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Le figlie di Tlan
Le figlie di Tlan
Le figlie di Tlan
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Le figlie di Tlan

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About this ebook

Le Figlie di Tlan appartengono ad una razza aliena che è vissuta come “ospite” del DNA Umano per molti millenni e provengono da una lontana Galassia verso la quale anelano di tornare.

Si evolveranno nella metamorfosi, perdendo le sembianze Umane per divenire uguali alle loro antenate, esseri dalla doppia identità sessuale, naturale per loro e senza alcuna indulgenza per la lascivia. Dalle sembianze di uomini e donne, si trasformano in esseri di sconvolgente bellezza che dimostrerà tutta la differenza e la distanza dalla razza ospite. Sono esseri che in milioni di anni Terrestri di evoluzione hanno acquisito facoltà superiori.

Hanno un nemico che costituisce un pericolo mortale per sé e per gli Umani che sconfiggeranno con l'aiuto di un'altra razza aliena, gli Inkliliti. Di questo nemico si sa poco e la sua conoscenza non verrà mai svelata per intero.

Il loro ultimo compito sulla Terra sarà quello di far trovare agli Umani il modo di convivere pacificamente per potersi evolvere ed essere degni di prendere il posto loro spettante nello spazio.

Prima raggiungeranno Marte, dove ritroveranno l'eredità tecnologica delle antenate e da lì faranno un balzo fino alla loro lontana galassia per ritornare a Mitlan, quarto pianeta della stella Tlan.

Nella lunga avventura delle Figlie di Tlan, il lettore scoprirà cose e sensazioni nuove. Alcuni interrogativi posti avranno risposte possibili ed apriranno il pensiero alla convivenza tra alieni, i “diversi” dello spazio e delle sue dimensioni, dove la fisica della nostra dimensione non ha senso.

Le Figlie di Tlan, con il loro essere, dimostrano che è possibile, senza ledere la moralità Umana, possedere una morale completamente diversa, aliena appunto.

Esse hanno una potente capacità telepatica con la quale tutte possono sentire tutto di tutte. La loro morale diversa è pregna d'amore che vivono in un profondo rispetto delle loro individualità. Possono sentire ma non ascoltano, non sono indiscrete, non penetrano nell’intimità dei pensieri delle altre e non si spiano.

Non hanno Leggi scritte, non hanno gerarchie, non hanno denaro né commercio e nemmeno una economia. Non bramano potere sulle altre o possesso delle cose e non conoscono gelosia ed invidia. Ciascuna di loro ha un posto naturale nella loro Comunità che deriva dal riconoscimento delle altre Figlie di Tlan; non esistono né umili, né potenti e chiunque di loro può rappresentarle tutte.

Possiedono facoltà impensabili per gli Umani che usano con estremo senso di giustizia, senza prevaricare e senza superbia; sono troppo superiori ed evolute. Si fanno amare per l'amore col quale trattano la razza che inconsapevolmente le ha avute nel suo grembo per migliaia di anni.

Esse possiedono la longevità naturale che si rinnova periodicamente ma non sono immortali e le loro facoltà, come spiegano agli Umani affinché non si sentano umiliati nel confronto, sono frutto di milioni di anni Terrestri di evoluzione e loro non ne hanno il merito.

Le Figlie di Tlan, non è soltanto un viaggio nell'avventura degno della miglior fantascienza Anglosassone ma anche la scoperta di una diversa antropologia, una diversa morale che non è immorale e nasconde in sé un'altra storia, per chi la sa riconoscere.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateJun 5, 2014
ISBN9788891144324
Le figlie di Tlan

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    Le figlie di Tlan - CESARE SABA

    bene.

    LE FIGLIE DI TLAN

    (Amore Alieno. Alla ricerca del mondo perduto)

    --- 0 ---

    Cap. 1 - L'incontro

    S'era fatto buio. Era quasi la fine dell'autunno ed il freddo era arrivato all'improvviso, come d'altronde succedeva negli ultimi anni, dopo aver indugiato a lungo.

    Giorgio aveva freddo e come tutte le persone anziane stentava a riscaldarsi. Così decise di accendere la comoda stufa che aveva fatto collocare tanti anni prima nel salone della sua casa, dopo aver eliminato un inefficiente caminetto.

    Quando era viva la sua adorata Annalisa l'accendeva sempre, nei giorni più freddi, e sul fornello sopra la stufa mettevano a scaldare l'acqua per il tè che poi si manteneva caldo.

    Si sedevano davanti a quella preziosa fonte di calore e, mentre bevevano il tè, conversavano o a volte leggevano un libro. Lui ed Annalisa s'erano voluti molto bene ed erano sempre stati affiatati. A volte non parlavano per ore ma non ne sentivano la necessità perché si comprendevano senza bisogno di parole, come se udissero i loro pensieri.

    Anzi, lei gli aveva sempre detto che le sembrava spesso di sentire la sua voce anche quando non parlava. Poi ridevano e si dicevano che il loro amore li teneva sempre in «contatto telefonico«.

    S'erano amati tanto e per tanti anni; poi lei s'era ammalata e lui era rimasto solo. Tante volte, quando faceva molto freddo, avrebbe voluto usare la stufa ma la poltrona di Annalisa, vuota, gli riaccendeva il dolore implacabile della sua perdita e si accontentava di una stufetta elettrica nella sua stanza.

    Quella sera faceva troppo freddo e quindi, superando il dolore dei ricordi, si decise ad accenderla. Così avrebbe riscaldato un po' anche il resto della casa. Guardò il calendario: 27 novembre 2038. Mancava meno di un mese al Natale, una festa per lui triste, da passare in una penosa solitudine. Poi accese la stufa caricandola con pezzetti di trucioli pressati. Però, dopo averla accesa, il peso della solitudine gli divenne insopportabile. D'improvviso decise di uscire per andare in paese, alla trattoria del suo vecchio amico Salvatore; avrebbe cenato in compagnia, in mezzo agli altri clienti ed al loro rumore.

    Uscito in strada per prendere la sua vecchia motocarrozzetta, ebbe la sgradita sorpresa di trovarla stretta tra due automobili che appartenevano ai suoi vicini, gente scorbutica e villana che non perdeva occasione per fargli dei dispetti. Vide con dispiacere che nel fare manovra avevano procurato una nuova ammaccatura al suo povero e delicato veicolo.

    Suonò il campanello al cancello dei vicini che a quell'ora stavano guardando la televisione. Attese un po' ma nessuno venne ad aprire. Suonò ancora e poi ancora mentre il vento freddo gli penetrava nelle ossa. Alla fine si sentì il rumore di una porta ed i passi pesanti di un uomo che vide avvicinarsi attraverso la grata del cancello, biascicando parole incomprensibili ma chiaramente ostili nei suoi confronti.

