Siamo ciò che pensiamo: Principi di comunicazione e PNL per guarirsi e guarire
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Siamo ciò che pensiamo - Lorenzo Locatelli
Trevisani
1
La comunicazione
Un’introduzione alla comunicazione
Per i terapeuti, i naturopati e in generale per tutti gli operatori della salute, conoscere il proprio lavoro è fondamentale tanto quanto saper comunicare e saper instaurare delle buone relazioni con l’altro. A dispetto di quanto sostengono i più, tuttavia, quella della comunicazione non è un’arte innata, un dono della genetica. Ognuno di noi può diventare un buon comunicatore nel momento in cui conosce le basi e i principali strumenti della comunicazione.
Quasi tutti riconoscono, ormai, che in molte professioni la relazione gioca un ruolo centrale. Se questo vale per ogni relazione, per la relazione di aiuto diventa di massima importanza. Anche una parte della classe medica è giunta a riconoscere che la qualità del rapporto tra medico e paziente è importante come minimo quanto la terapia.
Obiettivo di questo libro è quello di presentare gli universi della comunicazione e della relazione appoggiandosi principalmente alla PNL, Programmazione Neuro-Linguistica, una disciplina che offre interessantissimi spunti a riguardo.
Nell’ultimo secolo e mezzo molti ricercatori hanno indagato i concetti legati alla comunicazione e alla relazione (William James, Teilhard de Chardin, Gregory Bateson, Abraham Maslow, Paul Watzlawick, Candice Pert, Noam Chomsky sono solo alcuni nomi tra tanti). Questi autori hanno studiato la potente connessione esistente tra i processi del linguaggio e il comportamento, e hanno osservato come un cambiamento nell’uso del linguaggio può influenzare il modo in cui viviamo le esperienze e ci muoviamo nel mondo. In che modo? È proprio a questa domanda che tenteremo di dare risposta nelle prossime pagine.
Partiamo prima di tutto dai significati. Il termine comunicare
viene dal latino cum, con
, e munire, legare
: vuol dire mettere in comune, far partecipe
. La comunicazione ha a che fare, quindi, con il trasferimento, o meglio con la condivisione, delle informazioni. Nel mare magnum delle relazioni, allora, cerchiamo di fare un po’ di ordine e di chiarire alcuni elementi – che chiameremo assiomi – indispensabili per avviarci a uno studio efficace della comunicazione.
Contenuto e relazione
Negli anni Sessanta Paul Watzlawick (1921-2007) e altri ricercatori della Scuola di Palo Alto (California) hanno introdotto un’importante novità nello studio del processo comunicativo, distinguendo al suo interno due dimensioni: contenuto e relazione. Per contenuto intendiamo le informazioni, cosa si comunica. Per relazione definiamo il rapporto tra chi comunica, come si comunica. In una qualsiasi interazione, generalmente, viviamo in modo consapevole il contenuto e in modo inconsapevole la relazione. Eppure pare che la relazione sia talmente preponderante rispetto al contenuto da interessare il 93% dell’atto comunicativo – per quanto sia molto difficile scindere i due aspetti. Se comunichiamo un’informazione questa può essere letta in modi molto diversi a seconda del contesto. Se, per esempio, a chiedere Che ore sono?
è il capo ufficio quando entriamo in ritardo al lavoro è un conto, se è un passante per strada è un altro conto, se è nostro figlio che muore dalla voglia di uscire con i suoi amici è un altro conto ancora.
Gli studi di Watzlawick e dei suoi collaboratori sono stati ripresi e approfonditi dallo psicologo Friedemann Schulz von Thun, ideatore del quadrato della comunicazione. Vediamo come è strutturato questo modello di comunicazione interpersonale:
• in alto: contenuto; di che cosa si tratta?
• in basso: relazione; come colui che parla definisce il rapporto con te? Cosa ti trasmette della sua opinione di te?
• a sinistra: rivelazione di sé; cosa riveli di te stesso, consapevolmente o meno, mentre ti esprimi?
• a destra: appello; che effetti vuole ottenere chi parla? Cosa chiede alla controparte, esplicitamente o meno, di fare, dire, pensare, sentire?
Le quattro dimensioni presentate valgono sia per chi comunica che per chi riceve. Lo schema, infatti, può essere letto anche dalla prospettiva del ricevente, e mostra quattro livelli su cui l’ascoltatore si può sintonizzare. Siamo noi che interpretiamo le informazioni che riceviamo e vi attribuiamo un significato. Invece di arrabbiarci (lato inferiore del quadrato) quando ci vengono dette delle parole dure, ad esempio, potremmo chiederci cosa sta provando la persona che si rivolge a noi (lato sinistro del quadrato).
È impossibile non comunicare
Ogni interazione umana è una forma di comunicazione, dunque ogni atteggiamento assume un significato per l’altro. Anche il silenzio, o meglio le tante forme che il silenzio può assumere, veicola sempre un messaggio: se non partecipiamo a una cerimonia la nostra assenza comunicherà qualcosa, se rimaniamo in silenzio di fronte a qualcuno che ci incalza con le sue domande stiamo comunicando in maniera forte, se il nostro cellulare è spento sta comunicando di non essere raggiungibile.
