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Borangiu
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Ebook145 pages2 hours

Borangiu

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About this ebook

Dalla povertà all’indigenza, fino alla solitudine, che porta a non avere scopi per una vita non più degna di essere vissuta, ma ciascuno di noi ha un amico, quasi un angelo custode, che ci invoglia ad avere obiettivi da raggiungere, l’amico di Borangiu è particolarissimo, e lo porterà lontano, dove costruirà, insieme ad altri disperati, grandi realizzazioni.

keywords: agricoltura, scacchi, comunità di lavoro, democrazia diretta, ambientato in Sardegna, Emilia Romagna, Friuli e Marche.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateMay 17, 2013
ISBN9788891111111
Borangiu

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    Borangiu - Mariano Abis

    Titolo | Borangiu

    Autore | Mariano Abis

    Immagine di copertina a cura dell’Autore

    ISBN |  9788891111111

    Prima edizione digitale 2013 

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)

    info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    borangiu

    romanzo e illustrazioni di

    mariano abis

    La siccità, quell’anno è stata terribile, mesi e mesi senza vedere cadere dal cielo una goccia d’acqua, persino i fichi d’india, che notoriamente non hanno bisogno di troppa umidità, cominciavano a soffrire, figurarsi gli altri tipi di piante, e la vegetazione, che altri anni, all’inizio dell’estate, aveva ancora un bel colore verde, allora era giallo.

    Gli eucalipti erano quasi spogli, e si notavano in lontananza le poche aree irrigate, immerse in un giallo imperante.

    Il mio paese è stato edificato anticamente presso la confluenza tra due fiumi, e lo stemma municipale mette in risalto questo aspetto, il fiume meno importante è da mesi completamente secco, mentre l’altro, di cui né io, né i nostri avi, abbiamo mai visto il greto, presentava qua e là qualche rara pozzanghera, fabbrica di zanzare.

    Qualche mese fa i pochi appassionati di pesca della mia zona, hanno potuto dare libero sfogo al loro istinto, e fare incetta di trote e anguille, imprigionate tra gli spazi umidi e quelli secchi di entrambi i fiumi.

    Anch’io, avendo un amico appassionato di pesca, ho goduto di quel ben di Dio, e i pesci che pescava ogni giorno erano in quantità così rilevante, che non poteva certo consumarla tutta.

    Ci trovavamo ad affrontare una situazione problematica, che sarebbe potuta diventare irrisolvibile se anche quell’anno i soliti criminali piromani avessero deciso di entrare in azione.

    Ma il mio pensiero, allora, andava alla mia vigna, avevo aspettato anche troppo, convinto che le irrigazioni nuocciono alla qualità dell’uva, per alleviare la sofferenza delle viti, che ormai non potevano più aspettare la pioggia.

    E così, un giorno, mi vide sul trattore, di buon’ora, trasportare il drago, un grande motopompa a due cilindri e doppia girante, capace di sollevare grandi quantità d’acqua, con tanti controlli elettronici per agevolare il mio lavoro, una vera centrale tecnologica, che mi era costata quasi un anno di lavoro, e che ancora non era stata pagata del tutto.

    Piazzai il motopompa a fianco del pozzo, e ispezionai la linea di tubi e irrigatori, qualcosa di strano aveva attirato la mia attenzione, mi saltò agli occhi lo scempio che qualche cacciatore in vena di divertirsi a mie spese aveva compiuto, l’irrigatore era distrutto, e il tubo inutilizzabile, controllai l’intera linea e rabbrividii, nonostante il gran caldo; era stata distrutta sistematicamente, così pure come tutte le altre postazioni di irrigazione, non era certo lo scherzo pesante di un cacciatore, ma un lavoro sistematico che mirava a qualcosa che non avevo ancora compreso, ci doveva essere per forza un fine nascosto per quel disastro!

    Mi sentii svenire dalla rabbia, mi chiedevo chi fosse il delinquente che mi voleva così male, in fondo non avevo mai fatto del male a nessuno!