    L'uomo gli chiese attraverso il cancello cosa volesse e perché disturbava così spesso. Giorgio gli rispose che avevano stretto la sua motocarrozzetta e non poteva usarla. Quello disse che lui, Giorgio, aveva ammaccato una loro automobile. L'anziano replicò d'avere parcheggiato il suo piccolo mezzo il giorno precedente, quando non c'erano automobili e quindi non poteva aver fatto danni.

    L'altro, ignorando la logica, replicò ancora che le sue erano soltanto scuse e che se avesse fatto altri danni, gliele avrebbero suonate; poi, sempre mostrando stizza, uscì fuori. Naturalmente quell'uomo, nel fare manovra, procurò alla motocarrozzetta un'altra ammaccatura e, dopo aver parcheggiato la sua macchina poco distante nella strada semivuota, se ne tornò in casa proferendo ancora oscure minacce.

    Giorgio non aveva mai capito perché tutti i membri di quella famiglia gli fossero stati sempre così ostili. Quando era più giovane, sarebbe stato lui a suonarle a quei prepotenti che lo angariavano, ma ora era troppo vecchio per affrontarli ed era costretto a subire il loro comportamento violento. Mentre percorreva la strada per raggiungere il paese, cominciò a cadere una pioggerellina fredda che faceva penetrare l'umidità nelle ossa.

    L'amico Salvatore conduceva la trattoria insieme con tutta la famiglia e due generi. Era brava gente che gli volevano bene e lo accoglievano sempre con molto calore. Da loro si mangiava del cibo semplice e molto saporito, il locale era costantemente affollato e gli affari andavano più che bene. Quella sera era arrivato in anticipo sull'orario di apertura, così insistettero tutti per farlo sedere a tavola a mangiare con loro.

    Giorgio amava quella famiglia allegra ed affiatata che lo trattava con affetto, come uno dei loro. Li aveva conosciuti tanto tempo prima, quando Salvatore aveva rilevato il locale e nei primi tempi se la passava male. Era uno venuto da fuori ed aveva speso tutto quello che aveva per sistemare la trattoria, con le due figlie ancora piccole ed i paesani diffidenti che non frequentavano il suo esercizio.

    Salvatore era un cuoco bravissimo e Giorgio andava spesso a mangiare da lui con Annalisa; era cominciata così la loro amicizia. Quando ebbe conosciuto le difficoltà economiche dell'amico, lo aveva aiutato generosamente e gli aveva procurato nuovi clienti dalla città, senza mai chiedere alcunché o sollecitargli la restituzione del prestito.

    Un po' alla volta la clientela era aumentata e Salvatore aveva fatto buoni affari che gli avevano procurato un discreto benessere. Di questo lui gli era sempre stato grato e appena fu possibile gli rese tutto quello che gli doveva; da persona d'onore, non aveva mai dimenticato quella mano che gli era stata tesa.

    Anche quella sera lo aveva accolto con sincero affetto e, senza complimenti, gli avevano fatto posto alla loro tavola, in mezzo alla famiglia.

    Come sempre parlarono di tante cose, fecero qualche pettegolezzo sui personaggi più in vista, si raccontarono barzellette e risero insieme, come può succedere nelle famiglie felici.

    Giorgio con loro si divertiva e dimenticava i propri dispiaceri. A volte i suoi amici gli chiedevano dei consigli che lui non rifiutava mai perché quello era un segno della loro stima e dell'affetto che gli portavano; egli non se ne inorgogliva ma, mettendosi nei loro panni, trovava il modo di farli ragionare e giungere da soli ad una soluzione dei problemi.

    Come sempre Francesca, la moglie di Salvatore, e le figlie facevano la spola tra la cucina e la tavola, badando ai sughi e al forno, mentre tutt'intorno si spandevano aromi deliziosi.

    Il tempo quella sera passò nella solita allegria fino a quando non furono interrotti dai primi clienti; in breve fu tutto un caos e nessuno badò più a Giorgio, mentre lui se ne stava da una parte a centellinare il resto dell'ultimo bicchiere di vino e a gustarsi la scena di tutto quell'affaccendarsi, crogiolandosi nel tepore del locale.

    I clienti entravano e poi uscivano satolli e felici dell'ottimo pasto consumato, in un continuo rinnovarsi di episodi sempre uguali e sempre diversi. C'erano facce già conosciute e facce nuove ogni sera, con gente che a volte aspettava pazientemente che si liberasse un tavolo, e Giorgio si divertiva ad osservare quello spettacolo, cercando di immaginare la vita ed il lavoro dei nuovi avventori.

    Questo accadeva ogni volta che lui passava la serata da Salvatore, ma ora provava una strana sensazione, un senso di inquietudine, come l'attesa di un evento; era un altro dei motivi per cui aveva voluto stare in compagnia dei suoi amici invece di rimanere a casa da solo a rimuginare sulla tristezza della sua vita presente.

    S'era fatto tardi. Molti tavoli erano ormai vuoti e riordinati, mentre gli ultimi clienti stavano consumando i loro pasti e l'allegro chiacchierio s'era quasi del tutto spento, quando la porta s'aprì ed entrarono tre persone che attirarono l'attenzione di tutti i presenti.

    Anche Giorgio osservò i nuovi venuti e sentì dentro di sé rimescolarsi il sangue: un uomo dall'aspetto molto distinto, con una corta barba ben curata che gli dava un non so che di regale e dall'apparente età di circa quarant'anni, era accompagnato da due donne di rara bellezza, molto diverse tra loro, anch'esse dal portamento nobile e distinto, che mostravano un'età indecifrabile.

    Giorgio ne fu fortemente attratto ed affascinato e gli venne spontaneo immaginare i più bei complimenti che si possano fare ad un essere umano.

    Le donne si volsero verso di lui sorridendo, mentre nella sua mente udiva un «Grazie», come se gli fosse stato sussurrato dietro le orecchie; fu una sensazione assai strana che lo turbò profondamente.

    Anche l'uomo si voltò a guardarlo e gli parve di sentire il suo sguardo penetrargli dentro con una potente carica magnetica che esprimeva una personalità fortissima, abituata al comando.

    Poi la voce di prima, dolce e suadente continuò: «Non abbia timore, e per favore non mostri meraviglia, siamo venuti per lei; dopo le spiegherò ogni cosa. Se vuole, può esprimersi mentalmente; la sentiamo tutti e tre molto chiaramente perché la sua mente è molto forte.»

    Uno dei generi di Salvatore s'avvicinò ad accogliere i nuovi venuti, chiedendo se volessero accomodarsi. L'uomo disse che desideravano cenare, se non fosse stato troppo tardi, poi aggiunse che desideravano invitare al loro tavolo quell'uomo, indicando Giorgio.