La comunicazione è verbale, paraverbale e non verbale
Tutte le interazioni tra individui possono essere lette secondo tre dimensioni:
• verbale: le parole (le parole chiave, i modi di dire, le espressioni dialettali, gli intercalari utilizzati, ecc.);
• paraverbale: la qualità della voce (il tono, la velocità dell’eloquio, il volume, il timbro e tutte le qualità della voce, ecc.);
• non verbale: atteggiamento del corpo (gli aspetti relativi alla postura, ai gesti e ai fenomeni corporei esteriori).
Una comunicazione, per essere efficace, deve manifestare almeno un certo grado di coerenza tra questi livelli. Quando i livelli di comunicazione verbale, paraverbale e non verbale appaiono in conflitto tra loro, in genere è il messaggio non verbale a essere il più attendibile, perché il nostro corpo comunica molte più informazioni delle nostre parole, e perché queste informazioni subiscono sempre meno interferenze rispetto al piano della razionalità che si esprime attraverso le parole.
Interpretare la comunicazione non verbale è un elemento molto importante. A partire dall’infanzia cerchiamo di leggere gli atteggiamenti dell’altro per capire quali interessi e predisposizioni esprimono, se possono essere una minaccia, se rivelano dell’affetto, ecc. Purtroppo non esiste una vera e propria grammatica che ci aiuti a decodificare la comunicazione non verbale. Nel corso di questo libro ci saranno numerosi spunti che aiuteranno a percepire gli stimoli esterni in modo quanto più preciso possibile.
Lo studio della fisiognomica può aiutarci a comprendere meglio i segnali che ci provengono dall’altro; anche la prossemica, studiando l’organizzazione delle distanze tra le persone, può esserci di aiuto; la cinesica, una disciplina che studia i gesti e il loro contenuto comunicativo e significativo, si focalizza sul contatto fisico tra gli interlocutori, le posture, i movimenti del capo, le espressioni del volto, lo sguardo e tutti quegli aspetti non verbali che compaiono in una qualsiasi interazione tra persone.
In ogni caso è importante considerare anche le usanze culturali per comprendere al meglio i segni della comunicazione non verbale. Infatti le espressioni del volto, i toni della voce, le posture possono avere significati differenti a seconda del contesto nel quale si esprimono. Guardare fisso negli occhi il proprio interlocutore veicola messaggi estremamente diversi a seconda di dove ci troviamo.
Il significato di ogni comunicazione è nella risposta
Questo importante concetto proviene dalla cibernetica – la scienza dei computer – e dall’importanza che questa dà al feedback, l’informazione di ritorno. Un buon comunicatore è responsabile al cento per cento dei risultati che ottiene o che non ottiene.
Se la mia comunicazione non ha prodotto il risultato desiderato, è la mia comunicazione che va cambiata, non è il ricevente che non ha capito. Io posso pensare a un tipo di comunicazione più adatta a produrre nell’altro la reazione che desidero o, in altre parole, far sì che il mio messaggio giunga all’altro in modo che abbia per lui la stessa comunicazione che ha per me.
In una comunicazione difficoltosa, non importa individuare chi l’abbia originata.
Decidiamo a un certo punto di assumercene la responsabilità e da quel momento comunichiamo con consapevolezza, anziché reagire automaticamente agli stimoli. Agiremo per tentativi, più o meno sostenuti da ipotesi, ma sempre pronti a tenere in considerazione il feedback. In quest’ottica non esistono errori, ma soltanto esperimenti e reazioni da analizzare. (Granata G., PNL. La Programmazione Neuro-Linguistica, pagg. 19-20)
Allora, ad esempio, perché nel mondo della scuola si parla sempre e solo di difficoltà di apprendimento e mai di difficoltà di insegnamento?
Per quanto ci riguarda, ciò dovrebbe far riflettere chi intende intraprendere o svolge un lavoro di relazione come quello dell’operatore della salute, per iniziare ad affrontare l’altro con la giusta presenza, centratura e consapevolezza.
Ogni essere umano è strutturato per comunicare, per avere uno scambio continuo con l’ambiente circostante. Riceviamo stimoli da ciò che ci circonda e influenziamo continuamente ciò che è attorno a noi. In modo ancora più completo possiamo dire che ogni comportamento è comunicazione e ogni comunicazione è un comportamento.
COSA HO IMPARATO IN QUESTO CAPITOLO
• Saper comunicare e sapersi relazionare è fondamentale per molte professioni. Ognuno può diventare un bravo comunicatore se apprende le basi e i principali strumenti della comunicazione.
• Il processo comunicativo consta di due dimensioni: comunichiamo sempre qualcosa (contenuto) in un certo modo (relazione). Generalmente, viviamo in modo consapevole il contenuto e in modo inconsapevole la relazione.