    In quel momento ho temuto per la mia vita, mi sentivo assalito da qualcosa che non avevo mai provato prima, un fortissimo senso di malessere che mi impediva di stare in equilibrio, il cervello sembrava che mi scoppiasse, sentivo un fortissimo dolore alle tempie, e allora mi inginocchiai per terra con le mani tra i capelli.

    Pensai che dovevo calmarmi, e ragionare, scavare tra i miei ricordi di diciannovenne, ma non mi venne in mente nessun fatto che potesse giustificare tanta cattiveria, arrivai alla conclusione che ciò che si presentava agli occhi non poteva essere altro che il lavoro di un pazzo.

    Non è usanza dei Sardi agire alle spalle in modo così vigliacco, senza motivo, semmai, quando esistono grandi contrasti, l’eventuale, prossima vittima, viene avvisata verbalmente, o con piccoli segnali che esplicitano il motivo dell’avvertimento, e messo in guardia da avvisi chiarissimi, in modo da convincerlo a interrompere un eventuale atto che danneggi l’autore dell’avvertimento, che esce allo scoperto, oppure dà chiari indizi sulla sua persona.

    Ma io non sapevo chi avesse compiuto tutto questo, non potevo sospettare nessuno, e con i mille pensieri che mi pulsavano nel cervello, rientrai mestamente a casa.

    Raccolsi i pensieri e cercai di capire quali fossero le priorità di quel frangente, e decisi che il mio impegno doveva essere rivolto alla vigna, decisi di utilizzare i pochi tubi che non avevano subito danni, ed effettuare un’irrigazione a scorrimento, sistema che però aveva bisogno di enormi quantità d’acqua, e in quel momento non potevo sapere quali fossero le reali potenzialità del pozzo.

    Mi organizzai per tale operazione, e la mattina dopo ero già in vigna, intento a prosciugare il pozzo, e dare ristoro a quella piccola parte di vigna che l’acqua a disposizione poteva accontentare.

    Naturalmente il sistema che ero stato costretto ad adottare era irrazionale, grosse quantità d’acqua potevano soddisfare piccole aree di vigneto, calcolai che, se il pozzo non avesse avuto cali di portata, forse in tre settimane avrei irrigato tutta la vigna.

    Il giorno tornai a casa distrutto dalla fatica, ma potevo razionalmente sperare che avrei in quel modo salvato la produzione.

    Dopo cena mi addormentai pesantemente, e la mattina successiva ero pronto ad eseguire lo stesso lavoro del giorno prima, ma lo spettacolo che mi si presentò di fronte, quando arrivai al capannone dov’erano ricoverati trattore e motopompa era da film horror: quest’ultimo era completamente disintegrato, come avesse fatto il pazzo ad eseguire un simile scempio senza che io avessi sentito nulla, resta per me tutt’ora un mistero.

    Pensai allora, dato che non possedevo risorse per salvare la produzione, di essere completamente rovinato, a volte ci si fa coraggio tra persone care, sia finanziariamente che dal punto di vista morale, ma io non avevo più persone care, perché i miei genitori erano morti in un terribile incidente, quando un camionista aveva perso il controllo del mezzo, e li aveva investiti, un anno fa.

    Forse loro non hanno avuto nemmeno il tempo di capire cosa stesse succedendo, perché sono stati travolti alle spalle, e mi consola sapere che non hanno sofferto, ma l’avvenimento mi aveva gettato in uno sconforto da cui non mi ero ancora risollevato, mi chiedevo se fosse possibile che destino e criminali si fossero accaniti così duramente contro di me.

    Da buon scacchista, nonostante avessi smesso quasi del tutto di ragionare, mi venne improvvisa un’intuizione: e se il criminale non fosse pazzo, e avesse in mente un suo piano per impossessarsi della mia azienda?

    Più ci pensavo e più mi rendevo conto che l’idea non era del tutto campata in aria, e decisi di far circolare la voce di essere disposto a vendere l’azienda, chi si fosse fatto avanti certamente sarebbe stato tra gli indiziati.