    Il genero di Salvatore riferì l'ambasciata a Giorgio che, incuriosito e compiaciuto di poter parlare con quei misteriosi sconosciuti, andò al tavolo che i tre personaggi nel frattempo avevano occupato.

    «Buonasera» disse, «e grazie per l'invito.»

    «La prego, non mostri meraviglia» disse la voce di prima nella sua mente, «terremo una doppia conversazione, una mentale tra noi ed una per i presenti. Se non crede di poterlo fare, parleremo altrove.»

    «Va bene, ci proverò; sono molto curioso.»

    «Bravo, sapevo che non ci avrebbe deluso.»

    Le donne lo guardarono compiaciute. Poi i tre sconosciuti ordinarono una pietanza sostanziosa accompagnata da un vino tanto pregiato, che faceva bella mostra di sé da diversi mesi dall'alto di una mensola, ed un dessert che la moglie di Salvatore era solita preparare con molta cura; Giorgio scelse una minestra per fare compagnia ai suoi ospiti.

    L'uomo fu il primo a parlare a voce alta: «Sono Omer Bani Saqqar, cittadino del mondo, e le mie compagne sono Flora Frangipane» – «Ciao», disse la bionda – «e Licia Licinia.»

    «Ciao» proseguì quella dai capelli corvini, «io sono la voce amica, la stavamo cercando da tempo.»

    Poi continuarono mentalmente: «Sapevamo che avremmo trovato in questo paese qualcuno come noi, poi le spiegherò cosa significa; siamo venuti a prenderla per portarla con noi, naturalmente soltanto se lei lo vorrà. Noi, come lei dovrebbe, apparteniamo a un gruppo di persone diverso dagli altri, come avrà già compreso, e viviamo normalmente lontano da questo posto ma ci muoviamo per tutto il pianeta cercando quelli che sono come noi. Ma forse lei è l'ultimo rimasto.»

    «Non ho capito molto ma spero di riuscirci; ripeto che sono molto curioso. Forse io non sarei quello che credo di essere?»

    «È esattamente questo il punto; ci pensi, perché non si è meravigliato così facilmente di udire e di parlare mentalmente? Non le è forse già capitato talvolta di comprendere delle cose prima che qualcuno le avesse espresse a parole? Non le è mai capitato di riuscire, in particolari momenti di difficoltà, a fare delle cose che credeva impossibili per un essere umano? Non ricorda di stranezze che le siano capitate? Noi siamo così, soltanto che sappiamo governare le stranezze e in particolare la volontà. Ed anche lei lo può.»

    «Le sue parole mi sono ancora poco chiare, ma c'è del vero in ciò che dice; ci sono cose strane accadute nella mia vita.»

    «Quanti anni crede che abbiamo? Ci guardi bene ed esprima il suo parere, senza temere di mancare di riguardi per le signore.»

    «Forse circa quaranta ciascuno?»

    I tre compagni di Giorgio risero divertiti.

    Poi parlò Flora: «Io sono la più giovane; Licia ha oltre mille anni più di me e Omer è enormemente più vecchio. Però, non tema, non siamo vampiri; semplicemente apparteniamo a un'altra razza e lei alla nostra.»

    «Se è così e se questo è vero, perché io sono più vecchio di voi?»

    «Oh no, malgrado le apparenze lei è il più giovane di tutti quelli uguali a noi che conosciamo.»

    A Giorgio sembrò di avere un capogiro; pensò che quella storia fantastica fosse solo una presa in giro o un sogno dal quale presto si sarebbe svegliato dimenticando ogni cosa.

    Licia gli prese una mano e gli sorrise: «Molto tempo fa, al tempo dei Romani, ero la figlia di un personaggio molto famoso; ero una bambina piccola quando mio padre, Licinio Crasso, mi portò sul suo carro tra due ali di soldati acclamanti. Poi mio padre fu ucciso in guerra e qualcuno mi rapì per farmi schiava in qualche posto d'oriente. Fu allora che conobbi per la prima volta Omer. Lui mi riscattò e mi allevò; a tempo debito mi disse cosa ero veramente e che nessuno mi avrebbe mai fatto schiava. Poi vissi con lui molte vite e ora eccomi qui.»

    Proseguì Flora: «Non le dicono niente i nostri nomi? Licia è stata figlia di un Console Romano e Omer di un Gran Sacerdote dell'antico Egitto, molto tempo prima della fondazione di Roma. Io fui figlia di un grande personaggio medievale di Roma, vittima di una faida, rimasi sola alla mercé dei nemici della mia famiglia. Avrei fatto una brutta fine se Omer, nelle vesti di ricco mercante, non mi avesse comprata con molto oro raccontando che mi avrebbe portata in oriente.»

    Mentre Flora parlava, Giorgio sentì le pulsazioni del cuore aumentare e un vecchio dolore al petto affacciarsi. Aveva bisogno di riposarsi perché quella sera aveva esagerato, per un uomo della sua età.

    Intanto la sala s'era vuotata e loro tenevano ancora occupato l'ultimo tavolo di quella serata abbastanza pesante di lavoro, per Salvatore.

    Tutta la famiglia di Salvatore, sopraffatta dalla curiosità verso quegli strani clienti che avevano voluto ospitare Giorgio al proprio tavolo, aveva trafficato intorno ad essi, cercando di carpire qualcosa della conversazione; però, alle loro orecchie era sembrato che i quattro si scambiassero ben poche parole, cosa che aumentò ancora di più l’interesse della famiglia.

    Omer si alzò per primo e porse un biglietto di grosso taglio a Salvatore dicendogli di tenere il resto; poi gli fece molti complimenti per la sua cucina squisita e si disse felice per aver ritrovato lì un antico compagno di scuola di suo padre.

    Tornato al tavolo, offrì a Giorgio un passaggio sulla sua auto per accompagnarlo a casa; lui dapprima rifiutò ma, siccome si sentiva un po' peggio, accettò proponendosi di riprendere la sua motocarrozzetta il giorno successivo. Flora lo prevenne dicendo che l'avrebbe condotta lei e poi parcheggiata davanti alla sua casa.

    Salutarono Salvatore e famiglia, che li accompagnarono alla porta profondendosi in mille ringraziamenti e uscirono accompagnati da calorosi saluti.

    L'aria fredda fece sentire a Giorgio un'altra forte fitta al petto e un dolore al braccio; mentre le gambe stavano per cedere vide per un attimo un baluginio di stelline bianche, ma poi si riprese subito. Salì nell'auto accanto ad Omer mentre Licia prendeva posto dietro di loro. Flora intanto aveva raggiunto la motocarrozzetta di Giorgio e, senza avergli chiesto la chiave l’aprì, salì a bordo e la mise in moto.