• Il quadrato della comunicazione è costituito da quattro dimensioni: contenuto, relazione, rivelazione di sé, appello.
• Definiamo ogni interazione umana come una comunicazione, in quanto veicola un significato.
• Le tre dimensioni della comunicazione sono: verbale, paraverbale e non verbale. Per essere efficace la comunicazione deve manifestare un certo grado di coerenza tra questi livelli.
• Anche il corpo ha un suo linguaggio ed è importante imparare a conoscerlo.
• L’importanza del feedback: ogni comunicatore è responsabile dei risultati che ottiene o non ottiene.
• Ogni comportamento è comunicazione e ogni comunicazione è un comportamento.
2
La Programmazione Neuro-Linguistica
C’è una cosa che più di tutte le altre ci fa capire se qualcuno sa cos’è la PNL. Non è un insieme di tecniche, è un atteggiamento. È un atteggiamento che ha a che fare con la curiosità, col voler sapere le cose, col voler essere capaci di influire sulle cose, e voler essere capaci di influirvi in modo che valga la pena di farlo. Tutto si può cambiare. (Bandler R., Usare il cervello per cambiare, pag. 137)
La PNL (Programmazione Neuro-Linguistica) è una disciplina che si occupa di comunicazione, crescita personale e cambiamento. Il nome rimanda alla connessione esistente tra i processi neurologici, il linguaggio e i comportamenti appresi con l’esperienza.
La PNL è stata sviluppata da Richard Bandler e John Grinder negli anni Settanta in California. Il primo era uno studente di matematica particolarmente interessato all’informatica presso la University of California, il secondo un professore associato di linguistica presso la stessa università.
Bandler e Grinder, incoraggiati da Gregory Bateson, approfondirono le strategie terapeutiche di Virginia Satir (fondatrice della terapia familiare), di Fritz Perls (padre della terapia Gestalt) e di Milton Erickson (uno dei più famosi medici ipnotisti del mondo); le loro ricerche portarono alla conclusione che, studiando e analizzando attentamente persone considerate geniali nel proprio campo, è possibile per chiunque copiare gli elementi fondamentali del loro modus operandi e ottenere i medesimi risultati. È questo il modellamento
dell’eccellenza umana.
I co-fondatori della PNL si resero conto che il modo in cui pensiamo alle cose ha una struttura che influenza la nostra esperienza soggettiva del mondo, e chiarirono la distinzione tra il territorio
– il mondo vero e proprio – e la mappa
interiore – l’esperienza che di quel mondo facciamo; questa distinzione si sintetizza spesso con l’affermazione la mappa non è il territorio
.
La collaborazione tra Bandler e Grinder giunse al termine alla fine degli anni Settanta, quando i due proseguirono ciascuno per proprio conto a contribuire attivamente al mondo della PNL. Richard Bandler ha portato avanti ciò che oggi definiamo la PNL classica, che lavora essenzialmente su due fronti, la struttura del linguaggio e l’ipnosi, e trae spunto principalmente dalla linguistica, dalla Gestalt e dalla teoria degli insiemi. Bandler ha creato una serie di modelli registrati, tra cui il Design Human Engineering e il Persuasion Engineering; ha scritto moltissimi libri e tiene regolarmente seminari di formazione di PNL e ipnosi in tutto il mondo. Attualmente Bandler collabora principalmente, tra gli altri, con John La Valle, Owen Fitzpatrick e Alessio Roberti.
John Grinder, con Judith DeLozier e altri, ha sviluppato la cosiddetta PNL New Code
, una disciplina molto più esperienziale rispetto alla PNL classica. La PNL New Code
affonda le proprie radici nella teoria dell’informazione e nelle opere di Carlos Castaneda; ne sono risultati molti nuovi modelli, schemi e tecniche. Attualmente Grinder collabora principalmente, tra gli altri, con Carmen Bostic St. Clair.
Un altro studente della University of California, Robert Dilts, tra i primi a impegnarsi al fianco di Bandler e Grinder, è stato tra i più vigorosi innovatori della PNL; ha ideato molti schemi e modelli per il cambiamento e ha ampliato considerevolmente la quantità di materiale pubblicato sulla disciplina; inoltre ha dato vita al filone della PNL denominato PNL sistemica, che presenta un approccio più olistico e complesso rispetto alle due correnti principali della PNL.
Richard Bandler
John Grinder
Virginia Satir
Fritz Perls
Milton H. Erickson
Gregory Bateson
Robert Diltz
Owen Fitzpatrick
John La Valle
Alessio Roberti
Mentre avanziamo nel Ventunesimo secolo, la PNL continua a evolversi: ogni anno un numero sempre crescente di professionisti aggiunge nuovi modelli e tecniche.
In questi decenni la Programmazione Neuro-Linguistica ha prodotto alcuni degli schemi più potenti mai creati per facilitare il cambiamento nelle persone, semplicemente