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E via dal mio cuore
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Ebook99 pages1 hour

E via dal mio cuore

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About this ebook

Dopo aver ascoltato le voci di donne separate ho assistito agli incontri nelle varie associazioni degli uomini separati: il più delle volte si ritrovano senza più figli né casa. senza più speranza nel futuro perché in questo momento di crisi totale nella famiglia come nel mondo del lavoro sono più poveri di sentimenti e di denaro. Ho raccolto le loro voci e ho scritto questo breve romanzo sperando che qualcuno, per amore dei loro figli, ci ripensi e cerchi di ritrovare nei loro cuori il sentimento che li aveva uniti.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 12, 2013
ISBN9788891113597
E via dal mio cuore

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    E via dal mio cuore - Nadia Celli

    Verona.

    1

    Io

    Oggi sono diventata suocera.

    No, mio figlio non si è sposato oggi, ma dieci anni fa. Per me la parola suocera non era un titolo sentito: provavo un amore per Lei che me la faceva sentire figlia, quella che non ho avuto.

    L’ho vista per la prima volta anni fa, innamorata di mio figlio: ora non le è più.

    Forse lo ha tanto cambiato che così non le piace più? O non ha rispettato le sue aspettative?

    –Via, fuori da casa. Torna dai tuoi, dormi in macchina, fai come ti pare. Io amo un altro.– Ha detto a Matteo, mio figlio.

    Lui non voleva andar via da casa e lasciare i suoi figli.

    Quella sera il mondo ci è crollato addosso: Matteo è venuto a dirci che Lei non è più innamorata, che ha una sbandata per il direttore del negozio dove lavora. Non vuole più Matteo per casa.

    Casa non solo sua, noi come abbiamo potuto, era il suo sogno, siamo riusciti ad aiutarli. Ma i sogni di Lei sono aumentati di mese in mese: casa con giardino, viaggi, macchine e camper.

    E in due arrivavano a duemila euro al mese.

    Debiti sempre, che mio figlio non voleva, ma per accontentarla … non c’è mai fine.

    Adesso per Lei è tutta una bella novità, una novità che fa battere il cuore: non pensa ai figli e a tutto quello che verrà poi, con il tempo.

    Si è presentata da Matteo al lavoro, lo ha fatto chiamare e sono saliti in macchina per discutere.

    Lui si è spaventato, ha pensato che i bambini o qualcuno di famiglia stesse male e invece era per dirgli che non lo voleva più.

    Tutto quello che è accaduto, a noi non dovrebbe importare. Dovremmo essere spettatori muti, ma pur non volendo siamo presi nel vortice degli avvenimenti che sconvolgono anche la nostra vita, grazie ad unapersonache da soladecideper tutti.

    E decidendo ci inserisce a forza in questo gioco.

    Il nome di quella che era mia nuora non lo so più pronunciare, mi fa troppo male. Ora la chiamo la Signora.

    Matteo

    Puttana di merda!

    Credevi fossi un coglione? Che non mi fossi accorto di quanto eri cambiata? Ore chiusa in bagno, a massaggiarti con creme snellenti, a depilarti, darti lo smalto sulle unghie di piedi e mani, cose che prima per me non avevi mai fatto e tutto mentre io cambiavo pannolini a Riccardo che piangeva per il mal di pancia, gli preparavo il biberon e lo mettevo a letto. Tu avevi sempre mal di testa o eri stanca, i bambini nel nostro letto sempre, per tua comodità.

    Io dall’altro lato del letto vedevo le tue spalle, sempre girate.

    Mai un sorriso, un augurio di buona notte. Sempre stanca. Mi dicevi:

    –Hai lavato i piatti? Steso i panni? Scopato le briciole?–

    Tutto quello che faccio ora non va più bene, mentre anni fa ogni cazzata che sparavo era per te oro colato. A volte lo facevo apposta, per metterti alla prova e mi sentivo un Dio, gratificato dall’amore che mi dimostravi.

    Io

    Qualcosa non andava.

    Mesi prima Matteo era venuto a dirci, spinto da Lei, che sarebbe stato bello comperare un camper insieme: e i soldi?

    E le spese continue che comporta? Lo abbiamo fatto ragionare, non l’abbiamo accontentata.