    Durante il percorso Omer consultò Licia per sapere se preferiva ripartire subito o cercare un albergo in zona dove passare la notte. Giorgio allora si offrì di ospitarli perché la sua casa era grande e ci viveva da solo da quando era diventato vedovo. I due compagni decisero senza complimenti di accettare anche per Flora, e così rimasero d'accordo.

    ......

    Quando giunsero nei pressi della casa, trovarono la strada ostruita dalle auto dei vicini di Giorgio che stavano parlando a voce molto alta, ridendo sguaiatamente; incuranti di una pioggerellina sottile e del disturbo che potevano arrecare agli altri abitanti, facevano commenti sulla serata trascorsa in un locale in cui si erano divertiti molto.

    I veicoli condotti da Omer e da Flora non potevano avvicinarsi oltre, e il cancello di Giorgio distava ancora una quarantina di metri.

    Malgrado non si sentisse abbastanza in forze, Giorgio scese dall'auto e andò incontro ai suoi vicini ma, prima che potesse raggiungerli, il più anziano di loro lo apostrofò con un «Vattene o le prendi.»

    Giorgio mosse qualche altro passo dicendogli che aveva ospiti che dovevano parcheggiare. Quello allora, senza dire altro, gli si avvicinò e gli dette un forte spintone facendolo ruzzolare all'indietro sulla strada, dove batté la testa e rimase immobile, mentre il sangue sgorgava copioso allargandosi sull’asfalto.

    Omer e Licia scesero dalla loro auto, seguiti da Flora; mentre Licia si chinava su Giorgio per soccorrerlo, gli altri due raggiunsero il gruppo dei vicini.

    A quel punto, l'uomo che aveva aggredito Giorgio si fece avanti con l'aria da gradasso, spalleggiato da tutti gli altri: «Andate via, tornate da dove siete venuti o ce n'è anche per voi.»

    «Hai ferito il nostro amico che è anche molto anziano; vergognatevi tutti del vostro comportamento e sgomberate subito la strada e, badate bene, non fatelo mai più o la pagherete cara.»

    «Avete sentito questo galletto? Mi sta mettendo paura, mi tremano i lacci delle scarpe! È meglio che ve ne andiate prima che mi arrabbi.»

    Mentre il gradasso parlava, Flora, col suo senso di umorismo e con la sola forza del pensiero, aveva fatto sciogliere i lacci delle sue scarpe che poi s'erano annodati gli uni con gli altri con nodi molto stretti e lui non se n'era accorto. L’uomo si girò per tornare indietro, ma rovinò improvvisamente a terra battendo violentemente la faccia e rimase stordito. Gli altri, non avendo visto Omer e Flora muoversi, non capivano cosa potesse essere successo e si precipitarono a soccorrere il loro congiunto.

    Intanto Licia, dimostrando una forza insospettabile per una donna, aveva sollevato Giorgio tenendolo in braccio e si era diretta verso la casa di lui.

    Omer chiese di nuovo al gruppo di spostare le loro automobili e parcheggiarle in modo corretto, ma la più anziana delle donne, che era anche la moglie di quello a terra, gli s'avventò contro per graffiargli la faccia. Fece male perché, senza sapere come, si ritrovò a volteggiare in aria per poi precipitare rovinosamente al suolo e restarvi tramortita.

    I cinque rimanenti, credendo che fosse stata aggredita da Omer, si precipitarono contro di lui tutti insieme, con le peggiori intenzioni. Flora, che aveva il suo caratterino, fece in modo che i piedi dei cinque aggressori si accavallassero, e subito ci fu un groviglio di corpi precipitati a terra.

    Mentre i cinque si rialzavano più o meno doloranti, Omer chiese ancora che spostassero le loro automobili, ma quelli, furiosamente adirati nei suoi confronti e non sopportando l'umiliazione di quanto gli era accaduto, gli risposero con violenti insulti, tentando di ripetere l'assalto.

    Due di loro riuscirono ad agguantare Flora per un braccio e a strattonarla con l'intento di gettarla a terra. A quel punto la pazienza di Omer era davvero finita e anche Flora non voleva più scherzare.

    Quel che avvenne dopo potrà sembrare riprovevole e anche criminale a certi buonisti che sono soliti intervenire mettendo pace soltanto dopo che qualche prepotente abbia agito, magari massacrando di botte un poveraccio innocuo. Ma per chi, come i tre misteriosi personaggi, era in grado di percepire nettamente la volontà omicida di quella famiglia, era doveroso intervenire subito. E, badate bene, non erano assolutamente persone violente, abituate a menare le mani. Ciò che fecero, lo fecero per mettere fine a un andazzo che sarebbe prima o poi sfociato in un omicidio, forse non proprio ai danni di Giorgio, ma sicuramente, ai danni di qualche persona indifesa. E lo fecero anche perché, in quel periodo, finire nelle maglie di dimensioni diverse del sistema giudiziario così deteriorato da essere temuto soprattutto dalle persone oneste o innocenti era come cadere in un inestricabile ginepraio in cui tutto diveniva aleatorio come una fantomatica verità giudiziaria. Quindi, fecero ciò che fecero per fare giustizia, non semplicemente a favore di uno perché loro amico, ma a favore di tutte le vittime possibili di coloro che avevano causato le conseguenze delle proprie azioni ma soprattutto del modo scellerato di vivere, di essere, di pensare e di agire da prepotenti quali erano. Cosa che gli Umani non avrebbero compreso, come raramente comprendono l'amore superiore e il comportamento disinteressato di chi ama la verità e la giustizia con la G maiuscola. E loro, come vedremo, non erano Umani.

    ......

    Flora e Omer si misero ad agire in squadra, usando la forza delle loro menti: i sette rotolarono, senza causa apparente, fino al muretto di confine della loro proprietà e, sotto i loro sguardi attoniti, mentre si sentivano paralizzati e schiacciati da una forza invisibile contro il muretto, videro le proprie automobili sollevarsi e volare una dietro l'altra per andare a schiantarsi violentemente contro i muri della casa. Poi, lentamente, la casa stessa incominciò a precipitare rovinando su se stessa fino a formare un enorme cumulo di macerie. Il disfacimento dell'edificio era però avvenuto in modo controllato dai due amici e, per quanto forte, il rumore non avrebbe reso l'idea di quanto era accaduto. Da ultimo, tutti e sette si sentirono sollevare e sospingere dentro il cortile dove sentirono montare un forte senso di rabbia dentro di sé verso gli altri membri della famiglia. Senza motivo plausibile, si misero a picchiarsi l'un l'altro, come prima erano stati intenzionati a fare verso gli amici di Giorgio, mentre il muretto di confine si sbriciolava e crollava verso l'interno.

