abbia assai capitale che basti a tante grandi pretese - e perpetue.

       Mentr'io proferiva le parole grandi pretese, ei lasciò correre l'occhio sopra la manica della sua tonaca. Sentii tutto il significato di quel richiamo.

       - Lo so - diss'io - una ruvida vesta, e ad ogni terz'anno, con una magra dieta, non è gran cosa. E appunto rincresce alla vera pietà, che, potendosi sí poca cosa guadagnar con poco sudore e con pochissima industria sopra la terra, il vostro ordine brami piuttosto di procacciarsela instando per quel capitale che è l'unico avere del zoppo, del cieco, del decrepito e dell'infermo. Lo schiavo che coricandosi va piú e piú sempre numerando i giorni delle sue tribolazioni, si strugge anch'egli per la sua parte: e se voi, anziché di S. Francesco, foste dell'ordine del Riscatto{10}, povero com'io pur sono - continuai accennando la mia valigia - la vi sarebbe di lietissimo animo aperta per la redenzione dell'infelice. - Il frate mi s'inchinò.- Ma piú d'ogni altro - io soggiunsi - l'infelice della nostra patria ha certamente i primi diritti; ed io ne ho lasciati a migliaja nella miseria su per le spiagge ov'io nacqui. - Il frate crollò affettuosamente il capo, volendo dire: - Pur troppo! la miseria è in tutti gli angoli della terra come nel nostro convento. - Ma noi distinguiamo - diss'io, posando la mano su la manica della sua tonaca, in risposta al richiamo - noi distinguiamo, mio buon padre, que' tanti che bramerebbero di sostentarsi col solo pane del proprio sudore, da tanti che si vogliono sempre satollar dell'altrui; e non hanno per istituto di vita fuorché di passarsela nel non fare e nel non saper nulla per l'amore di Dio.

       Il povero francescano non aprí labbro; le guance gli sfavillarono d'una striscia di fuoco{11} che non poté rimanervi, e in un minimo punto di tempo svaní: avresti detto che tutti i risentimenti della natura si fossero esauriti in quel vecchio; non ne mostrò; ma, lasciando cadere il suo bastoncello fra le due braccia, si strinse con rassegnazione le palme una sovra l'altra sul petto; e si ritirò.

    V

    IL FRATE

    CALAIS

     Mi palpitò il cuore nel punto che egli serrava la porta. Freddure! dissi io, affettando di non curarmene; freddure! e lo ridissi tre volte, ma senza pro: ed ogni sillaba discortese da me pronunziata mi ripiombava sull'anima. Or sia che tu avessi diritto di non esaurire quel povero francescano; non era ella forse pena bastante a confonderlo, senza la giunta d'amare parole? E considerava i suoi crini canuti; e mi pareva che quella figura sua liberale rientrasse, e m'interrogasse cortesemente, che ingiuria m'avesse mai fatto? - e perché mai l'avessi trattato a quel modo? Avrei dato venti lire per un avvocato. Ti sei portato pur male! dissi a me stesso ma esco appena a far i miei viaggi; imparerò modi migliori andando innanzi.

    VI

    LA DÉSOBLIGEANTE{12}

    CALAIS

     Per altro l'uomo malcontento di sé comincia a sentirsi ottimamente disposto a un contratto; e questo è pure un compenso. Or il viaggio lungo la Francia e l'Italia sottintende di necessità la carrozza; onde io, poiché la natura suole spronare i suoi

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