anche i denti hanno un'anima
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anche i denti hanno un'anima - Alessandro Carrafiello
diversi.
IL PROBLEMA DEL METODO
Forse è antica quanto l’uomo, la necessità di capire i nostri simili.
Immaginiamo di trovarci in un’era pre-verbale, agli albori dei tempi umani, quando ancora non esisteva il linguaggio. Quali erano gli strumenti per comunicare tra simili? Come faceva un’essere sociale come l’uomo a creare e mantenere un clan? Come riusciva a intuire le intenzioni dei propri simili?
I paleoantropologi, rispondono a questi quesiti parlando dei nostri antenati impegnati in gesti, versi gutturali, ma anche mimica facciale. Secondo Lieberman il linguaggio fu possibile circa 50.000 anni fa, quando i nostri progenitori conquistarono la stazione eretta, allora fu possibile la discesa della laringe, e quindi la fonazione.
Per millenni, prima di tale data, era necessario, mancando altri strumenti, saper leggere nel volto dell’altro le intenzioni che lo animavano, quindi si è sviluppata la capacità di leggere il linguaggio somatico
, l’espressione non verbale dell’altro.
L’ istinto fisiognomico
, un tempo indispensabile alla sopravvivenza e al creare rapporti sociali, verrà poi superato dal linguaggio verbale, questo superamento non esclude che tale istinto
, sia comunque rimasto nel nostro patrimonio comportamentale; nell’epoca storica divenne una parascienza
chiamata: fisiognomica
.
Trovo interessante, come il linguaggio verbale coincida con la civilizzazione dell’uomo, e ne esprima l’aspetto razionale, e come allo stesso modo il linguaggio non verbale, antecedente al linguaggio verbale sia espressione di quell’epoca, primitiva in cui gran parte del comportamento umano era istinto. Si realizza quindi un parallelo tra razionalità e verbalità, e tra istinto e corporeità, se vogliamo piuttosto ovvio, ma che ha implicazioni di analisi importanti, la maggiore è che con la razionalità possiamo mentire, e a parole infatti è facile costruire realtà soggettive; con il linguaggio corporeo invece mentire è molto difficile. Se accettiamo che una strutturazione emotiva engrammica, ossia inconscia e cronica, possa influenzare o addirittura determinare certi aspetti anatomici del nostro corpo; quegli stessi aspetti esprimono stati emotivi interni, veri e certamente non costruiti.
A tal proposito, G.W.Hegel soteneva che: il linguaggio criptico della fisiognomica si può decifrare, e il suo alfabeto sta dentro di noi
.
Scienza vana
, fu definita dai positivisti, per quanto si possa essere intuitivi, e avere capacità personali di entrare nell’animo del prossimo, se questa capacità non viene resa, ripetibile, documentabile, e soprattutto se non si da la possibilità ai colleghi di fare altrettanto, e meglio e di più: tutto rimarrà appunto vano. Il mio intento è di portare la mia esperienza personale di studio e di clinica per dare ad altri gli strumenti per raggiungere da medici maggior efficacia terapeutica, agire sia sul fisico che sullo spirito; o almeno aver consapevolezza che le due sfere non sono mai disgiunte.
Sono assolutamente convinto di ciò e ritengo importante iniziare ponendo la questione del metodo.
C.G.Young in i tipi psicologici
affronta spesso lo stesso tema, la scientificità è necessaria, ma trattando di psicologia va adeguata alla materia trattata, va soggettivizzata
: come dei colori la scienza rileva una frequenza, ma il nostro animo ci dice colore, dando una lettura emotiva del medesimo oggetto. Allo stesso modo nella lettura del vissuto emotivo attraverso la bocca, si analizza l’anatomia, e quindi ci vuole scientificità, ma il risultato è psicologico, e quindi non propriamente materia soggetta alla scientificità assoluta.
La fisiognomica, dal greco phisis=natura e gnomon=conoscenza, diverrà una pratica universale nell’antichità, in molti casi legata alla divinazione e all’esoterismo, in altri invece si avrà il tentativo di interpretare l’uomo su basi parascientifiche, a partire dalla Kabbalah, attraverso i filosofi e medici greci.
Aristotele, diede alla fisiognomica una sistematicità, pur rifacendosi alla comparazione uomo-animale, (interpretatio zoomorfa) e ad analisi etniche, introdusse una grande considerazione evidenziando l’importanza delle espressioni secondarie prodotte dalle emozioni, intendendo distinguere espressioni momentanee dalle maschere mimiche
, costantemente scolpite sul volto.
Il problema fondamentale, che già emerge per dare alla fisiognomica dignità di scienza emerge essere il metodo
.