    I vicini in un primo momento, udendo le voci alterate della famiglia, temendo per se stessi e volendo evitare rappresaglie dalle quali non li avrebbe difesi nessuno, avevano chiuso le imposte sperando di non essere stati notati. Però, protraendosi il suono delle voci concitate, miste a imprecazioni e ad altri rumori, quando udirono il fracasso maggiore causato dallo schianto delle automobili ed ancor di più dal crollo dei muri, si affacciarono quasi tutti. Videro la casa distrutta in mezzo ad un gran polverone e un gruppo di persone impegnate in una rissa, che se le davano di santa ragione. Qualcuno più coraggioso chiamò la polizia e qualcun altro un'ambulanza.

    Omer e Flora, incuranti delle conseguenze del loro intervento, parcheggiarono i veicoli ed entrarono in casa di Giorgio.

    Trovarono Licia che aveva spogliato il loro amico, lo aveva disteso sul suo letto e si stava prodigando per assisterlo.

    Cap. 2 – Una rapida guarigione.

    Giorgio era terreo e respirava a stento; aveva perso molto sangue da una vistosa ferita all'occipite, era estremamente pallido e il polso stava rallentando. Un qualsiasi medico lo avrebbe considerato irrimediabilmente spacciato. Licia aveva delle lacrime che le scorrevano lungo il bel viso che a guardarlo avrebbe commosso chiunque. Agli altri due fu subito chiaro che la situazione era disperata.

    Con una perfetta sincronia, si precipitarono intorno al moribondo: Omer posò le mani sul torace di Giorgio mentre le donne, disposte ai lati, posarono le mani rispettivamente su una mano e su un piede del ferito. Non ci fu una sola parola od un solo pensiero diverso da quello che stavano facendo; rimasero così per molti minuti, proiettando verso il ferito pensieri amorevoli di guarigione ed inviandogli onde di energia vitale. Quando le pulsazioni furono tornate normali, si dedicarono a scandagliare il corpo e con la potenza delle loro menti ne ripararono le ferite e i maggiori danni interni.

    Dopo qualche tempo Giorgio riprese colore, il suo respiro ritornò forte e regolare mentre la ferita s'era completamente richiusa come per miracolo. Rimase soltanto la traccia del sangue versato.

    Allora Omer e Flora lo lasciarono mentre Licia, seduta accanto a lui, gli tenne una mano e restò a vegliarlo. La bellissima donna si mise a guardare la stanza, dalla quale coglieva il senso di una straziante solitudine. Era un ambiente semplice, senza fronzoli; c'erano un letto grande con alte spalliere di legno massiccio, un grande armadio e una cassettiera con un ripiano di marmo con sopra, al centro, una sveglia con il congegno in vista dentro un involucro di vetro; ai lati del letto c'erano due comodini coi ripiani di marmo. Su quello dalla parte di Giorgio c'era un portaritratti con la foto di lui ed Annalisa insieme che sorridevano a chi guardava l'immagine. Licia osservò che dovevano essere stati molto felici insieme e che la donna della foto era come Giorgio, anzi come loro. Ebbe il pensiero doloroso che erano arrivati troppo tardi e quella donna non avevano potuto salvarla; non avevano potuto dare a quell'amore un altro futuro di felicità. Una cosa dolce e triste che la commosse e la fece piangere in silenzio nella penombra della stanza solitaria.

    Intanto Flora s'era messa a ripulire tutto ciò che nella casa era stato macchiato di sangue. Omer caricò di combustibile la stufa e portò nella camera di Giorgio le due poltroncine che erano lì accanto, per stargli tutti vicino in caso di bisogno; poi si misero a vegliarlo dando a turno il cambio a Licia, tenendo sempre la mano di Giorgio fino a quando non si fosse ridestato.

    Mentre nella casa di Giorgio avvenivano queste cose, di fuori erano arrivati la polizia e un paio di ambulanze. I sette vicini avevano continuato a picchiarsi, seppur stremati e, quando era giunta la polizia, avevano tentato di picchiare anche gli agenti. Quando poi erano arrivate le ambulanze, infermieri e poliziotti avevano immobilizzato gli scalmanati. I medici presenti avevano dichiarato che erano probabilmente pazzi o drogati e, dopo averli sedati tutti, li avevano trasportati in un ospedale psichiatrico.

    ......

    La mattina seguente, mentre Giorgio ancora dormiva ma stava decisamente meglio, si presentò un ufficiale di polizia in compagnia di un sottufficiale ed un agente per svolgere indagini su quel singolare caso di cui erano stati protagonisti i vicini. Alle domande di questi, Omer e le due donne dissero di aver soccorso il loro amico e di averlo accompagnato a casa perché non stava molto bene. Loro erano troppo preoccupati per lui e, pur sentendo strani rumori ed aver percepito la lite, s'erano curati soltanto di Giorgio che però era migliorato durante la notte. Omer disse di essere medico, ma che esercitava la professione all'estero. Accompagnò l'ufficiale a visitare Giorgio per non destare sospetti, poi firmò un verbale come testimone e offrì ai tre uomini una bevanda calda e corroborante. Infine li scortò fino al cancello sulla strada, fingendo di meravigliarsi molto per il cumulo di rovine che era rimasto della casa che avevano visto in perfette condizioni quando erano arrivati la sera precedente. A un'ultima domanda sul perché non si fossero affacciati quando era crollata la casa, Omer rispose che il rumore non gli era sembrato così forte da far pensare ad una cosa simile e poi, dal momento che loro erano stranieri, non volevano essere coinvolti in fatti locali.

    I poliziotti lo salutarono stringendogli la mano e se ne andarono poiché avevano già interrogato tutti gli altri vicini.

    Durante il resto della mattina, i tre prodigarono a Giorgio le stesse cure della sera precedente e lo lasciarono dormire.

    Flora andò con l'automobile a prendere dei pasti caldi nella trattoria di Salvatore. Naturalmente, la riconobbero subito e l'accolsero con amicizia, informandosi dei fatti della sera precedente, di cui si era sparsa abbondantemente la voce in paese. Lei raccontò le stesse cose che Omer aveva riferito alla polizia e se ne andò con abbondanza di cibo e bevande per otto persone. Prima di andarsene, però, li costrinse ad accettare un’altra generosa ricompensa che loro non volevano prendere.

    Mentre Giorgio dormiva, continuando la sua salute a migliorare, consumarono un pasto squisito e dopo, trovate le camere degli ospiti al piano di sopra, si prepararono i letti e si misero a riposare.

    All'ora di cena lui dormiva ancora, ma la sua salute continuava a migliorare. Dopo cena i tre gli prodigarono le solite cure e se ne tornarono nelle loro stanze.