    E dopo pochi giorni, eccolo presentato di fronte a me l’indiziato numero uno: un ricco possidente che certo non ha agito direttamente, ma ha delegato a qualche suo scagnozzo il lavoro sporco, fece finta, in piazza, di incontrarmi per caso, mi invitò un caffè al bar, che consumai senza zucchero, proprio io che odio le cose amare, e quando lui mi chiese come mai lo bevessi senza zucchero, gli risposi che ormai mi ero abituato al sapore amaro, visto ciò che mi stava capitando da un anno a quella parte.

    Sapevo già ciò che mi avrebbe detto, ed eccolo, il mascalzone che, con un lungo giro di parole, introdusse l’argomento che gli stava a cuore e, dato che avevo previsto ogni sua parola, mi resi conto che era proprio lui la canaglia, anche se non potevo dimostrare nulla.

    Tra me pensai a quale fosse il modo più sadico per potermi vendicare, quando, a sorpresa, mi fece un’offerta equa, mi resi conto così che per lui la mia azienda era molto appetibile, dato anche il fatto che era mio confinante, ma gli risposi che dovevo valutare l’offerta con calma e gli chiesi dieci giorni di tempo per confrontarla con le altre, ma non esistevano altre offerte.

    Quattro giorno dopo, eccolo di nuovo, il criminale, di fronte a me, altro caffè al bar, quella volta abbondai con lo zucchero, e così, senza giri di parole, rimpinguò l’offerta che così diventava veramente appetibile, e mi spiegò che aveva  fretta di concludere l’affare per non far soffrire troppo la vigna, mi disse che se avessi deciso sul momento di accettare la sua offerta, il giorno dopo avremmo sistemato tutto, in quanto persino il suo notaio aveva già pronti i documenti necessari, e l’assegno era a mia disposizione, già firmato!

    Tutta quell’organizzazione non poteva essere messa in atto in breve tempo, e i miei sospetti diventarono certezza in quel momento.

    Andammo a casa sua, firmammo il compromesso di vendita, e mi consegnò un acconto, altro caffè e calorosa  stretta di mano da parte sua, alla quale risposi senza entusiasmo; il giorno dopo, dal notaio era tutto sistemato, ed io mi ritrovai senza azienda, ma con un cospicuo conto in banca.

    I giorni successivi furono dedicati a cercare un compratore per la mia attrezzatura agricola, si fecero avanti vari contadini, disposti a pagare solo parzialmente ciò che avevano scelto, e siccome mi fido più dei poveri che dei ricchi, conclusi le vendite senza far loro firmare nessun foglio, con l’accordo che quando avessero potuto, mi avrebbero saldato il conto.

    Il giorno dopo cortile e magazzino erano desolatamente vuoti, nulla mi tratteneva in paese, né affetti, né interessi, e diedi libero sfogo alla mia predisposizione all’avventura senza programmi.

    Il record del salto dei mari, sport così diffuso tra la gente della nostra isola, non appartiene certo a me, dato che feci la breve tratta cagliari – civitavecchia, che a confronto dei viaggi di altri miei compaesani assomigliava più al salto di una pozzanghera.

    Una volta sbarcato nella penisola, feci il turista per qualche giorno, visitai roma, l’umbria e le marche, poi, una volta in romagna, cominciai a chiedere in giro se qualche azienda avesse bisogno di personale, trovai subito un’azienda vitivinicola di grandi proporzioni, con una cantina così grande che stentavo a credere fosse proporzionata  alla lavorazione dell’uva dell’azienda; mi dovetti ricredere solo dopo qualche mese, dato che la strategia aziendale puntava alla quantità e, all’atto della vendemmia, i ceppi erano stracolmi d’uva, e le cassette che usavamo per raccoglierla in un attimo erano già piene.

    La nostra produzione enologica si limitava principalmente a due soli vini: lambrusco e sangiovese, destinati al consumo giornaliero, senza nessuna pretesa di qualità eccessiva, ma l’enologo era sicuramente esperto, e riusciva ad ottenere dei vini accettabili e di basso costo, che venivano commercializzati senza problemi, sia in bottiglia che in bottiglioni da due e cinque litri, e così, a giorni alterni, la linea di imbottigliamento funzionava a pieno regime.

    Ma una grande azienda,

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