Laddove infatti, al di la dei risultati o dell’acutezza delle intuizioni, l’analisi dei tratti avviene attraverso gli astri, la magia o l’esoterismo, il risultato stesso dell’analisi assume un che di verità assoluta, di insondabile rivelazione che necessariamente induce lo studioso a chiedere dimostrazione; e a questo punto tutto crolla poiché non è dimostrabile attraverso strumenti scientifici.
Fin’oltre il rinascimento l’interpretazione fisiognomica risente, negativamente del legame con la magia. Giovanni Battista della Porta, (1535-1615) cercò di allontanare il legame magico nel suo de humana physiognomonia
, l’intuizione di legare l’animo all’anatomia fu a tal punto giusta da insospettire il Sant’uffizio, e (guarda caso pochi anni prima del rogo di G.Bruno), il della Porta interruppe gli studi di fisiognomica. I metodi applicati per l’indagine fisiognomica fin’ora erano stati l’animalismo, ossia il paragonare stati dell’animo umano al comportamento di taluni animali, la teologia, l’applicazione della teoria degli umori (Ippocrate), le relazioni cosmo-astrologiche, (le Brun 1619-1690 ), la teologia, (Lavaterre 1736-1783).
Successivamente F.J.Gall, (1758-1828), elaborò una teoria che metteva in relazione le varie conformazioni craniche alle facoltà mentali, fondando la frenologia.
Charles Darwin, (1809-1882), nel suo L’espressione dei sentimenti nell’uomo e negli animali, (1872), utilizza in modo massivo lo strumento fotografico. La sua opera tende a inserire in un contesto evoluzionistico espressioni e muscolatura facciale. A questo proposito vorrei sottolineare come in epoca pre-verbale il valore della comunicazione corporea e mimica fosse necessariamente più utilizzato che nei tempi odierni; è quindi plausibile che la muscolatura mimica avesse un maggior tono, condizionando i tratti somatici.
Darwin si appoggiò agli studi di D. de Boulogne, neurologo francese(1806-1875), che stimolava elettricamente i nervi motori, giungendo ad elaborare la teoria che fosse possibile evocare le emozioni attraverso il solo movimento muscolare, (mècanisme de la physognomie humaine, 1862);una sorta di robotica delle emozioni, che peraltro all’epoca incontrò il consenso del mondo scientifico, (ricordo infatti che siamo in pieno positivismo).
Il riferimento all’epoca culturale è d’obbligo poiché tutt’oggi noi medici, nella maggior parte, spesso siamo avvolti dal medesimo clima positivista, anzi spesso ne siamo ossessionati:cioè si esige di dimostrare al di là di ogni possibile interpretazione personale una realtà oggettiva. Posto che l’emozione è nella sua essenza stessa soggettiva, ossia frutto di uno stato psichico interno ad un individuo;appare chiaro che il metodo scientifico
non potrà che registrare una realtà cangiante, che sfugge alla catalogazione.
In questi anni, fine 1800, si afferma la fotografia come strumento principe di indagine scientifica, soprattutto volta a documentare l’uomo nei suoi aspetti etnici ed espressivi.
Non a caso in Italia il primo presidente della Società Fotografica Italiana è Paolo Mantegazza, (1831-1910), ordinario di patologia generale all’università di Pavia e titolare della prima cattedra italiana di antropologia. La fotografia come strumento scientifico di elezione, unisce nella sua figura medicina e antropologia.
Scrisse un interessante Atlante delle espressioni del dolore, 1876, dove trovo felice l’intuizione di correlare per analogia e simbolismo le smorfie di certe reazioni sensoriali a reazioni ad offese psichiche:ad esempio il disgusto visivo crea una reazione mimica sovrapponibile al dolore intellettuale, (infatti la razionalità, è della neocorteccia, cervello umano, e il senso più legato a questa parte del cervello è la vista);il disgusto al sapore da amor proprio offeso, (gusto e olfatto sono i sensi delle emozioni.⁴
Negli stessi anni Cesare Lombroso, (1836-1909), con tecniche di correlazioni fotografiche, etniche, anatomiche avvicina uomo ed emozioni, descrivendo l’uomo criminale
, un metodo fotografico-fisiognomico, che portò a conclusioni oggi difficilmente proponibili. Il Lombroso descrive attitudini criminose, in tratti somatici appartenenti a razze primitive
, creando la strada ideologica a razzismi politici. Il metodo lombrosiano, spesso unisce pazzia e criminologia, ideologie razziste, (positivismo italiano) e tradizione fisiognomica;inoltre studiò, commentò, in fondo giudicò popoli lontani senza mai uscire dall’Italia, utilizzando materiale fotografico di varia provenienza non sempre tecnicamente valido.
Alphonse Bertillon, (1853-1914), mise a punto un sistema di catalogazione facciale
, avvalendosi di tecniche fotografiche, avanzate per l’epoca.
Pregevole in questo metodo l’importanza data alle basi ossee, che venivano considerate praticamente immutabili dai