    ......

    Come d'abitudine da quando era in servizio in Aeronautica, alle sei Giorgio si svegliò credendo di aver dormito soltanto una notte. In quel momento non ricordava nulla di ciò che era avvenuto, né dei suoi amici. Andò in bagno, si rasò col rasoio elettrico e nel guardarsi allo specchio si trovò in buone condizioni ma anche senza un paio di denti. Si toccò e ne sentì un altro che si muoveva; tremò all'idea di dover andare dal dentista. Però si sentiva in forze, ringiovanito, e perfino le occhiaie che aveva da tempo erano scomparse; questo gli restituì un po' di buonumore. Per la prima volta dopo tanto tempo sentiva un gagliardo appetito.

    Dopo essersi rasato la barba, s'infilò sotto la doccia; mentre l'acqua gli scorreva sulla pelle, si sentì preso da una nuova voglia di vivere e si mise perfino a canticchiare. La casa era calda. Non ricordava di aver caricato la stufa la sera precedente, ma era sicuro di averlo fatto come sempre; non poteva essere stato diversamente. A suo tempo aveva speso molti soldi per coibentare i muri e modificare tutte le finestre facendone collocare di nuove con i tripli vetri. Lui e Annalisa ne erano stati molto contenti perché da allora, ogni inverno, la casa era sempre stata ben riscaldata con poca spesa.

    Uscì nudo dal bagno per andare nella sua stanza a vestirsi, quando all'improvviso quasi si scontrò con Licia. In quell'attimo gli ritornò in mente ogni cosa e, vergognandosi da morire, divenne rosso come un pomodoro maturo, farfugliò delle scuse e si precipitò in camera per rivestirsi; prima di chiudere la porta, udì dietro di sé la risata divertita della donna e nella mente «però, per essere un vecchietto è un bell'uomo», cosa che lo fece vergognare ancora di più.

    Mentre si rivestiva ripensò agli avvenimenti che aveva vissuto, alla strana conoscenza che aveva fatto di quelle persone che gli erano piaciute subito. Quando avevano parlato di sé aveva sentito con loro una forma di affinità, simile a quella che aveva sentito e vissuto con Annalisa, e che era diversa dall'amore immenso che pure li univa.

    Annalisa, povero amore, aveva sofferto sapendo di dover morire, tanto addolorata di doverlo lasciare solo. Ricordava che avevano pianto insieme mentre lei si spegneva tra le sue braccia.

    Andò in cucina per fare colazione e vi trovò i suoi amici che lo aspettavano per consumarla insieme. Le due donne s'erano date da fare preparando la tavola con tartine e dolcetti, che Flora era andata a comprare molto presto, caffè e latte caldo.

    Stavano ridendo del suo piccolo infortunio con Licia e lo accolsero con amichevoli complimenti per essersi rimesso tanto bene e tanto presto in salute. Gli chiesero della sua vita in paese e del suo lavoro di quando era in servizio; gli raccontarono dei loro viaggi nel mondo nelle varie epoche, delle genti che avevano conosciuto e tanti piccoli aneddoti. Giorgio era affascinato dalle loro personalità e sentiva un gran piacere della loro compagnia.

    ......

    Dopo colazione caricarono la stufa e sedettero vicino a quella piacevole fonte di calore per parlare ma per prima cosa decisero insieme che la loro amicizia meritava che si dessero del tu. Qui Licia si mise a raccontare tutti gli avvenimenti accaduti dopo che avevano cenato insieme da Salvatore, da quando lui era stato aggredito e aveva perso conoscenza per la ferita riportata, alle cure che avevano dovuto prodigargli, proseguendo col raccontargli ciò che era capitato ai vicini.

    Giorgio si meravigliò tantissimo del fatto che, essendo stato tanto male, si fosse rimesso in salute in così breve tempo e non restasse in lui alcuna traccia del male ma, anzi, si sentiva molto, molto meglio di prima. Volle affacciarsi fuori dalla porta e rimase allibito di fronte al disastro di quella che era stata la casa dei suoi prepotenti vicini.

    «Siete stati davvero voi?» chiese incredulo.

    «Sì» rispose Flora, «Omer ed io. Ma questo è niente in confronto a ciò che possiamo fare e a ciò che potrai fare anche tu, quando sarai pronto.»

    «Pronto a che?»

    «Pronto alla nuova vita, dopo la rigenerazione.»

    Omer gli spiegò che era libero di scegliere cosa fare della sua vita futura ma che loro contavano molto sulla sua adesione e sui suoi enormi potenziali. La rigenerazione gliel’avrebbero praticata comunque ed avrebbe avuto il tempo di una nuova vita. Era per questo che lo avevano cercato per molto tempo e, dopo che gli avrebbero spiegato tutto quello che doveva sapere, sarebbe stato libero di decidere per il resto della sua esistenza ma, una volta fatta la scelta, non avrebbe potuto tornare indietro sulle sue decisioni. Se avesse scelto di stare con loro, sarebbe stato sottoposto periodicamente alla rigenerazione per entrare a far parte della loro, anzi sua, gente e occupare tra loro un posto importante; se avesse scelto diversamente, gli avrebbero cancellato i ricordi e sarebbero andati via per uscire per sempre dalla sua vita. Del loro incontro gli sarebbe rimasto soltanto un nuovo periodo di vita da vivere, circa altri cinquanta anni.

    «Ho bisogno di tempo per rendermi conto della realtà di ciò che mi proponete.»

    «Per ora non c'è fretta, ma non possiamo attendere troppo a lungo.»

    «Possiamo conoscerci meglio?»

    «Siamo venuti apposta per questo.»

    Si recarono a pranzo da Salvatore; la sua cucina era tanto buona che non volevano rinunciarvi. Giorgio era motivato anche dal pensiero che, se avesse accettato la proposta dei suoi amici, forse avrebbe presto dato un addio a quella famiglia di amici che per tanti anni era stata un punto di riferimento nella tristezza della solitudine del suo crepuscolo, e non li avrebbe più rivisti. Forse avrebbe abbandonato tutto ciò che era appartenuto alla sua vecchia vita e, anche se non aveva ancora deciso nulla, sentiva già possibile che si sarebbe allontanato dal suo vecchio mondo.

    Guardò Licia e gli venne un brivido. Poi guardò Flora e sentì un altro brivido. Aveva dimenticato che le due donne sentivano i suoi pensieri dai quali percepivano un sentimento che gli stava repentinamente nascendo dentro. Ma Giorgio continuò a vagare nella mente: le due donne gli piacevano ed era istintivamente attratto da esse. Ciascuna di loro era unica; pur essendo tanto diverse l’una dall’altra, gli apparivano come bellissime e meravigliose dee. Sentiva che se fosse stato abbastanza giovane da aspirare al loro amore, non avrebbe saputo scegliere una delle due e, se pure ne avesse scelto una, l'altra gli sarebbe mancata da morire.