    Mi hanno raccontato che la moglie del suo amante, saputa la loro storia, si è presentata nel negozio in centro dove lavora la Signora e le ha tirato addosso tutto quella che aveva a portata di mano. Scarpe e borse le sono arrivate addosso come se piovesse. Peccato che non lavori in una fabbrica di mattoni. L’amante è rimasto con la sua famiglia, con i suoi figli, mentre la Signora è rimasta sola e incazzata.

    Lui ora è in viaggio all’estero con la sua famiglia. Noi abbiamo accolto nostro figlio in casa sperando che la Signora ci ripensasse.

    Matteo

    E’ venuta ad aspettarmi all’uscita dal lavoro per dirmi che non mi vuole più. E’ innamorata di Giulio, il direttore del negozio dove lavora, che si spacciava per amico.

    Amico di merda, uomo di merda, che si dà da fare con tutte quelle che ci stanno. Lei spera forse di essere l’unica? Il grande amore della sua vita? Quella che lo cambierà?

    Mentre Lei mi parlava e mi diceva che non mi voleva più per casa, non vedevo più niente. Buio negli occhi e nella mente, sono sceso dalla macchina. Un macigno al posto del cuore. Sono tornato in laboratorio e sono andato in bagno: ho preso a pugni e calci la porta. Non riuscivo a piangere. Puttana! Schifosa!

    Continuavo a bersagliare la porta e non sentivo nessun dolore, le mani rotte e sanguinanti. Con tutto il baccano che ho fatto sono arrivati di corsa i miei colleghi per chiedermi cos’era successo.

    Mi sono seduto per terra, la testa fra le mani e ho parlato.

    Mi hanno offerto da bere per aiutarmi a riprendermi e farmi forza.

    Ho bevuto tutto. Avrei bevuto il mondo intero. Per dimenticare, annientarmi.

    Ricordo l’ultima sera a casa mia, mio padre mi diceva:

    –Tua moglie ha bisogno di una pausa di riflessione chiede tempo. Preparati la valigia, vieni a stare da noi per un po’.– Non ho fatto storie perché i miei figli mi guardavano: mi domandavano cosa facevo e perché. E piangevano.

    Mentre uscivo da quella casa la madre dei miei figli li teneva fermi perché volevano seguirmi. Piangendo Giulia, la più grande urlava:

    –Papà, non andare via!.–

    Riccardo, più piccolo, la guardava e si univa al suo pianto.

    Ho preso le valige sono uscito e sceso nel buio.

    Io

    Ieri sera la Signora è arrivata per prendere i bambini con un ritardo di quaranta minuti, bella pimpante, tutta truccata.

    Non è sicuramente in crisi, tutta in tiro così non l’ho mai vista. Mi dice:

    –Ciao, tutto bene?–

    –Secondo te va tutto bene?–

    E’ passata solo una settimana da quando ha allontanato Matteo da casa.

    Dalla finestra del soggiorno guardo scorrere il fiume mentre bevo il caffè e penso. Vedo la loro casa sull’altra sponda, al di là del ponte. E’ poco in linea d’aria lo spazio che ci separa.

    Mi sono decisa. Questa mattina sono andata nel negozio dove lavora la Signora: era ancora presto e sapevo di trovarla da sola così avrei potuto parlarle liberamente.

    Le ho chiesto se era sicura di quello che stava facendo e mi ha risposto seccata:

    –Sicurissima, io non sono più innamorata di tuo figlio e non lo voglio più per casa.–

    –Ho capito benissimo che non sei più innamorata di lui. Lo sai, vero, che io conosco la verità. E non dirmi che due persone adulte come voi si guardano solo negli occhi, non lo credo, se tu hai deciso di buttare all’ariala tua famiglia … –

    Mi ha guardata e mi ha risposto:

    –Chiamami pure puttana ma non cambio idea.–

    –Io non mi permetto di chiamarti così, sei la mamma dei miei nipoti e solo per loro ti chiedo di ripensarci di farlo ritornare a casa. Vivete da separati in casa, pensa alle tue creature.–

    –Io dovrei averlo per casa e lavargli le mutande? Io non voglio sentire più neanche il suo odore.–

    Ho tentato:

    –Le mutande

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