    Le due donne rimanevano in silenzio e non emanavano pensieri mentre Omer cercava di distrarlo parlandogli nella mente di mille cose diverse, di aneddoti del suo mondo e di quella che sarebbe forse divenuta la sua gente.

    Vagarono in automobile per qualche ora senza meta, lungo strade secondarie con scarso traffico, mentre continuava a piovere. Giorgio sentiva sempre più forte la simpatia istintiva verso i suoi amici e, mentre ascoltava Omer, continuava ad osservare le due donne che se ne stavano in silenzio. Ad un tratto fu consapevole che, per mancanza di abitudine alla comunicazione mentale, tutti i pensieri che aveva avuto fin dall'inizio della giornata erano stati ascoltati come se avesse parlato ad alta voce. Sapeva che i tre avevano la facoltà di sentire i pensieri emanati. Gli tornarono in mente quelli che aveva avuto a proposito di Licia e Flora e si sentì profondamente imbarazzato divenendo paonazzo nella convinzione di aver commesso innumerevoli gaffe. Perché nessuno dei tre gli aveva fatto comprendere che era stato villano?

    A quel punto, le due donne scoppiarono a ridere divertite, ma gli fecero capire che non aveva motivo di vergognarsene. Loro erano abituate da sempre a quei complimenti e i suoi erano stati sempre piacevolmente corretti e gentili.

    Alla fine del peregrinare, si ritrovarono di nuovo in paese. Andare a cenare da Salvatore, circondati dal solito grande calore umano, era un vero piacere per tutti.

    Durante la cena, Flora a un tratto disse: «Una figlia di Salvatore avrà un maschietto.»

    E Licia di rimando: «Non volevo dirlo perché lei ancora non lo sa.»

    Rimasero nel locale fino a tardi, assaggiando piccole porzioni di pietanze diverse, accompagnandole con i migliori vini. In quel frangente Omer si dimostrò un vero intenditore e, quando Salvatore ebbe il tempo di accostarsi a loro per scambiare qualche parola, lui gli seppe dire tutti gli ingredienti di ciò che avevano assaggiato, lasciandolo profondamente ammirato per la strana e profonda conoscenza del suo lavoro.

    Quando rientrarono nella casa di Giorgio, prima di ritirarsi per la notte, lo sottoposero al medesimo trattamento di quando lui era morente. Ebbe un sonno tranquillo e senza sogni fino al mattino seguente, quando si svegliò alle sei, come al solito.

    ......

    Per prima cosa andò subito nel bagno per radersi. Guardandosi allo specchio, notò qualcosa di strano nel suo volto; si guardò meglio: intanto la sua vista era nitida e non un po’ offuscata come al solito, poi vide che le rughe del viso erano meno accentuate del giorno precedente e anche i capelli canuti erano divenuti meno bianchi. Inoltre, mentre si puliva i denti gliene caddero tre, scoprendo che erano stati espulsi, spinti fuori da denti nuovi. Il torace gli si stava gonfiando e i bicipiti riempivano le maniche della sua maglietta

    Ricordandosi di ciò che gli avevano detto della rigenerazione, si sentì profondamente turbato: se avesse accettato la proposta che gli era stata fatta, sarebbe entrato a far parte di un mondo nuovo e sconosciuto ma anche tanto emozionante. Si sentiva in forze come quando era più giovane, e aveva le membra più elastiche! Non voleva credere all'evidenza: le cure che i tre amici gli avevano prodigato lo stavano facendo ringiovanire velocemente!

    Quando entrò nella cucina, li trovò ad attenderlo con la tavola già apparecchiata per la colazione. Lo accolsero con un sorriso e lo salutarono mentalmente. Lui rispose al saluto nello stesso modo, ma poi non seppe trattenersi dal pensare: «Dio mio, ogni volta che le guardo diventano sempre più belle.» Poi, imbarazzatissimo, divenne tutto rosso in viso.

    Allora le due donne gli si avvicinarono e gli dettero un bacio ciascuna su una guancia, sussurrandogli d'aver gradito i complimenti. Omer osservava in silenzio ma a Giorgio parve di cogliere un sorriso sornione su quel volto seminascosto dalla barba. Era talmente frastornato e impacciato che si rovesciò addosso il caffè e poi fece cadere in terra il piatto delle tartine che andò in frantumi.

    La cosa gli dispiacque molto perché quello era un oggetto che Annalisa aveva sempre trattato con molta cura.

    «Non preoccuparti» gli disse Licia prendendogli una mano, «non è perduto.»

    Ciò detto, la donna s'alzò, fece un giro intorno al tavolo e, mentre si muoveva, i vari frantumi del piatto si raccolsero tutti davanti a lei ed iniziarono a ricomporsi. Quando il piatto fu tornato integro, lo sollevò e lo posò delicatamente nell'acquaio. Intanto Flora aveva fatto la stessa cosa raccogliendo il cibo caduto e depositandolo nella pattumiera. Omer gli disse che quel giochetto, che non era una magia, dopo un po' di esercizio avrebbe potuto farlo anche lui con facilità.

    Dopo colazione andarono nel salone, caricarono di nuovo la stufa e si misero a parlare del futuro. Omer chiese a Giorgio cosa pensasse di loro tre, di tutto ciò che avevano fatto e di quello che si erano detti. Le due donne lo scrutavano con attenzione ma non emanavano alcun pensiero.

    «Conoscervi è una cosa meravigliosa.»

    Le donne sorrisero ma rimasero in silenzio.

    «So che è tutto vero, ma stento ancora a credere all'evidenza. Stamattina mi sono guardato allo specchio e mi sono trovato ringiovanito. Alla mia età mi sento forte come se avessi trenta anni di meno. Ascolto e parlo con voi con la mente. Vi ho visto compiere cose strabilianti, come prima a colazione, e mi dite che sono cose che posso fare anch'io. Desidero credere a tutto e voglio credervi. So che mi avete salvato la vita quando stavo morendo. Voglio credere alla nuova vitalità che si risveglia in me. Desidero essere uno dei vostri, lo desidero incondizionatamente, sperando di esserne degno.»

    «Ma tu sei sempre stato dei nostri, anche se non potevi saperlo» disse Licia. «Hai tutti i diritti di far parte della nostra gente che è la tua, e far parte della nostra vita; noi ti apparteniamo come tu appartieni a noi. Vedrai che il nostro mondo è meraviglioso e non vorrai altro che farne parte. Siamo un popolo fin dalla notte dei tempi.»

    «Ma io, cosa devo fare?»

    «Per ora niente; prima sarai sottoposto alla rigenerazione completa e dopo ti sarà naturale occupare tra noi il posto che ti spetta. Saprai da solo ciò che devi fare e tutti noi ti riconosceremo, in modo naturale, senza cerimonie o periodi di apprendistato. Fra noi non ci sono altri valori che l'amore e tutto ciò che si può e si sa essere nel mondo dell'amore della nostra gente, del nostro popolo.»

    «Cosa è la rigenerazione?»

    «È un ciclo di applicazioni simili a quelle che conosci, che servono a rinnovare completamente il tuo ciclo biologico. Noi lo abbiamo passato molte volte rinnovando sempre il nostro ciclo vitale; è in questo modo che restiamo giovani. Le altre cose ti verranno spiegate in un altro momento, quando sarai pronto. Sappi comunque che la nostra matrice vitale è in parte quella degli umani, ma molto diversa dalla loro. Noi siamo umani soltanto in una piccola parte e veniamo da un altro posto dell'universo.»

    «Quindi, veniamo da un altro mondo, ma da dove?»

    «Non lo sappiamo ancora ma lo scopriremo quando il Primo di noi avrà compiuto il suo ciclo completo.»

    «Cosa vuol dire: quando il primo avrà compiuto il suo ciclo completo?»

    «Vedi, la rigenerazione serve a mantenerci in vita per un tempo sconosciuto agli umani, ma non basta a completare il ciclo, cioè a riprendere la nostra condizione originale. Forse, a ciclo completato, muteremo anche aspetto e caratteristiche. Soltanto allora saremo ciò che dobbiamo essere.»

    Mentre parlava, istintivamente, Giorgio aveva iniziato ad assimilarsi ai suoi amici; la sua non era più curiosità ma vera partecipazione alla conoscenza comune perché si sentiva già uno di loro. Riconosceva già in sé le medesime caratteristiche e la propria diversità da prima, quando ignorava che esistesse un popolo segreto, mischiato agli umani ed esteriormente indistinguibile. In quattro giorni la sua vita era radicalmente mutata.

    «Vi chiedo ancora: cosa posso fare?»

    Licia sembrava guardarlo in modo nuovo e questo gli faceva sentire qualcosa rimescolarsi dentro di lui. Anche Flora, che era rimasta in silenzio tutto il tempo, non gli staccava gli occhi di dosso.

    Nel frattempo Omer li guardava in silenzio, captando da loro ogni minima emanazione mentale. Stava pensando che a pochi giorni di distanza da quando avevano conosciuto Giorgio, quell'uomo, colloquiando mentalmente con loro, aveva rapidamente acquisito una notevole forza telepatica. Lui ne era sorpreso ed impressionato ma anche molto soddisfatto: prima di allora non aveva mai conosciuto qualcuno che avesse tali potenzialità latenti; gli sembrava che il suo progressivo rafforzarsi venisse dalla semplice vicinanza con loro tre. Fu così che un piccolo barlume di speranza per il futuro della loro gente cominciò a nascere e prendere forza dentro di lui.

    Flora intervenne nella conversazione: «Per ora non devi fare nient’altro che sottoporti alla rigenerazione completa, cercando di assecondarci. Quando avremo scoperto i risultati della rigenerazione, sapremo cosa potrai fare e quale sarà il tuo posto naturale tra noi. Devi comunque sapere che ogni individuo ottiene risultati diversi dagli altri. Noi tre siamo quelli che hanno ottenuto i risultati migliori. Avremo comunque tempo per metterti al corrente di ogni cosa.»

    Nella foga della conversazione, avevano già superato metà mattina. Omer propose di fare una gita fino al mare. La giornata sembrava serena e sgombra da nuvole, così che la proposta venne accolta con entusiasmo. Prima di partire sottoposero Giorgio al solito trattamento e poi uscirono per prendere l'automobile.

    Fuori, sopra e intorno alle macerie della casa vicina c'erano diversi uomini che s'affaccendavano ad effettuare controlli. Una piccola folla di vicini curiosi stava a guardare tutto quel movimento facendo commenti. C'era anche l'ufficiale di polizia che conoscevano e che, fatto un gesto di saluto, si avvicinò.

    «Buongiorno, come avete fatto a non sentire quello che stava succedendo? Anche gli altri vicini dicono che il rumore non è stato tanto forte da far pensare a un crollo. C'è qualcosa che non riusciamo a spiegarci: come hanno fatto tre automobili a sfondare il muretto di confine e poi i muri fino al centro delle casa che, pur avendo grossi travi di cemento armato, è crollata come fosse di cartone? Forse dovrò tornare per chiedere altre informazioni. Vi auguro una buona giornata.»

    Mentre si allontanavano per raggiungere la statale, Flora, con una delle sue battute sibilline che fecero ridere i compagni, disse a Giorgio di non preoccuparsi delle indagini perché lei aveva provveduto a controllare il cemento che lentamente si sarebbe sbriciolato, dal momento che era stato prodotto molto male... Sarebbe rimasto il mistero di quelle tre automobili, ma alla fine il caso sarebbe stato archiviato.

    ......

    Il posto di mare più vicino al paese era Ostia, ad est di Roma. Ci arrivarono dopo circa un'ora, a causa del traffico sempre intenso e, dopo aver parcheggiato sul lungomare, scesero per fare una passeggiata sull'arenile prima di pranzo.

    Quel giorno la spiaggia era deserta e il mare era agitato, cosa che fece emettere gridolini di gioia alle due donne le quali decisero là per là di fare una nuotata. Giorgio naturalmente, sapendo che l'acqua era alquanto fredda, cercò di dissuaderle, ma loro non lo ascoltarono e, seguite da Omer, si spogliarono in un attimo e si tuffarono. Giorgio aveva ammirato le due donne soltanto vestite e le aveva già trovate stupende; vederle spogliate, con le curve armoniose, le gambe lunghe e ben tornite, le movenze atletiche e feline e i capelli al vento, gli fece letteralmente mozzare il fiato: in tutta la sua vita non aveva mai visto, nemmeno al cinema, nessuna donna che fosse più bella e conturbante di quelle due. Anche Omer aveva una splendida figura atletica e dava l'idea di possedere una forza enorme.

    Licia e Flora lo invitarono a entrare in acqua e poi presero a canzonarlo per spronarlo, ma lui non se la sentiva di certo. Così a un certo punto i tre si misero a nuotare ed anche in quello dimostrarono di avere un'abilità da olimpionici. Sembrava che se la godessero un mondo: nuotavano con la velocità di un siluro, andavano a fondo e, dopo un tempo che metteva Giorgio in agitazione, temendo per loro, all'improvviso

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